L'infermiera
di
Sir Wilfred
genere
etero
Verso la fine dell'inverno del 1985, si rese per me necessario affrontare un ricovero ospedaliero.
Immagini il Lettore la "magnitudo" della seccatura: interruzione della frequenza delle lezioni universitarie, della preparazione degli esami etc.
Feci, com'è ovvio, buon viso a cattivo giuoco e fu così che iniziò la mia degenza presso l'Ospedale ***.
Avevo portato meco un paio di libri, che, insieme alle riviste ed ai quotidiani, mi fornirono un eccellente antidoto alla noia, che, ovviamente, mi veniva a fare visita nel pomeriggio, quando cessavano gli accertamenti sanitari.
Caposala del reparto era la Signora Floriana.
Sui quaranta/quarantacinque, sul metro e settanta abbondante, corporatura esile, capelli mossi, grazie all'uniforme, ed all'esemplare contegno, non sembrava offrire la minima attrattiva.
La Signora Floriana era rimasta vedova da poco meno da di un anno e, nonostante ciò, trattava i pazienti con cordialità, senza far trasparire il dolore che, senza alcun dubbio, gravava sulla sua anima.
Accadde, dunque, che un bel giorno, mi fu chiesto un campione del mio liquido seminale.
Messomi in mano un contenitore, venni spedito in bagno, ove trascorsi ben tre quarti d'ora in infruttuosi tentativi.
A tutta prima, non detti gran peso alla cosa, attribuendone la causa al clima ospedaliero che favoriva la depressione. Tuttavia, quando il fenomeno si ripete' nei due giorni seguenti, la cosa iniziò a destare la preoccupazione, tanto mia che dei Sanitari.
Decisi di non arrovellarmici troppo, e ripresi il tran tran quotidiano.
Fu la notte del terzo giorno, che accadde qualcosa di assolutamente incredibile.
Dopo aver visto un po' di televisione, avevo letto per un'altra oretta per poi spegnere la luce ed addormentarmi, nella più assoluta tranquillità.
Fu verso le due della notte, che mi sentii sfiorare il braccio sinistro: aprii gli occhi, e vidi il buio che permeava la stanza solcato dalla tenue luce di una torcia elettrica.
Subito, il nuovo venuto diresse il fascio di luce sul suo viso, e fu così che riconobbi la Signora Floriana.
La donna pose l'indice della sua mano destra sulle labbra poi, con assoluta professionalità, abbassò le coperte sino alle mie ginocchia ed introdusse una mano nei pantaloni del mio pigiama.
- Eccolo! Perooo'...- bisbigliò - ed è anche bello duro.
Rapida, mi calo' i pantaloni del pigiama e, presomi lo scettro nella destra, portò il glande allo scoperto.
Subito iniziò una masturbazione di esasperante lentezza; una masturbazione il cui piacere, partendo, ovviamente, dal basso ventre, si irradiava sin nel cervello annullando, completamente, a mo' di anestetico, ogni altra possibile sensazione che avrei potuto provare.
Le mie mani agguantarono le sbarre della spalliera del letto e, nonostante tutto, mi accorsi che stavo mugolando, e digrignando i denti, ad un tempo: per fortuna, ero l'unico occupante della stanza.
La Signora Floriana si accorse che l'esplosione era vicina e, rapidissima, prese con la sinistra un piccolo becker che aveva poggiato sul comodino per posizionarlo di fronte al mio meato.
Contemporaneamente, il cervello e lo scettro deflagrarono e, in lontananza, potei appena percepire la voce della caposala che bisbigliava:
- Ecco...mmh quanto ne hai fatto...bravo: svuotati, svuotati tutto, sino all'ultima goccia.
Quando tutto il mio liquore finì nel contenitore, Floriana mi tirò su i pantaloni del pigiama, mi rimboccò le coperte, si diede un bacio sull'indice della mano sinistra che mi poggiò sulle labbra e, per finire, uscì dalla stanza con la silenziosità di un fantasma.
Il mattino seguente, mi destai ad un ora evidentemente più tarda rispetto a quella in cui, di solito, il trambusto dell'ospedale che si ridesta, strappa i degenti dalle braccia di Morfeo.
Il generalizzato dolore articolare, unito alla assoluta pulizia del pigiama e delle mutande, mi indussero ad escludere, nel modo più categorico, che si fosse trattato di un sogno erotico, accompagnato dalla, ovviamente conseguente, polluzione.
Un'infermiera entrò nella stanza, e provvide a depredare il mio corpo indifeso di una buona quantità di sangue.
Conclusa la vampiresca operazione, aveva quasi guadagnato l'uscita quando le domandai:
- E la Signora Floriana?...
- Questa settimana farà il turno di notte...
Registrata l'informazione, mi alzai, prudentemente, dal letto, mi lavai e mi sedetti al tavolo per la prima colazione.
Quei due giorni, li trascorsi in compagnia dei più disparati esami clinici ma, si noti, solo il primo giorno, subii presievi ematici.
Ed arrivò la sera del secondo giorno: cena, televisione, romanzo poliziesco, letto.
Il sonno avvolse la mia mente come un serpente avvolge, con le sue spire, la sua vittima.
Verso le due di notte, mi ridestai.
Avevo appena finito di rigirarmi nel letto quando percepii il lievissimo aprirsi, e chiudersi, della porta della stanza.
Aprii gli occhi, e potei vedere la Signora Floriana che aveva fatto il suo ingresso.
Posata la torcia elettrica sul letto accanto, che si conservava vuoto, mise l'indice della mano destra sulle labbra: poi, lentamente, in perfetto silenzio, iniziò a spogliarsi.
Prima che si togliesse le mutandine ed il reggiseno, entrambi di colore bianco e maliziosamente traforati, potei, per alcuni, pochissimi, secondi, contemplare il corpo della donna.
Era, se così si può scrivere, una sorta di "Barbie", dai bruni, ondulati capelli e con un seno di gran lunga meno "evidente" di quello dell'"originale".
Le sue natiche, comunque non troppo eccessive, non mostravano segno alcuno di cedimento ed il suo pube era ornato da un birichino ciuffetto scuro al quale, di certo, non era ignota l'opera del rasoio.
Mantenendo le autoreggenti bianche, si avvicinò al mio letto ed abbassò le lenzuola fin sotto il livello delle mie ginocchia; mi abbassò, poi, i pantaloni del pigiama e le mutande.
Quando vide il mio scettro in erezione, dette in un lungo sospiro.
Indi, presolo in mano, si inchinò e lo inghiottì, con professionalità assoluta.
Cominciò a succhiarlo con impegno, alternando l'opera delle sue labbra fatate allo sfarfalleggiare magico delle sue labbra, dal meato fin quasi all'inizio della zona pilifera.
Non vedevo, e sentivo, più nulla: i miei sensi erano del tutto obnubilati, come se avessi assunto una qualche sostanza stupefacente che mi avesse impedito di vedere, di sentire, di odorare, di toccare, di gustare. Ciò che permeava, integralmente, il mio corpo, erano le sensazioni che, partendo dal mio scettro, giungevano al mio cervello occupandolo nella più assoluta totalità.
Mentre agiva la bocca della Signora Floriana, la sua destra aveva iniziato un lievissimo massaggio dei testicoli da cui derivava un piacere leggermente doloroso.
Con entrambe le mani, abbrancai le sbarre della spalliera del letto, digrignando, nel contempo, in denti nel più totale silenzio.
Esplosi!
Esplosi come una diga, che avesse ceduto alla forza delle acque che, da troppo tempo compresse, si fossero infine espanse, tutt'attorno, con devastatrice violenza;
esplosi come un colpo di cannone, che risuonato in una valle, infinite eco ne avessero, in seguito, moltiplicato tutt'attorno il rimbombo;
esplosi come solo un adolescente può esplodere, dopo un lungo periodo di forzata, barbara astinenza.
Quando l'eiaculazione giunse al termine, la Signora Floriana si staccò dal mio corpo e bisbigliò:
- Bravo: ne hai fatto quanto un cavallo...
Volse, di nuovo, lo sguardo al mio pube e, quando vide il mio scettro ancora eretto, disse:
- Mmmh!
Assunse, quindi, la "posizione di Andromaca", e cominciò a cavalcarmi.
Muoveva il bacino dapprima in senso longitudinale, per passare al senso latitudinale. Nel frattempo, aveva poggiato le mani sulle mie mammelle facendo scorrere le unghie sulla mia pelle.
Sempre lavorando di bacino, si gettò, dapprima, con la schiena all'indietro, fin quasi a lambirmi i piedi, per poi buttarsi in avanti, petto contro petto.
Dal mio canto, le mie mani percorrevano il suo corpo, partendo dalle sue piccole mammelle, per passare ai suoi fianchi, invero stretti, per terminare la loro corsa sulle piccole ma sode natiche.
Nel totale delirio dei sensi, potei sentire, chiaramente, la voce della Signora Floriana che mormorava:
- Dimmelo quando starai per venire di nuovo...
Passarono diversi minuti; quando sentii che ero prossimo alla seconda esplosione dissi, sempre a bassa voce:
- Ci siamo, ci siamo...sto per venire...
Con l'agilità, e la velocità, di una ginnasta di lungo corso, la donna scese dal mio corpo per tornare a fagocitare il mio scettro.
Una, due, tre corse delle sue labbra lungo il corpo poi, nuovamente, esplosi.
Ebbi la netta sensazione che, quanto a quantità di seme emesso, la seconda polluzione non fosse stata affatto inferiore alla prima.
Caddi in una specie di dormiveglia.
Mi riebbi quando sentii le labbra della Signora Floriana sulle mie; aprii gli occhi e vidi la donna in piedi, davanti alla porta che, datomi un segno di saluto, mi disse:
- Buonanotte giovane maschio...
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