Caldo Intervallo. II Parte.

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genere
etero

IL VILLINO SILENTE
Oggi,dopo diversi lustri di distanza, riandando con la mente alle mie esperienze dell'estate del 1982, mi scopro a porre,"mihi ipsi et orbi" quel coacervo di interrogativi che, "temporibus", neppure minimamente, mi sarei sognato di pormi.
Avevo venti anni e "coglievo l'attimo", il tutto con grandissima, e reciproca, soddisfazione: mia e della "partner" di turno.
Così, trascorsi i quattro giorni successivi al primo "incontro ravvicinato" con la Signora Luisa, del tutto tranquillamente: gite in bicicletta, letture, spiaggia.
E proprio sulla spiaggia, quando i nostri sguardi tornavano ad incrociarsi, provvedevo a salutarla con un semplice cenno del capo: nulla di più.
Trascorsero, dicevo, quattro giorni; il quinto, un sabato, mi trovavo a passare sotto le finestre di un villino bifamiliare e mi fermai ad ammirare la magnifica, maestosa bouganville che ne ornava il giardino.
Era, ed è tuttora, una magnifica essenza arborea, dipanantesi dalla terra sino al cielo e conferente un tocco di regalità all'immobile, costruito in uno stile, invero, decisamente ordinario.
Quando il mio sguardo giunse al balcone del primo piano, vidi una bianca tendina traforata scostarsi ed apparire, nel riquadro della porta finestra a due ante, Donna Luisa in tutto il suo splendore.
Indossava un completino, mutandine e reggiseno, bianco, semitrasparente, e mi gratificava di un più che invitante sorriso.
L'intero comprensorio era immerso nel più totale silenzio, sottolineato, più che interrotto, dal vicino cinguettio degli uccelli e dai remoti rumori stradali.
Mi guardai, più volte, intorno e,
quando potei constatare di essere al riparo da "sguardi indiscreti", varcai il cancelletto del giardino, salii la scaletta che portava alla veranda e, finalmente, entrai in casa.
Debbo, a questo punto, doverosamente informare il Lettore di come, la planimetria dell'immobile "de quo", mi fosse tutt'altro che sconosciuta: infatti, i "cari parenti", al momento fortunatamente assenti,abitavano in un villino, assolutamente uguale, ubicato nel medesimo comprensorio.
Intorno a me, regnava il più assoluto silenzio; poi, un leggero colpo di tosse mi invitò a salire le scale e, quando giunsi sul pianerottolo, un secondo colpo mi indicò quale delle tre porte aprire.
Abbassai la maniglia, spinsi la porta e, meraviglia delle meraviglie, su di un talamo perfettamente in ordine, in una stanza baciata della luce di agosto, sapientemente modulata dalle tendine stile antico, potei ammirare Donna Luisa, sdraiata sul letto e trionfalmente nuda!
Mi apparve come una regina, anzi, come una vera e propria dea del sesso, scesa ai comuni mortali o, per meglio scrivere, proprio a me, da un Olimpo di inenarrabile piacere.
Con un incedere di un' eleganza assoluta, scese dal letto, si alzò in piedi e, camminando sulle punte, si avvicinò a me, sorridendo luminosamente.
Mi baciò, un lungo bacio, di una dolcezza, potrei scrivere, dai risvolti quasi materni...
- Dai, spogliati - mi disse quasi mormorando.
Quando nudi, fummo entrambi sul letto, le mie labbra presero ad adorare, di nuovo, il suo corpo divino.
Mi staccai dalle sue labbra, percorsi, per intero, il suo collo modiglianesco, leccai tutt'intorno, mordicchiandoli ad un tempo, i suoi capezzoli. Rosee corone, poste a supremo ornamento dei suoi seni, che richiamavano alla mente, per le loro dimensioni ancora adolescenziali, nonostante le due gravidanze, i "due cerbiatti pascolanti tra i gigli" di biblica memoria.
Scivolai sul suo addome, piatto, ma non indurito da "virileggianti" muscolature e, finalmente, giunsi al suo giardino intimo.
Esso presentava un leggerissimo sfoltimento perimetrale, evidentemente "propedeutico" all'indossare il costume da bagno e, benché pulitissimo, non emanava alcuno degli odori tipici dei varii detergenti intimi, non sempre gradevoli a tutti.
Scostai, reverenzialmente, i folti ciuffi che, al mio sguardo, rivelavano la naturalità del colore dei suoi capelli, ed iniziai a sfiorare, con la punta della mia lingua, le sue grandi labbra, di un bel colore rosa.
Sino ad allora, il silenzio era stato sottolineato dal respiro della donna, la cui frequenza andava aumentando con il procedere della mia "esplorazione".
La mia lingua toccò le sue labbra, e la "regina" cedette il posto alla "femmina": potei, così, sentir iniziare una lunga sequela di "Si...si... ancora... non ti fermare...".
Parlava con un tono di voce basso, quasi un bisbiglio di preghiera, invero tutt' altro che blasfemo, che conferiva, a tutto l'insieme, un'alone di atavica sacralità.
Quando presi possesso del suo clitoride, Donna Luisa si lasciò andare ad un prolungato "Oooh", cui se ne aggiunse un secondo, ancor più lungo e di più alta tonalità, al momento in cui, l'indice ed il medio della mia mano destra, andarono ad esplorare il suo ano.
- Nnnno... no... mi fai morire... non ti fermare... mi sento come se fossi tutta aperta...ancora... ancora...
Non potei non confermare la sensazione avuta durante il nostro precedente "incontro ravvicinato: che, per quanto concerneva il "secondo canale", pur essendo tutt'altro che vergine, la donna non lo dovesse concedere troppo spesso.
Con tutta probabilità, ciò accadeva a causa delle "dimensioni" del marito: "virtus semper in medio stat".
Passarono i minuti, in cui la mia lingua si beò del sapore, dolce e piccante ad un tempo, del suo "miele di donna", e ciò sino al momento in cui udii la sua voce dire:
- Prendimi... ora prendimi... prendimi... ti prego...
Pronunciò queste parole quasi pregando e fu allora che compresi: era la "regina" a sedurre, a conquistare.
Ma era la "femmina", la "femmina" affamata di sesso o, forse anche d'amore, a vivere, tutt'intero, quell'atto sessuale per raggiungere il quale, deposte le insegne di quel potere, edipico misto di naturale autorità e seduzione, che albergano in ogni donna, stava implorando.
Si, perché la donna, una volta accettato che si porti a termine la sua conquista, che si giunga, come si diceva un tempo, "nudi alla metà", è lei a vincere, a sottomettere ad una dolce schiavitù, l'uomo con tutta intera la sua "materiale", animalesca virilità:
"foemina capta ferum victorem capit".
Decisi, pertanto, soprattutto per la gratitudine ed il rispetto che dovevo a Donna Luisa, che, ad ogni costo, avrei dovuto dare il meglio di me.
Scesi, dunque, dal letto, e mi collocai di fronte a lei, che, nel frattempo, aveva assunto la posizione "a sponda"; fu allora che le sue dita, laccate di rosa, si strinsero, delicatissimamente, attorno al mio scettro e lo guidarono dentro la sua vagina.
Restai in lei, immobile, per alcuni secondi, beandomi del calore umido che circondava il mio sesso, poi, poste entrambe le mani sui suoi fianchi, iniziai la cavalcata.
"More solito", alternavo lentezza e velocità mentre la donna, ansimando, si mordeva le labbra.
Quando ritenni che fosse arrivato il momento opportuno, senza interrompere la penetrazione, la feci girare attorno al mio scettro, e Donna Luisa assunse la posizione "a la levrette".
Dopo un paio di "colpi", il medio della mia mano sinistra si impadronì del suo "petalo d'amore", facendolo roteare.
Fu allora che sentii, chiaramente, il suo corpo come percorso da una scarica elettrica e la sua voce lasciarsi andare ad una sequela di liberatrici grida di vittoriosa conquista.
Continuai, sino a quando non ritenni che il mio scettro fosse stato lubrificato a dovere, poi commutai sul "secondo canale" senza, beninteso, interrompere l'"omaggio" alla sua "turgida gemma".
Un grido, gutturale, acuto, come di animale ferito, proruppe dalla sua bocca sul cuscino, seguito da un veloce ansimare e da una lunga catena di "Ancora... ancora... non ti fermare...".
Ed, in effetti, non mi fermai.
La martellavo, implacabilmente, beandomi, ad un tempo, della sua voce e del suo agitarsi, quasi fosse rimasta preda di un attacco epilettico.
Quando ci accorgemmo, entrambi, che l'esplosione di sperma si stava avvicinando, fu con uno sforzo sovrumano che la donna riuscì a dire:
- Ho sete... Ho sete... ti voglio bene...".
Ancor oggi, dopo otto lustri e rotti, e benché avessi solo vent'anni, non riesco a capacitarmi di come riuscii ad staccarmi, trattenendomi sino a che Donna Luisa non avesse raggiunto il pavimento e si fosse seduta sui talloni: ma vi riuscii.
Con avidità ferina, le sue labbra fagocitarono il mio organo e le spire della sua lingua avvolsero il mio glande...
Dieci, venti, trenta secondi al massimo e, finalmente, esplosi.
Ricordo perfettamente il lampo di luce, accecante, che cancellò, totalmente, completamente, ogni cosa all'intorno, quasi fosse stata un'esplosione nucleare.
Man mano che il mio liquore usciva dal mio corpo, per riversarsi nella sua gola avida, sentivo che le forze mi abbandonavano, come un invaso che si svuotasse, all'improvviso.
Ancor oggi non ricordo più altro: quando mi riebbi, ero sul letto, nudo, ed accanto a me stava Donna Luisa.
Mi sorrideva dolce, quasi materna; dalle sue iridi azzurrine si spargeva, tutt'attorno, un senso di soddisfazione, di appagamento, raggiunto, o forse dovrei scrivere "conquistato"...
- Sei stato veramente fantastico...- mormorò.
- Ed, incredibile a dirsi, tu sei stata femmina e... come dire... materna, ecco... materna, ad un tempo.
Mi sorrise di nuovo, emise un lungo sospiro, si stiracchio', felina, infine si alzò, per andare in bagno.
La seguii: si sedette sul bidet - dando, beninteso, le spalle al muro - con la medesima grazia con cui una sovrana si siede sul trono, ed inizio' il lavacro.
Non tardai a notare la durata, eccessiva, dell'operazione, sottolineata dal leggero ansimare del suo respiro.
Ci guardammo negli occhi:
- Scommetto che hai di nuovo sete...- dissi.
A queste mie parole, Donna Luisa, del tutto inaspettatamente, abbassò lo sguardo con un gesto che e esprimeva, ad un tempo, pudore e rassegnazione, pudore e rassegnazione incredibilmente assoluti.
Era la "Donna", nell'accezione più nobile, più "uranica" del termine, che cedeva il passo - ma, si noti, senza arrendersi - alla "femmina", nell'accezione, non più infima, ma più profonda, più "ctonia", del termine.
In altri parole, Donna Luisa, pur riconoscendosi, fin nei più intimi recessi del suo animo, "colpevole", sia di fronte alla Legge umana che a quella divina e, forse, anche di fronte all'affetto umano di suo marito, veniva, nel contempo, a rivendicare i diritti della sua "carnalità" ai quali, in nessun modo, intendeva abdicare.
Aprì, così, le labbra e tornò ad adorare il mio scettro.
Di nuovo, ogni cosa tornò a scomparire, in un vortice di una luminosità assoluta.
Sentivo le tempie pulsare e, nelle mie orecchie, il suono dei battiti del mio cuore aveva assunto l'intensità di veri e propri colpi di artiglieria.
Mi ero, ad un certo punto, fatto certo che, l'azione combinata delle sue labbra e della sua lingua avrebbe cagionato quell'"ictus" che mi avrebbe condotto alla tomba.
Temetti, anzi, di essere vittima di un tentativo di omicidio: la crudele "Dea del Sesso" stava sacrificando a sé stessa un giovane maschio...
Infine, la polluzione giunse: tre abbondanti fiotti di liquore salato si schiantarono dentro "a la bramosa canna" di Donna Luisa.
Mi trascinai sul letto ove, letteralmente, stramazzai; fu un suo bacio - un bacio lunghissimo, in cui ritrovai il sapore del mio piacere - a riportarmi alla realtà.
Mi lavai e mi rivestii: anche Donna Luisa aveva indossato il costume da bagno; quando, mano nella mano, raggiungemmo la porta le chiesi:
- Hai mai avuto rapporti lesbici?
La donna, ridacchiando, mi rispose:
- Ti piacerebbe ammirarmi mentre faccio sesso con una donna?
- Beh...si...
- Ed allora torna mercoledì, alle 10.30, ci sarà una caldissima sorpresa...
E dette queste parole, ci scambiammo un ultimo bacio ed uscii.
scritto il
2024-01-03
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