Le Clienti. I Parte.
di
Sir Wilfred
genere
etero
Inizia, col presente, un trittico di racconti aventi, come protagoniste, tre mie Clienti con le quali, diversi anni addietro, ebbi a trascorrere qualche momento di "intimità".
Spero, che le suddette Signore serbino, ancora, un buon ricordo delle ore trascorse insieme.
* * *
Conobbi la Signora "Milena" agli inizi della mia carriera forense. Ella si rivolse a me per una semplice questione che ebbe a risolversi con una transazione decisamente tranquilla.
L'unica nota stonata, furono le trattative, che ebbero una durata, a mio avviso, eccessiva.
Ipotizzai una "disponibilità" della cliente quando notai un particolare.
La stessa mi fece visita per tre volte: la prima, venne accompagnata dal marito, dal quale era, comunque, separata, mentre, le successive due volte, raggiunse il mio studio da sola.
La prima volta, indossava un tailleur pantalone verde con mocassini tacco cinque; le altre due, invece, indossava un tailleur minigonna avio, con sandaletti a spillo...
Uhm!
Fu alla penultima visita che decisi di "sondare il terreno": al momento di congedarla, sulla porta dello studio, le strinsi la mano facendole, nel contempo, un evidente, prolungato "ditino".
La Cliente "accusò ricevuta".
Finalmente, giungemmo all'ultima udienza: tutto filo' liscio come l'olio.
Quando fummo al parcheggio, posto vicino al tribunale, la Signora Milena si offrì di accompagnarmi, con la sua automobile, alla metropolitana.
Giunti alla fermata di Ottaviano, prima di scendere le strinsi la mano e, nuovamente, "sondai il terreno", ottenendo la medesima risposta della volta precedente.
Fu allora che "attaccai battaglia": la guardai fissa negli occhi per un lungo minuto per poi baciarla.
Fu un bacio profondo e lunghissimo, durante il quale il tempo parve fermarsi e l'udito e la vista, semplicemente, non esistettero.
Quando mi riebbi, la Signora Milena stava guidando verso una destinazione a me ignota.
Giungemmo in un garage ove lasciammo l'automobile; tornati in istrada, entrammo nel portone di un condominio nelle immediate adiacenze.
Pochi minuti, e la Signora Milena suonava alla porta di un discreto appartamento.
Venne ad aprire una camerierina, di venti anni al massimo, che ci guido' verso una salottino squisitamente arredato. Lì, fummo accolti da una donna magra e piuttosto alta, vestita con un impeccabile tailleur scuro, la cui gonna giungeva fin quasi alle caviglie; sotto la giacca, faceva capolino una bianchissima camicetta, dal colletto chiuso.
Nel complesso, ricordava, moltissimo, un'antica direttrice di collegio o, meglio ancora, la Signora Danvers, la governante nel film "Rebecca" di Alfred Hitchcock.
La donna si alzò in piedi, e mi gratificò di uno sguardo inquisitorio, in fondo al quale si leggeva una non comune severità interiore, mentre dono' un luminosissimo sorriso alla Signora Milena.
- Buon pomeriggio, "Donna Lucrezia", ci sarebbe una stanza per me? - domandò la mia cliente.
- Per lei c'è sempre, cara "Ivana" -
ed ordinò alla camerierina di condurci in una stanza poco distante.
Entrati che fummo, guardatomi intorno, mi accorsi di trovarmi in una pulitissima camera da letto, beninteso a due piazze, dalla quale si accedeva ad una piccola toilette.
Subito, riprendemmo a baciarci fino a quando la Signora Milena non mormorò:
- Dai, vai di là e spogliati...
Ritornai nella stanza in costume adamitico, e trovai la Signora Milena in un completino mutandine e reggiseno di pizzo bianco, invero molto sbarazzino, cui si accompagnava un paio di autoreggenti color carne.
Mi sorrideva, con le mani sui fianchi; ripresi a baciarle la bocca poi, d'improvviso passai alle sue spalle ed iniziai a baciarle il collo per terminare in un succhiotto sulla spalla destra.
Le tolsi il reggiseno e le mutandine e la girai verso di me: aveva il seno della seconda misura, il ventre piatto ed il pube ornato da un birichino ciuffetto di peli, tendente al biondo ma, di sicuro, "au naturel".
La sollevai per farla ricadere sul mio scettro, in piena erezione.
- Oooooh! - esclamò la donna, che nel frattempo aveva intrecciato le sue mani dietro la mia nuca, durante tutta la corsa del mio organo nelle sue carni.
L'adagiai sul letto ed iniziai a galoppare nel suo corpo; la Signora Milena, intanto, aveva posto le sue mani sui miei fianchi mormorando:
- Dai, fammi tua...fammi tua...aspergimi tutta con la tua crema di uomo...
Iniziai a coitarla, "a velocità variabile", per diversi minuti, sino a quando, lei stessa, non volle assumere la posizione "a la levrette".
Mi impadronii, subito, del suo clitoride, invero molto sviluppato ed in piena erezione, strappandole lunghe grida gutturali.
Fu quando violai, d'un colpo, la sua più segreta intimità, che la donna cacciò un urlo, come di animale ferito:
- Noooooo!
Continuai a cavalcare "a tutta manetta" mentre la Signora Milena, cambiato diametralmente parere, fendeva il silenzio con una serie di si...
- Sfondami, sfondami tutta, come se fossi una puttana...si, voglio essere la tua puttana...
Quando sentii approssimarsi l'eiaculazione, mi ricordai del desiderio, espresso dalla donna all'inizio del nostro "incontro ravvicinato", di essere aspersa dal mio liquore. Rapido, tornai alla posizione "del missionario" e ripresi il coito.
I minuti passarono, fino a quando esplosi in una pantagruelica emissione di sperma, che andò a schiantarsi sul suo addome, fino alla base dei suoi seni e, qualche goccia, sulla base del suo collo.
Stranamente, rimasi in piedi anche se, le articolazioni delle gambe avevano, subito dopo, iniziato a protestare.
Curiosamente, la Signora Milena era rimasta supina sul letto, immobile e con gli occhi chiusi, tanto che, dopo qualche minuto iniziai a preoccuparmi.
Dopo diversi minuti, però, aprì le palpebre, mi guardò in viso e mormorò:
- È stato bellissimo...
Scese dal letto e, camminando sulle punte dei piedi, si diresse nel piccolo bagno.
Fu quando era intenta all'uso del "water bidet", che, inaspettatamente, dette in una risata e disse:
- In altre circostanze, questo pomeriggio le sarebbe costato centomila Lire...
- Vale a dire?...
- Vale a dire che, per tre giorni alla settimana, concluso il mio lavoro di impiegata, vengo qui, ad incontrare i miei..."clienti"...
- Ah! E...come mai?...
- Dopo la separazione, la voglia di maschio era rimasta. A parte ciò, un'ulteriore fonte di entrata mi avrebbe fatto decisamente comodo: così decisi...
Ma oggi, caro avvocato, è tutto gratis!
Dovevo pur ricompensarla degnamente per avermi tolto quel peso dallo stomaco...
- Curiosità - domandai: - lei e la "maitresse", di là...nulla?
- Ma certamente - rispose.
- La conobbi durante le prime vacanze estive che trascorsi, da sola, dopo la separazione da mio marito.
Mio figlio stava con il padre, ed io mi ero recata a *** per una decina di giorni di mare.
Soggiornavamo nella medesima pensione; un pomeriggio, l'incontrai sul corso principale della cittadina e mi offri una consumazione in un bar. Stavamo bevendo il caffè quando mi disse:
- Ieri sera, non no potuto non ascoltare, nel corridoio, le sue grida di piacere. Forse non lo sa, ma William, il cameriere negro, è decisamente "gettonato" tra le ospiti e lei mi è sembrata decisamente portata pel sesso...
- In realtà, era da qualche tempo che stavo meditando di concedermi uno sfizietto con uno stallone di colore.
"Donna Lucrezia" continuo:
- Non le piacerebbe...come dire..."unire l'utile al dilettevole"?
Non c'è bisogno che mi risponda subito. Domani tornerò a Roma; le lascio il mio numero di telefono: ci pensi un po' su...
In realtà, "Donna Lucrezia" non è la "maitresse" di una casa di piacere: si limita ad affittare camere ad ore a coppie più o meno "clandestine"...
Mi venne, allora, fatto di pensare:
- Il che, secondo la Cassazione, non integra il reato di agevolazione della prostituzione...
(Tre "hurrah" per le deformazioni professionali).
La Signora Milena riprese:
- Quella stessa sera, mi iniziò al lesbismo... è molto brava e credo proprio che, in fin dei conti, gli uomini le facciano né caldo né freddo...
Quando tornai a Roma, la contattai.
Per la verità, non trascorsi molto tempo a sfogliare la margherita:
non sono di certo giunta vergine al matrimonio ed il posto di lavoro me lo sono guadagnato "sul campo".
Mio marito, conosciuto "dopo", sapeva tutto ed accettò, tranquillamente, il mio passato...
- Ed allora... perché?...
Lei può anche non crederci, ma fino a quando sono stata insieme a mio marito gli sono stata fedele...fu lui a tradirmi...e con una sua collega per giunta...
Ho sempre nutrito, per le persone ciniche, un sentimento misto di approvazione e di schifo.
Anch'io non ho avuto esitazione alcuna, quando "il rettile" mi pugnalo', al cuore ed alle spalle: dovevo salvarmi. Per questo, condii la minestra della mia vita col necessario pizzico di cinismo.
Se, di contro, avessi posto fine ai miei giorni, avrei dato al "rettile" una soddisfazione assolutamente inenarrabile.
"Tacere, bisognava, ed andare avanti" e lo studio, "matto e disperatissimo", fu la mia salvezza.
Poi "Lady Rowena" compì l'opera sanando, definitivamente, le piaghe.
Il sentimento di schifo, nasce nel mio cuore quando il cinismo, che deve, sempre, avere funzione di analgesico, mai di terapia, viene adoperato "sine necessitate".
La Signora Milena poteva, benissimo, punire il marito "rifacendosi una vita", senza buttarsi via in quel modo.
Mentre mi veniva narrato quanto sopra, facevo uso del lavandino come strumento per l'igiene intima, dando le spalle alla cliente.
Quando ebbi finito, mi voltai verso di lei: fu allora che, rimanendo seduta sul "water bidet", mi circondò la vita col braccio destro e prese in bocca il mio scettro, il quale al sentire delle sue "prodezze", si era di nuovo eretto.
Iniziò a succhiarlo con un'insospettabile maestria, tutta felsinea, e più che felsinea.
Ciò mi fece, all'istante, dedurre come, il suo esercitare la "professione più antica del mondo", non fosse stato altro che il coronamento di un lunghissimo cammino, iniziato in giovane età.
Intanto, la piccola "toilette" era scomparsa: mi trovavo in una sorta di nave spaziale, scagliata alla velocità della luce, verso la dimensione del godimento assoluto.
Quando mi accorsi di stare per esplodere, le misi le mani sulle tempie e la costrinsi ad accelerare il ritmo.
Lo "tsunami" di sperma si riversò nella sua gola, avida, fin quasi a soffocarla.
Quando uscii da lei, un rivoletto biancastro le colava sul mento, dal lato destro delle sue labbra.
Riavutomi, mi accorsi di provare, per entrambi, un senso di disgusto quasi indicibile; finimmo di vestirci, uscimmo e, salutatici, mi diressi verso la metropolitana da dove, senza por tempo in mezzo, telefonai a Lady Rowena.
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