Zona industriale. -Non necessariamente al buio
di
Alessandra - Etno
genere
dominazione
Sono Alessandra, ho 54 anni, nata a Genova. Da anni sono sarda. Sposata, di casa nella cittadina che da il nome all'aeroporto di Cagliari. 2 figli mi occupo di etnogastronomia, antropologia del cibo, valorizzazione delle specificità locali in agricoltura che poi si trasformano in piatti tipici. Non sono una Top model; .ho usa quinta di seno, il punto vita stretto l'ho perso già da parecchio, i fianchi sono prosperosi e se accavallo le gambe mostro cosce generose (quindi no perditempo alla ricerca della strafiga da sbattersi). Gambe dritte tra le quali non passa luce dal “triangolo magico” fino alle caviglie
Collaboro con varie importanti riviste del settore, mi divido tra lavoro e famiglia . Mi capitano degli incarichi di docenza in Corsi universitari o alle superiori.
L'episodio riguarda proprio una delle volte che in un Istituto. Lo IED Istituzione privata autorizzata a rilasciare titoli di studio nel comparto dell’Alta Formazione Artistica.
Ha sede all'interno dello stesso spazio di Villa Devoto, la Casa di Rappresentanza Regionale. Insomma il luogo dove il Presidente della Regione riceve gli ospiti istituzionali se non nei suoi Uffici. L'uscita dell'ampio cortile scolastico, da, però, in una zona della città in cui fino a poco tempo fa ed oggi stanno tornando, si intrattengono le ragazze e le donne slave pronte a salire a bordo delle auto che si fermano offrendo loro dei soldi in cambio di attimi di piacere.
Proprio li' è accaduto. Serata invernale, non fredda. Ha fatto buio presto e dopo la riunione tra docenti e incontro con alcuni genitori dei ragazzi a cui insegno mi sono ritrovata fuori dalla scuola a passare proprio nel marciapiede dove una delle frequentatrici di quell'angolo aveva iniziato l'attività quella sera. Mi ha fermato per una sigaretta, io non fumo e poi mi ha chiesto l'orario. Tutto qui, Allontanandomi per raggiungere l'auto ho avuto l'impressione di essere sotto osservazione di una macchina che passava lentamente per strada .
In effetti poco prima di raggiungere la mia macchina, quell'auto accostandosi al ciglio strada in uno spazio di un passo carrabile ha attirato ancora di più la mia attenzione e abbassando il finestrino l'autista mi ha fermata con un : - ohh. Bella senti un attimo; ho visto che parlavi con quell'altra, la tua collega. A me piaci più tu. Quanto vuoi? Dai sali che andiamo.-
Ero confusa. Ovviamente imbarazzata,. Me lo sarei dovuta aspettare ma mi ha colto di sorpresa. Ho biascicato un : - no, non lavoro:- rendendomi conto dopo che non era certo la risposta più adatta alla situazione, tanto che allontanandomi l'ho sentito dire a voce alta: - Dimmi quando... oppure dammi il tuo numero così ti chiamo e vengo a prenderti un altro giorno.... Dove vuoi tu.-
Raggiunta la macchina, altra brutta sorpresa: non va in moto. Tra maledizioni e uffa, prima di cedere al pianto di rabbia ho aperto in cofano come se ci capissi qualcosa e intanto l'auto che mi aveva fermato poco prima con il proprietario che senza mezzi termini mi aveva proposto una scopata a pagamento, girava ancora nei dintorni e vedendomi in difficoltà si è fermata poco avanti. Vedevo dagli stop accesi che il tizio si intratteneva dentro, magari sperando che fossi io a chiamarlo in soccorso. Ho chiuso immediatamente il vano motore e sono risalita in macchina. Ho visto quell'auto ripartire.
Non potevo chiamare in soccorso mio marito perché il giorno prima era partito per lavoro: ho avvertito i ragazzi miei figli che avrei tardato spiegando i motivi ed ho pensato di rivolgermi ad una collega amica che dicendomi che non poteva mandarmi nessuno a quell'ora per ripristinare il guasto, sarebbe venuta lì a prendermi per accompagnarmi a casa. Poi, l'indomani avrei pensato al mezzo.
Chiusa la comunicazione, uscita dall'abitacolo un'altra auto mi si è fermata accanto: - Buonasera professoressa, che succede? Guasto?- era il padre di un'alunna con cui poco prima a scuola avevamo avuto l'incontro: a scuola era con la moglie, mentre lì, in quel momento era da solo: dando uno sguardo al motore si è espresso per la necessità di un intervento più specifico perché lì, così a prima vista non si poteva certo fare qualcosa e comunque si è offerto di accompagnarmi a casa: ho rifiutato ringraziandolo tantissimo per la sua disponibilità, solo perché ormai la mia amica stava arrivando.
Arrivata Lorena, mentre mi accompagnava, le ho raccontato e la sua risposta, le sue considerazioni mi hanno scioccato: a prescindere dall'essersi mostrata assolutamente non stupita del fatto che lo sconosciuto volesse caricarmi in macchina, le sue parole sono state: Alessandra, tu non ti rendi conto, forse di quanti porci maniaci, maiali ci sono in giro, stai tranquilla che una come te se la ripasserebbero in molti. Non ti senti bella, forse è vero che non rispondi a determinati canoni, ma una ripassata e anche di più.... stai tranquilla che c'è chi sarebbe felicissimo di dartela. La prenderesti; eccome se la prenderesti....!-
Ha poi continuato: - sai cosa mi è capitato nella scuola dov'ero prima? Non so perché erra nata una sfida con uno dei bidelli nel prenderci in giro amichevolmente e per strapparci una risata, insomma... forse le basi per un'amicizia, ma niente di più. Dopo un pomeriggio di riunioni e colloqui con i genitori ricordo che la scuola era particolarmente disordinata, piena di cartacce, residui di normale passaggio di persone... insomma, da rimettere a posto. Lui era da solo perché due colleghe non si erano presentate, mi sono offerta di dargli una mano superando la sua iniziale resistenza: - ma no... dai, la ringrazio... prof, non è suo compito....... tardo un po' di più ma ce la faccio....... insomma a la fine ci siamo ritrovati a pulire la scuola. Dopo aver parlato di noi, lui vedovo, alle soglie della pensione, i figli adulti, vita solitaria in un comunissimo condominio: io 46enne divorziata da appena sposata. Vita con un figlio ormai ragazzo, con cui a volte in casa sembriamo degli estranei l'uno all'altra, i soliti discorsi sui ragazzi, la scuola, il rispetto, l'educazione, etc.... ci hanno fatto intraprendere una strada viscida e pericolosa su alunni che tra loro commentavano l'avvenenza delle insegnanti e sui sogni di avventure sessuali con le stesse prof in gita scolastica, piuttosto che a casa loro con la scusa delle ripetizioni oppure lì, a scuola stessa, magari nei bagni. Ci stavamo addentrando in discorsi pericolosi, D'altronde l'amicizia era in embrione, stava nascendo e non era il caso di proseguire per quella china, ma più io cercavo di cambiare discorso, più lui insisteva rincarando la dose.
Quando mi stava dicendo che parlando con dei miei alunni, loro da ragazzini adolescenti quali erano, gli confessavano che le poche volte che a scuola sono andata in gonna e accavallando le gambe, senza volerlo, da sotto la cattedra sprovvista di pannello in legno frontale si sono lucidati gli occhi sulle mie cosce, che involontariamente ho messo in mostra, ho pensato fosse il momento di salutarlo e andar via. Ripensando ai miei alunni mi veniva in mente un'immagine: loro che mi chiedevano di poter andare in bagno per masturbarsi con in mente l'immagine delle mie gambe accavallate sotto la gonna
Mi sono sentita cingere la vita con un braccio e caricandomi su una spalla come fossi un sacco di cemento mi ha portata nella palestra della scuola, stanza alla quale eravamo vicini per le pulizie: mi sono vista scaraventata sui materassi per il salto in alto e la gonna, venuta su fino ai fianchi gli ha permesso di godersi va vista delle mie cosce con i collant color carne. Vedendo il suo sguardo puntato sulle cosce, ho cercato di tirare giù la gonna. Questo ha provocato in lui una reazione di scherno: - È inutile che copri. Te le hanno viste i tuoi alunni sognando di sborrarci sopra. Anche se qualcuno di loro si è spinto nel dire che da una figa come la tua, uscirebbe solo dopo essersi completamente svuotato i coglioni e secondo me....... rischiare di ingravidarti per godersi il calore della tua vagina calda.... ne vale la pena.
Mentre lo diceva mi si è buttato addosso. Lo avevo sopra, il suo ginocchio tra le mie cosce. Una mano a bloccarmi i polsi sopra la testa, l'altra dalla vita si infilava sotto il maglioncino fino a raggiungere il seno e strizzarmi una tetta da sopra il reggiseno per poi denudarmelo completamente e iniziare a succhiarmi i capezzolo.
-Urla pure. Ormai siamo soli e sai bene che la scuola è talmente isolata in periferia che non può certo sentire nessuno: Anzi.... OSVALDO.. dai... vieni-! Un'altra figura maschile è comparsa
-sai, lui è un mio amico. Ci dividiamo il bottino; quando acchiappa lui, mi chiama e se acchiappo io, chiamo lui. Quando organizziamo ci muoviamo insieme e questa era un'occasione troppo ghiotta. Alcune volte che è venuto a prendermi ha visto te ed alcune tue colleghe e da allora non fa che chiedermi quando ce le ripassiamo, quando ce le scopiamo: Ecco la prima:Tu.
Il nuovo arrivato che mi bloccava le braccia ha permesso a gianni di denudarmi dalla vita in giù e con la testa tra le mie cosce iniziare un lento costante lavoro su grandi labbra, ninfee. Ano e clitoride con lingua, labbra e denti con leggeri morsi. Mi ha subito mandato in tilt.
Inutile dire che tra pompini, penetrazioni vaginali e anali, capezzo li martoriati e succhiati. Gli orgasmi sono arrivati. Eccome se sono arrivati. Con Gianni ci siamo frequentati finché non è andato in pensione trasferendosi in un'altra città, con Osvaldo ci vediamo ancora. Vado io a casa sua . Lui è solo, io ho mio figlio-
Dopo avermi raccontato questa sua esperienza che non mi ha lasciato certo indifferente, provocandomi uno stato di disagio dovuto certamente alla comprensione per lei aggredita, ma di più e lo trovavo assurdo, ero eccitata senza volerlo, dalla trasformazione della mia amica/collega, da vittima a puttana per due maschi che avevano abusato di lei, mi ha detto chiaramente che secondo lei, se il padre della nostra alunna avesse potuto, per come mi guardava mentre parlavamo con lui ed la moglie, mi avrebbe volentieri portato in un punto appartato dell'Istituto per farmi la festa. Ha poi proseguito: - figurati se avendoti a disposizione sola, tutta per lui, in macchina, prima di arrivare a casa tua, non avrebbe deviato per la zona industriale ormai a quest'ora deserta, costringendoti a concederti completamente a lui. Ma daiiiiiiiiiiii Alessandra, svegliati, sei donna adulta: -saresti arrivata a casa decisamente più tardi e sicuramente diversa.-
Devo ammettere che la notte è stata caratterizzata da incubi in cui venivo aggredita da uomini che ogni tanto cambiavano faccia: tra quella di mio marito, partecipante alla gang bang, la faccia del padre dell'alunna, altri colleghi o anche uomini che conoscevo, ma che con la situazione non c'entravano proprio nulla, miei alunni e addirittura la madre della mia alunna e la prof collega ed amica.
Ammetto che quest'ultima visione era la preponderante : io in un rapporto lesbico con Lorena. No, Impossibile!
Comunque, nel sogno, lottavo, mi difendevo, non volevo concedermi ai violentatori, ma mi arrendevo e ne uscivo pienamente soddisfatta, Addirittura con braccia tese verso qualcuno di cui non individuavo il volto sfuocato, come a non volerlo far andar via per scopare ancora.
Quella visione, però, continuava a turbarmi. Per più giorni: Anche dopo che mio marito è tornato e abbiamo fatto l'amore
Ma torniamo ai fatti: La mattina, uscita di casa con largo anticipo, prima di raggiungere la fermata del bus per andare a scuola, avevo le prime tre ore di lezione, sono passata dal meccanico per spiegargli l'accaduto. Fortuna ha voluto che uno dei ragazzi che lavorano lì, stava andando in città e mi ha dato un passaggio fino a scuola. Era un ragazzo slavo, Mikail, che da alcuni anni lavorava lì ed abitava poi non così lontano da casa mia, L'avevo visto altre volte quando con mio marito eravamo passati lì nell'officina, tra il meccanico e mio marito c'era un ottimo rapporto: mi era capitato di incrociare Mikail anche girando a piedi per il centro abitato. Buongiorno, Buonasera. Tutto lì, nient'altro.
Siamo prima passati nel punto esatto dove la mia auto era ancora ferma in panne. Mi ha detto che sbrigata una commissione sarebbe tornato lì e chiamando un altra persona avrebbero provato a farla partire per portarla da loro in officina. Mi ha chiesto a che ora finivo, gli ho risposto attorno alle 11.15.
Attorno alle 10.00 un watsap: -Prof. La sua auto è qui in officina, se vuole, dato che sarò di nuovo in città per l'ora che finisce, l'aspetto fuori dalla scuola, così veniamo assieme.-
Ho risposto: - va bene, grazie. A dopo.-
Prima delle 11.30 eravamo sul suo furgone in viaggio per l'officina. Mi ha spiegato che il problema elettrico che da tempo l'auto si porta dietro, mai risolto in modo efficace, si stava sommando a un mal funzionamento dello strumento che manda la benzina dal serbatoio al motore. Da seduta, sul sedile a fianco all'autista, muovendomi, il vestito è salito un pochino. Niente di che, ma ho notato lo sguardo del ragazzo puntare sul ginocchio. Accorgendosi del mio imbarazzo, anziché chiedere scusa ha rincarato la dose: - se avessi avuto insegnanti come lei, non avrei abbandonato la scuola. Poi, senza mezze misure: -chissà quanti alunni le hanno visto le cosce, magari facendo finta di essere attenti alla lezione, ma pensavano a altre cose. Una sua mezza risatina mi ha fatto sbottare: - senti ragazzino, sono una donna adulta, potrei esserti madre. Il percorso è ancora pieno di fermate del bus. Se non vuoi che ti chieda di accostare e farmi scendere, ti conviene smetterla, perché altrimenti ti becchi anche una denuncia.- Lui: -Denuncia? E perché? Per averle detto che è bella? Che non avrei problemi a fare sesso con lei? Lo so che è sposata: Ogni volta che viene in officina con suo marito, non sa tra noi quanto ci manda su di giri e quando va via ognuno tira fuori le peggiori idee su cosa le faremmo se la chiudessimo dentro.-
-Accosta, fammi scendere. Anche se siamo fuori città qui l'autobus passa lo stresso ;ci sono le fermate.-
Al che, lui: -dai ok ; la smetto. Però devo passare qui nella zona industriale un momento per ritirare un pezzo di ricambio per un camioncino che stiamo finendo di sistemare.-
Io: - passa dove vuoi. Basta che poi mi porti a casa.- Ero inviperita.
Il passaggio nella zona industriale se è trasformato in una trappola. Trovato un pertugio difficilissimo da individuare se non per chi veramente esperto di quei luoghi, ci ha infilato dentro il mezzo in cui viaggiavamo: Il posto non era certo frequentatissimi, ma sostavamo così vicino ad una delle arterie di quell'agglomerato che ritenevo davvero un miracolo il non essere visti da macchine o camion che passavano, non così frequentemente, ma era pur sempre una zona industriale., di una città, seppur non grandissima.
-Masturbami, puttana. Non sai da quando immagino la tua mano che mi massaggia il cazzo. Dai che poi vedrai e sentirai cosa vuol dire essere scopata bene e a lungo-
Ho aperto lo sportello per scappare, mi ha afferrata per i capelli distendendosi a richiudere la portiera. Mi ha presa per il polso, mi faceva male. Ho agguantato il cazzo e masturbavo. Voleva un pompino.
Io: -Assolutamente no porco. È già troppo quello che mi stai facendo fare.-
Con una mano sulla nuca mi ha costretta a strofinare la faccia sul suo cazzo durissimo. Sensazione orrenda che mi ha costretto ad ospitarlo nella mia bocca. Mi premeva la testa. Lo avevo tutto dentro.
-se non vuoi che ti soffochi leccamelo tutto. Comprese le palle. -
così ho fatto .
Incurante dell'essere all'aperto mi ha fatto scendere e poggiate le spalle al portellone laterale chiuso del furgone si è chinato con il mio pube di fronte alla sua faccia.
Riuscendo ad infilarmi una mano tra le cosce, che tenevo strette una sull'altra e in un attimo di disequilibrio ho dovuto rilassare per sistemarmi meglio e non cadere a terra, ho sentito il dito penetrarmi completamente.
Un gemito, un respiro, lui che sorride
Ti piace eh? Troia!. Questo non è nulla, sentirai quando ti scopo!-
Le spalle sempre incollate alla parette del furgone, ma con il basso ventre gli andavo incontro offrendomi a lui. Senza volerlo, con scatti del bacino sono venuta. Gli ho allagato la mano, il polso, il braccio. Ha sfilato il dito mi si è messo di fronte, in piedi.
Le mie cosce diciamo polpose avrebbero dovuto aprirsi un bel po' per facilitargli la penetrazione in quella posizione. Anche se mi aggrappavo alle sue spalle non era semplice e non amo le contorsioni circensi inutili.
Sentendomi cadere ho recuperato l'equilibrio e questo mi ha costretto a sentire il suo cazzo racchiuso tra le mie cosce. Muovendole non intenzionalmente, lo masturbavo.
Con un: - Cazzo...... hai un forno tra le cosce- con un rantolo ha sborrato
Risistemandoci per arrivare al centro abitato, non ho fiatato.
Lui, con il veleno che aveva in corpo, si è limitato a:
-non credere che te la cavi così. Sei destinata ad accogliere i miei schizzi di sborra in vagina, in culo, in bocca e dappertutto. Non ti mollo.-
Non ho replicato.
Non credevo di potermi ritrovare a pensare: - Spero mantenga le promesse.-
Con lui mi sono mostrata molto, molto infastidita, facendogli credere che l'avrebbe pagata cara.
Questa è la prima parte. Continua.
GuigAless68@yahoo.com
Collaboro con varie importanti riviste del settore, mi divido tra lavoro e famiglia . Mi capitano degli incarichi di docenza in Corsi universitari o alle superiori.
L'episodio riguarda proprio una delle volte che in un Istituto. Lo IED Istituzione privata autorizzata a rilasciare titoli di studio nel comparto dell’Alta Formazione Artistica.
Ha sede all'interno dello stesso spazio di Villa Devoto, la Casa di Rappresentanza Regionale. Insomma il luogo dove il Presidente della Regione riceve gli ospiti istituzionali se non nei suoi Uffici. L'uscita dell'ampio cortile scolastico, da, però, in una zona della città in cui fino a poco tempo fa ed oggi stanno tornando, si intrattengono le ragazze e le donne slave pronte a salire a bordo delle auto che si fermano offrendo loro dei soldi in cambio di attimi di piacere.
Proprio li' è accaduto. Serata invernale, non fredda. Ha fatto buio presto e dopo la riunione tra docenti e incontro con alcuni genitori dei ragazzi a cui insegno mi sono ritrovata fuori dalla scuola a passare proprio nel marciapiede dove una delle frequentatrici di quell'angolo aveva iniziato l'attività quella sera. Mi ha fermato per una sigaretta, io non fumo e poi mi ha chiesto l'orario. Tutto qui, Allontanandomi per raggiungere l'auto ho avuto l'impressione di essere sotto osservazione di una macchina che passava lentamente per strada .
In effetti poco prima di raggiungere la mia macchina, quell'auto accostandosi al ciglio strada in uno spazio di un passo carrabile ha attirato ancora di più la mia attenzione e abbassando il finestrino l'autista mi ha fermata con un : - ohh. Bella senti un attimo; ho visto che parlavi con quell'altra, la tua collega. A me piaci più tu. Quanto vuoi? Dai sali che andiamo.-
Ero confusa. Ovviamente imbarazzata,. Me lo sarei dovuta aspettare ma mi ha colto di sorpresa. Ho biascicato un : - no, non lavoro:- rendendomi conto dopo che non era certo la risposta più adatta alla situazione, tanto che allontanandomi l'ho sentito dire a voce alta: - Dimmi quando... oppure dammi il tuo numero così ti chiamo e vengo a prenderti un altro giorno.... Dove vuoi tu.-
Raggiunta la macchina, altra brutta sorpresa: non va in moto. Tra maledizioni e uffa, prima di cedere al pianto di rabbia ho aperto in cofano come se ci capissi qualcosa e intanto l'auto che mi aveva fermato poco prima con il proprietario che senza mezzi termini mi aveva proposto una scopata a pagamento, girava ancora nei dintorni e vedendomi in difficoltà si è fermata poco avanti. Vedevo dagli stop accesi che il tizio si intratteneva dentro, magari sperando che fossi io a chiamarlo in soccorso. Ho chiuso immediatamente il vano motore e sono risalita in macchina. Ho visto quell'auto ripartire.
Non potevo chiamare in soccorso mio marito perché il giorno prima era partito per lavoro: ho avvertito i ragazzi miei figli che avrei tardato spiegando i motivi ed ho pensato di rivolgermi ad una collega amica che dicendomi che non poteva mandarmi nessuno a quell'ora per ripristinare il guasto, sarebbe venuta lì a prendermi per accompagnarmi a casa. Poi, l'indomani avrei pensato al mezzo.
Chiusa la comunicazione, uscita dall'abitacolo un'altra auto mi si è fermata accanto: - Buonasera professoressa, che succede? Guasto?- era il padre di un'alunna con cui poco prima a scuola avevamo avuto l'incontro: a scuola era con la moglie, mentre lì, in quel momento era da solo: dando uno sguardo al motore si è espresso per la necessità di un intervento più specifico perché lì, così a prima vista non si poteva certo fare qualcosa e comunque si è offerto di accompagnarmi a casa: ho rifiutato ringraziandolo tantissimo per la sua disponibilità, solo perché ormai la mia amica stava arrivando.
Arrivata Lorena, mentre mi accompagnava, le ho raccontato e la sua risposta, le sue considerazioni mi hanno scioccato: a prescindere dall'essersi mostrata assolutamente non stupita del fatto che lo sconosciuto volesse caricarmi in macchina, le sue parole sono state: Alessandra, tu non ti rendi conto, forse di quanti porci maniaci, maiali ci sono in giro, stai tranquilla che una come te se la ripasserebbero in molti. Non ti senti bella, forse è vero che non rispondi a determinati canoni, ma una ripassata e anche di più.... stai tranquilla che c'è chi sarebbe felicissimo di dartela. La prenderesti; eccome se la prenderesti....!-
Ha poi continuato: - sai cosa mi è capitato nella scuola dov'ero prima? Non so perché erra nata una sfida con uno dei bidelli nel prenderci in giro amichevolmente e per strapparci una risata, insomma... forse le basi per un'amicizia, ma niente di più. Dopo un pomeriggio di riunioni e colloqui con i genitori ricordo che la scuola era particolarmente disordinata, piena di cartacce, residui di normale passaggio di persone... insomma, da rimettere a posto. Lui era da solo perché due colleghe non si erano presentate, mi sono offerta di dargli una mano superando la sua iniziale resistenza: - ma no... dai, la ringrazio... prof, non è suo compito....... tardo un po' di più ma ce la faccio....... insomma a la fine ci siamo ritrovati a pulire la scuola. Dopo aver parlato di noi, lui vedovo, alle soglie della pensione, i figli adulti, vita solitaria in un comunissimo condominio: io 46enne divorziata da appena sposata. Vita con un figlio ormai ragazzo, con cui a volte in casa sembriamo degli estranei l'uno all'altra, i soliti discorsi sui ragazzi, la scuola, il rispetto, l'educazione, etc.... ci hanno fatto intraprendere una strada viscida e pericolosa su alunni che tra loro commentavano l'avvenenza delle insegnanti e sui sogni di avventure sessuali con le stesse prof in gita scolastica, piuttosto che a casa loro con la scusa delle ripetizioni oppure lì, a scuola stessa, magari nei bagni. Ci stavamo addentrando in discorsi pericolosi, D'altronde l'amicizia era in embrione, stava nascendo e non era il caso di proseguire per quella china, ma più io cercavo di cambiare discorso, più lui insisteva rincarando la dose.
Quando mi stava dicendo che parlando con dei miei alunni, loro da ragazzini adolescenti quali erano, gli confessavano che le poche volte che a scuola sono andata in gonna e accavallando le gambe, senza volerlo, da sotto la cattedra sprovvista di pannello in legno frontale si sono lucidati gli occhi sulle mie cosce, che involontariamente ho messo in mostra, ho pensato fosse il momento di salutarlo e andar via. Ripensando ai miei alunni mi veniva in mente un'immagine: loro che mi chiedevano di poter andare in bagno per masturbarsi con in mente l'immagine delle mie gambe accavallate sotto la gonna
Mi sono sentita cingere la vita con un braccio e caricandomi su una spalla come fossi un sacco di cemento mi ha portata nella palestra della scuola, stanza alla quale eravamo vicini per le pulizie: mi sono vista scaraventata sui materassi per il salto in alto e la gonna, venuta su fino ai fianchi gli ha permesso di godersi va vista delle mie cosce con i collant color carne. Vedendo il suo sguardo puntato sulle cosce, ho cercato di tirare giù la gonna. Questo ha provocato in lui una reazione di scherno: - È inutile che copri. Te le hanno viste i tuoi alunni sognando di sborrarci sopra. Anche se qualcuno di loro si è spinto nel dire che da una figa come la tua, uscirebbe solo dopo essersi completamente svuotato i coglioni e secondo me....... rischiare di ingravidarti per godersi il calore della tua vagina calda.... ne vale la pena.
Mentre lo diceva mi si è buttato addosso. Lo avevo sopra, il suo ginocchio tra le mie cosce. Una mano a bloccarmi i polsi sopra la testa, l'altra dalla vita si infilava sotto il maglioncino fino a raggiungere il seno e strizzarmi una tetta da sopra il reggiseno per poi denudarmelo completamente e iniziare a succhiarmi i capezzolo.
-Urla pure. Ormai siamo soli e sai bene che la scuola è talmente isolata in periferia che non può certo sentire nessuno: Anzi.... OSVALDO.. dai... vieni-! Un'altra figura maschile è comparsa
-sai, lui è un mio amico. Ci dividiamo il bottino; quando acchiappa lui, mi chiama e se acchiappo io, chiamo lui. Quando organizziamo ci muoviamo insieme e questa era un'occasione troppo ghiotta. Alcune volte che è venuto a prendermi ha visto te ed alcune tue colleghe e da allora non fa che chiedermi quando ce le ripassiamo, quando ce le scopiamo: Ecco la prima:Tu.
Il nuovo arrivato che mi bloccava le braccia ha permesso a gianni di denudarmi dalla vita in giù e con la testa tra le mie cosce iniziare un lento costante lavoro su grandi labbra, ninfee. Ano e clitoride con lingua, labbra e denti con leggeri morsi. Mi ha subito mandato in tilt.
Inutile dire che tra pompini, penetrazioni vaginali e anali, capezzo li martoriati e succhiati. Gli orgasmi sono arrivati. Eccome se sono arrivati. Con Gianni ci siamo frequentati finché non è andato in pensione trasferendosi in un'altra città, con Osvaldo ci vediamo ancora. Vado io a casa sua . Lui è solo, io ho mio figlio-
Dopo avermi raccontato questa sua esperienza che non mi ha lasciato certo indifferente, provocandomi uno stato di disagio dovuto certamente alla comprensione per lei aggredita, ma di più e lo trovavo assurdo, ero eccitata senza volerlo, dalla trasformazione della mia amica/collega, da vittima a puttana per due maschi che avevano abusato di lei, mi ha detto chiaramente che secondo lei, se il padre della nostra alunna avesse potuto, per come mi guardava mentre parlavamo con lui ed la moglie, mi avrebbe volentieri portato in un punto appartato dell'Istituto per farmi la festa. Ha poi proseguito: - figurati se avendoti a disposizione sola, tutta per lui, in macchina, prima di arrivare a casa tua, non avrebbe deviato per la zona industriale ormai a quest'ora deserta, costringendoti a concederti completamente a lui. Ma daiiiiiiiiiiii Alessandra, svegliati, sei donna adulta: -saresti arrivata a casa decisamente più tardi e sicuramente diversa.-
Devo ammettere che la notte è stata caratterizzata da incubi in cui venivo aggredita da uomini che ogni tanto cambiavano faccia: tra quella di mio marito, partecipante alla gang bang, la faccia del padre dell'alunna, altri colleghi o anche uomini che conoscevo, ma che con la situazione non c'entravano proprio nulla, miei alunni e addirittura la madre della mia alunna e la prof collega ed amica.
Ammetto che quest'ultima visione era la preponderante : io in un rapporto lesbico con Lorena. No, Impossibile!
Comunque, nel sogno, lottavo, mi difendevo, non volevo concedermi ai violentatori, ma mi arrendevo e ne uscivo pienamente soddisfatta, Addirittura con braccia tese verso qualcuno di cui non individuavo il volto sfuocato, come a non volerlo far andar via per scopare ancora.
Quella visione, però, continuava a turbarmi. Per più giorni: Anche dopo che mio marito è tornato e abbiamo fatto l'amore
Ma torniamo ai fatti: La mattina, uscita di casa con largo anticipo, prima di raggiungere la fermata del bus per andare a scuola, avevo le prime tre ore di lezione, sono passata dal meccanico per spiegargli l'accaduto. Fortuna ha voluto che uno dei ragazzi che lavorano lì, stava andando in città e mi ha dato un passaggio fino a scuola. Era un ragazzo slavo, Mikail, che da alcuni anni lavorava lì ed abitava poi non così lontano da casa mia, L'avevo visto altre volte quando con mio marito eravamo passati lì nell'officina, tra il meccanico e mio marito c'era un ottimo rapporto: mi era capitato di incrociare Mikail anche girando a piedi per il centro abitato. Buongiorno, Buonasera. Tutto lì, nient'altro.
Siamo prima passati nel punto esatto dove la mia auto era ancora ferma in panne. Mi ha detto che sbrigata una commissione sarebbe tornato lì e chiamando un altra persona avrebbero provato a farla partire per portarla da loro in officina. Mi ha chiesto a che ora finivo, gli ho risposto attorno alle 11.15.
Attorno alle 10.00 un watsap: -Prof. La sua auto è qui in officina, se vuole, dato che sarò di nuovo in città per l'ora che finisce, l'aspetto fuori dalla scuola, così veniamo assieme.-
Ho risposto: - va bene, grazie. A dopo.-
Prima delle 11.30 eravamo sul suo furgone in viaggio per l'officina. Mi ha spiegato che il problema elettrico che da tempo l'auto si porta dietro, mai risolto in modo efficace, si stava sommando a un mal funzionamento dello strumento che manda la benzina dal serbatoio al motore. Da seduta, sul sedile a fianco all'autista, muovendomi, il vestito è salito un pochino. Niente di che, ma ho notato lo sguardo del ragazzo puntare sul ginocchio. Accorgendosi del mio imbarazzo, anziché chiedere scusa ha rincarato la dose: - se avessi avuto insegnanti come lei, non avrei abbandonato la scuola. Poi, senza mezze misure: -chissà quanti alunni le hanno visto le cosce, magari facendo finta di essere attenti alla lezione, ma pensavano a altre cose. Una sua mezza risatina mi ha fatto sbottare: - senti ragazzino, sono una donna adulta, potrei esserti madre. Il percorso è ancora pieno di fermate del bus. Se non vuoi che ti chieda di accostare e farmi scendere, ti conviene smetterla, perché altrimenti ti becchi anche una denuncia.- Lui: -Denuncia? E perché? Per averle detto che è bella? Che non avrei problemi a fare sesso con lei? Lo so che è sposata: Ogni volta che viene in officina con suo marito, non sa tra noi quanto ci manda su di giri e quando va via ognuno tira fuori le peggiori idee su cosa le faremmo se la chiudessimo dentro.-
-Accosta, fammi scendere. Anche se siamo fuori città qui l'autobus passa lo stresso ;ci sono le fermate.-
Al che, lui: -dai ok ; la smetto. Però devo passare qui nella zona industriale un momento per ritirare un pezzo di ricambio per un camioncino che stiamo finendo di sistemare.-
Io: - passa dove vuoi. Basta che poi mi porti a casa.- Ero inviperita.
Il passaggio nella zona industriale se è trasformato in una trappola. Trovato un pertugio difficilissimo da individuare se non per chi veramente esperto di quei luoghi, ci ha infilato dentro il mezzo in cui viaggiavamo: Il posto non era certo frequentatissimi, ma sostavamo così vicino ad una delle arterie di quell'agglomerato che ritenevo davvero un miracolo il non essere visti da macchine o camion che passavano, non così frequentemente, ma era pur sempre una zona industriale., di una città, seppur non grandissima.
-Masturbami, puttana. Non sai da quando immagino la tua mano che mi massaggia il cazzo. Dai che poi vedrai e sentirai cosa vuol dire essere scopata bene e a lungo-
Ho aperto lo sportello per scappare, mi ha afferrata per i capelli distendendosi a richiudere la portiera. Mi ha presa per il polso, mi faceva male. Ho agguantato il cazzo e masturbavo. Voleva un pompino.
Io: -Assolutamente no porco. È già troppo quello che mi stai facendo fare.-
Con una mano sulla nuca mi ha costretta a strofinare la faccia sul suo cazzo durissimo. Sensazione orrenda che mi ha costretto ad ospitarlo nella mia bocca. Mi premeva la testa. Lo avevo tutto dentro.
-se non vuoi che ti soffochi leccamelo tutto. Comprese le palle. -
così ho fatto .
Incurante dell'essere all'aperto mi ha fatto scendere e poggiate le spalle al portellone laterale chiuso del furgone si è chinato con il mio pube di fronte alla sua faccia.
Riuscendo ad infilarmi una mano tra le cosce, che tenevo strette una sull'altra e in un attimo di disequilibrio ho dovuto rilassare per sistemarmi meglio e non cadere a terra, ho sentito il dito penetrarmi completamente.
Un gemito, un respiro, lui che sorride
Ti piace eh? Troia!. Questo non è nulla, sentirai quando ti scopo!-
Le spalle sempre incollate alla parette del furgone, ma con il basso ventre gli andavo incontro offrendomi a lui. Senza volerlo, con scatti del bacino sono venuta. Gli ho allagato la mano, il polso, il braccio. Ha sfilato il dito mi si è messo di fronte, in piedi.
Le mie cosce diciamo polpose avrebbero dovuto aprirsi un bel po' per facilitargli la penetrazione in quella posizione. Anche se mi aggrappavo alle sue spalle non era semplice e non amo le contorsioni circensi inutili.
Sentendomi cadere ho recuperato l'equilibrio e questo mi ha costretto a sentire il suo cazzo racchiuso tra le mie cosce. Muovendole non intenzionalmente, lo masturbavo.
Con un: - Cazzo...... hai un forno tra le cosce- con un rantolo ha sborrato
Risistemandoci per arrivare al centro abitato, non ho fiatato.
Lui, con il veleno che aveva in corpo, si è limitato a:
-non credere che te la cavi così. Sei destinata ad accogliere i miei schizzi di sborra in vagina, in culo, in bocca e dappertutto. Non ti mollo.-
Non ho replicato.
Non credevo di potermi ritrovare a pensare: - Spero mantenga le promesse.-
Con lui mi sono mostrata molto, molto infastidita, facendogli credere che l'avrebbe pagata cara.
Questa è la prima parte. Continua.
GuigAless68@yahoo.com
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