Desiderio di lui

di
genere
dominazione

Era una giornata calda, afa e calore.
La città sembrava paralizzata nel paradosso della frenesia commista al sudore della calura.
Avevo addosso lo stesso paradosso: il caldo del sole estivo, il fresco della promessa, il bollore della voglia.
Sensazioni contrastanti mescolate sulla mia pelle assieme ad un profumo sensuale ma estivo con note di frutta matura e di legno.
Nella testa fin dalle prime ore del mattino un chiodo, lui.
Era una tortura inflitta ed auto inflitta quell’attesa.
Quell’attesa che rassomigliava alla sensazione di avere delle sfere cinesi conficcate nella carne e dover però necessariamente resistere al bisogno di entrare nel primo bagno di un qualsiasi bar a sfilarle e leccarle prima di sedermi e con due dita allargarmi la fica e procurarmi un rantolante lunghissimo orgasmo.
Camminavo verso casa pensando, energia erotica evidente nello sguardo e nelle movenze: pensavo a lui che avrei raggiunto di li a poco.
Sarebbe seguito al mio arrivo il momento della preparazione, ed era l’inizio di tutto.
Entrata nella mia stanza, sudata, trafelata, nell’esatto momento in cui avevo chiuso la porta tutto aveva rallentato.
Stavo entrando in un flusso nuovo, quello che mi avrebbe portato da lui, quello che mi avrebbe portato nuda e animale sopra la sua pelle.
Mi ero spogliata con quella energia addosso, lentamente assaporando la sensazione dei miei polpastrelli sulla pelle. Intenzionalmente le mie dita sfioravano lembi di carne per istanti brevissimi che davano leggere scosse elettriche, tutte promesse puntiformi.
Avevo aperto l’armadio e scelto con cura ogni elemento con cui mi sarei rivestita: una gonna color cioccolato, una camicetta scollata: cose semplici ma cariche di segnali, piene di inviti.
Le scarpe non avevo dovuto sceglierle, gliele avevo promesse.
Ed ogni volta che le guardavo una pulsazione tra le cosce e la percezione della sua lingua tra le mie natiche, sul clitoride e dentro la fica.
Avevo scelto un reggiseno di pizzo nero, niente slip però, perché quando ci saremmo incontrati volevo che l’odore della mia fica bagnata di lui fosse libero di correre verso il suo naso e dentro il suo cervello.
Una doccia, tiepida, avevo scelto anche il bagnoschiuma con cui lavarmi.
Tutto, ogni gesto di quella preparazione, era stato rinnovare nella mia mente eccitazione e voglia.
Così una volta asciutta, per lo meno una volta che avevo asperso l’acqua della doccia perché tra le cosce non sarei riuscita ad asciugarmi per ore, mi ero vestita.
Il collo profumato anche se avevo deciso di non raccogliere i capelli: li avrei raccolti dopo, solo dopo, davanti a lui.
Il collo che avevo deciso di ornare di un vecchio monile che mi era tornato in mente da quando era inIziata la preparazione. Si trattava di una catena d’argento dalla quale pendeva un lucchetto, una collana che lasciava quel lucchetto appoggiarsi nello spazio magico tra le clavicole.
Non gliene avevo mai parlato ma ero certa che la sua vista avrebbe innescato, come la miccia quando occhieggia in cima al candelotto di dinamite.
Una volta vestita e solo allora con lentezza avevo indossato quelle scarpe, salendo. Ed in quell’ultimo gesto una ulteriore energia, quella di elevarsi, regina e fiera.
Adesso ero pronta ad inginocchiarmi ed essere la sua regina

EvaAlice: IG EvaAlice
scritto il
2022-11-01
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