Fantasia - Parte I

di
genere
tradimenti

Non avevo mai pensato di poter cadere in un cliché così comune: eppure, un giorno, conobbi lui, Marco, un uomo più grande di me, di ben 20 anni più grande di me, e non solo, un medico, praticamente la classe dei peggiori in fatto di storie extra-coniugali.
Avevo sempre ascoltato con occhi increduli le storie di giovani donne affascinate da uomini più maturi, ma mai avrei pensato che questo potesse un giorno avere a che fare con me.
Tutto iniziò un pomeriggio di febbraio, quando il mio responsabile mi chiese di andare ad un incontro al posto suo. Ricordo che quel giorno ero molto di malumore e non ero così felice di dover sprecare l’ennesimo pomeriggio a tappare i suoi buchi.
Durante l’incontro conobbi lui, Marco, e da lì tutto mutò: riuscì a farmi tornare il sorriso e con i suoi modi galanti, sofisticati e sicuri, riuscì ad accompagnarmi a casa dopo l’incontro. Iniziammo a parlare come se quel parlare fosse sempre stata la cosa più normale al mondo, ma soprattutto, risentii quei brividi che si riescono a provare soltanto quando si conosce qualcuno di nuovo, e risentii anche quel calore che scende veloce fino in mezzo alle gambe e che corrisponde al richiamo forte e urgente di sentire quella persona su di te.

Continuammo a vederci per mesi, sempre per incontri lavorativi, mantenendo sempre una tensione sessuale altissima e senza mai davvero fare quel passo in più. Lui sposato, io in una relazione stabile.

Per quanto la razionalità possa governare la maggior parte delle azioni, un giorno, finalmente, un incontro di lavoro fuori città ci costrinse a passare un intero weekend insieme a Parigi.

Marco: “Dopo una giornata così, dovremmo assolutamente andare a cena insieme per festeggiare, Ginevra… cosa ne pensi?”
Speravo me lo chiedesse, quanto lo speravo.
Ginevra: “Sono d’accordo, dove proponi di andare?”
Marco: “So che il nostro hotel ha un ristorante molto buono, che ne diresti di partire con un aperitivo lì? Dopo potremmo decidere con calma dove cenare…”
Ginevra: “Perfetto… mi piace il tuo programma…”.

Oddio, come mi devo vestire per questo appuntamento?
Vorrei sembrare sexy, ma senza esagerare. Opterò per una gonna, calze autoreggenti velate, intimo in pizzo nero, maglia aderente e tacchi. Professionale, semplice, ma al contempo sexy, e con una piccola sorpresa.

Scendo giù, lo vedo: quei boccoli castano scuri, occhi verdi, barba curata e quel suo completo blu con collo alto scura. Mi piace.
Mi fa un cenno e mi avvicino.
Iniziamo a bere e a parlare della giornata.
Man mano che i calici di champagne aumentano, aumenta anche la disinibizione.
È chiaro che per entrambi sia stata una tortura non potersi toccare durante tutti questi mesi.

Inizia a toccarmi una gamba con la sua mano.
La sua mano è dapprima sul mio ginocchio, e piano sale cauta lungo la coscia.
Allargo leggermente le gambe, per fargli capire che ciò che sta facendo è cosa gradita.
Continua a toccarmi.
La sua mano è leggermente sotto la gonna e si accorge che quelle che indosso non sono semplici calze, ma sono autoreggenti.

Marco: “Stavo pensando che potremmo ordinare qualcosa… sai, è un po’ tardi… ci andiamo ad accomodare ad un tavolo?”

Andiamo a sederci al tavolo.
Letteralmente sto impazzendo. Vorrei che continuasse a toccarmi. Non ho alcuna fame.
Ordiniamo entrambi un piatto leggero e continuiamo a bere dell’altro vino.

Decido di prendere in mano la situazione e tentare una leggera mossa.
Lo guardo e gli dico: “Sono un po’ stanca.. domani sarà una giornata intensa.. vorrei andare in camera.. prendiamo l’ascensore?”
E lui: “Certo, ti accompagno: a quest’ora non è mai saggio per una donna andare in giro da sola.”

Saliamo sull’ascensore.
Le nostre stanze sono al quinto piano.
Marco si avvicina: “Ho passato una bella cena con te, Ginevra, sai?”
Sento quanto questo contatto generi una forza attrattiva dalla quale è impossibile sottrarsi.
Oh mamma. Oh mamma. Ho il cuore a mille: cosa devo fare?
Lo desidero, tanto. Potrebbe magari non piacermi e a quel punto mi toglierei lo sfizio e finirebbe qui.
In fondo, se dovessi sottrarmi, onestamente, cosa mi ritroverei a fare? Mi masturberei nella mia stanza, ovvio. Pensando a lui.

Gli rispondo: “Anche per me…”, mentre con una mano gli accarezzo il bavero della giacca. Gli osservo il petto.

La sua mano si poggia sulla mia guancia, mentre l’altra inizia a toccarmi il fianco.
Il suo viso scende, i suoi occhi si socchiudono, le nostre labbra si toccano.

Mi stringe a sè, e ci baciamo prima lentamente e poi con passione.
Quella passione di chi ha troppo aspettato.

DIN.
L’ascensore è arrivato al piano.

Usciamo fuori e continuiamo a baciarci roteando sulle pareti, fino ad arrivare di fronte la sua stanza. Mi appoggia alla porta premendo il suo corpo su di me e continuando a baciarci.
Ha le chiavi in tasca, la apre.
Ho la schiena appoggiata alla porta e quasi per un pelo non cado.
Le sue braccia mi prendono e mi cingono a lui. Gli mordo il labbro inferiore.
Sorridiamo.

Richiude la porta dietro di noi.
Mentre la porta si chiude, facendo rumore, la sua mano schiocca uno schiaffo sul mio sedere.
Gli sussurro: “Continua…”
Lui fa un ghigno soddisfatto e mi dice: “Credo andremo d’accordo io e te…”

Mi passa un dito sulla mia natica e guardandomi, mordendosi il labbro, mi chiede: “Ti sei mai fatta sculacciare sulle gambe di un uomo, Ginevra?”
Gli rispondo: “No, in realtà…”
“Vorresti provare?”
“Oh si…”
E un fiume di calore si insinua tra le mie gambe.

Mi porta sul divano e mi sdraio su di lui, con il sedere all’aria, la gonna tirata su, le auroreggenti e il perizoma.

“Da quanti mesi ci conosciamo Ginevra?”
“10 mesi..”
“Direi che ti meriti 10 sculacciate per parte per ogni mese in cui tutto ciò non è mai accaduto”.

E parte!

Sono ormai 5 per natica.
Gli schiaffi arrivano sempre su punti diversi. Sa dosarsi e farmi eccitare.

Dopo i 20 schiaffi, sento il formicolio su tutto il sedere. Sto colando umori dall’eccitazione.

Lui lo sa.

Mi mette un dito dentro, se lo bagna e me lo passa tra le natiche.
“Come si fa a non volere questo bel culetto?”
Altro schiaffo.
Oddio, mi sa che vuole subito lanciarsi con l’anale.
Sono eccitata, ma anche un po’ preoccupata. Non lo faccio da così tanto tempo.

“Vienimi su, so che lo vuoi…”
Mi alzo, mi sfila le mutande e si abbassa i pantaloni.
Esce fuori il suo bel attrezzo, lungo, spesso, pieno di vene.
Mi siedo sopra di lui, prendo l’asta con la mano e me lo direziono dentro.
Lo struscio prima un po’.
Decido di farlo entrare piano.
Sento che entra, che si fa largo tra le pareti strette e umide, fradice, per l’esattezza.

Ansimiamo entrambi fortemente.

Mi tiene le natiche aperte, spalancate, mentre continuiamo questa danza.
Sento il clitoride che sbatte su di lui.
Impazzisco.

Dopo un po’ si mette due dita in bocca, le inumidisce per bene, e inizia ad appoggiarsi al buchetto del mio sedere.

Prima una, poi due, su e giù.
Su e giù.
Si inumidisce di nuovo le dita.
Si rinfila.
Le ha bagnate bene, lo sento dalla loro scorrevolezza.
Le allarga bene.
Lo allarga bene.

Sto impazzendo.
Mi sento sull’orlo di venire, ma prima voglio sentirlo nel mio culo.

Lascio scivolare fuori il suo membro, lo prendo in mano e me lo direziono verso il buco del culo.

Lui continua a tenermi aperte le natiche.

Sento la cappella entrare dentro, piano.
Oddio.
La faccio andare su e giù un po’ per abituarmi.
Lui inizia a spingere dentro tutta l’asta.

Si bagna di saliva l’asta e inizia a scorrere meglio, con più facilità.

Era da tantissimo che non provavo queste sensazioni.

Riprendiamo a baciarci, con un bacio dolce ma passionale.
Gli tengo il viso tra le mani e lui cinge con le sue le mie natiche.
Mi muovo lenta su quell’asta, e quando arrivo in fondo, il clitoride si struscia sul suo corpo.
È una lenta eccitante agonia. Vorrei rimanere sospesa in questa realtà per sempre. Quel momento in cui non solo te la godi, ma sai che presto verrai, e il tutto in perfetta sintonia e naturalezza.

Gli sposto la testa sul mio collo e mi lascio baciare.
Stringo le mie dita sui suoi ricci.

Una sua mano entra nella mia maglia, passa sotto il reggiseno e mi stringe un seno. L’altra è ferma sul mio sedere.
Le mie braccia si stringono attorno al suo busto.

Ritorna ad impegnare tutte e due le mani sulle mie natiche.

Mi bacia sulle labbra e mi morde leggermente.

Le sue mani su di me fanno aumentare leggermente il ritmo. Il mio clitoride sbatte più frequentemente su di lui.

Ansimo sempre più forte.
Non so quanto resisterò e non so quando verrà lui.

Aumento il ritmo, voglio lasciarmi andare e venire.

Mi muovo su e giù: in successione colpi veloci, alternati a profonde, lunghe, intense penetrazioni.

Me lo lascio ora completamente dentro e mi muovo quanto basta per continuare a sbattere in rapida successione il clitoride.
Muovo il bacino anche avanti e indietro.
Ansimo terribilmente.
Mi sento come in trans.

Le mie mani si piantano sulla sua schiena.

Sento l’orgasmo salire lento, esasperato.
Ogni volta raggiungo un livello di piacere superiore. Mi chiedo fino a quanto resisterò e fino a dove mi spingerò.

Sento arrivare uno schiaffo sulle mie natiche.
E ancora un altro.

Marco: “Così Gin, così… continua…”

Un altro schiaffo.

Sento l’orgasmo salire prepotente.

Un altro schiaffo.

Mi pianto l’asta completamente dentro.
Il clitoride è super premuto.
Mi avvinghio a Marco con tutta la mia forza.
Lui continua a muoversi profondo.

Altro schiaffo.

Scoppio in un urlo liberatorio.
Mi irrigidisco completamente.

Marco mi strizza le natiche e sento un suo rumore primordiale salire liberatorio.

Veniamo insieme. Abbracciati. Stretti fortissimo. Finalmente soddisfatti. Finalmente liberi.


[to be continued]

(Fatemi sapere nei commenti cosa vi è piaciuto e cosa cambiereste.
Per leggere altri miei racconti cercate anche il profilo Marty_Lilla)
scritto il
2022-12-14
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