Wendy. II parte.
di
Sir Wilfred
genere
trans
L'Innominata.
Alcune settimane dopo il mio primo incontro con Wendy, mi ero recato presso il suo "boudoir" per una semplice visita di cortesia.
Inaspettatamente, la "ragazza" mi fece accomodare in cucina, pregandomi, altresì, di pazientare per alcuni minuti.
Invece, attesi per una mezz'ora abbondante ed, al suo ritorno, stavo per esternarle, sia pure pacatamente, tutte le mie rimostranze quando, con una voce dolcissima, dopo avermi porto le sue "più umili scuse" mi disse:
- Ti ho fatto attendere perché ti debbo chiedere un favore.
Come ti dissi la volta scorsa, questa casa è frequentata anche da donne. Una di loro mi ha chiesto di combinarle un incontro "a tre"...
Risposi piccato:
- Mi permetto di farti osservare di non essere un "gigolò", od un "toy boy"...
- Proprio per questo: ho pensato a te perché questa persona vorrebbe incontrarsi con un vero uomo, ma che non sia un "professionista". Gradirebbe un privato cittadino con il quale divertirsi, per poi salutarsi e basta...
- In parole povere: incontrarsi e dirsi addio...
- Proprio così...
- Dimmi una cosa: quanti anni ha?
- Più o meno la tua età...
Sia pure con un fondo di residua riluttanza, accettai, e concordammo l'appuntamento.
Il giorno fissato, ero quasi giunto a destinazione, quando ricevetti un SMS con il quale Wendy mi chiedeva di entrare dall'ingresso posto nelle scale, anziché da quello privato posto direttamente sulla strada: così feci.
Entrato nel "boudoir", Wendy mi accompagnò nel salottino d'attesa.
Dopo una decina di minuti, sentii il trillo del campanello dell'ingresso privato; per alcuni minuti, potei ascoltare un indistinto bisbigliare provenire dal corridoio.
Subito dopo, la porta, posta alle mie spalle si aprì, e Wendy, con una voce decisamente impostata, mai sentita prima, disse:
- Le presento la Signora ***...
Mi alzai all'impiedi, mi girai verso l'ingresso della stanza e vidi Wendy in compagnia di una persona che, mai e poi mai, avrei immaginato di incontrare in un consimile ambiente.
Manzonianamente parlando, di costei "non possiamo dare né il cognome, né il nome, né un titolo, neanche una congettura sopra niente di tutto ciò ".
Posso soltanto scrivere, che "l'Innominata" era stata, "temporibus", mia compagna di corso all'università.
Proveniente da una famiglia "di altissimo affare", diplomatasi in un liceo noto per avere, tra le sue studentesse, moltissime ragazze di notevole bellezza, dotata di una "species" non altrimenti definibile che come regale, "l'Innominata", subito dopo la laurea, aveva intrapreso il cammino che l'avrebbe portata "usque ad sidera".
Non nascondo di averla ammirata, pel suo portamento e la sua naturale eleganza, senza, tuttavia, mai nutrire, per lei, alcun sentimento.
Però, a conti fatti, ritengo, in tutta onestà, che "l'Innominata" abbia contribuito, e non poco, a formare in me quell'"idea" di donna che, anni dopo, si sarebbe "incarnata" in "Lady Rowena".
Ci guardammo, entrambi, nel profondo degli occhi; nel mentre, sentivo farsi avanti, nel mio animo, la paura di uno sprezzante rifiuto.
Incredibilmente, il suo volto, ed il suo sguardo, si aprirono in un luminoso sorriso...
- Quale onore fare la vostra conoscenza - disse la donna.
Subito, ricambiai il suo sorriso e le baciai la mano che mi aveva porto.
Fu allora che Wendy si inseri' dicendo:
- Non vogliamo accomodarci di là?
Quando fummo in camera da letto, "l'Innominata" si tolse la splendida pelliccia di visone biondo.
Fu allora, che potei ammirare il suo "tailleur" "business woman", di colore azzurro scuro, la cui gonna, giungente sotto al ginocchio, nulla faceva presagire circa la "doppia vita" di chi lo stava indossando.
Anzi, per essere assolutamente precisi, aggiungo che i suoi piedi erano calzati con elegantissimi mocassini, dal tacco non più alto di cinque centimetri: "incredibile scriptu et lectu".
Fece per sfilarsi la giacca quando Wendy disse:
- Sta a noi denudarvi, Signora...
E procedemmo nell'operazione.
Quasi non credetti ai miei occhi: una volta liberata dal "tailleur" e dalla camicetta, io e Wendy potemmo ammirare, ad occhi spalancati, la trasformazione.
Sotto alla donna, era stata magistralmente occultata una femmina in cui la sensualità, animalesca, era perfettamente mescolata all'antica, antica regalità, di una sovrana di stirpe divina.
Tutto ciò, era reso da un completo mutandine e reggiseno di colore nero in cui le mutandine, lasciavano trasparire i glutei sodi ed il giardino intimo, mentre le coppe del reggiseno facevano intravedere due seni di una seconda misura, leggerissimamente abbondante.
Le splendide gambe, erano rivestite da un paio di sensualissime calze, autoreggenti, velate, anch'esse di colore nero.
I nostri due sguardi tornarono ad incrociarsi, per un lunghissimo istante poi, del tutto inaspettatamente, "l'Innominata" mi baciò.
Lascio, al Lettore, immaginare la sensazione che provai quando, dapprima le nostre labbra e, subito dopo, le nostre lingue, entrarono in contatto.
Quando tornai in me, mi resi conto di come anche Wendy si fosse, nel frattempo, spogliata, rimanendo in un completo verde acqua, anch'esso decisamente elegante.
Staccatasi da me, "l'Innominata" si rivolse a Wendy; entrambe si guardarono, per un bel po', negli occhi per poi iniziare a baciarsi.
Subito, potei notare il vistoso rigonfiamento negli slip di Wendy.
Staccatesi, la donna e la trans portarono a termine la svestizione per poi rivolgersi a me che, nel frattempo, mi ero, del pari, denudato.
Fu allora che, sia pure per pochi secondi, potei ammirare l'"Innominata" nelle sue nudità trionfali.
Aveva un corpo da vera e propria "mannequin", senza tuttavia giungere a quell' eccessiva magrezza che richiama, alla mente, i ben tristi campi di sterminio.
Con gli occhi carichi della più autentica libidine, come due belve assetate di sangue, entrambe si avvicinarono al mio scettro, ormai dolorosamente eretto.
Contemporaneamente, quasi stessero eseguendo un balletto, si sedettero sui talloni, iniziando a leccarmi il meato e baciandosi nel contempo.
Fu allora che, per la prima volta dopo venti anni di onorata carriera, temetti di soccombere.
In realtà, Wendy e "l'Innominata" non avevano messo in atto alcuna irrumazione.
Lo sfarfallegiare, rapidissimo, delle loro lingue sull'intero corpo del mio organo, pur dandomi parossistiche sensazioni di piacere, si risolveva in una vera e propria tortura, in quanto, l'abilità di entrambe, impediva, o rallentava al massimo, il raggiungimento dell'orgasmo liberatore.
Non so se per pietà, o per qual'altro sentimento, "l'Innominata" e Wendy scambiarono un occhiata di intesa e, quest'ultima, si ritrasse, lasciando campo libero alla donna che, con "professionalità" del tutto insospettata, ed insospettabile, in pochi minuti mi portò, con doloroso piacere, a liberarmi.
Una sola emissione di sperma, che mi parve di gran lunga più abbondante delle ormai remote, adolescenziali polluzioni notturne, si riversò, attraverso il mio scettro, dal mio corpo nella gola della donna, che la bevve, con cannibalesca avidità.
Benché tramortito, potei chiaramente notare come, neanche una goccia del mio liquore, fosse andata sprecata.
Immediatamente, "l'Innominata" ordinò, tassativamente, a Wendy di mettersi supina sul letto, per poi assumere la "posizione di Andromaca".
Con lo stesso tono, mi ordinò di prendere possesso della sua intimità più segreta.
Mi accorsi subito che la donna era, senza alcun dubbio e da lunga pezza, abituata al "coitum in vase indebito".
Non appena portate a termine entrambe le penetrazioni, iniziò a muovere circolarmente il bacino, a mo' di danza del ventre, intorno all'asse, rappresentato dallo scettro di Wendy.
Poco mancò che perdessi conoscenza; l'unico senso rimasto, in qualche modo, vigile, era il tatto.
Sentivo, infatti, soltanto le mie mani che, ghermendo le natiche da ginnasta greca dell' "Innominata", trasmettevano sensazioni estatiche al mio cervello ed al mio sesso.
La "danza" durò decisamente a lungo, fino a quando, io e Wendy non gridammo, quasi in coro:
- Sto per venire...
Subito, con una mossa assolutamente elegante, la donna si staccò da entrambi per andarsi a sedere sui talloni, sul pavimento.
Io e Wendy comprendemmo al volo cosa ci stesse, sia pure "per facta concludentia", ordinando di fare. Subito ci collocammo, in piedi, di fronte alla sua bocca.
Senza por tempo in mezzo, la lingua dell'"Innominata" iniziò a sfiorare i nostri meati ed i nostri glandi, fino a che, entrambi, non esplodemmo, riempiendole la bocca con il nostro seme, che traboccò, persino, sul suo volto e sul suo collo di cigno.
Non ricordo per quanto tempo giacqui, pressoché privo di conoscenza, sul letto.
Al risveglio, trovai l'"Innominata" accanto a me, completamente nuda.
Il suo corpo emanava un profumo di bagnoschiuma; sorrise e mi baciò.
Di Wendy, nessuna traccia.
- Buon pomeriggio...come va?
- Divinamente...
Mi stiracchiai guardando, negli occhi, la donna:
- Wendy? - domandai.
Sorrise, enigmaticamente, ma non rispose.
Iniziai, allora, ad accarezzarla, partendo dal collo, scendendo sulla schiena, passando per le gambe ed i glutei, sino alle caviglie.
Tornai su, ed introdussi il medio della mia mano destra nel suo garofanino anale.
L'"Innominata" non oppose resistenza ed io tornai a baciarle la bocca per poi scendere ad adorare il suo corpo.
Non potei non notare come, al suo giardino intimo, che emanava un delicatissimo aroma, non fosse stata ignota l'opera delle forbici e del rasoio, e che il suo clitoride, in pieno turgore, sembrava non aspettare altro che l'omaggio della mia lingua e delle mie labbra.
Iniziai col baciarle, leggerissimamente, le grandi labbra, per poi passare a sfiorare il suo petalo d'amore.
Il suo miele colava, ed io mi beavo del suo sapore, dolce e piccante ad un tempo.
Nel frattempo, l'"Innominata" aveva poggiato le sue mani sulla mia testa, e me la carezzava, in modo quasi materno.
Dopo qualche minuto, bisbigliò:
- Ora prendimi...ti voglio sentire ancora dentro di me.
Mi staccai da lei, scesi sul pavimento e, prima di possederla ancora una volta, indugiai, per alcuni secondi, ad ammirare il suo corpo, supino, baciato dai raggi del sole che filtravano dalle tapparelle.
Fu allora che la donna prese in mano il mio scettro e lo introdusse nel suo corpo.
Iniziai a cavalcare in lei, alternando velocità e lentezza, mentre lei si contorceva sotto i miei colpi.
Inaspettatamente, dopo diversi minuti, l'"Innominata" disse:
- Ho sete, ho ancora sete di te...
Uscii da lei che, immediatamente, ancora una volta, sedette sui talloni sul pavimento.
Incredibile: avevo ai piedi una regina che voleva adorare il mio scettro.
Entrai nella sua bocca, e la donna iniziò a suggermi in modo assolutamente diverso dalle volte immediatamente precedenti.
Ero del tutto preso dal delirio dei sensi quando sentii che il mio corpo stava per esplodere.
Temetti di morire; temetti che, una volta esauritosi lo "tsunami" di sperma che fuoriusciva dal mio corpo, il mio cuore sarebbe scoppiato, fermandosi per sempre.
Ma non fu così: credo, sinceramente, di essere, a malapena, riuscito a salire sul letto per poi svenire.
Mi riebbi, poco dopo, e l'"Innominata", nel frattempo rivestita, ancora una volta mi accolse con un sorriso smagliante.
Mi alzai, mi lavai e mi rivestii anch'io.
Prima di uscire dalla stanza per passare nel corridoio, ci guardammo negli occhi e dissi:
- A conti fatti, ne abbiamo perso di tempo all'università...
- Già...ma all'università ero ancora...
Ed abbassò la testa, con inaspettato pudore, evidentemente velato di rimpianto.
Fu allora che resistetti alla fortissima, violenta tentazione di rivolgerle una domanda: "quella" domanda, che la sua libidine, e la sua "abilità", aveva resa ovvia, spontanea.
Fu lei, quasi leggendomi nel pensiero, che, rialzata la testa mormorò:
- ...ma se si vuole fare carriera...
Compresi, compresi dolorosamente,ed, a mia volta, tacqui.
Quando fummo sulla porta ci guardammo, un'ultima volta, negli occhi, poi ci baciammo, sfiorandoci, appena appena, le labbra.
Fu un bacio che aveva, tutto intero, il sapore di un addio, di un addio disperato, intercorrente non soltanto tra due esseri umani, ma anche tra le vite, ed i rispettivi passati, di ognuno dei due, sui quali aleggiava, terribile, la grigia ala del rimpianto: forse inestinguibile.
Salutata Wendy che, nel frattempo, ci aveva raggiunto, uscimmo in strada, ognuno per le due diverse uscite.
Mi allontanai, e raggiunsi una panchina, ove mi sedetti e, non mi vergogno a scriverlo, piansi.
Piansi sul mio passato, sulla tristezza della solitudine degli anni di università, sugli abominevoli compromessi che la vita ci costringe a subire, sulla mia vita che, se non fosse stata rischiarata dal sole dolcemente primaverile di "Lady Rowena" sarebbe stata, puramente e semplicemente, un maledetto deserto.
Alcune settimane dopo il mio primo incontro con Wendy, mi ero recato presso il suo "boudoir" per una semplice visita di cortesia.
Inaspettatamente, la "ragazza" mi fece accomodare in cucina, pregandomi, altresì, di pazientare per alcuni minuti.
Invece, attesi per una mezz'ora abbondante ed, al suo ritorno, stavo per esternarle, sia pure pacatamente, tutte le mie rimostranze quando, con una voce dolcissima, dopo avermi porto le sue "più umili scuse" mi disse:
- Ti ho fatto attendere perché ti debbo chiedere un favore.
Come ti dissi la volta scorsa, questa casa è frequentata anche da donne. Una di loro mi ha chiesto di combinarle un incontro "a tre"...
Risposi piccato:
- Mi permetto di farti osservare di non essere un "gigolò", od un "toy boy"...
- Proprio per questo: ho pensato a te perché questa persona vorrebbe incontrarsi con un vero uomo, ma che non sia un "professionista". Gradirebbe un privato cittadino con il quale divertirsi, per poi salutarsi e basta...
- In parole povere: incontrarsi e dirsi addio...
- Proprio così...
- Dimmi una cosa: quanti anni ha?
- Più o meno la tua età...
Sia pure con un fondo di residua riluttanza, accettai, e concordammo l'appuntamento.
Il giorno fissato, ero quasi giunto a destinazione, quando ricevetti un SMS con il quale Wendy mi chiedeva di entrare dall'ingresso posto nelle scale, anziché da quello privato posto direttamente sulla strada: così feci.
Entrato nel "boudoir", Wendy mi accompagnò nel salottino d'attesa.
Dopo una decina di minuti, sentii il trillo del campanello dell'ingresso privato; per alcuni minuti, potei ascoltare un indistinto bisbigliare provenire dal corridoio.
Subito dopo, la porta, posta alle mie spalle si aprì, e Wendy, con una voce decisamente impostata, mai sentita prima, disse:
- Le presento la Signora ***...
Mi alzai all'impiedi, mi girai verso l'ingresso della stanza e vidi Wendy in compagnia di una persona che, mai e poi mai, avrei immaginato di incontrare in un consimile ambiente.
Manzonianamente parlando, di costei "non possiamo dare né il cognome, né il nome, né un titolo, neanche una congettura sopra niente di tutto ciò ".
Posso soltanto scrivere, che "l'Innominata" era stata, "temporibus", mia compagna di corso all'università.
Proveniente da una famiglia "di altissimo affare", diplomatasi in un liceo noto per avere, tra le sue studentesse, moltissime ragazze di notevole bellezza, dotata di una "species" non altrimenti definibile che come regale, "l'Innominata", subito dopo la laurea, aveva intrapreso il cammino che l'avrebbe portata "usque ad sidera".
Non nascondo di averla ammirata, pel suo portamento e la sua naturale eleganza, senza, tuttavia, mai nutrire, per lei, alcun sentimento.
Però, a conti fatti, ritengo, in tutta onestà, che "l'Innominata" abbia contribuito, e non poco, a formare in me quell'"idea" di donna che, anni dopo, si sarebbe "incarnata" in "Lady Rowena".
Ci guardammo, entrambi, nel profondo degli occhi; nel mentre, sentivo farsi avanti, nel mio animo, la paura di uno sprezzante rifiuto.
Incredibilmente, il suo volto, ed il suo sguardo, si aprirono in un luminoso sorriso...
- Quale onore fare la vostra conoscenza - disse la donna.
Subito, ricambiai il suo sorriso e le baciai la mano che mi aveva porto.
Fu allora che Wendy si inseri' dicendo:
- Non vogliamo accomodarci di là?
Quando fummo in camera da letto, "l'Innominata" si tolse la splendida pelliccia di visone biondo.
Fu allora, che potei ammirare il suo "tailleur" "business woman", di colore azzurro scuro, la cui gonna, giungente sotto al ginocchio, nulla faceva presagire circa la "doppia vita" di chi lo stava indossando.
Anzi, per essere assolutamente precisi, aggiungo che i suoi piedi erano calzati con elegantissimi mocassini, dal tacco non più alto di cinque centimetri: "incredibile scriptu et lectu".
Fece per sfilarsi la giacca quando Wendy disse:
- Sta a noi denudarvi, Signora...
E procedemmo nell'operazione.
Quasi non credetti ai miei occhi: una volta liberata dal "tailleur" e dalla camicetta, io e Wendy potemmo ammirare, ad occhi spalancati, la trasformazione.
Sotto alla donna, era stata magistralmente occultata una femmina in cui la sensualità, animalesca, era perfettamente mescolata all'antica, antica regalità, di una sovrana di stirpe divina.
Tutto ciò, era reso da un completo mutandine e reggiseno di colore nero in cui le mutandine, lasciavano trasparire i glutei sodi ed il giardino intimo, mentre le coppe del reggiseno facevano intravedere due seni di una seconda misura, leggerissimamente abbondante.
Le splendide gambe, erano rivestite da un paio di sensualissime calze, autoreggenti, velate, anch'esse di colore nero.
I nostri due sguardi tornarono ad incrociarsi, per un lunghissimo istante poi, del tutto inaspettatamente, "l'Innominata" mi baciò.
Lascio, al Lettore, immaginare la sensazione che provai quando, dapprima le nostre labbra e, subito dopo, le nostre lingue, entrarono in contatto.
Quando tornai in me, mi resi conto di come anche Wendy si fosse, nel frattempo, spogliata, rimanendo in un completo verde acqua, anch'esso decisamente elegante.
Staccatasi da me, "l'Innominata" si rivolse a Wendy; entrambe si guardarono, per un bel po', negli occhi per poi iniziare a baciarsi.
Subito, potei notare il vistoso rigonfiamento negli slip di Wendy.
Staccatesi, la donna e la trans portarono a termine la svestizione per poi rivolgersi a me che, nel frattempo, mi ero, del pari, denudato.
Fu allora che, sia pure per pochi secondi, potei ammirare l'"Innominata" nelle sue nudità trionfali.
Aveva un corpo da vera e propria "mannequin", senza tuttavia giungere a quell' eccessiva magrezza che richiama, alla mente, i ben tristi campi di sterminio.
Con gli occhi carichi della più autentica libidine, come due belve assetate di sangue, entrambe si avvicinarono al mio scettro, ormai dolorosamente eretto.
Contemporaneamente, quasi stessero eseguendo un balletto, si sedettero sui talloni, iniziando a leccarmi il meato e baciandosi nel contempo.
Fu allora che, per la prima volta dopo venti anni di onorata carriera, temetti di soccombere.
In realtà, Wendy e "l'Innominata" non avevano messo in atto alcuna irrumazione.
Lo sfarfallegiare, rapidissimo, delle loro lingue sull'intero corpo del mio organo, pur dandomi parossistiche sensazioni di piacere, si risolveva in una vera e propria tortura, in quanto, l'abilità di entrambe, impediva, o rallentava al massimo, il raggiungimento dell'orgasmo liberatore.
Non so se per pietà, o per qual'altro sentimento, "l'Innominata" e Wendy scambiarono un occhiata di intesa e, quest'ultima, si ritrasse, lasciando campo libero alla donna che, con "professionalità" del tutto insospettata, ed insospettabile, in pochi minuti mi portò, con doloroso piacere, a liberarmi.
Una sola emissione di sperma, che mi parve di gran lunga più abbondante delle ormai remote, adolescenziali polluzioni notturne, si riversò, attraverso il mio scettro, dal mio corpo nella gola della donna, che la bevve, con cannibalesca avidità.
Benché tramortito, potei chiaramente notare come, neanche una goccia del mio liquore, fosse andata sprecata.
Immediatamente, "l'Innominata" ordinò, tassativamente, a Wendy di mettersi supina sul letto, per poi assumere la "posizione di Andromaca".
Con lo stesso tono, mi ordinò di prendere possesso della sua intimità più segreta.
Mi accorsi subito che la donna era, senza alcun dubbio e da lunga pezza, abituata al "coitum in vase indebito".
Non appena portate a termine entrambe le penetrazioni, iniziò a muovere circolarmente il bacino, a mo' di danza del ventre, intorno all'asse, rappresentato dallo scettro di Wendy.
Poco mancò che perdessi conoscenza; l'unico senso rimasto, in qualche modo, vigile, era il tatto.
Sentivo, infatti, soltanto le mie mani che, ghermendo le natiche da ginnasta greca dell' "Innominata", trasmettevano sensazioni estatiche al mio cervello ed al mio sesso.
La "danza" durò decisamente a lungo, fino a quando, io e Wendy non gridammo, quasi in coro:
- Sto per venire...
Subito, con una mossa assolutamente elegante, la donna si staccò da entrambi per andarsi a sedere sui talloni, sul pavimento.
Io e Wendy comprendemmo al volo cosa ci stesse, sia pure "per facta concludentia", ordinando di fare. Subito ci collocammo, in piedi, di fronte alla sua bocca.
Senza por tempo in mezzo, la lingua dell'"Innominata" iniziò a sfiorare i nostri meati ed i nostri glandi, fino a che, entrambi, non esplodemmo, riempiendole la bocca con il nostro seme, che traboccò, persino, sul suo volto e sul suo collo di cigno.
Non ricordo per quanto tempo giacqui, pressoché privo di conoscenza, sul letto.
Al risveglio, trovai l'"Innominata" accanto a me, completamente nuda.
Il suo corpo emanava un profumo di bagnoschiuma; sorrise e mi baciò.
Di Wendy, nessuna traccia.
- Buon pomeriggio...come va?
- Divinamente...
Mi stiracchiai guardando, negli occhi, la donna:
- Wendy? - domandai.
Sorrise, enigmaticamente, ma non rispose.
Iniziai, allora, ad accarezzarla, partendo dal collo, scendendo sulla schiena, passando per le gambe ed i glutei, sino alle caviglie.
Tornai su, ed introdussi il medio della mia mano destra nel suo garofanino anale.
L'"Innominata" non oppose resistenza ed io tornai a baciarle la bocca per poi scendere ad adorare il suo corpo.
Non potei non notare come, al suo giardino intimo, che emanava un delicatissimo aroma, non fosse stata ignota l'opera delle forbici e del rasoio, e che il suo clitoride, in pieno turgore, sembrava non aspettare altro che l'omaggio della mia lingua e delle mie labbra.
Iniziai col baciarle, leggerissimamente, le grandi labbra, per poi passare a sfiorare il suo petalo d'amore.
Il suo miele colava, ed io mi beavo del suo sapore, dolce e piccante ad un tempo.
Nel frattempo, l'"Innominata" aveva poggiato le sue mani sulla mia testa, e me la carezzava, in modo quasi materno.
Dopo qualche minuto, bisbigliò:
- Ora prendimi...ti voglio sentire ancora dentro di me.
Mi staccai da lei, scesi sul pavimento e, prima di possederla ancora una volta, indugiai, per alcuni secondi, ad ammirare il suo corpo, supino, baciato dai raggi del sole che filtravano dalle tapparelle.
Fu allora che la donna prese in mano il mio scettro e lo introdusse nel suo corpo.
Iniziai a cavalcare in lei, alternando velocità e lentezza, mentre lei si contorceva sotto i miei colpi.
Inaspettatamente, dopo diversi minuti, l'"Innominata" disse:
- Ho sete, ho ancora sete di te...
Uscii da lei che, immediatamente, ancora una volta, sedette sui talloni sul pavimento.
Incredibile: avevo ai piedi una regina che voleva adorare il mio scettro.
Entrai nella sua bocca, e la donna iniziò a suggermi in modo assolutamente diverso dalle volte immediatamente precedenti.
Ero del tutto preso dal delirio dei sensi quando sentii che il mio corpo stava per esplodere.
Temetti di morire; temetti che, una volta esauritosi lo "tsunami" di sperma che fuoriusciva dal mio corpo, il mio cuore sarebbe scoppiato, fermandosi per sempre.
Ma non fu così: credo, sinceramente, di essere, a malapena, riuscito a salire sul letto per poi svenire.
Mi riebbi, poco dopo, e l'"Innominata", nel frattempo rivestita, ancora una volta mi accolse con un sorriso smagliante.
Mi alzai, mi lavai e mi rivestii anch'io.
Prima di uscire dalla stanza per passare nel corridoio, ci guardammo negli occhi e dissi:
- A conti fatti, ne abbiamo perso di tempo all'università...
- Già...ma all'università ero ancora...
Ed abbassò la testa, con inaspettato pudore, evidentemente velato di rimpianto.
Fu allora che resistetti alla fortissima, violenta tentazione di rivolgerle una domanda: "quella" domanda, che la sua libidine, e la sua "abilità", aveva resa ovvia, spontanea.
Fu lei, quasi leggendomi nel pensiero, che, rialzata la testa mormorò:
- ...ma se si vuole fare carriera...
Compresi, compresi dolorosamente,ed, a mia volta, tacqui.
Quando fummo sulla porta ci guardammo, un'ultima volta, negli occhi, poi ci baciammo, sfiorandoci, appena appena, le labbra.
Fu un bacio che aveva, tutto intero, il sapore di un addio, di un addio disperato, intercorrente non soltanto tra due esseri umani, ma anche tra le vite, ed i rispettivi passati, di ognuno dei due, sui quali aleggiava, terribile, la grigia ala del rimpianto: forse inestinguibile.
Salutata Wendy che, nel frattempo, ci aveva raggiunto, uscimmo in strada, ognuno per le due diverse uscite.
Mi allontanai, e raggiunsi una panchina, ove mi sedetti e, non mi vergogno a scriverlo, piansi.
Piansi sul mio passato, sulla tristezza della solitudine degli anni di università, sugli abominevoli compromessi che la vita ci costringe a subire, sulla mia vita che, se non fosse stata rischiarata dal sole dolcemente primaverile di "Lady Rowena" sarebbe stata, puramente e semplicemente, un maledetto deserto.
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