Antonio e Mimina +2
di
Levante52
genere
scambio di coppia
MIMINA E ANTONIO
Mimina, diminutivo forse di Domenica o forse di Cosimina, era una grandissima scassa cazzi, particolarmente dopo essersi sposata. Scendeva dall’auto lanciando improperi e insulti al marito seduto al bar fosse piena o vuota la piazza. Ormai nessuno ne prestava attenzione. Il marito Antonio si scrollava le offese e i rinfacci e tornava a giocare a carte con gli amici.
Una coppia sulla cinquantina fondata sulla stronzaggine di lei e l’indifferenza di lui.
Se non era una sparata di persona arrivava quella per telefono. Lui ascoltava e tranquillo richiudeva.
Col tempo Antonio si era deciso a passare meno tempo possibile in casa e si era dato all’orto. Più giovane di lui, ma più esperto, gli spiegavo come curare la vite e una mattina andai con lui a fare un po di pratica.
Ti arriva lei nel momento in cui gli spiego a che servono alcuni prodotti che al vivaio gli avevano venduto e mai usati.
Solita sfuriata, coglione qui, coglione la, poi si calma e mi chiede se per le rose qualcosa di tutto quello esposto potesse servire. Ascolta in silenzio, poi fa domande, ascolta e sta zitta.
Andata via, Antonio mi dice: “Gli piaci, mai sentita stare zitta per tanti minuti!”
Antonio era da un po’ che pensava a come risolvere il problema della moglie, non al punto di una vera separazione, ma che almeno avesse qualcosa in mano con cui dominarla, ricattarla, insomma qualcosa che gli facesse passare in tranquillità almeno la vecchiaia.
Sui cinquantacinque Antonio prese una brutta cardiopatia e chiese il pensionamento anticipato dal lavoro. Le ore in più passate in casa diventarono un inferno.
Fernando, amico di tresette, dopo le corna ricevute da sua moglie, raccontava di una donna completamente cambiata, docile, scopatizza, in cerca perenne del perdono. E pure Antonio cominciò a pensarci su.
Fu col secondo incontro nell’orto che le cose cominciarono a muoversi. Gli arrivò puntuale la telefonata della moglie e lui rispose con un paio di va bene e poi che tardava una mezzora perché era con me nell’orto. Piombò pochi minuti dopo: “Giacché è qui mi deve spiegare una cosa!”. Scriveva, annotava, sempre in silenzio.
Andata via, Antonio confermò: “Gli piaci proprio!” e nel suo cervello cominciò a formarsi un qualcosa.
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, cominciò a farmi confidenze su di lei sempre più intime. Fino al punto da confidare che l’unico momento in cui lui riusciva a farla stare zitta era quando glielo metteva nel culo, solo nel culo. Era stato per lui un doppio godimento ma ultimamente con i problemi di cuore non rischiava più. Un pompino la domenica mattina era tutto.
Mimina era un po’ più giovane di lui, in carne, il seno grosso ma cadente, la faccia da cazzo che a tutti noi del bar veniva da metterglielo in bocca quasi a sfregio per farla stare zitta.
IL CORNUTO
All’inizio durante queste confidenze me ne stavo in silenzio con quel rispetto che si porta alla moglie di un amico ma poi col suo crescendo sempre più volgare cominciai a sfottere alla pecoreccia pure io.
Da un “e allora mettigli un tappo nel culo allora!” fino al punto che su un sito online eravamo quasi arrivati ad ordinare uno di quei cazzi finti che ora chiamano plug da tenere fissi nel culo anche da vestiti.
Alla fine arrivò a confidarmi che sperava che qualcuno se la scopasse, la distraesse da lui un po’. Una scappatella con cui ricattarla, un altro con cui litigare. Partiti i figli universitari fuori sede da pensionato in casa lui era rimasto l’unico sfogo della moglie.
Da un marito che ti dice queste cose capisci che ti sta dicendo ne più ne meno “scopati mia moglie”. Ma di finire sputtanato in piazza dal “mostro” non mi andava proprio. Mia moglie sopportava tutto ma se fatto con discrezione. Le bastava sapere chi era la troia santarellina di turno e un po’ di particolari per sputtanarla con le amiche e le passava.
Mimina era una bomba, un rischio troppo alto. Ci parlammo chiaro, anche se Antonio aveva fatto di tutto per arraparmi con certi racconti, con Mimina io non ci avrei perso tempo in quel senso. Magari lo avrei aiutato a farla uscire di casa, farle conoscere altri maschi, interessarmi dei suoi hobby e poi per troncare il discorso gli dissi che a mio giudizio lei da come si truccava e da come si vestiva non cercava occasioni.
Comunque lo avrei aiutato. Andammo un po’ in giro da soli, io e lei, per vivai a comprare piante e fiori con Antonio che spiava ogni particolare prima che la moglie uscisse di casa. Se si era lavata bene, che mutande aveva messo, cosa aveva infilato nella borsa. Mimina si presentava sempre scapigliata, senza trucco, senza reggiseno coi soliti camicioni troppo larghi.
Antonio mi confermava che era uscita di casa con le solite mutande da casalinga. Le controllava i tiretti della lingerie ma da anni mutande di pizzo o da troia Mimina non ne comprava più. Nel suo comodino l’ultimo tubetto di lubrificante ormai fuori portata di mano.
VITA SCIAPA
Dopo sposati, le serate in casa Bodini erano state molto hot. Lui aveva sistemato la tv e il decoder della paytv davanti al letto e Mimina si presentava in camera vestita come le troie dei video porno, uno nuovo ogni sera con le schede pirata. A queste confidenze pensai che Minima sapesse fare, se voleva, un pompino in almeno dieci stili diversi. Tutte le mogli italiane, oggi tra i cinquanta e i sessanta, hanno fatto tesoro di quei film anche se ancora dicono che lo facevano solo per fare piacere al marito.
Mimina ricordava pure i titoli dei film del concepimento dei due figli.
La cosa sembrava piantarsi lì, finché una domenica di maggio come oggi nell’orto ci viene pure Filippo, trentenne, un cuoco pasticciere che cercava fragoline ruspanti per certe elaborazioni da concorso. Amicissimo, gli avevo dato la dritta del posto in cui chiedere per avere quei frutti. Per evitare la temuta telefonata improvvisa della Mimina, Antonio la avvertì in anticipo di dove era e cosa facesse. Minima ci credeva sempre poco, in genere Antonio era al bar a bivaccare e inventava palle, ma sentite tante voci in cinque minuti ci piombò di persona.
Mimina si era ritirata dalle scuole dopo i primi anni di istituto alberghiero e non avere un minimo di diploma per lei era stata una vergogna, lo scorno di una famiglia colta e benestante. Non aveva mai abbandonato l’idea di diplomarsi da privatista saltando gli ultimi anni non frequentati.
Tutto si combinò. Mimina con le sue tette libere dentro il solito smanicato estivo se ne stava appecorinata raccogliendo fragole, e io a Filippo interessatissimo gli feci il segno della chiavata con le mani. Io, tu e lei.
Era l’anno in cui Filippo aveva aperto la sua prima pasticceria in società con un certo insegnante che per quell’anno avrebbe fatto da presidente interno alla commissione d’esame dell’istituto alberghiero della mia zona. Me ne aveva parlato un amico che si era fatto riconoscere un po’ di esami e si presentava anche lui privatista. In pratica tutta la commissione d'esame erano amici, soci, clienti miei o di Filippo. Quell’anno chi pensava di aprire prima o poi pure un B&B si era iscritto da privatista.
Imbeccato Filippo per bene, appena Mimina tirò fuori un termine un po più professionale, il discorso fu fatto cadere sulla nota dolente. “Hai fatto corsi da cuoca?”
Mimina raccontò che "magari", del diploma, del dispiacere e a quel punto gli presentai Filippo per quello che a lei poteva interessare davvero. Il tipo che le avrebbe dato il sospirato diploma.
Definirono i particolari, la iscrissero anche se fuori termini da privatista. La scorrazzavo da una scuola all'altra in cerca degli attestati degli anni passati. Antonio ci sperava. Specializzazione pasticceria. Filippo la tranquillizzava continuamente, l’esame sarebbe stato “aiutato”, ma lei comunque si impegnò per i due mesi successivi come una disperata. L’esame l’avrebbe passato anche non presentandosi ma questo a lei non fu confidato completamente per evitare spettegolamenti o vanterie e imbarazzi per l'istituto.
Mimina alternò momenti di scoramento in cui pensava di non presentarsi agli esami a momenti di particolare euforia. Filippo combinò una spy-storia per cui l'aiuto le sarebbe arrivato da vie traverse, al di fuori della scuola e che per le prove orali come privatista le avrebbero chiesto solo argomenti attinenti alla specializzazione di pasticceria. Filippo avrebbe spinto il socio a prendere in mano personalmente l'interrogazione e, magari, chiedere risposte sulla crema pasticcera e il cioccolato, e come eventuale prova pratica il riconoscimento di essenze alcoliche utilizzate nelle preparazioni.
Antonio ora aveva due risorse. Il mio cazzo nel culo della sua moglie o quello di Filippo.
Il mio cazzo era più gestibile. Pensava che la "scoperta" del tradimento con me sarebbe stata più facile da capire e dimostrare. E quando Mimina cominciò a frequentare il laboratorio della pasticceria di Filippo per studiare le preparazioni della crema e del cioccolato si raccomandò che ci fossi anche io. "Non che me ne freghi se se la scopa, ma non vorrei che le succedesse qualcosa di poco piacevole!".
L'APERTURA
In quei dieci minuti da casa sua al laboratorio di Filippo, Mimina cominciò piano piano ad aprirsi. Sempre controllata, se non scontrosa, evitava particolari argomenti, parole o espressioni ambigue o che potessero innescare risposte o battutine maliziose. Dopo l'attenzione alle materie d'esame cominciò a chiedermi consigli su come presentarsi agli esami, aspetto, vestiti, atteggiamento. Le chiesi se volevo che fossi sincero o ipocrita e lei mi disse di essere anche cattivo. Insistette e alla fine, quasi fintamente dispiaciuto, le dissi che se l'esame sarebbe stato davanti alla scrivania in ogni caso avrebbe dovuto evitare che il seno le scendesse sotto il piano, le chiesi come mai con quel seno abbondante non usasse sempre reggiseni. "Scusami, ma non si può non notare"
"E poi davanti a un esaminatore maschio .... comunque non andarci senza reggiseno ... e poi mai e poi mai schiacciarlo sotto al piano se ti devi piegare a scrivere".
Non la facevo parlare, insistevo sull'unica cosa stonata che un maschio ma anche una donna non avrebbe sopportato.
Mimina non portava il reggiseno come abitudine perché da giovane col peso di una quinta le stoffe le avevano lasciato sotto delle brutte infezioni. Vestiva più largo del necessario e risolveva in questo modo. Comunque dopo la menopausa si era lasciata fisicamente andare e poi "nemmeno Antonio le guarda più".
Su questo argomento ci tornava spesso. Fino a che di ritorno dalla pasticceria un pomeriggio restai fuori in macchina ad aspettarla scegliere un paio di reggiseni in un negozio per strada. Felicissima mi mostrò la busta ma senza farmeli vedere.
Glieli avrebbe tenuti nascosti e pure per bene. Lo avrebbe usato solo quei giorni, quello più adatto al vestito estivo che ancora non aveva.
Antonio da parte sua ad ogni uscita di casa della moglie teneva d'occhio il tiretto della lingerie della moglie. La confezione scartata di una mutanda nuova per lui era una speranza. Un bidet più lungo del solito, un profumo, erano possibili emergenze di corna.
Successe tutto nel pomeriggio e nella sera di San Giovanni. Quella volta passò a prendermi da casa con la sua macchina, aveva un vestito nuovo, più aderente sopra, scollato il giusto per l'estate, gonna larghissima, pettinata. Appena fuori il paese mi chiese di scendere e stare fuori dall'auto. Si voleva sistemare il nuovo reggiseno e mettere un po di rossetto. "Minchia! Sei una bomba, così li stendi tutti !".
Si toccava, si aggiustava, calava continuamente lo specchietto del parasole. "Sei una strafica, agli esami li stendi di sicuro!". Alle donne piace sentirsi dire che sono belle o almeno desiderabili. "Pensa a questi poveri professori che finalmente si vedono davanti una ficona maggiorenne! Ti salteranno addosso! A chi ti offrirà il voto più alto." Lei rideva. In effetti la commissione era tutti di maschi che di solito si curavano speranzosi ognuno un paio di privatiste. lI viaggio fu lungo, l'appuntamento con Filippo era dal suo fornitore di alcolici, nonché anche della scuola per vià di traffici poco chiari del suo socio presidente di commissione. Dei grandi capannoni, un villone con piscina, un agriturismo con camere, scuderie. Aveva già preparato il set di bottiglie anonime tipo esame con dentro un fondo di liquore. Rum, anice, maraschino, ecc.. una quindicina di liquori da annusare e riconoscere. "Se poi, visto che la signora è tutta in tiro, vi serve una camera non ci sono problemi, tutte libere"
Mimina sempre insicura aveva voluto prepararsi anche per l'eventuale prova pratica. Da vere carogne la mattina della prova gli avremmo confidato quello che sapevamo già: le bottiglie sul tavolo erano poste in rigoroso ordine alfabetico. Ma quel pomeriggio, nell'angolo degli assaggi dello sterminato capannone pieno di casse di ogni liquido, glielo nascondemmo. Mimina annusò con impegno almeno tutto il set di bottiglie, prima per imparare e poi almeno un'altra decina di volte per altrettanti test.
LA SBANDATA
Non fu tanto il poco alcol degli assaggi in bocca finito nello stomaco, ma quello direttamente inalato nei polmoni che in pochi minuti aveva cappottato la sventurata. Non ci avevamo neppure pensato. Pure noi a controllare le rispeste eravamo un po brilli.
Non era il caso di mettersi in macchina, passeggiamo per tutto il capannone per tutti i suoi corridoi curiosando e aspettando la mezzoretta dello smaltimento. A Mimina vennero un po di capogiri e si sedette su una pila bassa di scatoloni e fece quel gesto che io e Filippo non ci saremmo mai aspettato. Prese le sue tette con le mani a coppa da sopra il vestito e se le tirò su fino al mento: "E come fanno a bocciarmi !?!".
Un gesto volgare, boccacesco, ma tanto fu. Filippo le si mise di fronte e gliele sollevò tutte e due ancora una volta come per dire controlliamo se queste bocce si possono mai bocciare, poi si sedette di lato e le passò un braccio sulla spalla e con l'altra mano sembrava pesarle una alla volta. E' quella fase dove una donna decide se fermare il gioco ancora innocente, ma lei lasciò fare, piegò la testa verso Filippo che le riempii l'orecchio di lusighe le più smielate possibile.
Filippo era bravo, freno e acceleratore, se fosse riuscito a mettergli una mano sotto le mutandine per più di una decina di secondi secondo la sua esperienza e pure la mia era fatta. Non sarebbe stato più certo un gioco, che poi neppure per qualunqe tipo scherzo o gioco una donna sposata avrebbe mai fatto mettersi le mani sulle tette in quel modo.
Aveva gli occhi chiusi, di una che si imbarazza ma non vuole che finisca. A conti fatti non prendeva un cazzo nella fica da almeno dieci anni. L'ubriacatura, il capogiro, come alibi l'aiutava. Tirata su la gonna venne fuori il pingue rigonfio della fica appena contenuto da una mutandina di pizzo che ai radar di Antonio doveva essere sfuggita.
Un conto aspettarsi il vestito scollato e l'effetto del reggiseno, ma la mutanda da scopata sotto i vestiti non aveva proprio senso. Filippo ormai ci era arrivato.
Mimina era ormai in quella fase dove una donna difficilmente dice stop. Filippo la fece alzare, le sistemò una cassa sotto a un piede alzandole così una gamba e cominciò a sditalinarle la fica, da sopra e da sotto la mutanda. Poi si scostò un po di lato per farmela vedere meglio e a un certo punto Mimina cominciò a guardarmi senza più chiudere gli occhi.
Ero seduto a meno di un metro da lei, mi tirai giù di colpo i pantaloncini estivi e mi avvicinai mettendole il cazzo duro nella mano sinistra, Filippo fece lo stesso con la destra. Fu una sega a due mani piuttosto penosa, fuori sincrono, fuori misura, finchè non ci mettemmo dallo stesso lato tutti e due e le cose andarono meglio.
Non si poteva gridare, ne esagerare in quel capannone, e gli effetti dell'alcol prima o poi sarebbero spariti. Una donna se ti fa una sega è come se non ti avesse fatto nulla, può pure dire non conoscerti il giorno dopo, può essere che una seconda occasione non te la dia e quindi era il momento di andare a fondo in modo più deciso. Se era porca e gli piaceva il cazzo lo doveva confessare chiaramente.
LA PRIMA MONTA
Filippo la rifece sedere sui cartoni e poi la sdraiò sulla schiena e poi si mise di lato alla sua testa. La femmina porca in questa posizione sa che deve girarsi e che troverà un cazzo pronto da succhiare. Filippo ci andò calmo anche se voleva essere il primo a imbucarla. Glielo strofinò su tutta la faccia, occhi e orecchie comprese, poi sulle labbra. Mimina ingoiò la botta di saliva formatasi in bocca e Filippo capì che era il momento di entrare.
Le teneva la testa schiacciata, bloccata sui cartoni, e la pompava in bocca, su quegli scatoloni l'altezza della bocca e della fica di Mimina era perfetta.
Le tirai su le gambe per sfilarle le mutande, poi rivoltai bene la gonna e infine le aprìì le cosce piegandole le ginocchia fino alle tette. Non volevo chiavarla subito, ero ossessionato da vedere come era fatto quel buco del culo che tanto me ne aveva parlato il marito. Era tanto spalancata e così bene che il buco del culo era illuminato direttamente dal sole che entrava dai lucernari del tetto del capannone.
Ma andiamo nell'ordine: la fica pelosissima non ancoratosata per un fine giugno da costume da bagno. Diciamo una pelosità vaporosa, poco arricciata, nerissima, lucida, abbondante che si può mostare senza imbarazzo solo nella camera da letto al proprio marito ma non a un maschio per una scappatella . Comunque le piccole labbra non ne uscivano fuori. Nonostante l'ampia divaricazione la fica restava chiusissima e Filippo non era riuscito a bagnarla neanche un po'.
Una pelosità appena accennata le cominciava da poco sotto l'ombellico fino a tutto l'orlo del buco del culo e quello che per te lettore può sembrare solo un resoconto ginecologico a me raccontava che la tipa, nonostante la mutanda da scopata, non aveva avuto alcuna premeditazione di togliersela quella sera.
Nonostante i quasi cinquant'anni la pelle tra la fica e il culo era perfettamente chiara, dello stesso colore delle chiappe coi lunghi peli neri intorno che hai sempre paura che si infilino spinti dentro dal cazzo e rovinino una bella inculata. Neppure quelli aveva pensato di rasare.
Il buco, oggetto di tanti racconti di Antonio, da pochi minuti ormai incredibilmente bicornuto, era insolitamente liscio, intatto quasi da ragazzina. Pieghette perfettamente simmetriche, nessuna slabbratura, impossibile pensare che il marito se la fosse inculata comodamente almeno i primi anni di matrimonio ogni sera.
Filippo pompava deciso, ogni tanto quando lui si fermava lei ormai convintissima muoveva la testa alla bisogna. Con Filippo avevamo scopato in quattro due turiste per un'estate intera e il pericolo con lui è che non riesce a trattenere il suo lato ironico. Una battuta delle sue e finiva a schifo.
L'esame visivo, più lungo a scriverlo che a farlo, era finito e pensai a quello che in quelle condizioni era più proficuo completare.
Sicuramente un bell'orgasmo alla signora Giove Mimina maritata Bodini Antonio, bancario in pensione, giovava come investimento per altre future scopate. Poi una sborrata in bocca di Filippo e una mia nella fica.
Antonio mi diceva che nel culo glielo infilava spesso perché dopo il primo orgasmo alla moglie fastidiava pure farsela toccare e quindi per finire o sega o pompino o culo. Una bugia costruita ad arte per finirla presto e cominciare a riposare la notte.
Alla leccata per bagnarla rispondeva bene e pure quando glielo infilai. Non so cosa passa nella mente di una moglie mentre per la prima volta ha due cazzi forestieri dentro, comunque lei venne due volte di seguito e la seconda volta sborrai pure io tutto dentro. A vedere il mio cazzo venire fuori dalla fica lucido di sborra Filippo chiuse pure lui perfettamente tutto in bocca. La signora deglutì per la seconda volta e più volte.
Venti minuti in cui lei aveva ripreso i sensi, cosciente di quello che aveva fatto, spossata ma che se ne stava completamente sconcia e immobile alla vista più intima di due maschi.
Filippo, che se ne era proprio innamorato, la baciava come un quindicenne in bocca, mentre io pensavo a rimetterle le mutande. Le sistemo un paio di fazzolettini a mo di assorbenti davanti alla fica. Lei guarda approva e lascia fare. La tiriamo su che pare non fosse successo nulla, lei e noi perfettamente vestiti, solo la sborra di Filippo nello stomaco e la mia, che se le cola, ci sono i fazzoletti.
Filippo le controlla i capelli e fa finta di sistemarle il vestito già a posto. Io rifaccio di controllarle la mutanda e l'assorbente, poi le rimetto in mano la sua borsa. Alle donne che devono sempre sentirsi a posto questi gesti piacciono.
Ritorniamo verso l'altro lato del capannone nella zona assaggi mano nella mano in tre. Il capannone è vuoto, il tramonto sta per cominciare, io mi metto alla guida della macchina di Mimina, Filippo ci seguirà dietro con la sua.
Avviso l'amico che usciti fuori dal paese, in uno di quei lunghissimi stradoni che dividono i campi di grano, mi fermerò a pisciare. Anche lei sicuramente, non piscia da almeno quattro ore e ha pure scopato.
Lo so, l'ho fatto. Nella sua borsetta ci ho spiato per bene, niente preservativi e niente lubrificanti, solo un paio di mutande casalinghe probabilmente da rimettere prima di rientrare a casa.
Le donne hanno un cervello che ogni cinque minuti si resetta e riparte. Il primo pensiero è ai figli poi il resto e alla fine il marito. Solo i padri si dimenticano i figli in macchina. Mimina da quando era salita in macchina, nonostante quella botta di vita, si era ripassata le solite priorità. I figli fuori all'università, il frigo pieno, il marito in qualche modo da tranquillizzare. Era tardino e chiamò Antonio. Gli disse che stavamo per tornare, gli chiese se aveva già fame, che tra non più di mezz'ora sarebbe stata a casa a preparare qualcosa. Antonio sinceramente le avrebbe voluto dire tornare con tutta calma, di restare fuori di casa quanto voleva, e per favore di trovare il tempo di farsi scopare ma riuscì a dire solo un "va bene".
Le presi il telefono di mano e ad Antonio gridai un "Antonio arrangiati, non darle retta! noi restiamo ancora qui! ci hanno invitati a cena! ci stanno riempiendo l'auto di ogni ben di Dio e non possiamo fare gli scostumati. Mimina, stai tranquillo, te la guardo io".
Poche parole per fare contente quattro persone: Io, Antonio, Filippo e in fondo pure Mimina. L'auto in realtà l'avevamo proprio piena di cartoni di bevande e liquori a costo stracciato, peperoni, pomodori, zucchine, fichi e un biglietto con i nomi di due parenti del bibitaro iscritti pure loro privatisti nomi che Filippo avrebbe passato al suo socio presidente.
La villa del fornitore l'avevamo vista e ora, messe al sicuro almeno un paio d'ore a disposizione il problema era non far venire i sensi di colpa alla Mimina e riuscire nuovamente a riscaldarla. Mimina richiamò ancora il marito per scusarsi ma Antonio non la fece neppure parlare, "divertiti, mangia, bevi" le disse, "e torna quando vuoi io mi arrangio".
La cosa che la riportava comunque a meno di un'ora prima era quella cosa di carta tra la sua fica e le mutandine. Si vergognava a metterci le mani, però si preoccupava di bagnare il vestito o la tappezzeria.
"A me prude un po', a te?"
Fece finta di non capire.
"L'ho rimesso dentro senza pulirlo, a te come va?"
"Non so, ho ancora il fazzoletto".
"A me scappa di pisciare"
"A chi lo dici!"
"Non pensavo indossassi quel tipo di mutandine di solito ..."
"Infatti, però queste erano quelle più adatte al vestito. Le mettevo ai tempi del primo pancione"
"Non mi sembrano nemmeno mutande da gravidanza ...."
"Lo trattavo bene Antonio allora..."
Senza Filippo vicino Mimina si confidava più liberamente.
TRA I FILARI
Filippo era stato avvisato della mossa, ma poi fu lui ad andare avanti e capì che voleva essere seguito. Svoltammo su uno stradone tra infiniti tendoni di uva da tavola, avanti di almeno un chilometro e fermai sul primo largo decente fuori dalla carreggiata.
Quando negli anni io e lui ricordavano quel pomeriggio, per non fare nomi, diceva “la signora che in due ore imparò più cose delle viti che suo marito in due anni”.
Avrebbe Mimina pisciato insieme a noi? o avrebbe voluto un po' privacy ? Da vera signora, pure coi tacchi sottilissimi nella terra, si appartò con un pacco di fazzoletti e una bottiglia d'acqua di una marca famosissima che da sola costa una cena intera, fece quello che doveva fare dietro l'auto con uno sportello aperto e ritornò con le mutandine in cima alla bottiglia che ripose nella borsetta. Ma non si rimise ancora quelle casalinghe di ricambio.
Per me e Filippo la pisciata fu più complicata. Mimina, spavalda e ormai sfrontatissima, ci guardava pisciare proprio davanti, saperla senza mutande ce lo feceva tenere dritto e pisciare col cazzo duro è complicato. Ci aggiustammo, Filippo questa volta pretendeva la fica, io decisamente il culo. Glielo volevo tenere dentro per almeno mezzora. Non decidemmo se tutto insieme o a turno.
Mimina ci passò la bottglia col chiaro segno di sciacquarci l'uccello. "Non voglio ubriacarmi " disse ridendo "e ora come le passiamo queste due ore di questa cena inventata?"
Filippo tirò fuori dall'auto la sua garconniere, una robusta coperta da spiaggia e la stese per terra, io mi inginocchiai davanti a Mimina e le tolsi le scarpe. Ce le togliemmo tutti. Il sole cominciava a calare, eravamo all'ombra dei tendoni, ma vedevo dettagli della sua pelle che neppure prima avevo notato. Aveva il pelo della fica ancora bagnato di Perrier, desideravo vederle il buco del culo in piena luce prima di riempirlo. Filippo mi mise in mano un tubetto di lubrificante che però a Mimina non feci ancora vedere. Filippo le occasioni se le scopava con più piacere all'aperto fuori dagli odori di ingredienti che popolavano il suo mondo, i suoi capelli, i suoi vestiti.
Non era ancora chiaro se fingesse di essere padrona della situazione o se lo fosse veramente. Era ancora una situazione maliziosa, quasi giocosa. La vista del lubrificante in mano avrebbe accelerato le cose in ogni senso.
Comunque quel lubrificante in auto a portata di mano e l'insistere ad avere la fica della signora Bodini pensai che Filippo avesse una preferenza per donne mature che di solito hanno la fica un po secca.
Io e Filippo ci stendemo per terra, lei ci passeggiò un po' sopra alzando e calando la gonna, allargando e chiudendo le cosce.
Questa ora ci piscia in faccia pensai. Alla fine si inginocchiò pure lei, le avevamo lasciato il centro della coperta libera. Tirammo fuori dai pantaloncini il cazzo allo stesso istante, la mano a coppetta sulle palle a far dondolare il cazzo bello scappellato a indicare dove cominciare mettere subito le mani.
Per una che si era sposata vergine a ventiquattro anni e aveva usato solo il cazzo del marito se la cavò bene. Antonio se l'era istruita bene coi porno delle paytv, di quel genere dove una moglie se la sbattono in due tre o quattro. Questa volta era lei la protagonista. Si rialzò, si sfilò lil vestito e si calò a candela con la fica due dita dalla cappella di Filippo che ormai la implorava.
LA SECONDA MONTA
Fino ad allora se ne era stata quasi in silenzio, fino a che Filippo le chiese se era pronta. "Pronta in che senso?" "Bagnata, larga, ...". Mimina si stava bagnando come non le succedeva da anni, i tempi di questa seconda scopata erano più lenti, più coscienti, più erotici. Si era tolta il vestito lasciandosi il reggiseno forse per sentirsi più sicura e alla fine tenendosi le tette tra le mani con particolare equilibrio si calò precisa sul cazzo di Filippo. Un po di su e giù un po di oscillazione del culo poi si stese completamente a baci in bocca sul suo nuovo amico. Fu così che piegandosi la luce del tramonto le rischiarò le chiappe e quello che c'era in mezzo.
Le chiesi se lo aveva mai preso nel culo, se le piacesse prenderlo, ma non aveva voglia di parlarne. Filippo faceva gioco di squadra allargandole le chiappe e così cominciai a titillarle il buchetto. Poi ad applicarle un po di lubrificante stendendo per bene tutto il cespuglietto di peli verso l'esterno e poi quando lei intuì il mio prossimo movimento mi disse "fai presto, vieni subito" la classica battuta di quelle che lo hanno già preso nel culo e sano benissimo che non sempre viene piacevole.
Fu così che la signora Bodini Cosimina prese due cazzi contemporaneamente e contrariamente a quanto affermato dal cornuto anche col cazzo nel culo straparlava. Antonio evidentemente non l'aveva mai vista con due cazzi dentro. La voce non era quella delle gridate in piazza, ma più grave, affannata, frasi senza senso tipo "si culo, cazzi, dentro, bello" cambiando solo l'ordine delle parole. Filippo le sparava le palle più grossa osannandola come la femmina più femmina del paese. "Sei una vera signora, l'unica delle tue amiche, delle tue paesane a scopare due maschi insieme". Mimina si caricava con infiniti "si ancora cazzo". Era fuori di testa, si fece fare tutto in tutti i modi, io rimandai l'inculata infinita perché mi erano venute in mente altre idee. Filippo l'avremmo lasciato al prossimo svincolo io avevo calcolato la possibilità di almeno un'altra mezzora da soli. C'era questa moglie nuda in mezzo a una campagna che si capiva scopare da sopra un tizio di cui non vedevo neppure la faccia, le vedevo la schiena bianchissima con le spalle già abbronzate, più giù il mio cazzo che entrava e usciva nel ciuffetto di peli nerissimi che untuosi erano ancora più lucidi, poi davanti a me, di lato e dietro una infinita distesa di pali perfettamente allineati. Cominciai a estraniarmi e decisi di lasciare più spazio all'amico, entravo e uscivo dal suo culo a intervalli permettendo a Mimina di rialzare la schiena e prendere fiato, alla fine con Filippo che si era stancato di stare sotto cominciammo un carosello di posizioni per non pentirci il giorno dopo di non avere scopato quella femmina pure in quel modo. Era tornata alla sua borsetta per legarsi con un elastico i capelli e poi si era messi gli occhiali. “Sono presbite” disse. Filippo in bocca e io nel suo culo a pecorina e poi viceversa. Spagnole, con e senza reggiseno, finte chiavate tra le cosce e le ascelle, pisciata di Filippo sul suo culo e pisciata della signora nella mano di Filippo col mio cazzo in bocca. Pisciata del sottoscritto con la signora che dirigeva il getto. Mancò solo che la Giove Mimina maritata Bodini si liberasse platealmente l'intestino di ogni fluido scorreggiando. Dai rumori, la signora lo fece ma riservatamente con l'aiuto di un'altra Perrier.
Filippo era completo, io che la conoscevo meglio avevo ancora qualche sfizio da togliermi prima di riportarla da suo marito. Accelerai la partenza: "Qua a una certa ora della sera partono gli irrigatori in automatico, meglio ripartire".
Lasciammo Filippo sul posto che non mancò di salutare la signora infilandole un volgare dito nel culo: "è buona l'acqua?" le chiese trovandolo bagnato. Mi misi in tasca il suo lubrificante e aiutai la signora a rivestirsi. "Glielo dici tu di non dire nulla in giro?, garantisci? " "E' sposato, rischia più di te, comunque ci parlo". Filippo voleva la stessa garanzia da me: i soldi per la nuova pasticceria li aveva messi la moglie.
IL RItORNO
Fermai l'auto poco prima del paese in un parcheggio a lato di una strada a scorrimento veloce piena di oleandri in fiore. Ci andavano le coppiette di solito ma ora era vuoto. Le dissi che mi ero fermato per scambiarci di posto, ora toccava a lei guidare la sua auto ma che ancora una mezzora potevano stare fermi in quel posto. Se voleva darsi una controllata.
Mimina chiamò Antonio per dirle che tra mezzora sarebbe stata a casa. Quando lui le chiese se si era divertita in quel posto lei rispose che era stato tutto bello che appena tornata gli avrebbe raccontato tutto. Appunto, cosa raccontare? Mimina non voleva neppure insospettirlo e cominciammo a inventare una serata, il posto, il menu, il nome della moglie del fornitore, cosa avevo fatto io, Filippo, fino a come era fatto il bagno padronale dove avevamo entrambi pisciato. Nel mentre sistemavo l'auto con la targa posteriore più nascosta possibile lei si toglieva il reggiseno clandestino e mi chiedeva di tenerglielo per non portarlo a casa. Le ricordai pure le mutandine di pizzo che aveva messo nella borsa e mi consegno pure quelle. Voleva controllarsi la fica e il buco del culo e ne approfittai per azionare il carrello del sedile e dello schienale che per buona parte del viaggio di ritorno ci avevo penato su come si comandasse.
Scesi dall'auto, girai e aprì il suo sportello sedendomi sul predellino poco sotto il sedile. "Stai comoda, controllo io, ti posso fare qualche domanda?" La gonna era larga, lei alzò il bacino, le mutandine bianche erano immacolate. "Perché controlli?" chiesi. Da ragazza e pure da sposata e pure dopo due parti se passavano mesi a non scopare le uscivano sempre un po di gocce di sangue dalla fica e quel giorno di anni ne erano passati e di cazzo ne aveva preso pure come non mai. Le chiesi del culo, in genere è quello che può dare quel problema, era la mia fissa, dai racconti di Antonio sapevo che lo aveva preso dietro pochi giorni prima di sposarsi intorno ai 24 anni.
"A sedici" mi rispose. Con suo cugino con cui aveva fatto le medie e i primi anni di secondarie. Li avevano obbligati a studiare insieme, lui a fare da traino a lei per non farle abbandonare la scuola. Culo, bocca e mano, ogni pomeriggio si faceva quello che la gente presente in casa permetteva. Il cugino si era sfondato le fodere delle tasche di alcuni pantaloni per farsi segare pure con sua madre nella stanza. A 21 anni si era fidanzata con Antonio e lasciato la scuola.
DARE IL CULO
Mimina era nata in un posto di mare pieno di doganieri, finanzieri, marinai della Marina, avieri, poliziotti di frontiera. Ad ogni arrivo di reclute, sottufficiali o ufficiali nuovi di accademia una generazione di paesane si sistemava. Bastava arrivarci con la fica ancora nuova. Mamme, nonne, amiche più anziane altro non raccomandavano.
Ad Antonio i primi mesi lo faceva segare da solo sborrandole sulle cosce sempre chiuse. Cominciò a segarlo lei stessa ma solo dopo che entrò in casa a farsi conoscere dai suoi. Era un buon partito appena assunto in banca come sportellista e sua madre lasciava pure spago ma col solito giudizio. La prima pompa al fidanzamento ufficiale e il culo alle pubblicazioni. La fica, veramente vergine, solo dopo una settimana dalle nozze. Era stata zoccola fino ad allora con tutti i buchi ma la storia del dolore alla deflorazione la preoccupò sinceramente.
Mimina non aveva tutti i torti. Le avevano imposto un marito, di lasciare il suo paese e tutte le vecchie amicizie e di vivere con un caprone che più degli amici del bar come vita sociale non era andato. Le aveva pure caricato due figli.
Ero partito per usare quella mezzora a brutalizzarle il buco del culo, a farglielo bruciare per almeno una settimana di cesso. E ora mi dispiaceva andava di rovinarle le cose perfettamente apposto sotto le sue mutandine a cui ci teneva tanto. Rimandai, si sedette sul sedile con i piedi sull'asfalto. Le passai il tubetto del lubrificante. Spalmava, segava e raccontava attenta a non sporcarsi la gonna.
Sborrai di lato da vero gentiluomo quando passò ai dettagli della prima notte di nozze.
CONFIDENZE
Ci accordammo, se mi fosse o le fosse venuta voglia di scopare, anche tra mesi o anni, io avrei chiesto ad Antonio di farmi spiegare da sua moglie come coltivare le fragoline selvatiche e lei invece avrebbe detto ad Antonio di chiedermi come coltivare le rose. Anche al cugino aveva dato a suo tempo una wild card, che la usò fino a quasi il suo matrimonio, poi si presentò quando lei lo arrapava col pancione del primo figlio e sembrò troppo.
Fu lei a volersi fermare ancora un po, non confidava cose così intime a nessuno da almeno trentanni, le nuove amiche l'avevano delusa.
Avevo bisogno ancora di un nome. Le chiesi se si masturbava da sola. Lo faceva specie negli ultimi anni e poi le chiesi chi era il tizio quando finalmente godeva. Tutte hanno un amante segreto. Mi disse “Grazio, quello che ara le terre di Antonio ogni tanto. Ci vado sempre a vederlo quando lo fa e appena a casa mi devo toccare”. Grazio era uno scapolone, sempre abbronzato, barbuto, rozzo, fisico perfetto nascosto quasi sempre appena appena da un piccolo pantaloncino. Con quel nome avrei fatto contento un marito e fatto la mia parte.
Antonio si era già messo a letto quando lei rincasò. Fantasticando sicuramente di me e di Filippo, e dei presidenti, dei commissari, dei professori, dei bidelli, degli alunni, di tutto un mondo maschile cazzuto che Mimina avrebbe a breve conosciuto e che ognuno in modo diverso l'avrebbe finalmente scopata.
Mimina si stese accanto a lui esattamente alle undici e mezzo della sera e a conti fatti, dalle sei di pomeriggio fino a quel momento, aveva passato almeno, due volte due ore, quattro ore di un cazzo dentro un suo qualche buco.
Mimina, diminutivo forse di Domenica o forse di Cosimina, era una grandissima scassa cazzi, particolarmente dopo essersi sposata. Scendeva dall’auto lanciando improperi e insulti al marito seduto al bar fosse piena o vuota la piazza. Ormai nessuno ne prestava attenzione. Il marito Antonio si scrollava le offese e i rinfacci e tornava a giocare a carte con gli amici.
Una coppia sulla cinquantina fondata sulla stronzaggine di lei e l’indifferenza di lui.
Se non era una sparata di persona arrivava quella per telefono. Lui ascoltava e tranquillo richiudeva.
Col tempo Antonio si era deciso a passare meno tempo possibile in casa e si era dato all’orto. Più giovane di lui, ma più esperto, gli spiegavo come curare la vite e una mattina andai con lui a fare un po di pratica.
Ti arriva lei nel momento in cui gli spiego a che servono alcuni prodotti che al vivaio gli avevano venduto e mai usati.
Solita sfuriata, coglione qui, coglione la, poi si calma e mi chiede se per le rose qualcosa di tutto quello esposto potesse servire. Ascolta in silenzio, poi fa domande, ascolta e sta zitta.
Andata via, Antonio mi dice: “Gli piaci, mai sentita stare zitta per tanti minuti!”
Antonio era da un po’ che pensava a come risolvere il problema della moglie, non al punto di una vera separazione, ma che almeno avesse qualcosa in mano con cui dominarla, ricattarla, insomma qualcosa che gli facesse passare in tranquillità almeno la vecchiaia.
Sui cinquantacinque Antonio prese una brutta cardiopatia e chiese il pensionamento anticipato dal lavoro. Le ore in più passate in casa diventarono un inferno.
Fernando, amico di tresette, dopo le corna ricevute da sua moglie, raccontava di una donna completamente cambiata, docile, scopatizza, in cerca perenne del perdono. E pure Antonio cominciò a pensarci su.
Fu col secondo incontro nell’orto che le cose cominciarono a muoversi. Gli arrivò puntuale la telefonata della moglie e lui rispose con un paio di va bene e poi che tardava una mezzora perché era con me nell’orto. Piombò pochi minuti dopo: “Giacché è qui mi deve spiegare una cosa!”. Scriveva, annotava, sempre in silenzio.
Andata via, Antonio confermò: “Gli piaci proprio!” e nel suo cervello cominciò a formarsi un qualcosa.
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, cominciò a farmi confidenze su di lei sempre più intime. Fino al punto da confidare che l’unico momento in cui lui riusciva a farla stare zitta era quando glielo metteva nel culo, solo nel culo. Era stato per lui un doppio godimento ma ultimamente con i problemi di cuore non rischiava più. Un pompino la domenica mattina era tutto.
Mimina era un po’ più giovane di lui, in carne, il seno grosso ma cadente, la faccia da cazzo che a tutti noi del bar veniva da metterglielo in bocca quasi a sfregio per farla stare zitta.
IL CORNUTO
All’inizio durante queste confidenze me ne stavo in silenzio con quel rispetto che si porta alla moglie di un amico ma poi col suo crescendo sempre più volgare cominciai a sfottere alla pecoreccia pure io.
Da un “e allora mettigli un tappo nel culo allora!” fino al punto che su un sito online eravamo quasi arrivati ad ordinare uno di quei cazzi finti che ora chiamano plug da tenere fissi nel culo anche da vestiti.
Alla fine arrivò a confidarmi che sperava che qualcuno se la scopasse, la distraesse da lui un po’. Una scappatella con cui ricattarla, un altro con cui litigare. Partiti i figli universitari fuori sede da pensionato in casa lui era rimasto l’unico sfogo della moglie.
Da un marito che ti dice queste cose capisci che ti sta dicendo ne più ne meno “scopati mia moglie”. Ma di finire sputtanato in piazza dal “mostro” non mi andava proprio. Mia moglie sopportava tutto ma se fatto con discrezione. Le bastava sapere chi era la troia santarellina di turno e un po’ di particolari per sputtanarla con le amiche e le passava.
Mimina era una bomba, un rischio troppo alto. Ci parlammo chiaro, anche se Antonio aveva fatto di tutto per arraparmi con certi racconti, con Mimina io non ci avrei perso tempo in quel senso. Magari lo avrei aiutato a farla uscire di casa, farle conoscere altri maschi, interessarmi dei suoi hobby e poi per troncare il discorso gli dissi che a mio giudizio lei da come si truccava e da come si vestiva non cercava occasioni.
Comunque lo avrei aiutato. Andammo un po’ in giro da soli, io e lei, per vivai a comprare piante e fiori con Antonio che spiava ogni particolare prima che la moglie uscisse di casa. Se si era lavata bene, che mutande aveva messo, cosa aveva infilato nella borsa. Mimina si presentava sempre scapigliata, senza trucco, senza reggiseno coi soliti camicioni troppo larghi.
Antonio mi confermava che era uscita di casa con le solite mutande da casalinga. Le controllava i tiretti della lingerie ma da anni mutande di pizzo o da troia Mimina non ne comprava più. Nel suo comodino l’ultimo tubetto di lubrificante ormai fuori portata di mano.
VITA SCIAPA
Dopo sposati, le serate in casa Bodini erano state molto hot. Lui aveva sistemato la tv e il decoder della paytv davanti al letto e Mimina si presentava in camera vestita come le troie dei video porno, uno nuovo ogni sera con le schede pirata. A queste confidenze pensai che Minima sapesse fare, se voleva, un pompino in almeno dieci stili diversi. Tutte le mogli italiane, oggi tra i cinquanta e i sessanta, hanno fatto tesoro di quei film anche se ancora dicono che lo facevano solo per fare piacere al marito.
Mimina ricordava pure i titoli dei film del concepimento dei due figli.
La cosa sembrava piantarsi lì, finché una domenica di maggio come oggi nell’orto ci viene pure Filippo, trentenne, un cuoco pasticciere che cercava fragoline ruspanti per certe elaborazioni da concorso. Amicissimo, gli avevo dato la dritta del posto in cui chiedere per avere quei frutti. Per evitare la temuta telefonata improvvisa della Mimina, Antonio la avvertì in anticipo di dove era e cosa facesse. Minima ci credeva sempre poco, in genere Antonio era al bar a bivaccare e inventava palle, ma sentite tante voci in cinque minuti ci piombò di persona.
Mimina si era ritirata dalle scuole dopo i primi anni di istituto alberghiero e non avere un minimo di diploma per lei era stata una vergogna, lo scorno di una famiglia colta e benestante. Non aveva mai abbandonato l’idea di diplomarsi da privatista saltando gli ultimi anni non frequentati.
Tutto si combinò. Mimina con le sue tette libere dentro il solito smanicato estivo se ne stava appecorinata raccogliendo fragole, e io a Filippo interessatissimo gli feci il segno della chiavata con le mani. Io, tu e lei.
Era l’anno in cui Filippo aveva aperto la sua prima pasticceria in società con un certo insegnante che per quell’anno avrebbe fatto da presidente interno alla commissione d’esame dell’istituto alberghiero della mia zona. Me ne aveva parlato un amico che si era fatto riconoscere un po’ di esami e si presentava anche lui privatista. In pratica tutta la commissione d'esame erano amici, soci, clienti miei o di Filippo. Quell’anno chi pensava di aprire prima o poi pure un B&B si era iscritto da privatista.
Imbeccato Filippo per bene, appena Mimina tirò fuori un termine un po più professionale, il discorso fu fatto cadere sulla nota dolente. “Hai fatto corsi da cuoca?”
Mimina raccontò che "magari", del diploma, del dispiacere e a quel punto gli presentai Filippo per quello che a lei poteva interessare davvero. Il tipo che le avrebbe dato il sospirato diploma.
Definirono i particolari, la iscrissero anche se fuori termini da privatista. La scorrazzavo da una scuola all'altra in cerca degli attestati degli anni passati. Antonio ci sperava. Specializzazione pasticceria. Filippo la tranquillizzava continuamente, l’esame sarebbe stato “aiutato”, ma lei comunque si impegnò per i due mesi successivi come una disperata. L’esame l’avrebbe passato anche non presentandosi ma questo a lei non fu confidato completamente per evitare spettegolamenti o vanterie e imbarazzi per l'istituto.
Mimina alternò momenti di scoramento in cui pensava di non presentarsi agli esami a momenti di particolare euforia. Filippo combinò una spy-storia per cui l'aiuto le sarebbe arrivato da vie traverse, al di fuori della scuola e che per le prove orali come privatista le avrebbero chiesto solo argomenti attinenti alla specializzazione di pasticceria. Filippo avrebbe spinto il socio a prendere in mano personalmente l'interrogazione e, magari, chiedere risposte sulla crema pasticcera e il cioccolato, e come eventuale prova pratica il riconoscimento di essenze alcoliche utilizzate nelle preparazioni.
Antonio ora aveva due risorse. Il mio cazzo nel culo della sua moglie o quello di Filippo.
Il mio cazzo era più gestibile. Pensava che la "scoperta" del tradimento con me sarebbe stata più facile da capire e dimostrare. E quando Mimina cominciò a frequentare il laboratorio della pasticceria di Filippo per studiare le preparazioni della crema e del cioccolato si raccomandò che ci fossi anche io. "Non che me ne freghi se se la scopa, ma non vorrei che le succedesse qualcosa di poco piacevole!".
L'APERTURA
In quei dieci minuti da casa sua al laboratorio di Filippo, Mimina cominciò piano piano ad aprirsi. Sempre controllata, se non scontrosa, evitava particolari argomenti, parole o espressioni ambigue o che potessero innescare risposte o battutine maliziose. Dopo l'attenzione alle materie d'esame cominciò a chiedermi consigli su come presentarsi agli esami, aspetto, vestiti, atteggiamento. Le chiesi se volevo che fossi sincero o ipocrita e lei mi disse di essere anche cattivo. Insistette e alla fine, quasi fintamente dispiaciuto, le dissi che se l'esame sarebbe stato davanti alla scrivania in ogni caso avrebbe dovuto evitare che il seno le scendesse sotto il piano, le chiesi come mai con quel seno abbondante non usasse sempre reggiseni. "Scusami, ma non si può non notare"
"E poi davanti a un esaminatore maschio .... comunque non andarci senza reggiseno ... e poi mai e poi mai schiacciarlo sotto al piano se ti devi piegare a scrivere".
Non la facevo parlare, insistevo sull'unica cosa stonata che un maschio ma anche una donna non avrebbe sopportato.
Mimina non portava il reggiseno come abitudine perché da giovane col peso di una quinta le stoffe le avevano lasciato sotto delle brutte infezioni. Vestiva più largo del necessario e risolveva in questo modo. Comunque dopo la menopausa si era lasciata fisicamente andare e poi "nemmeno Antonio le guarda più".
Su questo argomento ci tornava spesso. Fino a che di ritorno dalla pasticceria un pomeriggio restai fuori in macchina ad aspettarla scegliere un paio di reggiseni in un negozio per strada. Felicissima mi mostrò la busta ma senza farmeli vedere.
Glieli avrebbe tenuti nascosti e pure per bene. Lo avrebbe usato solo quei giorni, quello più adatto al vestito estivo che ancora non aveva.
Antonio da parte sua ad ogni uscita di casa della moglie teneva d'occhio il tiretto della lingerie della moglie. La confezione scartata di una mutanda nuova per lui era una speranza. Un bidet più lungo del solito, un profumo, erano possibili emergenze di corna.
Successe tutto nel pomeriggio e nella sera di San Giovanni. Quella volta passò a prendermi da casa con la sua macchina, aveva un vestito nuovo, più aderente sopra, scollato il giusto per l'estate, gonna larghissima, pettinata. Appena fuori il paese mi chiese di scendere e stare fuori dall'auto. Si voleva sistemare il nuovo reggiseno e mettere un po di rossetto. "Minchia! Sei una bomba, così li stendi tutti !".
Si toccava, si aggiustava, calava continuamente lo specchietto del parasole. "Sei una strafica, agli esami li stendi di sicuro!". Alle donne piace sentirsi dire che sono belle o almeno desiderabili. "Pensa a questi poveri professori che finalmente si vedono davanti una ficona maggiorenne! Ti salteranno addosso! A chi ti offrirà il voto più alto." Lei rideva. In effetti la commissione era tutti di maschi che di solito si curavano speranzosi ognuno un paio di privatiste. lI viaggio fu lungo, l'appuntamento con Filippo era dal suo fornitore di alcolici, nonché anche della scuola per vià di traffici poco chiari del suo socio presidente di commissione. Dei grandi capannoni, un villone con piscina, un agriturismo con camere, scuderie. Aveva già preparato il set di bottiglie anonime tipo esame con dentro un fondo di liquore. Rum, anice, maraschino, ecc.. una quindicina di liquori da annusare e riconoscere. "Se poi, visto che la signora è tutta in tiro, vi serve una camera non ci sono problemi, tutte libere"
Mimina sempre insicura aveva voluto prepararsi anche per l'eventuale prova pratica. Da vere carogne la mattina della prova gli avremmo confidato quello che sapevamo già: le bottiglie sul tavolo erano poste in rigoroso ordine alfabetico. Ma quel pomeriggio, nell'angolo degli assaggi dello sterminato capannone pieno di casse di ogni liquido, glielo nascondemmo. Mimina annusò con impegno almeno tutto il set di bottiglie, prima per imparare e poi almeno un'altra decina di volte per altrettanti test.
LA SBANDATA
Non fu tanto il poco alcol degli assaggi in bocca finito nello stomaco, ma quello direttamente inalato nei polmoni che in pochi minuti aveva cappottato la sventurata. Non ci avevamo neppure pensato. Pure noi a controllare le rispeste eravamo un po brilli.
Non era il caso di mettersi in macchina, passeggiamo per tutto il capannone per tutti i suoi corridoi curiosando e aspettando la mezzoretta dello smaltimento. A Mimina vennero un po di capogiri e si sedette su una pila bassa di scatoloni e fece quel gesto che io e Filippo non ci saremmo mai aspettato. Prese le sue tette con le mani a coppa da sopra il vestito e se le tirò su fino al mento: "E come fanno a bocciarmi !?!".
Un gesto volgare, boccacesco, ma tanto fu. Filippo le si mise di fronte e gliele sollevò tutte e due ancora una volta come per dire controlliamo se queste bocce si possono mai bocciare, poi si sedette di lato e le passò un braccio sulla spalla e con l'altra mano sembrava pesarle una alla volta. E' quella fase dove una donna decide se fermare il gioco ancora innocente, ma lei lasciò fare, piegò la testa verso Filippo che le riempii l'orecchio di lusighe le più smielate possibile.
Filippo era bravo, freno e acceleratore, se fosse riuscito a mettergli una mano sotto le mutandine per più di una decina di secondi secondo la sua esperienza e pure la mia era fatta. Non sarebbe stato più certo un gioco, che poi neppure per qualunqe tipo scherzo o gioco una donna sposata avrebbe mai fatto mettersi le mani sulle tette in quel modo.
Aveva gli occhi chiusi, di una che si imbarazza ma non vuole che finisca. A conti fatti non prendeva un cazzo nella fica da almeno dieci anni. L'ubriacatura, il capogiro, come alibi l'aiutava. Tirata su la gonna venne fuori il pingue rigonfio della fica appena contenuto da una mutandina di pizzo che ai radar di Antonio doveva essere sfuggita.
Un conto aspettarsi il vestito scollato e l'effetto del reggiseno, ma la mutanda da scopata sotto i vestiti non aveva proprio senso. Filippo ormai ci era arrivato.
Mimina era ormai in quella fase dove una donna difficilmente dice stop. Filippo la fece alzare, le sistemò una cassa sotto a un piede alzandole così una gamba e cominciò a sditalinarle la fica, da sopra e da sotto la mutanda. Poi si scostò un po di lato per farmela vedere meglio e a un certo punto Mimina cominciò a guardarmi senza più chiudere gli occhi.
Ero seduto a meno di un metro da lei, mi tirai giù di colpo i pantaloncini estivi e mi avvicinai mettendole il cazzo duro nella mano sinistra, Filippo fece lo stesso con la destra. Fu una sega a due mani piuttosto penosa, fuori sincrono, fuori misura, finchè non ci mettemmo dallo stesso lato tutti e due e le cose andarono meglio.
Non si poteva gridare, ne esagerare in quel capannone, e gli effetti dell'alcol prima o poi sarebbero spariti. Una donna se ti fa una sega è come se non ti avesse fatto nulla, può pure dire non conoscerti il giorno dopo, può essere che una seconda occasione non te la dia e quindi era il momento di andare a fondo in modo più deciso. Se era porca e gli piaceva il cazzo lo doveva confessare chiaramente.
LA PRIMA MONTA
Filippo la rifece sedere sui cartoni e poi la sdraiò sulla schiena e poi si mise di lato alla sua testa. La femmina porca in questa posizione sa che deve girarsi e che troverà un cazzo pronto da succhiare. Filippo ci andò calmo anche se voleva essere il primo a imbucarla. Glielo strofinò su tutta la faccia, occhi e orecchie comprese, poi sulle labbra. Mimina ingoiò la botta di saliva formatasi in bocca e Filippo capì che era il momento di entrare.
Le teneva la testa schiacciata, bloccata sui cartoni, e la pompava in bocca, su quegli scatoloni l'altezza della bocca e della fica di Mimina era perfetta.
Le tirai su le gambe per sfilarle le mutande, poi rivoltai bene la gonna e infine le aprìì le cosce piegandole le ginocchia fino alle tette. Non volevo chiavarla subito, ero ossessionato da vedere come era fatto quel buco del culo che tanto me ne aveva parlato il marito. Era tanto spalancata e così bene che il buco del culo era illuminato direttamente dal sole che entrava dai lucernari del tetto del capannone.
Ma andiamo nell'ordine: la fica pelosissima non ancoratosata per un fine giugno da costume da bagno. Diciamo una pelosità vaporosa, poco arricciata, nerissima, lucida, abbondante che si può mostare senza imbarazzo solo nella camera da letto al proprio marito ma non a un maschio per una scappatella . Comunque le piccole labbra non ne uscivano fuori. Nonostante l'ampia divaricazione la fica restava chiusissima e Filippo non era riuscito a bagnarla neanche un po'.
Una pelosità appena accennata le cominciava da poco sotto l'ombellico fino a tutto l'orlo del buco del culo e quello che per te lettore può sembrare solo un resoconto ginecologico a me raccontava che la tipa, nonostante la mutanda da scopata, non aveva avuto alcuna premeditazione di togliersela quella sera.
Nonostante i quasi cinquant'anni la pelle tra la fica e il culo era perfettamente chiara, dello stesso colore delle chiappe coi lunghi peli neri intorno che hai sempre paura che si infilino spinti dentro dal cazzo e rovinino una bella inculata. Neppure quelli aveva pensato di rasare.
Il buco, oggetto di tanti racconti di Antonio, da pochi minuti ormai incredibilmente bicornuto, era insolitamente liscio, intatto quasi da ragazzina. Pieghette perfettamente simmetriche, nessuna slabbratura, impossibile pensare che il marito se la fosse inculata comodamente almeno i primi anni di matrimonio ogni sera.
Filippo pompava deciso, ogni tanto quando lui si fermava lei ormai convintissima muoveva la testa alla bisogna. Con Filippo avevamo scopato in quattro due turiste per un'estate intera e il pericolo con lui è che non riesce a trattenere il suo lato ironico. Una battuta delle sue e finiva a schifo.
L'esame visivo, più lungo a scriverlo che a farlo, era finito e pensai a quello che in quelle condizioni era più proficuo completare.
Sicuramente un bell'orgasmo alla signora Giove Mimina maritata Bodini Antonio, bancario in pensione, giovava come investimento per altre future scopate. Poi una sborrata in bocca di Filippo e una mia nella fica.
Antonio mi diceva che nel culo glielo infilava spesso perché dopo il primo orgasmo alla moglie fastidiava pure farsela toccare e quindi per finire o sega o pompino o culo. Una bugia costruita ad arte per finirla presto e cominciare a riposare la notte.
Alla leccata per bagnarla rispondeva bene e pure quando glielo infilai. Non so cosa passa nella mente di una moglie mentre per la prima volta ha due cazzi forestieri dentro, comunque lei venne due volte di seguito e la seconda volta sborrai pure io tutto dentro. A vedere il mio cazzo venire fuori dalla fica lucido di sborra Filippo chiuse pure lui perfettamente tutto in bocca. La signora deglutì per la seconda volta e più volte.
Venti minuti in cui lei aveva ripreso i sensi, cosciente di quello che aveva fatto, spossata ma che se ne stava completamente sconcia e immobile alla vista più intima di due maschi.
Filippo, che se ne era proprio innamorato, la baciava come un quindicenne in bocca, mentre io pensavo a rimetterle le mutande. Le sistemo un paio di fazzolettini a mo di assorbenti davanti alla fica. Lei guarda approva e lascia fare. La tiriamo su che pare non fosse successo nulla, lei e noi perfettamente vestiti, solo la sborra di Filippo nello stomaco e la mia, che se le cola, ci sono i fazzoletti.
Filippo le controlla i capelli e fa finta di sistemarle il vestito già a posto. Io rifaccio di controllarle la mutanda e l'assorbente, poi le rimetto in mano la sua borsa. Alle donne che devono sempre sentirsi a posto questi gesti piacciono.
Ritorniamo verso l'altro lato del capannone nella zona assaggi mano nella mano in tre. Il capannone è vuoto, il tramonto sta per cominciare, io mi metto alla guida della macchina di Mimina, Filippo ci seguirà dietro con la sua.
Avviso l'amico che usciti fuori dal paese, in uno di quei lunghissimi stradoni che dividono i campi di grano, mi fermerò a pisciare. Anche lei sicuramente, non piscia da almeno quattro ore e ha pure scopato.
Lo so, l'ho fatto. Nella sua borsetta ci ho spiato per bene, niente preservativi e niente lubrificanti, solo un paio di mutande casalinghe probabilmente da rimettere prima di rientrare a casa.
Le donne hanno un cervello che ogni cinque minuti si resetta e riparte. Il primo pensiero è ai figli poi il resto e alla fine il marito. Solo i padri si dimenticano i figli in macchina. Mimina da quando era salita in macchina, nonostante quella botta di vita, si era ripassata le solite priorità. I figli fuori all'università, il frigo pieno, il marito in qualche modo da tranquillizzare. Era tardino e chiamò Antonio. Gli disse che stavamo per tornare, gli chiese se aveva già fame, che tra non più di mezz'ora sarebbe stata a casa a preparare qualcosa. Antonio sinceramente le avrebbe voluto dire tornare con tutta calma, di restare fuori di casa quanto voleva, e per favore di trovare il tempo di farsi scopare ma riuscì a dire solo un "va bene".
Le presi il telefono di mano e ad Antonio gridai un "Antonio arrangiati, non darle retta! noi restiamo ancora qui! ci hanno invitati a cena! ci stanno riempiendo l'auto di ogni ben di Dio e non possiamo fare gli scostumati. Mimina, stai tranquillo, te la guardo io".
Poche parole per fare contente quattro persone: Io, Antonio, Filippo e in fondo pure Mimina. L'auto in realtà l'avevamo proprio piena di cartoni di bevande e liquori a costo stracciato, peperoni, pomodori, zucchine, fichi e un biglietto con i nomi di due parenti del bibitaro iscritti pure loro privatisti nomi che Filippo avrebbe passato al suo socio presidente.
La villa del fornitore l'avevamo vista e ora, messe al sicuro almeno un paio d'ore a disposizione il problema era non far venire i sensi di colpa alla Mimina e riuscire nuovamente a riscaldarla. Mimina richiamò ancora il marito per scusarsi ma Antonio non la fece neppure parlare, "divertiti, mangia, bevi" le disse, "e torna quando vuoi io mi arrangio".
La cosa che la riportava comunque a meno di un'ora prima era quella cosa di carta tra la sua fica e le mutandine. Si vergognava a metterci le mani, però si preoccupava di bagnare il vestito o la tappezzeria.
"A me prude un po', a te?"
Fece finta di non capire.
"L'ho rimesso dentro senza pulirlo, a te come va?"
"Non so, ho ancora il fazzoletto".
"A me scappa di pisciare"
"A chi lo dici!"
"Non pensavo indossassi quel tipo di mutandine di solito ..."
"Infatti, però queste erano quelle più adatte al vestito. Le mettevo ai tempi del primo pancione"
"Non mi sembrano nemmeno mutande da gravidanza ...."
"Lo trattavo bene Antonio allora..."
Senza Filippo vicino Mimina si confidava più liberamente.
TRA I FILARI
Filippo era stato avvisato della mossa, ma poi fu lui ad andare avanti e capì che voleva essere seguito. Svoltammo su uno stradone tra infiniti tendoni di uva da tavola, avanti di almeno un chilometro e fermai sul primo largo decente fuori dalla carreggiata.
Quando negli anni io e lui ricordavano quel pomeriggio, per non fare nomi, diceva “la signora che in due ore imparò più cose delle viti che suo marito in due anni”.
Avrebbe Mimina pisciato insieme a noi? o avrebbe voluto un po' privacy ? Da vera signora, pure coi tacchi sottilissimi nella terra, si appartò con un pacco di fazzoletti e una bottiglia d'acqua di una marca famosissima che da sola costa una cena intera, fece quello che doveva fare dietro l'auto con uno sportello aperto e ritornò con le mutandine in cima alla bottiglia che ripose nella borsetta. Ma non si rimise ancora quelle casalinghe di ricambio.
Per me e Filippo la pisciata fu più complicata. Mimina, spavalda e ormai sfrontatissima, ci guardava pisciare proprio davanti, saperla senza mutande ce lo feceva tenere dritto e pisciare col cazzo duro è complicato. Ci aggiustammo, Filippo questa volta pretendeva la fica, io decisamente il culo. Glielo volevo tenere dentro per almeno mezzora. Non decidemmo se tutto insieme o a turno.
Mimina ci passò la bottglia col chiaro segno di sciacquarci l'uccello. "Non voglio ubriacarmi " disse ridendo "e ora come le passiamo queste due ore di questa cena inventata?"
Filippo tirò fuori dall'auto la sua garconniere, una robusta coperta da spiaggia e la stese per terra, io mi inginocchiai davanti a Mimina e le tolsi le scarpe. Ce le togliemmo tutti. Il sole cominciava a calare, eravamo all'ombra dei tendoni, ma vedevo dettagli della sua pelle che neppure prima avevo notato. Aveva il pelo della fica ancora bagnato di Perrier, desideravo vederle il buco del culo in piena luce prima di riempirlo. Filippo mi mise in mano un tubetto di lubrificante che però a Mimina non feci ancora vedere. Filippo le occasioni se le scopava con più piacere all'aperto fuori dagli odori di ingredienti che popolavano il suo mondo, i suoi capelli, i suoi vestiti.
Non era ancora chiaro se fingesse di essere padrona della situazione o se lo fosse veramente. Era ancora una situazione maliziosa, quasi giocosa. La vista del lubrificante in mano avrebbe accelerato le cose in ogni senso.
Comunque quel lubrificante in auto a portata di mano e l'insistere ad avere la fica della signora Bodini pensai che Filippo avesse una preferenza per donne mature che di solito hanno la fica un po secca.
Io e Filippo ci stendemo per terra, lei ci passeggiò un po' sopra alzando e calando la gonna, allargando e chiudendo le cosce.
Questa ora ci piscia in faccia pensai. Alla fine si inginocchiò pure lei, le avevamo lasciato il centro della coperta libera. Tirammo fuori dai pantaloncini il cazzo allo stesso istante, la mano a coppetta sulle palle a far dondolare il cazzo bello scappellato a indicare dove cominciare mettere subito le mani.
Per una che si era sposata vergine a ventiquattro anni e aveva usato solo il cazzo del marito se la cavò bene. Antonio se l'era istruita bene coi porno delle paytv, di quel genere dove una moglie se la sbattono in due tre o quattro. Questa volta era lei la protagonista. Si rialzò, si sfilò lil vestito e si calò a candela con la fica due dita dalla cappella di Filippo che ormai la implorava.
LA SECONDA MONTA
Fino ad allora se ne era stata quasi in silenzio, fino a che Filippo le chiese se era pronta. "Pronta in che senso?" "Bagnata, larga, ...". Mimina si stava bagnando come non le succedeva da anni, i tempi di questa seconda scopata erano più lenti, più coscienti, più erotici. Si era tolta il vestito lasciandosi il reggiseno forse per sentirsi più sicura e alla fine tenendosi le tette tra le mani con particolare equilibrio si calò precisa sul cazzo di Filippo. Un po di su e giù un po di oscillazione del culo poi si stese completamente a baci in bocca sul suo nuovo amico. Fu così che piegandosi la luce del tramonto le rischiarò le chiappe e quello che c'era in mezzo.
Le chiesi se lo aveva mai preso nel culo, se le piacesse prenderlo, ma non aveva voglia di parlarne. Filippo faceva gioco di squadra allargandole le chiappe e così cominciai a titillarle il buchetto. Poi ad applicarle un po di lubrificante stendendo per bene tutto il cespuglietto di peli verso l'esterno e poi quando lei intuì il mio prossimo movimento mi disse "fai presto, vieni subito" la classica battuta di quelle che lo hanno già preso nel culo e sano benissimo che non sempre viene piacevole.
Fu così che la signora Bodini Cosimina prese due cazzi contemporaneamente e contrariamente a quanto affermato dal cornuto anche col cazzo nel culo straparlava. Antonio evidentemente non l'aveva mai vista con due cazzi dentro. La voce non era quella delle gridate in piazza, ma più grave, affannata, frasi senza senso tipo "si culo, cazzi, dentro, bello" cambiando solo l'ordine delle parole. Filippo le sparava le palle più grossa osannandola come la femmina più femmina del paese. "Sei una vera signora, l'unica delle tue amiche, delle tue paesane a scopare due maschi insieme". Mimina si caricava con infiniti "si ancora cazzo". Era fuori di testa, si fece fare tutto in tutti i modi, io rimandai l'inculata infinita perché mi erano venute in mente altre idee. Filippo l'avremmo lasciato al prossimo svincolo io avevo calcolato la possibilità di almeno un'altra mezzora da soli. C'era questa moglie nuda in mezzo a una campagna che si capiva scopare da sopra un tizio di cui non vedevo neppure la faccia, le vedevo la schiena bianchissima con le spalle già abbronzate, più giù il mio cazzo che entrava e usciva nel ciuffetto di peli nerissimi che untuosi erano ancora più lucidi, poi davanti a me, di lato e dietro una infinita distesa di pali perfettamente allineati. Cominciai a estraniarmi e decisi di lasciare più spazio all'amico, entravo e uscivo dal suo culo a intervalli permettendo a Mimina di rialzare la schiena e prendere fiato, alla fine con Filippo che si era stancato di stare sotto cominciammo un carosello di posizioni per non pentirci il giorno dopo di non avere scopato quella femmina pure in quel modo. Era tornata alla sua borsetta per legarsi con un elastico i capelli e poi si era messi gli occhiali. “Sono presbite” disse. Filippo in bocca e io nel suo culo a pecorina e poi viceversa. Spagnole, con e senza reggiseno, finte chiavate tra le cosce e le ascelle, pisciata di Filippo sul suo culo e pisciata della signora nella mano di Filippo col mio cazzo in bocca. Pisciata del sottoscritto con la signora che dirigeva il getto. Mancò solo che la Giove Mimina maritata Bodini si liberasse platealmente l'intestino di ogni fluido scorreggiando. Dai rumori, la signora lo fece ma riservatamente con l'aiuto di un'altra Perrier.
Filippo era completo, io che la conoscevo meglio avevo ancora qualche sfizio da togliermi prima di riportarla da suo marito. Accelerai la partenza: "Qua a una certa ora della sera partono gli irrigatori in automatico, meglio ripartire".
Lasciammo Filippo sul posto che non mancò di salutare la signora infilandole un volgare dito nel culo: "è buona l'acqua?" le chiese trovandolo bagnato. Mi misi in tasca il suo lubrificante e aiutai la signora a rivestirsi. "Glielo dici tu di non dire nulla in giro?, garantisci? " "E' sposato, rischia più di te, comunque ci parlo". Filippo voleva la stessa garanzia da me: i soldi per la nuova pasticceria li aveva messi la moglie.
IL RItORNO
Fermai l'auto poco prima del paese in un parcheggio a lato di una strada a scorrimento veloce piena di oleandri in fiore. Ci andavano le coppiette di solito ma ora era vuoto. Le dissi che mi ero fermato per scambiarci di posto, ora toccava a lei guidare la sua auto ma che ancora una mezzora potevano stare fermi in quel posto. Se voleva darsi una controllata.
Mimina chiamò Antonio per dirle che tra mezzora sarebbe stata a casa. Quando lui le chiese se si era divertita in quel posto lei rispose che era stato tutto bello che appena tornata gli avrebbe raccontato tutto. Appunto, cosa raccontare? Mimina non voleva neppure insospettirlo e cominciammo a inventare una serata, il posto, il menu, il nome della moglie del fornitore, cosa avevo fatto io, Filippo, fino a come era fatto il bagno padronale dove avevamo entrambi pisciato. Nel mentre sistemavo l'auto con la targa posteriore più nascosta possibile lei si toglieva il reggiseno clandestino e mi chiedeva di tenerglielo per non portarlo a casa. Le ricordai pure le mutandine di pizzo che aveva messo nella borsa e mi consegno pure quelle. Voleva controllarsi la fica e il buco del culo e ne approfittai per azionare il carrello del sedile e dello schienale che per buona parte del viaggio di ritorno ci avevo penato su come si comandasse.
Scesi dall'auto, girai e aprì il suo sportello sedendomi sul predellino poco sotto il sedile. "Stai comoda, controllo io, ti posso fare qualche domanda?" La gonna era larga, lei alzò il bacino, le mutandine bianche erano immacolate. "Perché controlli?" chiesi. Da ragazza e pure da sposata e pure dopo due parti se passavano mesi a non scopare le uscivano sempre un po di gocce di sangue dalla fica e quel giorno di anni ne erano passati e di cazzo ne aveva preso pure come non mai. Le chiesi del culo, in genere è quello che può dare quel problema, era la mia fissa, dai racconti di Antonio sapevo che lo aveva preso dietro pochi giorni prima di sposarsi intorno ai 24 anni.
"A sedici" mi rispose. Con suo cugino con cui aveva fatto le medie e i primi anni di secondarie. Li avevano obbligati a studiare insieme, lui a fare da traino a lei per non farle abbandonare la scuola. Culo, bocca e mano, ogni pomeriggio si faceva quello che la gente presente in casa permetteva. Il cugino si era sfondato le fodere delle tasche di alcuni pantaloni per farsi segare pure con sua madre nella stanza. A 21 anni si era fidanzata con Antonio e lasciato la scuola.
DARE IL CULO
Mimina era nata in un posto di mare pieno di doganieri, finanzieri, marinai della Marina, avieri, poliziotti di frontiera. Ad ogni arrivo di reclute, sottufficiali o ufficiali nuovi di accademia una generazione di paesane si sistemava. Bastava arrivarci con la fica ancora nuova. Mamme, nonne, amiche più anziane altro non raccomandavano.
Ad Antonio i primi mesi lo faceva segare da solo sborrandole sulle cosce sempre chiuse. Cominciò a segarlo lei stessa ma solo dopo che entrò in casa a farsi conoscere dai suoi. Era un buon partito appena assunto in banca come sportellista e sua madre lasciava pure spago ma col solito giudizio. La prima pompa al fidanzamento ufficiale e il culo alle pubblicazioni. La fica, veramente vergine, solo dopo una settimana dalle nozze. Era stata zoccola fino ad allora con tutti i buchi ma la storia del dolore alla deflorazione la preoccupò sinceramente.
Mimina non aveva tutti i torti. Le avevano imposto un marito, di lasciare il suo paese e tutte le vecchie amicizie e di vivere con un caprone che più degli amici del bar come vita sociale non era andato. Le aveva pure caricato due figli.
Ero partito per usare quella mezzora a brutalizzarle il buco del culo, a farglielo bruciare per almeno una settimana di cesso. E ora mi dispiaceva andava di rovinarle le cose perfettamente apposto sotto le sue mutandine a cui ci teneva tanto. Rimandai, si sedette sul sedile con i piedi sull'asfalto. Le passai il tubetto del lubrificante. Spalmava, segava e raccontava attenta a non sporcarsi la gonna.
Sborrai di lato da vero gentiluomo quando passò ai dettagli della prima notte di nozze.
CONFIDENZE
Ci accordammo, se mi fosse o le fosse venuta voglia di scopare, anche tra mesi o anni, io avrei chiesto ad Antonio di farmi spiegare da sua moglie come coltivare le fragoline selvatiche e lei invece avrebbe detto ad Antonio di chiedermi come coltivare le rose. Anche al cugino aveva dato a suo tempo una wild card, che la usò fino a quasi il suo matrimonio, poi si presentò quando lei lo arrapava col pancione del primo figlio e sembrò troppo.
Fu lei a volersi fermare ancora un po, non confidava cose così intime a nessuno da almeno trentanni, le nuove amiche l'avevano delusa.
Avevo bisogno ancora di un nome. Le chiesi se si masturbava da sola. Lo faceva specie negli ultimi anni e poi le chiesi chi era il tizio quando finalmente godeva. Tutte hanno un amante segreto. Mi disse “Grazio, quello che ara le terre di Antonio ogni tanto. Ci vado sempre a vederlo quando lo fa e appena a casa mi devo toccare”. Grazio era uno scapolone, sempre abbronzato, barbuto, rozzo, fisico perfetto nascosto quasi sempre appena appena da un piccolo pantaloncino. Con quel nome avrei fatto contento un marito e fatto la mia parte.
Antonio si era già messo a letto quando lei rincasò. Fantasticando sicuramente di me e di Filippo, e dei presidenti, dei commissari, dei professori, dei bidelli, degli alunni, di tutto un mondo maschile cazzuto che Mimina avrebbe a breve conosciuto e che ognuno in modo diverso l'avrebbe finalmente scopata.
Mimina si stese accanto a lui esattamente alle undici e mezzo della sera e a conti fatti, dalle sei di pomeriggio fino a quel momento, aveva passato almeno, due volte due ore, quattro ore di un cazzo dentro un suo qualche buco.
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