Due punti di vista

di
genere
etero

Entrò in un attimo… La chiave nelle serratura ben oleata. Il rumore metallico del meccanismo e poi quello stridio dello scatto. Entrai dentro a mia volta come una valanga e spinsi con un calcio la porta dietro di me, un rombo scoppiò nelle scale. Spinsi lei contro la parete di fronte, un bacio sul collo, un assaggio. La voglia.
Le schiaffeggiai il culo, lo palpai con fierezza, orgoglioso di lei, come fosse un trofeo o un premio per il mio cazzo. Un bacio fuggente, saliva e passione. I suoi occhi luccicanti, la sua fuga verso la cucina. Indietreggiò accostandosi al tavolo, l’afferrai a me di nuovo. Strinsi entrambe le natiche, fino a farla alzare sulle punte tipo ballerina per poi levitare. Il dolore sostò sulle sue labbra un po’ come chi prova a gettarsi da una scogliera e guardando nel vuoto, in quel cazzo di mare, ci ripensa.
Alzai via quella sua maglietta insulsa, come per svestirla dal peccato, e la gettai. Il reggiseno, via. Notai come io fossi bravo a denudare donne. In tutto ciò lei mi spinse, o almeno ci provò poverina. Forse pesavo quaranta chili più di lei, in pratica me la sarei sbattuta come una bambolina…
Indietreggiai e mi sedetti sulla prima sedia a tiro. Lei che mi guardava con la faccia vogliosa, si inginocchiò come in un confessionale, come una furia cieca abbassò i miei pantaloni e slip fino alle caviglie, trovò la sua assoluzione ma non credo la liberi dal peccato. Senza convenevoli e smancerie, avvolse le sue morbide a carnose labbra sul mio cazzo inghiottendolo, nello stesso medesimo instante iniziò ad insalivarlo. Spompinò tenendo le mani dietro la schiena come le avevo insegnato. Movimenti libidinosi eseguiti con passione e precisione, come se fosse una pompinara olimpionica, medaglia d’oro
Gustai ogni singolo fottutissimo millisecondo di quel gesto spontaneo, perfetto. Godevo e non nascondevo il piacere che lei mi donava con quel pompino minuzioso. Vedevo la fiamma della passione nei suoi unici occhi verdi quando i nostri sguardi si incrociavano dall’alto al basso. La brama del mio cazzo nella sua bocca e nella sua figa maleducata.
“Alzati e dimostrami che sei la mia puttana!”
Lei ubbidì come una soldatessa mostrando un sorriso serio, di sfida. “Si, mio signore!”
Si alzò regale come una regina, carica di sensualità pronta ad esplodere eppure, riuscì a levarsi i pantaloni e il perizoma senza alcuna grazia. La sua figa brillava, potevo vedere le secrezioni che colavano lentamente lungo l’interno coscia. L’effetto della mia mano nella sua figa prima di entrare in casa si trasformò in un odore pungente. I suoi umori luccicanti mi eccitarono. Balzò sul mio cazzo come una campionessa di salto sull’asta. Dapprima fu un salta-salta a ritmo insensato come se dovesse raggiungere il paradiso montando il mio cazzo come una diavola in calore, il tutto gestendo la spinta con le punte dei piedi a terra e le mani sulle mie spalle. E le mie di mani?
Le mie mani erano in esplorazione su tutto il suo corpo peccaminoso mentre lei godeva beata, e io… Cazzo se godevo ma, guardare il suo volto sfigurato dal piacere era meglio del sesso. In preda a qualche spasmo di goduria prima dell’orgasmo, quel movimento frenetico da monta competitiva rallentò fino ad assestarsi ad un ritmo più umano ed erotico.
Ondeggiò il basso ventre verso il mio corpo esattamente come una onda che si avvicina alla spiaggia, un’onda che con la stessa delicatezza si ritira e torna più forte, si ritira e… le onde si alzano, l’acqua schiumosa avanza impossessandosi della spiaggia, moto dopo moto. Una conquista? No, un tremendo tsunami scatenatosi sul mio cazzo. Percepivo il glande accarezzato dal suo utero o da organi che non sapevo come si chiamassero a quella profondità. Dopo una intensa e particolare sensazione di piacere, simile all’acqua del rubinetto che scorre sopra il cazzo, quel mio piacere intenso si riflesse sul suo bellissimo volto. Inarcò leggermente la schiena rendendo i seni due meravigliose coppe da cui sorseggiare nettare. Sollevò con le mani i suoi lunghi capelli castani dai riflessi rossi come quelli di un tramonto catanese. Era magnifica e focosa scuotendo i capelli per levarsi di dosso il piacere del tradimento. Era sensuale e vorace, un piccolo angelo assetato di lussuria. Continuò ad ondeggiare aggiungendo piccoli salti al suo rituale sessuale. Io l’aiutavo palpando e spingendola dal culo, incoraggiandola al ritmo incauto dell’inizio. La piccola campionessa olimpionica durò molto poco… Si alzò e riversò lo spruzzo dell’orgasmo sul mio cazzo, sulle mie cosce.
“Ancora!” Le ordinai.
Lei si massaggiò la fica e si calò sul cazzo. Qualche penetrazione, gemiti. Spruzzò .
“Ancora!” Le ordinai nuovamente guardandola negli occhi sconvolti che parevano meno verdi e più grigi. Lei non si fermò. Montò ancora il mio cazzo duro e spruzzò la sua eiaculazione cristallina.
“Ancora e ancora!”
Continuai a farla spruzzare incurante di una possibile disidratazione. Lei invece iniziò a pregare in latino e pure al contrario.
Le sue secrezioni si riversarono in una pozzanghera sul pavimento, assunsero un colore scuro e un odore acre e pungente. La cucina si era riempita di sesso.
“Ripuliscimi il cazzo puttana!”
E lei obbediente e felice di compiacermi aprì la bocca, tirò fuori l’abile lingua e ripulì il mio cazzo con cura. Da sotto a sopra assaporando il suo sapore miscelato alla mia pre-eiaculaziome.
L’igiene intima divenne un pompino dei suoi… preciso, passionale e difficile da resistere. Le sborrai in faccia copiosamente. Un paio di schizzi bianchi e filamentosi che si appiccicarono sul labbro superiore ed una serie di schizzi tipo pioggia su tutto il bel faccino. Era stata bravissima… almeno nel primo round… “Va in camera tua e metti il collare di Winter… Mio dolce amore!”
“Vado subito amore!”
“Gattonando amore, devo guardare il tuo meraviglioso culo…”

Con solerte obbedienza e senza esitare, puntando i suoi occhi che ora erano di fuoco come i miei, con snervante lentezza mi abbasso e mi metto a quattro zampe dandogli le spalle e comincio a gattonare verso la porta che dalla cucina mi avrebbe condotto alla mia stanza. Sento i suoi occhi puntati addosso, mi giro e lo fisso ancora una volta. Sono davvero pronta a cominciare questo gioco? Non ne sono sicura ma la canzone è suonata e adesso bisogna ballare.
“vi state godendo lo spettacolo , mio signore?” lo apostrofo, sfidandolo ancora. Non so dove abbia trovato il coraggio di farlo, intanto lo faccio senza pensarci troppo perché potrei pentirmene.
“ dovresti essere un uomo per capire che spettacolo sei e vista così sei ancora meglio. Non ti fermare! Vai a prendere quel che devi! E sbrigati pure!!” il suo tono sempre così dispotico ed imperativo. L’effetto che mi da è pressoché immediato. Qualcosa continua ad insinuarsi tra le mie gambe passando per il cuore e schizzandomi dritto al cervello. Uscita da suo campo visivo mi rimetto in posizione eretta. Qualche goccia dalle mie gambe, sfidando la gravità, rimane sospesa. Sono fradicia. “Maledizione” impreco a denti stretti. Non voglio farmi vedere così vulnerabile, così alla sua merce. Non importa farò i conti con me stessa dopo. Mi avvicino verso la cassettiera dove meticolosamente avevo preparato qualcosa. Si anche il collare era lì. È di cuoio naturale, resistente e dall’odore caratteristico del cuoio non sintetico. Lo afferro, tolgo la medaglietta come a non voler profanare una cosa pura. Lo avvicino al collo, mentre aggancio la fibbia mi accorgo che le mie mani tremano, ma non ho freddo. Paura? Eccitazione? Si ho paura, non conosco i suoi limiti, a stento conosco i miei. E se non riuscisse più a controllarsi? Se in un’impeto mi lascia segni in faccia, che cazzo racconto ai miei e in giro? Pesa quasi il doppio di me sarebbe stupido pensare di poterlo scostare da me. Sono fottuta. Ma sono anche terribilmente eccitata, è bastato solo un bacio accuratamente posato sul collo a far scatenare la mia voglia. È successo pochi istanti fa e ancora ho la pelle d’oca dappertutto. Mi sono trattenuta fin troppo in stanza, o mi chiudo qui o decido di uscire e come finisce si vedrà. Decido di uscire e tornare in cucina.
“non ti avevo detto che volevo vederti gattonare? Stai rischiando di essere punita e la mia punizione sai cos’è”
“chiedo venia, mio signore ma ho le mani occupate. Se potreste essere così magnanimo da perdonarmi ne sarei riconoscente” articolo un linguaggio forbito ed altolocato, so che gli piace e lo eccita, non gli faccio vedere però cosa tengo tra le mani e parte dell’avambraccio destro; lo scoprirà presto. Mentre cerco di posare il materiale sul ripiano di marmo, lo sento muoversi dietro di me ed in un attimo mi cinge i fianchi con le sue mani forti a tratti rude e sento premere la sua erezione nuovamente prorompente. Quel tocco delicato dura davvero poco, in un gesto fulmineo la sua mano sinistra è in mezzo ai miei capelli, li tira, resisto. La sua mano destra invece ha afferrato una delle natiche, la strizza con violenza. Quei gesti mi costringono a reclinare la testa ed esporre la gola. Lui si abbassa, sento il suo fiato farsi pesante, mi afferra il collo con la mano che precedentemente afferrava i capelli. Mi sfiora con il pollice la pelle interrotta dal collare. Il suo fiato è sempre più caldo, intenso. Sta godendo? Io cerco di mantenermi lucida, ho fatto un “copione” vorrei rispettare almeno qualche battuta. Fallisco miseramente. Mi tremano le gambe, ho
Il fiato corto anche io, la salivazione è quasi assente. Sono una preda, la SUA preda. Poco importa saprò come ribaltare la situazione. Mentre il suo pollice continua la sua danza sul mio collo, colgo l’occasione per girarmi. Adesso lo vedo. È così bello. Nei suoi occhi a volte smarriti vedo un caleidoscopio di emozioni. So di certo che sta frenando i suoi istinti se no sarei già legata è sospesa da qualche parte. Ma a me piace, piace tutto di lui e sono terribilmente attratta da tutto quello che lo avvolge nel suo velo misterioso. Ne sono attratta come lo è una falena verso la luce. Mi siedo con il culo sul ripiano, la sensazione di freddo mi fa trasalire un attimo. Con le gambe lo attiro a me e gliele cingo attorno alla vita. Pare che a lui questo gioco piaccia, mi lascia continuare senza parlare e muoversi. Adesso la sua erezione mi preme contro il pube, è così calda, vorrei averlo dentro ma mi trattengo. Decido di baciarlo con passione, lui ricambia la mia passione. Con voracità le nostre lingue si incontrano, esplorano le rispettive bocche ansanti. Ad un tratto lo spingo via e lo faccio sedere sulla stessa sedia dove prima avevamo scopato.
“ ho preparato delle cose, mio signore, permettimi di sistemarle e di fare a modo mio” gli dico con voce suadente e carica di desiderio
“conterò fino a 10, dopodiché sarai mia che tu lo voglia o no” uno strano bagliore lampeggia nei suoi occhi. Mi affretto ad accendere la cassa Bluetooth per mettere un po’ di sottofondo musicale che, mescolato ai nostri gemiti, sarebbe stata una sinfonia degna davvero di una corte medievale.
“1…2….3….” sta contando davvero. La mia agitazione cresce.
“…7..8..9… tempo scaduto ora sono cazzi tuoi, anzi ora il MIO cazzo è tuo”. D’improvviso scatta in avanti, percepisco il suo movimento e come una gazzella mi porto oltre il tavolo, dopotutto sono sempre a casa mia, nella MIA tana. Cominciamo una strana danza attorno al tavolo, gli sfuggo, lo sfido ancora e ancora, mi diverto.
“ Se ti arrendi ora, sarò magnanimo” mi urla con un accenno di affanno.
“ Prendimi prima e poi ne riparliamo se ne hai la forza dopo” lo sbeffeggio e so che lo farà diventare ancora più intrepido di sottomettermi. Quasi in risposta ai miei pensieri, con un balzo salta sul tavolo e mi afferra un braccio. Mi ha preso. Il suo poco equilibrio scontrandosi con il mio corpo ci fanno barcollare un attimo. Dopo quel momento di stasi, lui mi sovrasta del tutto.
“Ti ho detto che ti avrei preso, avresti fatto bene ad arrenderti a me fino a quando ancora potevi” mi dice serio e con una voce suadente così carica di eccitazione.
“Ti ho sempre detto che con me non avresti vita facile, non sono così arrendevole come pensi tu, mio Signore, sono pronta a pagarne le conseguenze, tuttavia ti chiedo di essere clemente, mio Signore” so che quelle due parole così scandite, per lui sono adrenalina pura. Mi afferra dal gancio del collare, mi strattona, comincia a tirarmi verso il basso. So cosa vuole, ma lo lascio fare.
“inginocchiati al mio cospetto… puttana” è carico, ma nel pronunciare quella parola sento un accenno di risentimento come se non volesse. Lui è così, ormai lo conosco. È come se qualcuno gli avesse scritto un copione dal quale non potersi sottrarre in determinate occasioni, come se fosse costretto a dire, a fare quelle cose anche se non vorrebbe. Lui è dottor Jekyll e Mr. Hyde. Rude e dolce. Aggressivo e premuroso. Volgare e cortese. Lui è una contraddizione vivente. Proprio come me. Quelle parole comunque non mi feriscono, ho imparato a non dare peso agli “insulti” il tutto sta nel peso che si dà alle parole. Per me “Troia” in quel momento era una parola come un’altra. Cerco di opporre resistenza ma lui è molto forte ed io sono stanca per via della folle danza attorno al tavolo, crollo rovinosamente sulle ginocchia. Alzo lo sguardo e lo punto
“Così va bene mio signore?” lo interrogo per leggerlo un po’ dentro
“Potrebbe andare meglio” la bocca piegata in un ghigno. “Qualcosa” comincia ad entrare nel mio campo visivo, “qualcosa” che comincia dove la sua meravigliosa V dei suoi fianchi finisce. La sua erezione è eccessiva ed inopportuna, quasi irriverente. Senza che avesse facoltà di parlare o fare qualcosa, senza troppi convenevoli lo prendo in bocca. Avvolgo le labbra sul suo cazzo pulsante, lo so che mi brama, così come la sua anima brama la mia. A quel gesto si aggrappa con entrambe le mani alla mia testa come se improvvisamente gli mancasse la terra da sotto i piedi e io fossi l’unico appiglio esistente. La mia foga di succhiarglielo cresce nuovamente, lui conosce perfettamente la mia bravura magistrale nel fare pompini.
“Così dai… succhialo come sai fare tu” mentre parla un gemito gli strappa il fiato. Non perdo tempo, mentre faccio scendere la bocca su e giu, tra il suo cazzo e la mia cavità orale, contrappongo la lingua. Mentre scendo e risalgo adesso lo accarezzo anche con la lingua, è bollente. Anche la mia figa comincia ad essere bollente e la brama di cazzo inizia a farmi perdere lucidità. Senza che lui se ne sia accorto, durante il pompino, pian piano l’ho fatto avvicinare ad una sedia, parallela a quella dove avevamo scopato prima. Ma non ho intenzione di scopare di nuovo sulla sedia. Con gesto fulmineo, attenta a non fargli male, mentre ho il cazzo piantato in bocca, lo spingo indietro facendolo atterrare sulla sedia. Riesco a guardarlo per un attimo, mi beo del suo viso, della sua gola che emette suoni di piacere. Con una sola leccata che va dalle palle, passando per tutta l’asta e finendo sul glande, gli assaporo tutto il cazzo per poi alzarmi. Incredulo mi guarda.
“Dove credi di andare?” mi chiede ancora stordito. Prima che potesse dire altro, gli metto un dito sulle labbra come a volergli imporre il silenzio, mi chino sulle sue labbra, il mio dito e le mie labbra e gli bacio l’angolo della bocca mentre gli accarezzo i capelli.
“Devo andare un attimo in bagno.” Dopo la scopata da sedia, sebbene avessi perso molti liquidi, non avevo ancora liberato la vescica. Saltellando mi dirigo verso il bagno e vedo che lui è ancora sulla sedia come se fosse una giacca abbandonata. Apro la porta del bagno e mi dirigo verso il wc, mentre sono assorta nei miei pensieri, un’ombra guizza per andarsi a posizionare sull’uscio della porta. Mi fissa quasi divertito.
“ Vi state godendo lo spettacolo?” Gli urlo mentre cerco di coprirmi
“ sei tu lo spettacolo piccola, il resto non conta” mi dice in tono mellifluo
“ Se continui a fissarmi non riesco a finire e resteremo per sempre qui, dai vai via sono da te tra un attimo” gli urlo mentre gli spingo la porta contro come a voler dare manforte alla mia posizione.
“ esterei per sempre a guardarti, ti giuro se tu potessi vedere con i miei occhi capiresti cosa provo, non importa cosa tu stia facendo, sei naturale, sei disinvolta e sopratutto sei mia, non chiederei altro se fossi condannato all’immortalità. La spenderei così. Ammirandoti, come si fa con un’opera d’arte”. Le sue parole mi avevano incantato letteralmente. Non sapevo cosa dire. Nel frattempo io avevo finito di fare quello che dovevo fare. Mi alzo e mi dirigo verso il bidet. L’igiene prima di tutto. La mia calamita personale cambia postazione, adesso il mio “mega fusto” è seduto sul coperchio del wc e continua a fissare ogni mio movimento. Nel frattempo la cassa in cucina sta riproducendo “ l’inverno” di Vivaldi. È a suo agio, conosce ogni posto di casa mia come se ci vivesse forse perché lo ha visto e rivisto in foto. Mentre, apparentemente, non curante di lui mi accingo a lavarmi accuratamente, lo sento scivolare come un ombra dietro di me. Si inginocchia per arrivare al mio livello. La sua mano scorre sulla mia schiena, mi manda i brividi. Pian piano traccia un percorso preciso e mirato. Arriva in mezzo alle mie gambe, sposta la mia mano che fino a quel momento era intenta a lavarmi e continua lui quel rituale di igiene.
“ Riesco ancora a lavarmi da sola, vedi” gli dico appoggiando la testa contro il suo vigoroso petto.
“ Lo so, ma mi voglio prendere cura di entrambe” mi risponde baciandomi la nuca con un bacio casto e delicato. La sua mano diventa sempre più curiosa di esplorare, mi massaggia le labbra, le apre trovandone il clitoride. Improvvisamente mi mette due dita dentro strappandomi un gemito. Continua a fare entra ed esci dalla mia figa che già bagnata di acqua comincia a bagnarsi di eccitazione. Schizzi finiscono ovunque, sulla mia pancia, per terra, riescono persino a raggiungerlo. Il ritmo è sempre più forsennato. “ Hai deciso di farmi venire in questa posizione, dunque” gli dico sapendo dove vuole arrivare. “Ogni tua goccia è mia e mi appartiene piccola, adesso non pensare a nulla ma solo a godere, vieni per me ancora una volta, fallo per me”. Come se io potevo negarmi a quella minuziosa pratica che, meravigliosamente, stava compiendo in mezzo alle mie gambe. Con quelle poche parole aveva abbattuto le mie difese, spezzato i miei freni inibitori. Così come la pioggia continuava a battere incessante ne “l’inverno” di Vivaldi, abbandonandomi tra le sue mani vengo riversandogli la mia pioggia che, mescolandosi all’acqua diventa un unico fluido bollente. Mi alzo e mi volto, i miei occhi ardono di passione, sarà forse che avevo aspettato molto di vederlo che adesso la mia passione per lui non aveva fine. Gli metto le mie mani sul petto, la sua pelle mi piace. Mi alzo sulle punte e lo bacio, gli esploro la bocca con la lingua, un bacio che racchiude mille promesse. Mentre continuo a baciarlo muovo dei passi in avanti, lui di contro indietreggia. Arriviamo sul marmo del bagno, lo specchio dietro mi permette di vedere le sue spalle muscolose, il suo tatuaggio. Mi ci aggrappo con entrambe le mani, mentre le sue sono sui miei fianchi, li stringono sempre più forte man mano che la voglia tra di noi sale così come la sua erezione che mi preme contro il basso ventre. In una danza di mani e di lingue ci ritroviamo entrambi ognuno tra il sesso dell’altro. Senza alcun ritegno, ma con un briciolo ancora di lucidità, afferro un’asciugamano dall’appendino e lo butto per terra. Lo voglio adesso e subito. Senza troppi convenevoli ed assecondandomi, capisce perfettamente cosa ho in mente di fare. Si mette a sedere come se fosse un tappeto persiano pregiato e mi guarda attentamente. Il suo sguardo forse è quello che mi piace e che mi fa accedere così. Mi siedo a cavalcioni su di lui, il suo membro strofina con il mio pube rendendomi famelica. Mi accarezza la schiena, mi bacia il collo, lo morde a tratti.
“Hai un sapore così buono piccola, la tua pelle sa di pulito”
“ mi stai prendendo in giro? Profumo di tutto ma non di pulito” gli dico di rimando. A quelle parole con un gesto fulmineo del bacino mi penetra senza preavviso. Gemo a lungo, presa di sorpresa, mentre mi morde il lobo dell’orecchio mi su sussurra con una sorta di mezzo ringhio. Tipicamente suo: “quante vote ti ho detto di non controbattere quando ti faccio dei complimenti?”
“Tante” gli rispondo mentre spingo verso il basso con il bacino facendolo affondare dentro di me. Cominciamo a muoverci, dapprima lentamente, poi il ritmo cambia. Anche la musica cambia. “ La cavalcata delle Valchirie” di Richard Wagner riempie la stanza. Come una Valchiria comincio a cavalcare il mio Odino del sesso. Lui ne è estasiato, si gloria del mio godimento, sa che è lui a darmi piacere così come so che lui gode insieme a me. Le sue mani sono ovunque, prima sui miei piccoli seni, poi afferrano il mio culo, allarga le mie natiche per penetrarmi sempre più in profondità e con estrema veemenza. I nostri corpi che sbattono l’un l’altro si accodano alle note di Wagner. Le mie gambe cominciano a tremare e capisco che per me è l’inizio della fine. Mi passa un dito sulle labbra, lo succhio in modo spontaneo. Mentre è ancora umido della mia saliva me lo passa sul clitoride. Uno spasmo improvviso colpisce le mie gambe che prendono a tremare. Si mette di nuovo a sedere e sento il suo cazzo fin dentro lo stomaco, è vigoroso. Da quella posizione mi cinge la vita con un braccio e mi solleva in aria. Si mette in piedi anche lui, appena ripreso l’equilibrio, senza farmi toccare per terra, mi sbatte contro il muro. Le piastrelle sono fredde, ma il mio calore potrebbe persino scioglierne lo smalto. Mi aggrappo a lui con gambe e braccia mentre lui mi sbatte contro il muro. Ringhia, geme, dalla sua gola emergono suoni gutturali.
“ prendi ancora l’anticoncezionale vero piccola?” Mi sussurra “sto per venire e voglio riempirti tutta”
Non ho la forza di rispondere, voglio che continui quella meravigliosa danza. Lui ha un attimo di titubanza, rallenta il ritmo mi guarda perplesso. Capisco di non avergli risposto, ho la forza di annuire. Con altre due vigorose spinte vengo copiosamente, il mio liquido riesce ad uscire fuori e colare a terra nonostante lui sia ancora dentro. Basta quello spettacolo che lui viene dentro di me, sento il suo liquido invadermi, le pulsazioni del suo cazzo richiamano la mia figa a contrarsi a sua volta. Mi mette per terra ma non esce. Restiamo per un po’ ansanti e appagati.
“Sei stata fantastica piccola” mi bacia con dolcezza
“ non avevo dubbi di te, sei un dio del sesso tu” lo stringo a me, forte. Le mie gambe non smettono di tremare alle quali si associano adesso anche le braccia. Come se improvvisamente avessi freddo.
“ stai bene? È tutto ok? Ti ho fatto male?” Mi chiede prendendomi il viso tra le mani con un fare improvvisamente premuroso.
“ si sì è tutto ok, questo è l’effetto che mi fai, stai tranquillo sto bene”
“ sei tutta sudata, hai bisogno di una doccia”. Dietro quelle parole pensavo si celasse altro. Assicurandosi ancora una volta del mio stato, mi fa sedere sulla tavoletta. Raccoglie la tovaglia da terra, ormai inutilizzabile. Apre l’acqua della doccia e mi porge una mano.
“ voglio prendermi cura di te adesso” mi dice.
“ non sei ancora sazio?” Gli dico incredula. Non so se fossi riuscita ancora a fargli piacere, iniziavo davvero ad accusare qualche segno di stanchezza.
“ di te? Sazio? Mai! Sebbene sia una proposta allettante, no. Non faremo sesso di nuovo. Con te non esiste solo il sesso. Voglio tutto di te. Permettimi di prendermi cura di te”. Il suo tono è serio ma dolce. Afferro la sua mano e insieme entriamo in doccia. Lo spazio è stretto, ma insieme ci entriamo, pelle contro pelle, l’acqua che ci scorre addosso. Afferra lo shampoo, mi lava i capelli, è molto bravo nel farlo. Mi massaggia le spalle e la schiena. È delicato, premuroso. I momenti successivi li trascorremmo come una coppia follemente innamorata. A giocare con il sapone, a farci il solletico. Lui che mi asciuga i capelli, io che lo abbraccio nel frattempo ed inspiro a lungo il suo profumo. Un senso di beatitudine mi pervase. Ero con lui, tutto il resto lo avevo dimenticato.
di
scritto il
2022-12-08
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