Io e Mafalda

di
genere
etero

In paese, duemila abitanti appena, ci conosciamo tutti e spesso capita di dare un passaggio in città a qualcuno. Fu così anche quella volta; Mafalda lo chiese con molta cortesia che non potei fare a meno di darglielo. Lo feci anche nei giorni a venire e, logicamente, tra noi due s'instaurò una certa confidenza. Ormai era prassi che ogni mattina si facesse trovare al solito posto. La cosa non mi dispiaceva per nulla, per me era una compagnia e, seppure avessi il doppio dei suoi anni, la trovavo molto intelligente ed espansiva, era un piacere discutere con lei. Aveva ventitré anni, ma ne dimostrava di meno; un faccino da adolescente, un fisico minuto, ben proporzionato e due occhi verdi e grandi.
Tutto proseguiva nel migliore dei modi finché un giorno, in un momento particolare di una nostra discussione, mi confessò di essersi innamorata di me. Cercai di convincerla che, data la differenza di età tra noi due, un'eventuale relazione non avrebbe funzionato senza dirgli, però, che il suo aspetto da adolescente mi avrebbe fatto passare per un pedofilo. Non desistette, ne quel giorno, ne i giorni a venire. Insisteva telefonandomi e, quando era in macchina con me, vestendosi in modo sex ma non volgare. Lasciai fare scherzandoci su, ma lei non perdeva occasione per dimostrarmi quanto ci teneva a me.
Agli inizi della primavera, complice una bellissima giornata di sole e la mia ingenuità nel dirgli che quel giorno sarei dovuto andare, per lavoro, in missione in montagna, colse l'occasione di accompagnarmi rinunciando alla solita giornata in università. Non potei dirgli di no e così ci avviammo. Era contentissima di poter passare una mezza giornata con me e lo dimostrava stando seduta al mio fianco e guardandomi insistentemente.
- Dovresti smetterla di fissarmi in quel modo, mi metti in imbarazzo! -
- Lo so, è quello che voglio! Mi piaci da morire quando non sai cosa fare. –
- Ci speri sempre? –
- Si! –
Arrivati in montagna, sbrigai i miei impegni mentre lei attendeva in macchina. Dopo un po’ terminai e, vista l'ora, la portai a mangiare in un ristorantino raccomandandogli di comportarsi bene senza dare l'impressione di essere amanti. Accettò volentieri dicendo che mi avrebbe chiamato zio quando si fosse avvicinato un cameriere. Ridemmo e ci accomodammo al tavolo.
- Matilde, devo fare un discorso serio con te! –
- Dimmi! –
- Devi smetterla di farmi la corte, non posso allacciare una relazione con una ragazzina. –
- Non lo sono, mi spiace che tu la pensi in questo modo ma posso assicurarti che, se tu accettassi, non troveresti un'ingenua davanti a te. –
- Che cosa vuoi dire? –
- Anche se il mio aspetto è da quindicenne, ho fatto le mie esperienze. –
- E perché non continui a farle con i tuoi coetanei? –
- Perché, da scema che sono, mi sono innamorata di te! –
- Non dovevi! –
- Lo so, ma è capitato e non posso farci niente. –
Finimmo di mangiare e uscimmo a farci una passeggiata in riva al lago. Si parlava del più e del meno quando, arrivati davanti a una piccola radura con degli alberi e un praticello, decidemmo di sederci per terra e riposare un po’. Mi stesi supino e lei, di fianco, mi fissava con il solito sguardo. Chiusi gli occhi per non darle l'impressione di essere cedevole quando, all'improvviso, due morbide labbra si poggiarono sulle mie. Un brivido di piacere mi percorse tutto il corpo, cercai di reagire aprendo gli occhi ma trovai i suoi a pochi centimetri dal mio viso che mi fissavano con una luce particolare. Era davvero innamorata ed io stavo cedendo. Mi sollevai di scatto, arrabbiato con me stesso per quello che stava accadendo e che non avrei dovuto far succedere.
- Scusami Francesco, non ho saputo resistere! –
Non risposi, avevo lo sguardo fisso nel vuoto e pensavo che, se qualcuno ci avesse visto, avrei fatto la figura del pedofilo. Mi alzai, la presi per mano e le dissi:
- Andiamo! – Mi seguì senza dire una parola, raggiungemmo la macchina e ci avviammo.
- Francesco mi spiace, sono stata stupida lo so, perdonami. – Lo disse piangendo e tenendomi per un braccio, quel contatto rinnovò lo stesso brivido di prima. Poggiai la mia mano sulla sua a rincuorarla e lei vi poggiò sopra il viso.
- Non è colpa tua, Mafalda. – Le dissi. – La colpa è mia che mi sono messo in questa situazione. –
- Ti amo da morire Francesco! –
Voltai verso una stradina sterrata e, dopo alcune centinaia di metri, parcheggiai tra due alberi. Mi guardò esterrefatta, incredula della mia decisione. Si riprese subito sorridendomi.
- Non so cosa mi stia prendendo, sei dolcissima e bellissima e… al diavolo la differenza di età e… –
Non lasciò che finissi la frase che già mi stava baciando. La sua lingua invase la mia bocca, la succhiai avidamente, la strinsi a me abbracciandola, mi resi conto di quanto era desiderabile. Continuò a baciarmi sul collo mentre sbottonava la mia camicia, si fermò un attimo a fissarmi e poi intraprese un viaggio con le labbra lungo tutto il petto, scendendo sempre più giù. La sua mano si poggiò sulla patta dei pantaloni tastando la consistenza di ciò che c'era all'interno, non perse tempo e sbottonò. L'aiutai sollevando il bacino per abbassare i pantaloni, rimasi con gli slip e, dopo avermi fissato di nuovo, li prese con le dita e li abbassò di colpo. I suoi occhi si erano spalancati all'inverosimile e la sua bocca rimase aperta dalla sorpresa: venti centimetri di cazzo si erano drizzati di colpo in tutta la sua virilità.
- Dio mio! – Esclamò. – E'… è… grande! – L'afferrò con la mano per rendersi conto della sua reale consistenza. – Io… io… - Le poggiai la mia mano sulla nuca e, gentilmente, l'avvicinai con il viso verso il cazzo. Non fece resistenza e, dopo averlo assaggiato con la lingua, lo prese in bocca sforzandosi di ingoiarlo il più possibile. Tre quarti di cazzo era sparito all'interno della sua gola, lo fece uscire e, con delicatezza, lo ingoiò di nuovo quasi tutto. Per tre, quattro minuti, continuò a deliziarmi, poi la scostai e la feci stendere sul sedile. Le sollevai la gonna e le abbassai gli slip: toccava a me, ora, dargli il piacere. Infilai la testa tra le sue gambe e cominciai un lungo e sfibrante lavoro di lingua, alternando la mia attenzione dal clitoride all'interno della vagina. Cominciava a gemere sempre più forte, i suoi umori mi riempivano la bocca e, spinto dalle sue mani verso di lei, ero costretto a ingoiare.
- Dio… com'è bello! – Esclamava. Ebbe un orgasmo che la fece sobbalzare all'indietro. Gemeva all'impazzata e stringeva la mia testa a farmi male. Si abbandonò di colpo, esausta e soddisfatta. Stette un minuto con gli occhi chiusi poi disse:
- Sei stato fantastico! Non ho mai goduto tanto. –
La sollevai e uscimmo entrambi dall'auto. Eravamo mezzi nudi e, nonostante l'aria frizzante all'esterno, non sentivamo freddo. La feci sedere sul cofano a gambe aperte, mi avvicinai, mise un braccio attorno al collo e con l'altra mano afferrò il cazzo e lo indirizzò verso la vagina. Spinsi un po’ e una sua smorfia di dolore mi consigliò di fermarmi.
- Non dirmi che è la prima volta? – Le dissi.
- No! Ma con quelle dimensioni è come se lo fosse! –
Spinsi di nuovo e, con un piccolo sforzo, riuscii a farlo entrare tutto. L'espressione del suo viso passò dalle smorfie all'estasi. Si dimenava attirandomi a se, lo voleva sentire per intero ed io non mi tiravo indietro, davo colpi secchi e cadenzati fino a che non raggiunse un nuovo orgasmo. Si abbandonò esausta tra le mie braccia. Cominciai a pensare che doveva essere molto sensibile nelle sue zone intime se gli bastava così poco per raggiungere l'orgasmo. Ero sempre più eccitato e volevo svuotarmi. La feci accovacciare davanti a me poggiandola alla portiera della macchina e gli misi il cazzo in bocca con l'intenzione di non toglierlo da li senza che fossi arrivato. Le tenevo la testa ferma e spingevo il più possibile per farglielo arrivare fino in gola. Dapprima diede due colpi di tosse, poi si abituò e prese lei l'iniziativa di spingere ingoiandolo tutto. Lasciai fare senza muovermi e dopo un po’ mi sentii esplodere. Non si sognò minimamente di scostarsi, lo sperma gli arrivò in gola e ingoiò tutto senza lasciarsene sfuggire una sola goccia. Lo pulì delicatamente con le lingua e si sollevo baciandomi in bocca.
- Ti amo Francesco. Con te farei qualsiasi cosa! –
- Non dirlo, potrei chiederti cose che non immagini! –
- Chiedimi tutto quello che vuoi. –
La guardai e le dissi: - dammi dieci minuti e poi vedremo! - Mi sedetti in macchina con la portiera aperta e fumai una sigaretta mentre lei, all'esterno, mi guardava. La feci avvicinare e le dissi di sedersi sulle mie gambe. Stemmo in silenzio soddisfatti entrambi. Mentre fumavo le palpavo il sedere, sodo e ben fatto; mi venne un'idea.
- Alzati! – Le dissi. – Girati di spalle e solleva la gonna! – Mi guardava interrogandosi sulle mie intenzioni ma non fece obbiezioni. Esegui il mio ordine girandosi e alzandosi la gonna. Era senza slip, potevo vedere il suo sedere in tutta la sua bellezza; piccolo ma ben modellato.
- Ora piegati in avanti! – Le ordinai. Non disse una parola e, appoggiando le mani sulle ginocchia, si piegò.
- Apri le gambe! – I miei ordini, ormai, li eseguiva senza discussioni. Con la testa si girava verso di me a vedere cosa stessi tramando, ma si notava che era compiaciuta della mia espressione di soddisfazione.
- Stai piegata in questo modo e, con le mani, spalancati le natiche! – Un po’ titubante lo fece, mi apparve quel fiorellino rosa che subito diventò il mio desiderio. Lo guardavo estasiato e già pregustavo come profanarlo. Lei, capendo le mie intenzioni, girò la testa e disse un po’ preoccupata:
- Francesco, non l'ho mai fatto! -
- Lo faremo solo se ne sei convinta di farlo! –
- Non so… ho un po’ di paura. –
- Fa niente, quando ti sentirai pronta lo faremo. Ok? –
- Sì! Ti prometto che lo faremo. - Si sollevò e mi venne vicino. - Sapevo che avresti capito! – mi baciò, questa volta, in modo diverso, con più dolcezza.
- Devo fare pipì! – Fece per avviarsi verso il retro della macchina ma l'afferrai per un braccio e le dissi:
- Dove vai? Falla qui, davanti a me! –
- Ma… mi vergogno!-
- Provaci! –
Si accovacciò difronte a me e, tenendosi la gonna alzata, cominciò a sforzarsi. Alcune gocce le uscirono ma, la mia presenza, la bloccava.
- Se continui a guardarmi, non ci riuscirò mai! – Disse. Mi accovacciai pure io difronte a lei e, accarezzandole il viso le dissi:
- Vai, sforzati senza pensarci! – Mi fissava e si sforzava. Cominciarono ad uscire le prime gocce, misi la mano sotto la sua vagina e le raccolsi. Avevo le dita bagnate, le portai vicino alla mia bocca e, fissandola negli occhi, li leccai. Mi guardò stupita, non si aspettava una cosa del genere ed io godevo al pensiero di quello che sarebbe avvenuto dopo.
- Continua! – Le intimai. Senza dire niente si sforzò di nuovo. Altri schizzi le uscirono bagnandomi la mano che già tenevo sotto. La sollevai e, questa volta, la porsi a lei che, titubante, aprì le lebbra e cacciò la punta della lingua fuori. Le feci leccare le dita, dapprima lentamente, poi con più convinzione. Ripetemmo l'operazione atre tre volte e lei, ormai convinta di quello che stava facendo, dimostrò di gradire. Mi sollevai facendola rimanere accovacciata, presi il cazzo tra le mani e lo indirizzai verso di lei. Aprì la bocca convinta che volessi fargli fare un pompino, mi scostai e le tenni ferma la testa.
- Apri la bocca! – Le dissi. Capì le mie intenzioni e si dispose meglio. Mi liberai di tutto il liquido che avevo in corpo nella sua bocca, lo vedevo uscirgli di fuori e sgocciolarle sui seni. Quando ebbi finito, le dissi di ingoiare la parte rimastagli in bocca, eseguì.
Tornammo in paese con la promessa che ci saremmo rivisti il giorno dopo.




di
scritto il
2012-07-27
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