Sfide: come tutto è cominciato
di
Cantastorie28
genere
prime esperienze
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Mi guardo allo specchio e sono come sempre fin troppo autocritica con me stessa. Trovo cose che non vanno ovunque guardo.
«Amore, come ti sembro?».
Indosso un completo nero e una camicetta bianca che non risalta per niente le mie forme. Non ho un seno enorme, ma la mia terza tutto sommato si difende bene.
«Sei bellissima!».
«Il trucco? Come ti sembra?».
«Quegli occhioni azzurri non hanno bisogno di trucco. Incanterai tutti.».
«I capelli?».
«Perfetti. Addirittura più biondi del solito. Amore, stai tranquilla!».
Mio marito si avvicina e mi bacia. Mi sussurra nell’orecchio che sono una bomba e mi tranquillizza.
Mi sistemo il lucidalabbra e mi guardo nello specchio. Sono una donna di 35 anni, sposata con due figli e oggi inizio il mio nuovo lavoro come direttrice marketing di una casa editrice indipendente. Ammetto che sono nervosa.
Le cose vanno per il verso giusto. A metà mattina ho una riunione per conoscere le persone che da oggi lavoreranno sotto di me. Inizio ad affiancare gli editori nei colloqui con gli autori. Dobbiamo selezionare quelli che saranno i nuovi titoli della primavera.
I primi giorni passano velocemente e piano piano la routine prende il sopravvento sull’eccitazione di una nuova avventura lavorativa.
Vi siete mai sentite intrappolate nella vostra vita? Io sì. Una vita all’apparenza perfetta, ma quasi noiosa. Amo mio marito, ma da tempo ha smesso di soddisfarmi sessualmente – e credo che la cosa sia reciproca.
Da qualche tempo sento la necessità di sfogare la noia sul mio corpo. Voglio trasformarla in piacere. Mi sembra ti tornare ragazza quando mi toccavo le prime volte. Eppure eccomi qui a 35 anni a cercare un attimo di privacy per me stessa. Missione che sembra essere impossibile tra le chiamate di lavoro, i capricci di mio figlio e i compiti di mia figlia, senza considerare le faccende di casa e il doverlo fare di nascosto per non ferire la virilità di mio marito.
È lunedì mattina e sono tutti pronti per iniziare la settimana. Io sono già vestita prima degli altri, con mio marito e i bambini che sono intenti a fare colazione. Indosso una camicetta beige e un paio di pantaloni lunghi bianchi; sono pronta per uscire. Non ho molto tempo, ma ho una voglia matta. Mi chiudo nel bagno padronale. Prendo il telefono e ci attacco un paio di cuffiette col filo. Apro il browser, modalità incognito, e vado sul primo sito che trovo. Cerca: doggy style. Mi ritrovo in piedi davanti al lavandino. Con il telefono appoggiato alla mensolina dello specchio con un porno in alta definizione. Mi slaccio i pantaloni e infilo la mano nelle mie mutandine. Le mie dita si fanno strada tra la foresta di pelo che cela il mio clitoride. Finalmente lo sfiorano. Inizio a stimolarlo premendo l’indice sul mio bottoncino dell’amore. Vedo la donne a pecorina nel video con lo stallone di colore che la monta violentemente. Sento i gemiti di piacere strozzati dagli affondi del membro dell’uomo e la mia mano segue il ritmo degli affondi. Solo che, al posto di quel grosso pene, ci sono le mie minute dita fradice. Dio… quanto vorrei essere presa così in questo momento. Aumento il ritmo sempre di più, sto per raggiungere il meritato orgasmo, quando…
«Mamma! Non trovo la cartella. Dove l’hai messa?».
«Amore, arrivo!».
Mi dico che mio figlio può aspettare due minuti. Il tempo di venire. Riprendo a fare andare le dita dentro le mie mutande e alzo la testa. Mi guardo allo specchio.
“Che razza di madre considera un orgasmo più importante dei figli?” penso. Il clima si è perso. Mi sistemo e raggiungo i bambini, ancora una volta a bocca asciutta, o meglio con qualcos’altro di asciutto.
A lavoro ho una riunione dietro l’altra, ma la giornata svolta nel tardo pomeriggio quando incontro un giovane autore emergente. Un tipo assolutamente normale. Belloccio, ma non di una bellezza stravolgente. L’idea di fondo del suo libro non è per niente male, ma ci sono delle cosa da sistemare. Parlando con lui, scopriamo che è in cerca di un lavoro e ci chiede se qui assumiamo. In effetti, si è da poco liberata una posizione come mio assistente personale, ruolo che sembra interessare al ragazzo. Decido di prenderlo per un periodo di prova. Finiamo il colloquio e mi ritiro nel mio ufficio. Per oggi ho finito e la maggior parte delle persone sono già andate via. Ho un po’ di tempo prima di tornare a casa. Tempo che so perfettamente come impiegare. Prendo il telefono, collego le cuffie e la mano torna nelle mie mutandine. Mi lascio andare al piacere e, dopo aver esplorato ogni centimetro della mia passerina con le dita, finalmente vengo scossa da un forte orgasmo. Ancora non lo sapevo, ma quella sessione di autoerotismo in ufficio mi avrebbe cambiato la vita.
Sono quasi a casa quando ricevo un messaggio sul telefono.
La più insospettabile è la mano più birichina!
Seguito da un breve video girato poco prima in ufficio. Ci sono io, seduta alla mia scrivania. La mano che chiaramente si adopera per il mio piacere e il volto scosso dall’orgasmo.
Vado nel panico. Qualcuno mi ha visto. Qualcuno mi ha addirittura filmato. Se si diffondesse la mia vita sarebbe finita. Perderei lavoro, famiglia, la mia reputazione… perderei tutto quanto. Guardo il contatto. È nella mia rubrica. Alessio. Il giovane autore promettente. “Cosa dovrei fare? Non so proprio. Dovrei dirlo a mio marito? No, poi verrebbe a chiedermi perché mi stavo masturbando in ufficio, se lo facevo per qualcuno o con qualcuno, la sua gelosia e il suo giudicarmi non mi servono adesso. La polizia? Si, ma dovrei fare una denuncia e poi si verrebbe a sapere tutto… Oddio e se lo mettesse su internet? Sarebbe la fine!”, la mia testa è una marea di pensieri. Drindrin. Una nuova notifica. È ancora lui.
Alessio: Non diffonderò nulla. Se lo rivuoi dovrai fare una cosa per me!
Io: Cosa?
Alessio: Domani mattina prima di entrare in ufficio vieni al bar di fronte all’editore.
Te lo dirò di persona. Ore 8.30. Puntuale. Capo.
Non dormo per niente. Ho continuamente il terrore che il video venga diffuso. Sono le 3 quando mi alzo, vado in bagno e cerco di spegnere la mente con l’unica cosa che so funzionare, un altro porno.
La mattina seguente mi presento come dà indicazioni. Sono infuriata, e terrorizzata, e preoccupata … un miscuglio infinito di emozioni.
Lo vedo è seduto su una poltroncina in un angolino isolato del bar. Sul tavolino ha una tazza di cappuccino e una brioches davanti; e un’espressione pacifica sul volto. Mi siedo davanti a lui. Lo fisso in quegli occhi verdi intensi e inizio a parlare con un tono minaccioso.
«Se non cancelli quel video… io …».
Cazzo! Inizio a balbettare per il nervosismo.
Lui ride. Ride di me lo stronzo! Un sorriso molto bello in realtà e anche di viso, i capelli neri, la barbetta incolta… “Sveglia Sofia! È lo stronzo che ti ricatta. Mica devi portartelo a letto!”, mi rimprovero tra me e me. “Portarmelo a letto – penso – potrebbe essere una buona idea! Per non farmi ricattare.”.
«Tu?».
«Vado dalla polizia e ti denuncio!».
«Saresti già andata! E comunque lo cancellerò!».
«Cosa vuoi? Vuoi scoparmi? È questo che vuoi?».
«Come mai questa idea? Potrei volere dei soldi, invece. Non è che sei tu che vorresti che ti scopassi?».
Divento bordeaux in viso. Cazzo! Perché mi sento così piccola davanti a lui. Che tra l’altro, ho una decina d’anni in più di lui.
«Voglio proporti una sfida. Se lo rifarai, ora, cancellerò tutto. E poi magari…».
Questa richiesta mi lascia senza parole e al tempo stesso però fa scattare qualcosa dentro di me.
Faccio semplicemente un cenno con la testa.
Lui si sposta sulla poltroncina di fianco alla mia. Mi copre dal resto del bar. Io slaccio la cintura e sbottono i pantaloni. La mia mano entra nel mio intimo e inizia a titillarmi il clitoride. Abbasso lo sguardo mentre le mie dita iniziano a bagnarsi. Mi vergono di me stessa. Una moglie. Una madre. Una donna perbene, ricattata ed eccitata dalla sfida di un ragazzo. Sono rossa in volto.
«Guardami negli occhi mentre provi piacere!».
Fisso i suoi occhi verdi e lui guarda i miei. Sono rossissima per l’imbarazzo. Inizio a tremare per il piacere che provo e perdo l’equilibrio. Sto per cadere sul tavolino, ma lui mi ferma.
«Ti ho preso! Hai goduto?».
Mi sento completamente indifesa. In un attimo di lucidità rispondo.
«Sì. Ho goduto! Ora cancella il video!».
Mi porge il suo telefono e cancello tutto.
«So che ti è piaciuta questa sfida. Sei annoiata. Una donna come te non si tocca in ufficio se non per noia. Potrebbe essere interessante vedere come reagirai alla prossima che ti farò. Sempre se accetterai.».
Se crede che sia così disperata, si sbaglia di grosso. Mi alzo per andarmene.
«Cosa avresti fatto se non avessi accettato la sfida?».
«Avrei cancellato comunque il video. Ma il fatto non è cosa avrei fatto io, il fatto è che tu hai accettato!».
Mi fermo immobile. Ha vinto lui!
Mi passa di fianco.
«Ed ecco la prossima. Devi venire da me e chiedermi di continuare con questo gioco delle sfide. Non so quando, ma so che accetterai anche questa. Oggi hai capito che la noia della tua vita ha una cura, e quella cura sono io. A dopo, Capo!».
Ho la testa che mi scoppia. Le sue parole fanno eco nel mio cervello e sento una cosa mai provata prima. Sento un fuoco dentro, un fuoco che solo una cosa può estinguere. Gli umori che proprio adesso, a pochi attimi dalla sfida, mi stanno inondando le mutandine.
Mi guardo allo specchio e sono come sempre fin troppo autocritica con me stessa. Trovo cose che non vanno ovunque guardo.
«Amore, come ti sembro?».
Indosso un completo nero e una camicetta bianca che non risalta per niente le mie forme. Non ho un seno enorme, ma la mia terza tutto sommato si difende bene.
«Sei bellissima!».
«Il trucco? Come ti sembra?».
«Quegli occhioni azzurri non hanno bisogno di trucco. Incanterai tutti.».
«I capelli?».
«Perfetti. Addirittura più biondi del solito. Amore, stai tranquilla!».
Mio marito si avvicina e mi bacia. Mi sussurra nell’orecchio che sono una bomba e mi tranquillizza.
Mi sistemo il lucidalabbra e mi guardo nello specchio. Sono una donna di 35 anni, sposata con due figli e oggi inizio il mio nuovo lavoro come direttrice marketing di una casa editrice indipendente. Ammetto che sono nervosa.
Le cose vanno per il verso giusto. A metà mattina ho una riunione per conoscere le persone che da oggi lavoreranno sotto di me. Inizio ad affiancare gli editori nei colloqui con gli autori. Dobbiamo selezionare quelli che saranno i nuovi titoli della primavera.
I primi giorni passano velocemente e piano piano la routine prende il sopravvento sull’eccitazione di una nuova avventura lavorativa.
Vi siete mai sentite intrappolate nella vostra vita? Io sì. Una vita all’apparenza perfetta, ma quasi noiosa. Amo mio marito, ma da tempo ha smesso di soddisfarmi sessualmente – e credo che la cosa sia reciproca.
Da qualche tempo sento la necessità di sfogare la noia sul mio corpo. Voglio trasformarla in piacere. Mi sembra ti tornare ragazza quando mi toccavo le prime volte. Eppure eccomi qui a 35 anni a cercare un attimo di privacy per me stessa. Missione che sembra essere impossibile tra le chiamate di lavoro, i capricci di mio figlio e i compiti di mia figlia, senza considerare le faccende di casa e il doverlo fare di nascosto per non ferire la virilità di mio marito.
È lunedì mattina e sono tutti pronti per iniziare la settimana. Io sono già vestita prima degli altri, con mio marito e i bambini che sono intenti a fare colazione. Indosso una camicetta beige e un paio di pantaloni lunghi bianchi; sono pronta per uscire. Non ho molto tempo, ma ho una voglia matta. Mi chiudo nel bagno padronale. Prendo il telefono e ci attacco un paio di cuffiette col filo. Apro il browser, modalità incognito, e vado sul primo sito che trovo. Cerca: doggy style. Mi ritrovo in piedi davanti al lavandino. Con il telefono appoggiato alla mensolina dello specchio con un porno in alta definizione. Mi slaccio i pantaloni e infilo la mano nelle mie mutandine. Le mie dita si fanno strada tra la foresta di pelo che cela il mio clitoride. Finalmente lo sfiorano. Inizio a stimolarlo premendo l’indice sul mio bottoncino dell’amore. Vedo la donne a pecorina nel video con lo stallone di colore che la monta violentemente. Sento i gemiti di piacere strozzati dagli affondi del membro dell’uomo e la mia mano segue il ritmo degli affondi. Solo che, al posto di quel grosso pene, ci sono le mie minute dita fradice. Dio… quanto vorrei essere presa così in questo momento. Aumento il ritmo sempre di più, sto per raggiungere il meritato orgasmo, quando…
«Mamma! Non trovo la cartella. Dove l’hai messa?».
«Amore, arrivo!».
Mi dico che mio figlio può aspettare due minuti. Il tempo di venire. Riprendo a fare andare le dita dentro le mie mutande e alzo la testa. Mi guardo allo specchio.
“Che razza di madre considera un orgasmo più importante dei figli?” penso. Il clima si è perso. Mi sistemo e raggiungo i bambini, ancora una volta a bocca asciutta, o meglio con qualcos’altro di asciutto.
A lavoro ho una riunione dietro l’altra, ma la giornata svolta nel tardo pomeriggio quando incontro un giovane autore emergente. Un tipo assolutamente normale. Belloccio, ma non di una bellezza stravolgente. L’idea di fondo del suo libro non è per niente male, ma ci sono delle cosa da sistemare. Parlando con lui, scopriamo che è in cerca di un lavoro e ci chiede se qui assumiamo. In effetti, si è da poco liberata una posizione come mio assistente personale, ruolo che sembra interessare al ragazzo. Decido di prenderlo per un periodo di prova. Finiamo il colloquio e mi ritiro nel mio ufficio. Per oggi ho finito e la maggior parte delle persone sono già andate via. Ho un po’ di tempo prima di tornare a casa. Tempo che so perfettamente come impiegare. Prendo il telefono, collego le cuffie e la mano torna nelle mie mutandine. Mi lascio andare al piacere e, dopo aver esplorato ogni centimetro della mia passerina con le dita, finalmente vengo scossa da un forte orgasmo. Ancora non lo sapevo, ma quella sessione di autoerotismo in ufficio mi avrebbe cambiato la vita.
Sono quasi a casa quando ricevo un messaggio sul telefono.
La più insospettabile è la mano più birichina!
Seguito da un breve video girato poco prima in ufficio. Ci sono io, seduta alla mia scrivania. La mano che chiaramente si adopera per il mio piacere e il volto scosso dall’orgasmo.
Vado nel panico. Qualcuno mi ha visto. Qualcuno mi ha addirittura filmato. Se si diffondesse la mia vita sarebbe finita. Perderei lavoro, famiglia, la mia reputazione… perderei tutto quanto. Guardo il contatto. È nella mia rubrica. Alessio. Il giovane autore promettente. “Cosa dovrei fare? Non so proprio. Dovrei dirlo a mio marito? No, poi verrebbe a chiedermi perché mi stavo masturbando in ufficio, se lo facevo per qualcuno o con qualcuno, la sua gelosia e il suo giudicarmi non mi servono adesso. La polizia? Si, ma dovrei fare una denuncia e poi si verrebbe a sapere tutto… Oddio e se lo mettesse su internet? Sarebbe la fine!”, la mia testa è una marea di pensieri. Drindrin. Una nuova notifica. È ancora lui.
Alessio: Non diffonderò nulla. Se lo rivuoi dovrai fare una cosa per me!
Io: Cosa?
Alessio: Domani mattina prima di entrare in ufficio vieni al bar di fronte all’editore.
Te lo dirò di persona. Ore 8.30. Puntuale. Capo.
Non dormo per niente. Ho continuamente il terrore che il video venga diffuso. Sono le 3 quando mi alzo, vado in bagno e cerco di spegnere la mente con l’unica cosa che so funzionare, un altro porno.
La mattina seguente mi presento come dà indicazioni. Sono infuriata, e terrorizzata, e preoccupata … un miscuglio infinito di emozioni.
Lo vedo è seduto su una poltroncina in un angolino isolato del bar. Sul tavolino ha una tazza di cappuccino e una brioches davanti; e un’espressione pacifica sul volto. Mi siedo davanti a lui. Lo fisso in quegli occhi verdi intensi e inizio a parlare con un tono minaccioso.
«Se non cancelli quel video… io …».
Cazzo! Inizio a balbettare per il nervosismo.
Lui ride. Ride di me lo stronzo! Un sorriso molto bello in realtà e anche di viso, i capelli neri, la barbetta incolta… “Sveglia Sofia! È lo stronzo che ti ricatta. Mica devi portartelo a letto!”, mi rimprovero tra me e me. “Portarmelo a letto – penso – potrebbe essere una buona idea! Per non farmi ricattare.”.
«Tu?».
«Vado dalla polizia e ti denuncio!».
«Saresti già andata! E comunque lo cancellerò!».
«Cosa vuoi? Vuoi scoparmi? È questo che vuoi?».
«Come mai questa idea? Potrei volere dei soldi, invece. Non è che sei tu che vorresti che ti scopassi?».
Divento bordeaux in viso. Cazzo! Perché mi sento così piccola davanti a lui. Che tra l’altro, ho una decina d’anni in più di lui.
«Voglio proporti una sfida. Se lo rifarai, ora, cancellerò tutto. E poi magari…».
Questa richiesta mi lascia senza parole e al tempo stesso però fa scattare qualcosa dentro di me.
Faccio semplicemente un cenno con la testa.
Lui si sposta sulla poltroncina di fianco alla mia. Mi copre dal resto del bar. Io slaccio la cintura e sbottono i pantaloni. La mia mano entra nel mio intimo e inizia a titillarmi il clitoride. Abbasso lo sguardo mentre le mie dita iniziano a bagnarsi. Mi vergono di me stessa. Una moglie. Una madre. Una donna perbene, ricattata ed eccitata dalla sfida di un ragazzo. Sono rossa in volto.
«Guardami negli occhi mentre provi piacere!».
Fisso i suoi occhi verdi e lui guarda i miei. Sono rossissima per l’imbarazzo. Inizio a tremare per il piacere che provo e perdo l’equilibrio. Sto per cadere sul tavolino, ma lui mi ferma.
«Ti ho preso! Hai goduto?».
Mi sento completamente indifesa. In un attimo di lucidità rispondo.
«Sì. Ho goduto! Ora cancella il video!».
Mi porge il suo telefono e cancello tutto.
«So che ti è piaciuta questa sfida. Sei annoiata. Una donna come te non si tocca in ufficio se non per noia. Potrebbe essere interessante vedere come reagirai alla prossima che ti farò. Sempre se accetterai.».
Se crede che sia così disperata, si sbaglia di grosso. Mi alzo per andarmene.
«Cosa avresti fatto se non avessi accettato la sfida?».
«Avrei cancellato comunque il video. Ma il fatto non è cosa avrei fatto io, il fatto è che tu hai accettato!».
Mi fermo immobile. Ha vinto lui!
Mi passa di fianco.
«Ed ecco la prossima. Devi venire da me e chiedermi di continuare con questo gioco delle sfide. Non so quando, ma so che accetterai anche questa. Oggi hai capito che la noia della tua vita ha una cura, e quella cura sono io. A dopo, Capo!».
Ho la testa che mi scoppia. Le sue parole fanno eco nel mio cervello e sento una cosa mai provata prima. Sento un fuoco dentro, un fuoco che solo una cosa può estinguere. Gli umori che proprio adesso, a pochi attimi dalla sfida, mi stanno inondando le mutandine.
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