La Bibliotecaria. II Parte.

di
genere
etero


La domenica successiva, alle 18.30 precise, arrivavo di fronte all'ingresso della abitazione di "Claudia".
È questa, una villetta a due piani, piuttosto isolata, ubicata all'estrema periferia di ***.
L'edificio ha la forma di una elle maiuscola capovolta, il cui corpo di fabbrica maggiore, perpendicolare alla strada, supera, in lunghezza, quello minore, si e no di un paio di metri.
Di fronte all'ingresso, posto sul diedro generato dall'incontro delle due parti dell'edificio, si trova un piccolo giardino, deliziosamente curato.
Un marciapiede rettangolare, fatto di lastre di selce di forma irregolare, unisce il cancelletto di strada con l'ingresso.
Dietro il lato minore dell'edificio, è ubicato un secondo, ombroso e ben più vasto giardino, ornato da numerosi alberi d'alto fusto e delimitato da una recinzione decisamente alta.
La stessa appare, chiaramente, realizzata al fine di proteggere gli utenti dell'area da "sguardi indiscreti".
Suonai al campanello ed attesi; dopo qualche minuto, che mi parve eterno, il cancelletto venne aperto mediante un comando a distanza e, quasi contemporaneamente, si aprì il portoncino di ingresso, senza che nessuno vi si affacciasse.
Percorsi, un po' titubante, il marciapiede in selce, ed entrai.
Contrariamente all'esterno, reso torrido dall'implacabile sole d'agosto, l'interno della villetta era, decisamente, fresco.
Un accogliente profumo, unito alla penombra, pervadeva l'ambiente.
- C'è qualcuno?
Domandai mentre il mio istinto mi stava guidando verso un ampio saloncino posto alla sinistra di chi entra.
- Accomodati pure: arrivo.
Chiusa la porta, entrai nel saloncino e sedetti su di una poltrona; mi guardai intorno.
Nonostante l'imperante penombra, potei chiaramente vedere che la stanza era arredata con mobili d'epoca, anni cinquanta, così ben tenuti da sembrare appena consegnati.
Attesi ancora qualche minuto poi "Claudia" apparve sull'uscio.
Indossava un bikini bianco, tutto sommato piuttosto casto; ai piedi calzava un paio di zoccoli da mare, in legno, dal tacco decisamente pronunciato.
Il costume bianco valorizzava, "a mille", la sua carnagione olivastra, resa ancora più scura dall'abbronzatura.
Aveva indossato il solito trucco sobrio e mi sorrideva, appoggiata al montante destro della porta.
- Benvenuto a casa mia, giovane uomo. Vogliamo accomodarci?
Mi alzai all'impiedi ed andai verso di lei; solo allora potei notare la catenina girovita, posta ad ornare i suoi fianchi, vera e propria "autobiografia" di tutte le donne che l'indossano.
Mi tese la destra, ed io mi produssi in un baciamano di alta scuola; indi, guardatomi fisso negli occhi, con un tono di voce basso, ma estremamente provocante, mi domando':
- Andiamo...di sopra?
Come l'intera abitazione, anche la camera da letto era immersa nella penombra; nell'aria, un profumo di lavanda, accentuava la freschezza che permeava tutto l'ambiente.
Contemplai "Claudia", e non potei non giudicarla come una delle donne più seducenti che io avessi mai conosciuto, nonostante, o, forse, proprio grazie, a quei difetti elencati nel precedente mio scritto.
Secondo la mia "collaudata strategia", mi posi dietro di lei, di fronte all'alto specchio posto sul cassettone. La guardai, fisso, nelle pupille riflesse nel cristallo e mi leccai le labbra.
Lei fece altrettanto ed io, senza por tempo in mezzo, le slacciai i due pezzi del bikini.
Rimasi, letteralmente, senza fiato.
Se il precedente "incontro ravvicinato", per le note circostanze di tempo e di luogo, si era per forza svolto "con i tempi contingentati", come del resto tutti quelli che ebbero luogo a Roma, al momento eravamo completamente liberi, e padroni delle nostre rispettive esistenze.
Le contemplai il corpo per intero e potei ammirare una femmina stupenda che conteneva in sé un'amante, letteralmente, "al calor bianco".
Ci baciammo a lungo, per poi sdraiarci sul letto.
Rimanendole sempre alle spalle,
mi diedi ad accarezzare l'intero suo corpo sul quale si disegnavano i raggi del sole, ormai calante, filtrati dalle tapparelle, socchiuse.
La sua pelle, resa del colore del cioccolato al latte dall'abbronzatura integrale, tremava mentre la sfioravo, "religiosamente", come una cosa rara e preziosa.
Dalle sue labbra, socchiuse, si spandevano d'intorno un' infinità di "Si", pronunziati con un tono quasi di preghiera.
Ero giunto a lambire le sue caviglie, sottili, quando "Claudia" cominciò ad implorare di prenderla.
Le feci, allora, assumere una posizione fetale, introdussi la mia gamba destra tra le sue e, finalmente, entrai in lei.
Una volta portata a termine la penetrazione , sospirai, per due o tre volte, le ghermii i fianchi e, finalmente, iniziai a muovermi.
Sapevo, esattamente, quello che le avrei fatto, in quale modo avrei adoperato il suo corpo per darmi e, soprattutto, per darle un piacere assolutamente parossistico, fino ad annientarla, completamente.
Alternavo, "more solito", il coito lento a quello veloce, non dimenticando, beninteso, di agire sul suo clitoride, una volta che "Claudia" avesse raggiunto un certo, alto, livello orgasmico.
Vedevo le sue mani stringere, potrei scrivere "disperatamente", le lenzuola, vedevo i suoi denti mordere le sue labbra ed, infine, ascoltavo le sue grida di piacere.
Era giunto il momento di "cambiare canale".
Senza cessare, neppure per un millisecondo, di agire sul suo "petalo rosa", uscii dalla sua vagina per violare la sua intimità più segreta.
Va scritto, a questo punto, che in nessuno dei nostri precedenti "incontri ravvicinati", mi ero "avventurato" per tale "sentiero":
"in primis" perché mai "autorizzato" dall'"avente diritto", "in secundis" in quanto, detta "autorizzazione", avrebbe, ovviamente, fatto "lievitare i costi".
Ad onor del vero, mi trovai a confrontarmi con uno sfintere tutt'altro che dilatato: di sicuro non vergine, ma estraneo alla quotidiana penetrazione ed in cui entrai, grazie e soprattutto, alle sue "fluviali" secrezioni che avevano, alla perfezione, lubrificato il mio scettro.
"Claudia" digrignò un "Siii" a denti strettissimi, cui fece seguito una serie di lunghissimi "Oooohhh".
Uno degli indubbi vantaggi del "coitum in vase indebito", beninteso unito al massaggio clitorideo, sta nel fatto che consente all'"agente" di "andare alla carica", letteralmente, "a briglia sciolta". Il tutto senza quell'alternanza lento - svelto - lento, altamente raccomandata nel coito vaginale, ma che, specie "sui lunghi percorsi", riesce, alla fine, "noiosa" pel maschio.
Dopo un buon numero di minuti, uscii nuovamente dal suo corpo, le feci assumere la posizione supina e ripresi a penetrarla, tradizionalmente.
Verità mi impone di scrivere che, quel giorno, il comportamento di "Claudia" fu scevro da qualsivoglia volgarita'.
Fatta eccezione per l'assenza di "volontà di dominio" sul "partner", potevo ben dire di stare facendo sesso con Donna Alessandra, o con "Roberta", la "Cartomante".
Meritava, dunque, un premio: quando, alla fine, stavo per esplodere, uscii, ancora una volta, dal suo corpo per piazzarmi in posizione "da spagnola".
La donna aderì con entusiasmo, dicendo:
- Si, si, adoro che mi si goda sulle mammelle...
Ancora alcuni minuti poi...
Poi un'eiaculazione "oceanica" uscì dal mio corpo per riversarsi sulle sue "dolci protuberanze".
Rimasi sorpreso della quantità di seme che, a trentuno anni, quindi ad adolescenza totalmente trascorsa, ero stato capace di secernere.
In realtà, avevo evitato, per poco meno di una settimana, qualsiasi pratica autoerotica; inoltre, "all'atto pratico", mi ero trattenuto "a più non posso", al fine di giungere al suo totale annientamento.
"Claudia", intanto, supina sul letto, dava dei lunghi respiri, restando con gli occhi completamente chiusi.
Quando li riaprì, dieci minuti più tardi, mi dono' un gran sorriso che, "in filigrana", aveva qualcosa di incredibilmente materno, e disse:
- Tutta colpa di Tito: se non ci avesse rotto tanto le scatole con quel suo 'fateli godere alla svelta' ci saremmo potuti divertire alla grandissima: come oggi.
Il Lettore deve, a questo punto, essere informato che, "Tito", altri non era che il proprietario dell'edificio over erano ubicati i "boudoirs", tanto di Patrizia che di "Claudia".
In pratica: il "maitre" della casa allegra.
Ricambiai il suo sorriso dicendole:
"'Nulla quaestio': potremo, benissimo recuperare, quest'estate, il tempo perduto...
Ciò detto le presi la mano e la guidai verso la sala da bagno.
Lei aveva dedotto le mie intenzioni: entrò nella vasca e si sedette sui talloni.
Impugnai, allora, il mio scettro, lo diressi verso il suo "décolleté" e mi produssi in una "pioggia dorata", come si suol dire "da campioni".
Prendemmo poi, castamente, una doccia fredda.
Mezz'ora dopo, asciutti e rivestiti, sorseggiammo una bibita ghiacciata, seduti nel "giardino segreto".
Fu allora che le domandai:
- Hai mai avuto rapporti lesbici?
- In realtà, mi ritengo una completa bisex e, sia a Roma che a Londra, ho avuto rapporti saffici. Ma qui...
- Ho capito: il paese è piccolo, la gente mormora... però se mi lasci carta bianca...
- Si, te la lascio: voglio vedere cosa saprai organizzare...
- Un altra cosa: come andò con il cavallo?
- Molto banalmente: a diciotto anni, prendevo lezioni di equitazione.
Un pomeriggio, entrai nella stalla del maneggio e vidi uno stallone, nero come l'inferno, in erezione.
Mi denudai, mi portai sotto di lui ed iniziai a masturbarlo.
Dopo qualche minuto, mi inondò di sperma: mi lavai, mi asciugai e mi rivestii, senza che nessuno si facesse vivo.
La settimana seguente, volli "bissare"; a cose fatte, sbucò, da dietro una pila di balle di paglia, il mozzo di stalla: un negro alto un metro e novanta.
Era nudo, fatta eccezione per gli stivali ed una paravanti di cuoio; si tolse la paravanti, mi sollevò, facendomi ricadere sul suo sesso priapesco, e mi fece sua: poi ci lavammo, con la pompa dell'acqua: tutto qui.
Dimenticavo: da quel giorno, preferisco prendere docce fredde.
-Curiosita': eri vergine?
- Ma per carità...
E ridemmo di cuore.
Mi accompagnò alla porta: prima di aprirla, scambiammo un lungo bacio, "alla francese".
Poi ci lasciammo, con l'impegno che le avrei comunicato i risultati delle mie "indagini saffiche".






scritto il
2022-08-09
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