Le Clienti. II Parte.
di
Sir Wilfred
genere
etero
Alcuni anni dopo quanto da me narrato nella prima parte di questo mio trittico, si rivolse a me la madre di uno stupidino che aveva sottratto una bottiglia di vino, neanche tanto pregiato, da un supermercato.
Concordammo un appuntamento ed entrambi, puntualmente, si presentarono al mio studio.
Il "filius" aveva un'aria tutt'altro che intelligente, benché mi avesse dichiarato di essere studente di economia e commercio.
La "mater", "au contraire" sembrava un' attrice cinematografica: "tailleur" grigio, con gonna al ginocchio, camicetta color cipria, calze velate scure, tacchi a spillo e truccata come se avesse dovuto partecipare al più esclusivo "party" della "haute".
A tutto quanto sopra, debbo aggiungere che la donna ebbe, più volte, ad accavallare le gambe, rivelandomi, in tal modo, di aver indossato calze autoreggenti sulle sue splendide gambe.
Uhm...
Consigliai, ad entrambi, di cavarsi d'impaccio con un semplice patteggiamento ed, in men che non si dica, mi venne rilasciata la procura speciale.
Al momento del commiato, decisi di "sondare il terreno"; fu allora che la donna rispose al mio "ditino": discretamente, ma rispose.
La fase "apud judicem" andò liscia come l'olio.
Quando telefonai per comunicare l'esito, ampiamente positivo, dell'udienza, e per fissare un appuntamento onde chiudere, definitivamente, la pratica, la Signora Antonella mi chiese di poterci incontrare presso il suo ufficio, ubicato in una zona non troppo vicina dal mio studio ma, in compenso, ottimamente servita dai mezzi pubblici.
- Sa, avvocato, mi seccherebbe chiedere un altro permesso...
Acconsentii, e fissammo un appuntamento, per due giorni dopo, alle 14.30.
Nello svolgere il mio ministero professionale, la Signora Antonella mi aveva confidato di essere laureata in biologia, e di essere impiegata presso un grande gabinetto di analisi nonché poliambulatorio.
Durante il tragitto, riflettei sull'inusuale orario, giungendo alla conclusione che, la donna, aveva voluto incontrarmi, con la più totale riservatezza, durante la pausa pranzo.
Infatti, quando mi trovai di fronte alla porta di ingresso, potei leggere che l'ambulatorio sarebbe rimasto chiuso dalle 14.00 alle 16.00.
A tutta prima, rimasi seccato, ma volli, comunque, suonare al campanello.
Incredibilmente, alcuni secondi dopo, la porta venne aperta tramite un comando a distanza; non feci in tempo ad entrare che la Signora Antonella, avvolta in un professionalissimo camice bianco, mi accolse, sfoderando mi un luminoso sorriso.
Venni condotto in una stanzetta, ove, seduti ad una scrivania, portammo a chiusura la pratica. Subito dopo, la donna si alzò e, porte le sue scuse, mi entrò in uno stanzino da cui si accedeva da quella stanza
Quando ne uscì rimasi, letteralmente, a bocca aperta.
Si era tolta il camice ed indossava, soltanto, le scarpe, di vernice nera con tacchi a spillo ed un paio di velatissime calze autoreggenti nere.
- Non è così che mi preferisce, avvocato?...
Non potei non notare il suo seno: piccolo ed all'insù, assai simile a quello della Signora Dina.
Senza por tempo in mezzo, mi baciò la bocca, abbracciandomi; anch'io l'abbracciai, continuando a baciarla.
Si staccò, dopo diversi minuti, per andare ad appoggiarsi ad un lettino da ambulatorio.
- Dai, prendimi...
Non me lo feci ripetere due volte: abbassai i pantaloni ed il mio scettro, in piena erezione, entrò, superbamente in scena.
Veloce come un rettile, la Signora Antonella lo impugnò nella sua mano destra, dalle unghie laccate di rosso scuro, e lo diresse verso la sua "grotta d'amore".
Contemporaneamente, la donna si era seduta sulla sponda del lettino, alzando le sue splendide gambe e gettando la testa all'indietro.
Entrai in lei e presi a cavalcarla, selvaggiamente, quasi fosse stata una puledra da domare. Nel contempo, la Signora Antonella aveva introdotte le sue mani sotto la mia canottiera, e mi stava "accarezzando" la schiena, fin quasi a graffiarla con le sue unghie.
- Non ti fermare, non ti fermare...lo avevo capito sin da subito che razza di maschio sei...sfondami, sfondami tutta...
Ottemperai, di ottimo grado, alle implorazioni della femmina, di quella femmina in calore che aveva preso il posto della compita biologa con un figlio sciocco.
Dopo alcuni minuti, riuscii a farle cambiare posizione: la Signora Antonella assunse, docilmente, la posizione "a la levrette", ed io ripresi il coito dedicandomi, altresì, al suo clitoride.
- Oooohhh, mi fai morire...ma non ti fermare...non ti fermare...
Quando mi accorsi che, il grado di lubrificazione del mio scettro, era tale da consentirmi, tranquillamente, il "coitum in vase indebito", cambiai canale, beninteso senza smettere di omaggiare il suo "petalo d'amore".
- Aaaagh! - gridò, gutturalmente la donna, per poi riprendere ad implorare:
- Non ti fermare, oggi voglio essere la tua puttana, la tua zoccola...puoi anche non crederci, ma mai mi sono lasciata andare così...mai...
Alcuni minuti dopo, uscii dal suo corpo, la feci voltare e sedere sui talloni.
La Signora Antonella, con la più totale spontaneità, prese in bocca il mio scettro, rivelando doti da "fellatrix" di lunghissimo corso.
Non mi rendevo conto di dove mai mi fossi trovato. La stanza era scomparsa: entrambi, fluttuavano in mezzo ad una luce di un bianco abbagliante.
Avevo portato, entrambe le mani, dapprima sulle sue tempie, per darle un iniziale ritmo, poi tra i suoi meravigliosi capelli, il cui colore ramato, come avevo potuto constatare poco prima, era il colore naturale.
Esplosi!
Esplosi come poche volte, prima di allora, ero esploso.
Ancora ho nel cervello il suono della simultanea deflagrazione: della mia mente e del mio sesso.
Ancora ho nelle orecchie il rumore della gola della donna che, avida come nessuna, fagocitava il mio seme.
Momentaneamente accecato, raggiunsi una sedia, crollandovi sopra.
Dopo diversi minuti, non calcolai quanti, mi riebbi, accorgendomi, tra l'altro, di essere, dalla cintola in giù, completamente nudo.
Stavo finendo di ricompormi quando la Signora Antonella fece ritorno nella stanza.
Era tornata la biologa di sempre: "tailleur", camice e trucco impeccabili. Al momento di accomiatarci, stringendoci le mani, pose la sinistra sulla mia destra e, guardandomi con occhi imploranti, mormorò:
- Chissà cosa pensa, ora, di me, avvocato...
- Qui jure suo utitur neminem laedit...
Uscii, ed accompagnato dal coro di protesta di tutte le mie articolazioni, mi trascinai ad un vicino posteggio di taxi.
Concordammo un appuntamento ed entrambi, puntualmente, si presentarono al mio studio.
Il "filius" aveva un'aria tutt'altro che intelligente, benché mi avesse dichiarato di essere studente di economia e commercio.
La "mater", "au contraire" sembrava un' attrice cinematografica: "tailleur" grigio, con gonna al ginocchio, camicetta color cipria, calze velate scure, tacchi a spillo e truccata come se avesse dovuto partecipare al più esclusivo "party" della "haute".
A tutto quanto sopra, debbo aggiungere che la donna ebbe, più volte, ad accavallare le gambe, rivelandomi, in tal modo, di aver indossato calze autoreggenti sulle sue splendide gambe.
Uhm...
Consigliai, ad entrambi, di cavarsi d'impaccio con un semplice patteggiamento ed, in men che non si dica, mi venne rilasciata la procura speciale.
Al momento del commiato, decisi di "sondare il terreno"; fu allora che la donna rispose al mio "ditino": discretamente, ma rispose.
La fase "apud judicem" andò liscia come l'olio.
Quando telefonai per comunicare l'esito, ampiamente positivo, dell'udienza, e per fissare un appuntamento onde chiudere, definitivamente, la pratica, la Signora Antonella mi chiese di poterci incontrare presso il suo ufficio, ubicato in una zona non troppo vicina dal mio studio ma, in compenso, ottimamente servita dai mezzi pubblici.
- Sa, avvocato, mi seccherebbe chiedere un altro permesso...
Acconsentii, e fissammo un appuntamento, per due giorni dopo, alle 14.30.
Nello svolgere il mio ministero professionale, la Signora Antonella mi aveva confidato di essere laureata in biologia, e di essere impiegata presso un grande gabinetto di analisi nonché poliambulatorio.
Durante il tragitto, riflettei sull'inusuale orario, giungendo alla conclusione che, la donna, aveva voluto incontrarmi, con la più totale riservatezza, durante la pausa pranzo.
Infatti, quando mi trovai di fronte alla porta di ingresso, potei leggere che l'ambulatorio sarebbe rimasto chiuso dalle 14.00 alle 16.00.
A tutta prima, rimasi seccato, ma volli, comunque, suonare al campanello.
Incredibilmente, alcuni secondi dopo, la porta venne aperta tramite un comando a distanza; non feci in tempo ad entrare che la Signora Antonella, avvolta in un professionalissimo camice bianco, mi accolse, sfoderando mi un luminoso sorriso.
Venni condotto in una stanzetta, ove, seduti ad una scrivania, portammo a chiusura la pratica. Subito dopo, la donna si alzò e, porte le sue scuse, mi entrò in uno stanzino da cui si accedeva da quella stanza
Quando ne uscì rimasi, letteralmente, a bocca aperta.
Si era tolta il camice ed indossava, soltanto, le scarpe, di vernice nera con tacchi a spillo ed un paio di velatissime calze autoreggenti nere.
- Non è così che mi preferisce, avvocato?...
Non potei non notare il suo seno: piccolo ed all'insù, assai simile a quello della Signora Dina.
Senza por tempo in mezzo, mi baciò la bocca, abbracciandomi; anch'io l'abbracciai, continuando a baciarla.
Si staccò, dopo diversi minuti, per andare ad appoggiarsi ad un lettino da ambulatorio.
- Dai, prendimi...
Non me lo feci ripetere due volte: abbassai i pantaloni ed il mio scettro, in piena erezione, entrò, superbamente in scena.
Veloce come un rettile, la Signora Antonella lo impugnò nella sua mano destra, dalle unghie laccate di rosso scuro, e lo diresse verso la sua "grotta d'amore".
Contemporaneamente, la donna si era seduta sulla sponda del lettino, alzando le sue splendide gambe e gettando la testa all'indietro.
Entrai in lei e presi a cavalcarla, selvaggiamente, quasi fosse stata una puledra da domare. Nel contempo, la Signora Antonella aveva introdotte le sue mani sotto la mia canottiera, e mi stava "accarezzando" la schiena, fin quasi a graffiarla con le sue unghie.
- Non ti fermare, non ti fermare...lo avevo capito sin da subito che razza di maschio sei...sfondami, sfondami tutta...
Ottemperai, di ottimo grado, alle implorazioni della femmina, di quella femmina in calore che aveva preso il posto della compita biologa con un figlio sciocco.
Dopo alcuni minuti, riuscii a farle cambiare posizione: la Signora Antonella assunse, docilmente, la posizione "a la levrette", ed io ripresi il coito dedicandomi, altresì, al suo clitoride.
- Oooohhh, mi fai morire...ma non ti fermare...non ti fermare...
Quando mi accorsi che, il grado di lubrificazione del mio scettro, era tale da consentirmi, tranquillamente, il "coitum in vase indebito", cambiai canale, beninteso senza smettere di omaggiare il suo "petalo d'amore".
- Aaaagh! - gridò, gutturalmente la donna, per poi riprendere ad implorare:
- Non ti fermare, oggi voglio essere la tua puttana, la tua zoccola...puoi anche non crederci, ma mai mi sono lasciata andare così...mai...
Alcuni minuti dopo, uscii dal suo corpo, la feci voltare e sedere sui talloni.
La Signora Antonella, con la più totale spontaneità, prese in bocca il mio scettro, rivelando doti da "fellatrix" di lunghissimo corso.
Non mi rendevo conto di dove mai mi fossi trovato. La stanza era scomparsa: entrambi, fluttuavano in mezzo ad una luce di un bianco abbagliante.
Avevo portato, entrambe le mani, dapprima sulle sue tempie, per darle un iniziale ritmo, poi tra i suoi meravigliosi capelli, il cui colore ramato, come avevo potuto constatare poco prima, era il colore naturale.
Esplosi!
Esplosi come poche volte, prima di allora, ero esploso.
Ancora ho nel cervello il suono della simultanea deflagrazione: della mia mente e del mio sesso.
Ancora ho nelle orecchie il rumore della gola della donna che, avida come nessuna, fagocitava il mio seme.
Momentaneamente accecato, raggiunsi una sedia, crollandovi sopra.
Dopo diversi minuti, non calcolai quanti, mi riebbi, accorgendomi, tra l'altro, di essere, dalla cintola in giù, completamente nudo.
Stavo finendo di ricompormi quando la Signora Antonella fece ritorno nella stanza.
Era tornata la biologa di sempre: "tailleur", camice e trucco impeccabili. Al momento di accomiatarci, stringendoci le mani, pose la sinistra sulla mia destra e, guardandomi con occhi imploranti, mormorò:
- Chissà cosa pensa, ora, di me, avvocato...
- Qui jure suo utitur neminem laedit...
Uscii, ed accompagnato dal coro di protesta di tutte le mie articolazioni, mi trascinai ad un vicino posteggio di taxi.
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