Cecilia

di
genere
incesti

Erano le 18,00 di un pomeriggio di settembre, mentre me ne stavo nel mio giardino della casa di campagna, noto Cecilia, la figlia dei miei vicini, una ragazzetta che ha l’età di mio figlio Mario, nata pochi giorni prima, è praticamente cresciuta a casa mia, infatti mi chiama zio ma non ci apparteniamo assolutamente, dicevo, la vedo nel mentre attraversa furtivamente il piazzale davanti casa sua scarrellandosi appresso un ragazzo stretto per la mano, intrufolandosi poi in tutta fretta nel capanno degli attrezzi. Accennando un sorrisino penso che è cresciuta la piccola, se mi ricordo bene, la settimana scorsa ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno. Poco dopo mi sento chiamare, era lei che avvicinatasi alla staccionata che separa i due giardini, mi chiede se in casa c’era mio figlio Mario. Da vecchio porco penso tra me e me “perché… volevate fare una cosa a tre?” ma le rispondo semplicemente di NO, anche perché non lo meritava, negli anni ha instaurato con me un rapporto molto affettuoso, tanto che si è sempre confidata più con me che con il padre.
Dopo qualche giorno, viene a casa mia in occasione della festa di compleanno di Mario, stava insieme al ragazzo che aveva letteralmente rimorchiato, me lo presenta come il suo fidanzato, aggiungendo “almeno per il momento”. Annuisco asserendo che data la loro giovane età chissà quante cose possono cambiare, invitandoli poi a divertirsi. A metà serata, la osservo mentre si avvicina a braccia incrociate, impugnando un calice di prosecco poggiato alla guancia, indossa un tailleur blu notte e avanza con una certa disinvoltura da donna, sfoggia un sorrisino forzato da un’evidente angoscia e passo dopo passo viene a sedersi accanto a me, poggiando la testa sulla mia spalla destra. Ricordo che quando era piccola e mi voleva confidare qualcosa, si sedeva sulle mie gambe e me lo sussurrava all’orecchio. Allora le chiedo quale fosse il problema del momento e lei, senza troppi indugi, mi sussurra “c’è che sono vergine!”. Sorrido rassicurandola che è normale, tutti nascono così, ma lei proseguendo mi chiede se posso dedicarle del tempo l’indomani perché vorrebbe parlarmene, io acconsento e le dico che potrebbe andare bene per il pomeriggio, sono solo a casa.
Verso le 19,00 del giorno dopo, sento suonare alla porta, vado ad aprire ed è lei, non posso non notare che è abbondantemente truccata e vestita molto sexy. Indossa un toppino bianco che lascia poco spazio alla fantasia, mostrando una bella terza di seno abbondante, e una mini minigonna nera (a sfiora mutande) dalla quale si diradano due lunghissime gambe. Che fisico da modella penso, riuscendo comunque a distogliere lo sguardo e a lasciarla entrare.
Ci accomodiamo sul divano, uno accanto all’altro, le chiedo se gradisce qualcosa e lei mi risponde di sì, qualcosa di molto forte. Le verso un whisky che tracanna in un solo sorso. Io mi ero preparato sul discorso che per fare certe cose bisogna aspettare la persona giusta, il momento giusto ecc. ecc., ma lei prendendomi alla sprovvista, dice che aveva promesso la verginità al suo fidanzato per la sua festa dei 18 anni, ma che il ragazzo non è riuscito a penetrarla, ci ha provato in più occasioni ma non ci riesce e piangendo mi chiede come deve fare. Immaginate il mio imbarazzo, non ero preparato a questo, non sapevo cosa dirle, provai a farfugliare qualcosa del tipo “potresti provare con un altro ragazzo” ma lei mi dice che ama questo, che vuole stare con lui, e farlo con un altro ragazzo significherebbe tradirlo.
Impacciatissimo provo a dirle che forse è meglio aspettare i tempi imposti dal suo corpo, ma lei mi interrompe dicendo “fanculo il mio corpo, sono come tutte le altre, è lui che non ce la fa!” e dopo un attimo di silenzio mi dice “zio, ti prego fallo tu!”. Fingendo di non aver capito le chiedo di ripetere e lei me lo ridice molto lentamente, scandendo bene le parole “ti prego fallo tu!” io sconcertato le dico che è tutta scema, che non potrei mai perché la considero come una figlia, ma lei si ostina, mi dice che lo faremo senza malizia, io seduto e lei mi monta a cavalcioni. Continuo a reclinare, le dico “piccola mia”, rivolgendomi a lei come si fa ad una bambina nel tentativo di farla ragionare, ma lei arrabbiata mi dice “piccola sto cazzo, quando mi hai vista mi hai quasi sbavato addosso e poi si vede che hai il cazzo duro!”. Volevo morire, come glielo spiego che al cazzo non si comanda, non sapendo più cosa dire e/o fare, rimango pietrificato a guardarla mentre mi si avvicina gattoni, mi sbottona i pantaloni e me lo tira fuori, prende un gel dalla borsetta e me lo cosparge lubrificandolo a dovere, poi mi monta a cavalcioni abbracciandomi forte e mentre con una mano mi tiene la testa sussurrandomi qualcosa che neanche capivo tanto ero stralunato, con l’altra indirizza il mio cazzo alla sua fighetta già abbondantemente bagnata. Di colpo prova a scendere di peso, ma effettivamente non si rompe, anche perché lei si fa male e allenta la presa. Penso sia colpa del fatto che non è abbastanza rilassata, sembra piuttosto tesa, oppure ha un imene troppo spesso. A questo punto si cambia tattica, la questione ora va risolta, non si può più tornare indietro, la prendo di peso e la distendo supina sul tavolo, mi posiziono in piedi tra le sue cosce alla giusta altezza, punto il cazzo contro la sua fighetta, le accarezzo il viso e le sfoggio un sorriso giusto per tranquillizzarla, lei contraccambia, le passo le mani dietro la nuca, la tiro a me e con un colpo di reni ben assestato riesco a deflorarla e ad entrare per una buona metà, lei emette un urlo agghiacciante, spero che il padre non l’abbia sentita altrimenti chissà cosa penserà che le stia facendo, di riflesso mi avvolge con le gambe in un vigoroso abbraccio e mi pianta le unghie di entrambe le mani nella schiena, urlo anch’io di dolore, mi fermo un attimo per farla riprendere e rilassare nella speranza che allenti gli artigli, poi un altro colpo e sono tutto dentro, lei spalanca la bocca e sbarra gli occhi, questa volta nell’assoluto mutismo, infierendo ancora di più sulla mia povera schiena. Aspetto ancora alcuni istanti, certo che è stretta forte, me lo sento strangolare, poi glielo sfilo senza proseguire, le dico che avevo compiuto la missione e che continuare significava scopare. In tutta risposta, con le lacrime agli occhi, mi supplica ad andare avanti, di non abbandonarla proprio ora o non lo avrebbe mai più fatto con nessuno. Nel rimetterlo dentro ho avuto la sensazione come se fosse ancora vergine, così, molto lentamente, ho ripreso a penetrarla continuamente, dentro/ fuori, in un’azione meccanica, anche per giustificare a me stesso che si trattava di terapia e non di scopata, finché non le sono venuto dentro come da sua volontà.
Dopo che ci siamo lavati via il sangue, mi ha salutato con un bacio sulla guancia e nel ringraziarmi della disponibilità mi dice “sapevo che tu ce l’avresti fatta!”. Immediatamente il mio pensiero va a come si era abbigliata per l’occasione, aveva già organizzato tutto. Ora che ci penso, non indossava neanche le mutandine…
Sono passati quattro anni da quando ho dovuto… ho dovuto farlo insomma, ora Cecilia, sposata con il rimorchio, ha un bel bambino di un anno. Vi starete chiedendo quante volte l’abbiamo rifatto? Mai più, ripeto che è stata una terapia. Almeno fino alla settimana scorsa, quando, chiamatomi in disparte, mi ha confidato di essere vergine.
Le ho detto che non era possibile, lo avevo fatto io con le mie mani… non proprio con quelle, comunque ero certo che non era più vergine, anche perché aveva un figlio nato con parto naturale, ma lei continuando mi dice che era vergine di culetto, che vorrebbe farlo ma ha troppa paura che possa ripetersi la storia.
Bene, le dico, non c’è alcun problema perché non hai alcuna necessità di farlo e, anche se non ci credo molto neanche io a quello che affermo, le dico che da quel canale si esce solo, non si entra. Allora lei, fiutando il mio distacco, mi dice che vorrebbe solo dei consigli su come si esegue la sodomia, chiedendomi se dovesse farlo entrare di colpo come per la figa. A questo punto mi rendo conto che se non le spiego come fare potrebbe farsi male, così le dico di aspettare perchè non è la stessa cosa, dandole poi appuntamento per il pomeriggio seguente, ma le dico di non mettersi strane idee in testa, sarà solo un incontro didattico. “Ookkeeeei, a domani…” mi dice in tono malizioso.
Alle 19,00 precise del giorno dopo suonano alla porta, vado ad aprire e… non ci posso credere, è lei vestita esattamente come quella volta, allora cerco di chiudere la porta, ma lei la blocca con un piede e mi dice con aria innocente “zio, ma che fai non mi lasci entrare?” e intanto forza la porta ed entra richiudendosela alle spalle. Sconfitto mi lascio cadere sul divano, lei mi raggiunge sedendosi accanto a me e mi chiede qualcosa di forte. Ho capito… e verso due abbondanti bicchieri di whisky, uno anche per me. Questa volta sono io che lo tracanno in un solo sorso, mentre lei se lo sorseggia piano accoccolandosi a me. “Allora?!” mi fa un po' sorniona, “mi racconti come nascono i bambini dal culetto?”. “Senti”, le dico tra l’afflitto e l’incazzato “io non lo so a che gioco vuoi giocare, ma ci sono in ballo i miei sentimenti, io non ti vedo come una femmina, sotto questo aspetto per me sei zero!”. “Ah no?!” mi risponde determinata “E come mi vedi? Intanto l’altra volta ti sei preso la mia verginità e mi hai scopata per bene e chissà quante altre volte hai pensato di farlo in questi anni, e se lo vuoi sapere, io ci ho pensato tante volte ma non ho avuto il coraggio di dirtelo, avevo paura che mi cacciassi fuori”. Infuriato da quei cattivi pensieri e dalle cattive espressioni usate, anche se un po' era vero che alcune volte ci avevo pensato, mi alzo e la prendo per un braccio nel tentativo di cacciarla fuori, ma lei cade in ginocchio, si appecora e piangendo si abbassa portando la faccia tra le mani sul pavimento. La guardo, un po' mi fa pena, e mentre penso che questa proprio non le compra le mutande… mi accorgo che incastrato tra le chiappe fa bello sfoggio di sè un plug anale con brillante a cuoricino rosso granato. Certo ce ne sarà voluto per incastonarlo. Anche stavolta aveva premeditato tutto.
Invaso da un misto di incazzatura e tenerezza, la faccio alzare levandola da quella ignobile posizione e le chiedo lumi su questi suoi bizzarri comportamenti. Singhiozzando afferma di essere innamorata di me da quando era una bambina e che vuole dare a me tutte le sue verginità, poi scoppiando in una fragorosa risata dice “ringrazia il cielo, perché avrei voluto anche sposarti”. A queste parole, la stringo forte a me e la bacio sulle labbra tumide e carnose, e visto che non aveva bisogno di alcuna lezione di sodomia, la adagio a pecorina sul bracciolo del divano, in modo che rimanga bloccata in quella posizione, e dopo averle stappato la gioielleria dal buco del culo e lubrificata con la saliva, le penetro l’anfratto in un colpo solo. Nonostante lo sfintere anale sia ancora molto stretto non oppone la benchè minima resistenza, il mio cazzo penetra liscio fino a sbattere con le palle contro la sua fighetta bagnata. Il plug ha fatto un ottimo lavoro. Prendo a pomparla prima piano per lasciarla abituare poi accelero sempre più forte come una locomotica in corsa, mentre lei, inarcando la schiena, si sculaccia e mi incita ad incularla ancora di più, dandomi anche del vecchio porco (come mi avrà riconosciuto?). Dopo pochi minuti, la sento mugolare, l’arrivo di un orgasmo anale la fa vibrare come la corda di un violino. Non resisto oltre, vengo copiosamente anch’io inondandole le viscere di sborra calda. Mi sarebbe piaciuto rimanere in quella posizione ancora un po' ma mi sono sfilato immediatamente come a prendere le distanze da quello che era successo, io non ne ho nessuna colpa, sono stato istigato, io.
Ci lasciammo senza una parola, ma nella comune consapevolezza che ci saremmo rivisti ancora. Cos’altro avrà di vergine?!
scritto il
2022-09-07
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