Le Clienti. III Parte.

di
genere
etero


Mai potrò dimenticare le circostanze in cui ebbi a fare la conoscenza della Signora Fernanda.
Eravamo appena rincasati dal funerale di mio padre; seduti nel saloncino, io, mia madre e Lady Rowena, allora mia fidanzata, ricordavamo lo Scomparso e rivivevamo la mesta cerimonia, quando squillò il mio telefono cellulare.
Era in linea la Signora Rosetta, antica cliente, la quale mi pregava di voler ricevere una sua amica che aveva bisogno di un avvocato.
Concordammo un appuntamento e, due giorni dopo, la Signora Fernanda e suo marito, il Signor Francesco, facevano ingresso nel mio studio.
Altrove, ho reso noto ai lettori il mio "sesto senso" per la "femmina"...e la Signora Fernanda dimostrava di esserlo: ed al cento per cento, perbacco!
Intendiamoci: non indossava alcun vestito provocante né era truccata pesantemente.
Era il suo modo di porgersi, invero tendente con decisione al volgare, oserei scrivere quasi pecoreccio, che faceva pensare ad una pregressa carriera da "peripatetica di lungo corso", non trascorsa o, quanto meno, passata.
Una carriera intrapresa con pieno consenso e percorsa, soprattutto, per proprio piacere: fatto salvo, beninteso, il "cote'" economico.
Per farla breve, citando il "Rugantino" di Garinei e Giovannini:
" 'Na bbotta evvia...".
Accettai la causa, la quale, per la verità, avrebbe avuto, come parte attrice, il di lei marito, il cui volto tradiva una solidissima amicizia con Bacco...ed indagai.
Una delle fortune della mia vita, ritengo essere, senza tema di smentita alcuna, quella di poter disporre di un "servizio informativo" personale: nel suo piccolo, molto efficiente.
L'ottimo Signor Brunetti fece rapporto "a volta di corriere", informandomi di quanto segue:
1) la Signora Fernanda, aveva iniziato come apprendista presso una parrucchieria che serviva la propria clientela anche a domicilio;
2) nel novero dei clienti c. d. domiciliari, vi era una discreta "casa allegra", sagacemente mimetizzata da "pensione di famiglia", ubicata in zona Prati;
3) la carriera di parrucchiera procedette, dunque, di pari passo con l'altra, tanto è vero che, già a venti anni, la Signora Fernanda, per ben due volte a settimana, si recava
sul posto per esercitare, "in tandem", entrambe le "professioni".
Il Signor Brunetti concluse dicendo che fu proprio in detta "pensione di famiglia", che la Signora Fernanda conobbe il marito, all'epoca assiduo "avventore".
Ma, l'ottimo Signor Brunetti mi forni' un'ultima informazione: la Signora Fernanda era solita "contribuire" alla risoluzione di "problematiche" inerenti il coniuge: il Lettore intuirà facilmente in che modo...
"Omnia vincit amor..."
La causa si dipanò per alcuni anni.
Per ovvie ragioni, durante tutte le volte che la coppia venne al mio studio, evitai di "sondare il terreno".
Tuttavia, una volta che la Signora Fernanda mi aveva fatto visita da sola, essendo il marito fuori città per lavoro, nell'accompagnarla alla porta, non mancai di "carezzarle approfonditamente" il "lato b", dalla ben soda carnosità.
Nessun riscontro, e nessuna reazione: eppure "Lady Rowena" si trovava sul posto, per cui, se avesse voluto "mettermi nei guai", non aveva che da farlo.
"Incredibile dictu", nessun accenno all'accaduto venne fatto durante la visita successiva quando, nuovamente, la Signora Fernanda mi raggiunse da sola, vieppiù in assenza di "Lady Rowena".
La causa ebbe esito ampiamente positivo: tuttavia, poche settimane dopo la pubblicazione della sentenza, il povero Signor Francesco venne colto da un ictus cerebrale e morì.
Alcuni mesi dopo il decesso, mi recai a casa della Signora Fernanda, ubicata in una cittadina dell'"hinterland", per consegnarle l'assegno rilasciatomi dalla controparte e farle firmare la relativa quietanza.
Si era in primavera inoltrata ed il caldo iniziava a farsi sentire.
La donna mi accolse, facendomi rimanere, letteralmente, di stucco.
Indossava, infatti, un vestitino da casa, invero poco, o nulla, vedovile, di stoffa leggera, bianco a fiorellini, decisamente scollato e senza maniche, che arrivava sopra alle ginocchia e stretto alla vita da una cintina.
Ai piedi, privi di calze, un paio di sandaletti chiari, con tacchi a spillo...ovviamente.
Sbrigato il "cote'" burocratico, stavo facendo quasi per andarmene quando i nostri sguardi, riflessi nel grande specchio del soggiorno, si incrociarono.
Rimanemmo fermi per alcuni, lunghissimi, secondi poi decisi di prendere l'iniziativa e, rimanendo alle spalle della donna, iniziai a sfiorarle entrambe le braccia con entrambi i medi.
La Signora Fernanda iniziò dapprima a sospirare, per passare ad ansimare, invero non troppo velocemente.
Fu quando iniziai a leccarle l'orecchio destro che, mormorando, mi disse:
- No, dai, avvoca',...no...no...
- Non ho mai sentito un no più falso in vita mia...da quando sono entrato che ti leggo negli occhi la voglia di..."lasciarti andare"...
Fu allora che mi prese per mano e mi condusse in camera da letto giacente in una discreta, fresca, penombra.
Una volta entrati, chiuse la porta ed io, sempre rimanendo alle sue spalle, le slacciai la cintina del vestitino da casa.
Incredibilmente, d'un sol colpo, si tolse il vestito, facendolo cadere sul pavimento.
Rimasi basito nel vedere come la donna avesse indossato un completino mutandine e reggiseno bianco, con disegni assai simili a quelli del vestito.
Le coppe, tuttavia, di forma triangolare, lasciavano scoperta gran parte delle mammelle; lo slip era di dimensioni alquanto ridotte sul davanti, ed abbastanza coprente di dietro.
Delle due l'una:
la Signora Fernanda aveva indossato un completo di "lingerie" per lei di uso corrente, il che l'avrebbe detta lunghissima;
o, la stessa, aveva "contabilizzato" l'"esito finale" del nostro incontro.
Sempre rimanendole alle spalle, le slacciai il reggiseno voltandola, nel contempo, verso di me. Trascorremmo alcuni secondi guardandoci negli occhi poi, contemporaneamente, iniziammo a baciarci.
Non ho alcuna difficoltà nello scrivere che, quel bacio, lunghissimo, mi trasmetteva una curiosa sensazione, assolutamente unica.
Le mie labbra percepivano, chiaramente ed inequivocabilmente, un sentimento di desiderio carnale, al limite della disperazione, vieppiù frammisto alla soddisfazione: quella medesima soddisfazione che prova un assetato nel trovare una polla di fresca acqua sorgiva.
Mi denudai a tempo di record e, raggiunti il letto, le sfilai gli slip ed iniziai a accarezzarla per tutto il corpo.
Benché stesse gagliardamente veleggiando verso la sessantina, la pelle della Signora Fernanda era liscia, vellutata e, soprattutto, soda come quella di una ventenne.
Durante l'operazione continuai, per un po', a baciarle la bocca; discesi pel collo sino alle mammelle, pressoché prive di segni di cedimento, proseguii sul suo addome tonico fino a raggiungere il suo giardino intimo.
Non provai alcuna meraviglia nel constatare l'assenza della seppur minima traccia di depilazione.
Potrei, a cuor leggero, scrivere che ciò rappresentava un ulteriore lato "autobiografico" della persona.
La Signora Fernanda era, e credo sia tuttora, una personalità "terrestre", "ctonia" per essere precisi; per tanto, nell'espletamento della propria attività sessuale, le erano del tutto estranee quelle "decadenti raffinatezze", se vogliamo al limite del "magico", o, peggio, dell'oggettivamente incredibile, che troviamo descritte in tanta, anzi, in tantissima letteratura erotica ma che, "au contraire", sono pressoché impossibili da reperire all'atto pratico.
Ciò, specialmente se ricercate od, addirittura, pretese, da una vera femmina, per di più messa "sotto pressione" da un periodo di dolorosa castità.
Se il Lettore mi consente un paragone "meteorologico", la Signora Fernanda non era una dolce, lenta, pioggerella primaverile, ma un intensissimo, devastante, temporale estivo, o caraibico.
Giunsi ad omaggiare il suo fiore di carne, ed il suo clitoride, entrambi privi di qualsiasi traccia di detergenti intimi dal prepotente profumo, benché impeccabilmente puliti.
Le sue secrezioni vaginali avevano il sapore del miele grezzo: di un miele selvatico, certo, ma dalla più totale, squisita naturalità.
L' omaggio si prolungò per diversi minuti, durante i quali apprezzai, e non poco, il suo sapore, fino a quando la Signora Fernanda non iniziò a bisbigliare:
- Ti voglio...ti voglio bere...
Passammo, dunque, alla posizione del "sessantanove".
Non posso, a questo punto, non dilungarmi nella descrizione del "modus fellandi" della donna.
Dimentichi, il Lettore, sia ogni "raffinatezza bolognese", come da plurisecolare tradizione; del pari, dimentichi il Lettore ogni "delicatezza parigina", descritta dalla divina penna di Emmanuelle Arsan.
Le sue labbra, la sua lingua ed i suoi denti si erano impadroniti del mio scettro e lo stavano "torturando", spietatamente ed, incredibilmente, contemporaneamente.
Infatti, mentre le labbra si dedicavano al corpo dell'organo, con la collaborazione , leggera, ovviamente, ma costante dei denti, la lingua, retroflessa, sollazzava il glande ed il meato.
Il tutto, portando al massimo la spermatogenesi e, nel contempo, impedendo al mio corpo, di liberarsi del suo seme.
Mi trovavo in uno stato di totale delirio dei sensi, con la vista e l'udito del tutto obnubilati ed il cervello quasi completamente in "tilt". Per cui, da una parte, mi auguravo di "esplodere" subito o, quanto meno, prima di soccombere ad un infarto, dall'altra mi trattenevo "a più non posso", sia per ricevere, sia, soprattutto, per dare il maggior piacere possibile.
Mi ero, infatti, accorto del vistoso aumento del volume delle secrezioni vaginali della Signora Fernanda, nonostante il fatto che, al mio stato mentale e fisico, avesse conseguito un evidente rallentamento dell'attività della mia lingua.
Non potei non dedurre, che anche la donna stesse ricevendo piacere derivantele dalla sua stessa attività orale, più che dalla mia.
Esplosi!
Un'eiaculazione oceanica, concretizzatasi in un'unica, continua, emissione di seme, che mi parve durare per lunghissimi secondi, e che, finalmente, mi dava modo di liberare il mio corpo da tutto lo sperma che, in quei minuti, che mi erano parsi eterni, il mio apparato genitale era riuscito a secernere.
Riuscii, distintissimamente, a percepire il rumore della gola della Signora Fernanda che, con un'avidità belluina, vampiresca, dopo un periodo di astinenza, per lei, in altri tempi impensabile, spegneva, finalmente, la sua sete di sesso.
Quando il biancastro "Vajont" ebbe termine, uscii da lei e, di scatto, scesi dal letto rimanendovi accanto ed all'impiedi.
Riacquistata la vista, potei contemplare un rivolo di seme che, uscendo dall'angolo sinistro della sua bocca, andava a colare per il suo mento e lungo il suo collo.
I nostri sguardi si incrociarono: fu allora che vidi le sue pupille pervase di una luce nuova, una luce come di appagante trionfo.
Quando il suo sguardo si posò sul mio scettro, rimasto eretto, - eh sì che avevo doppiato il mezzo secolo - raggiunse la sponda del letto, vi punto' i talloni e disse:
- Dai, scopami...
E, pronunziate queste parole, agguantò il mio organo e, prepotentemente, lo introdusse nella sua vagina.
Non appena il mio glande ebbe fatto capolino nella sua grotta d'amore, la Signora Fernanda mollò la presa ed io, posso, onestamente, scrivere "brutalmente" portai a termine la penetrazione.
-Oooohh... - esclamò la donna mentre io, giunto il mio organo "a fine corsa", mi arrestavo sospirando di sollievo.
Il sesso della Signora Fernanda era, letteralmente, inondato dalle sue stesse secrezioni ed io, dopo essere rimasto immobile per alcuni secondi, iniziai a martellarla con tutte le mie forze.
Mi è d'uopo, a questo punto, specificare come, se con tutte le mie altre "partners", nessuna esclusa e, si noti, comprese le c. d. "professioniste", avevo vissuto i rapporti sessuali come un atto di omaggio alla divina regalità della donna ed alla terrestre regalità della femmina, con la Signora Fernanda tutto appariva come un qualcosa di completamente privo di qualsiasi "magia", sia pure allo stato embrionale.
La congiunzione carnale con la stessa, mi donava un piacere violento, oserei scrivere animalesco, da stazione di monta, che portando allo "zenit" la "res estensa", annullava, in tutto e per tutto, la "res cogitans".
Il martellamento si protrasse per diversi minuti sino a quando, del tutto inaspettatamente, la Signora Fernanda, facendo perno sul mio scettro, non assunse la posizione "a' la levrette".
Mi fermai per qualche secondo per poi riprendere a galoppare...beninteso dopo essermi "impadronito" della sua turgida gemma.
- Dai, dai, non ti fermare - gridava la donna, ormai anche lei in preda al delirio dei sensi - sfondami, sfondami tutta...-
Commutai sul "secondo canale", nel quale scivolai quasi senza attrito alcuno e presi, di nuovo, a perforare il suo corpo.
La donna gridava come un'ossessa ed io, con quel poco di lucidità che la fattispecie in corso mi lasciava, quasi ridendo tra me e me, andavo chiedendomi cosa mai stessero pensando i vicini di casa.
Mi risposi che, il mancato arrivo delle Forze dell'Ordine, portava a dedurre come il vicinato fosse stato, di gran lunga, aduso a consimili "concerti".
Nel frattempo, sentivo ammassarsi, nella zona pubica, come una pesante massa liquida pronta ad irrompere all'esterno del mio corpo; ciò mi riportava alla mente le antiche, oniriche, sensazioni che provavo al tempo delle prime, adolescenziali, polluzioni notturne.
Durante i sogni, i quali, il più delle volte avevano come assoluta protagonista la Signora Dina, sentivo il basso ventre gonfiarsi, lentamente ma inesorabilmente, a dismisura, fino ad esplodere, con dolce violenza, in una vera e propria inondazione di sperma, dal fortissimo, selvaggio, afrore...
con grande gioia di mia madre che era costretta ad un cambio di lenzuola fuori programma.
Anche quella volta esplosi...avevo fatto in tempo ad uscire dal suo corpo per farla sedere di nuovo sui talloni e posizionarmi di fronte al suo viso; così le inondai le labbra ed il mento del mio liquido biancastro. Per quanto eruttava, il mio sesso mi sembrava diventato una pompa da giardino; nel contempo, digrignando i denti, la Signora Fernanda si lasciava andare ad un prolungatissimo "Siiiiiii".
Quando le ultime gocce uscirono dal mio corpo, feci appena in tempo a vedere la donna che raccoglieva, col dito indice della mano destra, il mio sperma, per portarlo, con tutta l'avidità possibile ed immaginabile, alle labbra.
Mi inerpicai sul letto..."e caddi come corpo morto cade"!
Quando mi riebbi, non ero in grado di rendermi conto di quanto tempo fosse passato; aprii gli occhi, ed il mio sguardo si incrociò con quello della Signora Fernanda.
- Erano anni che non scopavo - mormorò - da quando mio marito si è ammalato...ma tu, avvoca', hai pareggiato le cose...
- Lusingatissimo - risposi - dal canto mio, mai ebbi rapporti con una femmina come te...
- Beh...adesso te lo posso dire...ho fatto marchette per anni, fino a quando non mi sono fidanzata col povero Francesco... fin quando è stato bene, lui, a letto, era come te...
- Adesso capisco da dove deriva la tua "abilità"...
A queste parole, si alzò dal letto e si diresse verso il bagno.
La seguii: quando fummo entrati, la presi per mano e la feci entrare nella doccia, facendola sedere sui talloni. Poi preso in mano il mio scettro, l'aspersi con la mia "pioggia dorata".
Mentre la Signora Fernanda riceveva il caldo getto sul décolleté, gettava la testa all'indietro, digrignando i denti pel piacere.
Svuotatomi completamente, prendemmo a lavarci l'un l'altra.
Quando vide il mio sesso tornato in piena erezione, la donna mi disse:
- Dai, scopami ancora...
E fu così che la presi ancora, sotto l'acqua calda, nella posizione del cigno ed in quella della "levrette au debout".
Quando sentii che stavo per esplodere, per la terza volta, ed ero un ultracinquantenne, la feci di nuovo voltare di fronte a me ed entrai di nuovo in lei...
Uno, cinque, dieci colpi ed, alla fine, mi svuotai in lei: sparsi il mio seme nel suo ventre.
Per moltissimi anni, ho rivissuto, nel ricordo quel momento; solo di recente sono riuscito a comprendere come, il non interrompere "more solito" il coito, aveva avuto il significato di desiderare di possedere la terra, o la natura, con il loro esser selvagge ed indomabili.
Costituiva il gesto, squisitamente edipico, del piccolo uomo che sparge il suo seme nella Gran Madre, purtroppo illudendosi di farla propria.
Mezz'ora dopo, accomiatato dalla Signora Fernanda con un ultimo bacio "alla francese", prendevo posto sul pullmann,diretto in città, ove cadevo addormentato come un sasso.
Fu la voce cavernosa del conducente che, annunciando di essere giunti al capolinea, mi riportò alla realtà.
AI LETTORI.
L'alto numero di volte in cui, i miei umili scritti sono stati, dalle SS. LL., visitati, mi obbliga a render Loro grazie per il gradimento accordatomi impegnandomi, nel contempo, ad applicarmi affinché, detto stato di cose, possa durare ancora a lungo.
Sir Wilfred.
scritto il
2023-05-03
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