L'isola

di
genere
pulp

Sono tre ore che tento di chiamare il segretario, qui non è venuto nessuno a prendermi.
Il porto è deserto e nel baretto in cui mi sono riparato ci sono solo i tre marinai del battello; non parlano inglese e non sanno dirmi che fare. Nemmeno il barista con lo sguardo stanco non sa nulla e non vuole telefonare a nessuno. Ma cazzo, su quest'isola di merda nessuno sa che dovevo arrivare!
Entro ed esco dal locale.
L'acqua, verde e torbida, schiaffeggia i pali del molo con schiocchi sordi. Il cielo è basso, una coltre di nuvole sfrangiate ha segato la cima del vulcano e si distende fino all'orizzonte, una curva scura delineata come un'incisione. Laggiù, lontano, dove finisce il mare, uno stretto nastro di cielo risplende cristallino sotto le nuvole grigie e ti ipnotizza con pensieri di fuga.
Nel porticciolo nessun ritardatario che s'affretti a salire sul battello. Ripartirà vuoto. Solo un manifesto, scollato da qualche intonaco, rotola e si srotola sulle pietre umide indispettito dal vento: lo blocco col piede, è la pubblicità di una Subaru, un modello di tre anni fa.
Okay, ho deciso, me ne torno indietro. Ma il cellulare mi blocca, è arrivata la notifica del bonifico: cazzo, è sbagliato.
Provo ancora a richiamare il segretario. Questa volta risponde immediatamente e mi manda in confusione, parla solo lui: “Benarrivato ingegnere, spero abbia fatto una buona traversata... Ecco, però deve abituarsi ai ritmi di quest'isola, qui non ci piace far le cose di corsa. Tra poco verranno a prenderla e già domani potrà cominciare, c'è solo un piccolo intralcio: il geometra è in vacanza, pensavo rientrasse con lei, ma arriverà senz'altro col prossimo piroscafo... Intanto potrà visionare quanto è stato fatto finora, ci aggiorniamo, buon...”
“No, un attimo per favore, il bonifico che m'avete inviato è sbagliato, è il doppio del pattuito, c'è stato un errore.” Nemmeno un respiro di risposta. “Fatemi sapere che devo fare...”
“Lei è un tipo davvero precipitoso, subito a parlar d'errori! Farò verificare, anche se dubito che ci sia stato un qualche sbaglio. Nel qual caso sarà nostra cura provvedere, il Governatore tiene molto alla sua collaborazione... Ora si goda il clima della nostra isola, la contatterò io se necessario. Il nostro collaboratore arriverà a momenti, se ha bisogno ci contatti solo attraverso lui, così sarà tutto più pratico, per lei e per noi, che siamo sempre molto impegnati.”
Ha riattaccato, figlio di puttana.
Cadono i primi goccioloni, il battello è salpato ed ondeggia mollemente verso il mare aperto.

Attendo un'altra ora.
Si chiama Raùl, quello che sarà il mio collaboratore. Ha cinquant'anni e venti chili di troppo. Parla perfettamente inglese, ma le sue sono solo parole evasive, complimenti e battute sceme, e pare non sentire quel che domando. Con lui c'è un ragazzo, alto e patologicamente magro, Jared. È sordo, ti guarda fisso e ti fa sentire in colpa.
Raùl mi scarrozza su una jeep residuato bellico fino a quella che sarà la mia casa. “T'abbiamo affittato la casa migliore dell'isola, posso darti del tu, vero? Sei così giovane... e sei già ingegnere! Devi essere in gamba tu!”
Dalla strada sterrata sale un odore di polvere bagnata e l'aria è talmente pesante che ho la schiena madida. Scarichiamo i bagagli di fretta, sotto il cielo sempre più basso. Le palme s'agitano spaventate alle prime ondate di vento caldo. Jared ci osserva.
Faccio conoscenza della mia padrona di casa. Zia Flores abita al piano terra, è una vedova. Può avere sessanta o novant'anni: indossa un abito leggero che ha perso ogni colore, cadente sulle spalle ossute e sbottonato sullo sterno incavato. Ride sdentata, ha lo sguardo lascivo e con Raùl scambia oscenità in spagnolo che io capisco fin troppo bene.
Mi mostrano l'appartamentino e di fronte al letto matrimoniale ridono da idioti. La vecchia quasi ci rimane soffocata, si salva solo scatarrando vergognosamente. Emana un odore insopportabile che mi fa alzare la voce e mandare tutti fuori.
Il diluvio arriva in uno schianto sulla foresta. Mi stendo sul letto, finalmente posso respirare.
Controllo automaticamente il cellulare; m'hanno accreditato un secondo bonifico! Questi sono tutti pazzi ed io sono stanchissimo.

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La situazione è grottesca. Nessuna traccia del geometra ed esiste un unico collegamento settimanale col continente. Non appena i sentieri sono tornati praticabili dopo la tempesta, ho fatto un sopralluogo ed ho scoperto che i lavori non sono manco iniziati, come non esiste alcun reale progetto nell'ufficio del geometra (ci sono voluti tre giorni solo perché saltassero fuori le chiavi). In ogni caso questo progetto è irrealizzabile, non sta né in cielo né in terra.
Raùl m'assicura di riferire sempre tutto al segretario e che il Governatore è perfettamente al corrente d'ogni cosa. Io devo star tranquillo e pazientare, con l'arrivo del geometra sistemeranno tutto. “Ma se è solo un problema di soldi, avrai capito come stanno le cose.” M'ha fatto l'occhiolino.
Cazzo intendeva dirmi? Io li ho avvisati subito che s'erano sbagliati.
Okay, posso aspettare, ma intanto mi do da fare, altrimenti io qui muoio.
Sto lavorando ad un progetto alternativo. Ogni mattina esco a far rilevamenti con l'attrezzatura trovata in ufficio. Raùl m'ha accompagnato il primo giorno, poi m'ha mandato dietro solo Jared. Meglio così, m'infastidisce con le sue chiacchiere interminabili e devo già sorbirmelo in ufficio mentre tento di lavorare al Pc.
“Quindi tu pensi che sia meglio così.” M'ha chiesto all'improvviso.
“Ma certo! Lo capirebbe anche un asino!”
E' scoppiato a ridere ed ha attaccato a raccontarmi di una trans di New Orleans con un culo da oscar. "... L'ho fatta piangere, urlava da farmelo scoppiare e, giuro, voleva sposarmi! Se non ti sei mai fatto una così, non sai cosa vuol dire scopare, credimi!"
Ma quella sera, a cena, ha buttato lì una delle sue frasi sibilline: “Il governatore ha fiducia nel geometra.”

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Il paese è indolente.
Al tramonto le ombre delle palme s'allungano in uno sbadiglio.
Per la gente di qui è una fatica anche salutare.
Eppure mi conoscono tutti e mi sorridono sornioni, forse perché mi sono messo in testa d'imparare lo spagnolo e mi fermo a chiacchierare appena blocco qualcuno. Raramente mi evitano, spesso invece mi si aprono come amiconi e m'invitano anche nello loro case.
Ho imparato presto che se voglio far scappare qualcuno e non rivederlo per settimane è sufficiente che accenni al Governatore od alla sua villa che s'intravvede seminascosta tra gli alberi della collina. È bianca, con colonnato in stile coloniale ed è senza vita. Nemmeno la bandiera sul pennone pare muoversi.
Le mie cene sono tutte in locanda in compagnia di Raùl e Jared. Non posso evitarli, devono controllarmi. Ma mentirei se dicessi che sono una sofferenza: il locale è allegro, si mangia decentemente e spesso si guardano le partite insieme. E c'è Sonia.
È la cameriera, forse la più bella ragazza che abbia mai visto. Sonia mi turba profondamente; mi ispira tenerezza e desiderio di baci, ma allo stesso tempo mi scatena i pensieri più ignobili. Mi fa sesso come poche altre: mi gonfia le palle anche quando l'osservo asciugare i bicchieri imbronciata.
Non le ho mai parlato se non per ordinare e sempre impappinandomi. Temo di non esistere per lei, mi tratta con sufficienza come fa con tutti i clienti per tenere a bada le mani.
Raùl, che mi prende sempre in giro, m'ha raccontato che è già sposata: “Povera ragazza, s'è presa un marinaio che fa le rotte, è sempre a digiuno di cazzi.”
Non gli ho creduto, Sonia è troppo giovane. Ho atteso che tornasse al tavolo per controllare se avesse davvero l'anello.
Raùl è scoppiato a ridere, lo fa sempre con me, e m'ha messo la mano sulla spalla: “Quando sbarca il maritino tengono sveglia tutta l'isola per tre giorni!... Dimmi che non lo invidi!”



M'annoio da morire eppure cerco di reagire in qualche modo a quest'atmosfera soffocante. Mi do la carica tutte le mattine con una corsa in spiaggia. Dura poco, a mezzogiorno vorrei già chiudere l'ufficio.

- -

“Ti rendi conto che è passato più d'un mese?”
No, me ne sto rendendo conto solo ora che me lo dice. È Elisabeth, ci colleghiamo tutte le sere, ma abbiamo sempre meno cose da dirci e lei ormai non mi chiede più cosa stia facendo su quest'isola.
Ho il cazzo in mano, mi sto masturbando di fronte al video. Facciamo l'amore così per tenere vivo il desiderio. All'inizio Ely lo faceva solo per me, ma poi ha preso gusto a giocare con un dildo che mi svuota lo stomaco.
Ma non questa sera. La commedia non regge più ed io rimango con della carne molle in mano.
“Ho trovato lavoro, mi trasferisco... mi spiace.”
“Non dirlo nemmeno per scherzo. Torno col prossimo battello, aspettami!”
“No, basta fingere. Fa male a tutti e due.”
“Ti prego, ti scongiuro, dammi tre giorni e sono da te.”
Si lascia cadere indietro. I suoi slip bianchi riempiono lo schermo. Le dita affusolate che s'infilavano sotto i miei pantaloni, stringono ora il dildo nero, anatomicamente eccitante. Il mio torna duro e potente.
Strofina e preme il cazzo di gomma contro l'inguine che vorrei sbranare e scosta un poco l'elastico; ma è solo un attimo, un vedo non vedo e si rialza verso la telecamera. Dà un paio di succhiate in primo piano, incavando le guance, e mi sorride stanca: “È stato bello con te, mi piaci, lo giuro, ma è andata così. Non nascondiamocelo, lo sanno tutti perché sei finito lì.”
Il video si spegne.
Tutti cosa?!!
Basta, me ne vado da 'sta merda di isola! Sì, giovedì c'è il battello, corro da lei e dovrà spiegarmi cosa intendeva dire. Sanno tutti cosa? Non ha idea di cosa sto passando qui.
Chiamo il segretario. Mi trema la mano.
Al quarto squillo si apre la comunicazione su un silenzio imbarazzante. Ripeto 'pronto' almeno cinque volte, attento a non urlare, sempre più debolmente, balbettando. Mi sembra di sentire un respiro, poi un brusio lontano di voci infantili, come di bambini che cantano una filastrocca.
Riattacco spaventato.



Giovedì non ho preso il battello. Non sono fuggito
Nessuno sapeva delle mie intenzioni, non ne avevo fatto cenno ad alcuno, men che meno a Raùl. Evitavo fin di pensarci per non tradirmi in qualche modo. Mi sarei svegliato e senza bagagli, solo col mio Pc, avrei preso il battello.
Ma martedì sera, nel vivolo di ritorno dalla locanda, ho incontrato Sonia. Era lontano dal lampione, la schiena poggiata in una rientranza del muro. M'ha fatto un cenno con lo sguardo e s'è mossa silenziosa. Io l'ho seguita a distanza per timore d'aver frainteso.
S'è diretta fuori paese. Indossava il suo vestitino azzurro, quello corto sulle cosce e modellato sulle sue curve da capogiro, quello che le comprime le bocce dei seni quando ci porta le birre. Alla luce della luna la seguivo senza avvicinarmi; mi pareva di sentire il suo profumo, lo stesso della mia prima fidanzatina sotto la tenda nel bosco.
Era più d'un mese che non scopavo, non capivo un cazzo, troppo ce l'avevo duro. Ci voleva nulla a saltarle addosso, spingerla dietro quei cespugli e violentarla: l'avrebbe voluto, ma non ne avevo il coraggio, io sono solo un vigliacco.
Sonia ha guardato indietro per vedere se c'ero ed ha svoltato nella mia viuzza. No, ferma!, sotto il balcone c'è sempre la vecchia strega seduta ad aspettarmi.
Mi sono letteralmente impietrito quando Sonia ha salutato la vecchiaccia con un bacetto.
M'ha aspettato nel buio, accanto alla vecchia, sorridendomi coi denti bianchi; con l'indice davanti alla bocca, m'ha fatto cenno di far silenzio. Le sono andato incontro, fin sotto il balcone, cercando d'ignorare la strega. Sonia era bellissima, nelle sue iridi risplendeva la promessa di quella notte. “Non dirlo a nessuno.” Sono state le sue prime parole e poi m'ha rassicurato: “La Zia è mia amica, possiamo fidarci, non dirà nulla.”
Mi pareva incredibile che fossero amiche, ma non quanto poter toccare Sonia: le ho poggiato le mani sui fianchi e lei mi si è appiccicata addosso con tutto il corpo. Morbida come il peccato, profumava di caldo amore e vibrava d'eccitazione. Mi mugolava contro i denti mordendomi le labbra mentre le cercavo la pelle liscia sotto il vestito, guaiva ad ogni mia palpata più spudorata e mi premeva il pancino contro per sentire l'erezione. Ci baciavamo con morsi bocca, viso, collo e il seno sotto il vestitino che le sollevano sul culetto caldo.
La vecchia ha tossito e sputacchiato ordinandoci di salire in fretta, altrimenti avremmo scopato davanti a lei. Le ho addirittura sorriso.
Sulle scale inciampavamo ad ogni gradino, davanti alla porta che non voleva aprirsi Sonia aveva già il mio cazzo in bocca.
Abbiamo scopato da paura con le luci accese. Non è stato amore, né passione, né semplice sesso, ma la follia di due naufraghi, la rivincita di due sconfitti. L'abbiamo fatto con foga anche mentre ci coccolavamo, lei remissiva, sempre col corpo morbido e cedevole, io bastardo, col cazzo di legno che non si sarebbe più ammosciato.
E' scappata di corsa come da una fiaba; ha raccolto in fretta la sua roba senza guardarmi e m'ha lasciato con un bacetto ed un sorriso triste.

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Così non sono fuggito dall'isola.
Non sono stupido, è stata una cospirazione per bloccarmi su quest'isola. Ma Sonia non ha colpa, ne sono sicuro, l'hanno usata. Per due sere ho sperato di rincontrarla nel viottolo per poterglielo dire.

E ieri sera, accesa la luce, me la sono trovata in camera, in piedi in un angolo come la prima volta nel vicolo. Forse tremava, di certo gli occhioni erano umidi. Era affascinante e conturbante come un angelo innocente ma troppo bello.
Ho teso il braccio verso il suo viso ed asciugato una lacrima con a punta del dito. Le ho sfiorato le labbra: “Ma tu... davvero mi vuoi?”
Mi s'è stretta addosso. Era calda e nuda sotto il vestitino fresco.
“Sei un angelo, piccola mia.”
Ha riso nervosa, tirando su col naso, la testa affondata nella spalla: “Un angelo io? Che scemo che sei!... Allora non vuoi scopare.”
Sì, voglio scoparti, gli angeli sono belli e provocanti come te. L'ho abbrancata, spinta contro il muro e le ho scoperto e palpato le natiche, perfette e peccaminose come quelle di un angelo.
“Sì, fammi male.”, ha mormorato.
L'ho sodomizzata a crudo contro il davanzale togliendole il respiro, l'ho inchiodata alle piastrelle, l'ho inculata sul materasso e poi sodomizzata e sodomizzata ancora, senza alcun freno o timore di farle male, fino a stramazzare io, fino alla nausea.
Sono crollato. Sonia boccheggiante s'è trascinata fino a me ed ha poggiato il capo sul torace ansimante.
"Chi ti ha mandato?", ho chiesto fissando il ventilatore al soffitto.
"Non essere sciocco, nessuno."
L'ho abbracciata al collo, ma lei è scivolata via, in basso.
Prima me l'ha leccato e succhiato come per riprendere le forze, poi non l'ha più mollato e m'ha masturbato, spompinato, pompato di figa e di culo e poi succhiato ancora come fosse l'ultima notte, attaccata al mio cazzo fino all'alba, assetata di sperma e sudore, torturandomi di piacere e sconvolgendomi ad ogni ennesima sborrata, sempre più impossibile e secca, come se eiaculassi sabbia.
Mi ribellavo sudato, inutilmente imploravo e minacciavo. Allora si fermava, mi baciava innocente come una puttana e riprendeva a ciucciarmelo fissandomi negli occhi.

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Sono cambiate molte cose.
Ora il mio tempo sull'isola è rscandito dalle notti con Sonia. La vorrei tutte le notti ma non è possibile.
La vecchia strega, che evitavo come la peste, è diventata mia complice e mi tormenta con battutacce e domande che non posso evitare. Io la odio.
Ma Sonia adora la Zia, loro due sono davvero amiche. Ogni volta troviamo lenzuola pulite e sul letto nuovi giochini erotici: anche cinghie e frustini per i piaceri proibiti e lo strap on che ha trasformato Sonia in un fantastico angelo androgino. In piedi, nuda e flessuosa con fianchi stretti ed i seni pieni, quel cazzo nero m'ipnotizza ed il suo sguardo severo mi demolisce.
Non voglio sapere nulla della vecchia, a me importa solo d'avere Sonia e d'essere suo.
Anche Raùl è cambiato, s'è fatto più insolente. Ora mi chiama ragazzo mio. ”Ti lamenti sempre! Le cose si aggiusteranno da sole... Ragazzo mio, qui nessuno s'è dimenticato di te. Figurati.”

Sono cambiato pure io. Ora cerco sempre di star solo ed evito i paesani. Ho vergogna, non so di che cosa, forse di tutto. Nello sguardo degli altri vedo sempre riprovazione o compatimento.
Ho disagio anche del mio corpo, pieno di difetti in confronto a quello perfetto di Sonia. Eppure lei mi desidera. Sono ridicolo, sembra che abbia indosso sempre delle mutande bianche. Ho deciso di prendere il sole nudo.
Ormai passo le mie giornate in spiaggia o su qualche scoglio a pensare a lei col cazzo duro. Spesso, quando non la devo incontrare, mi sego lentamente, conservando il seme il più a lungo possibile come fa lei.
L'altra sera, sul promontorio sud, mi sono masturbato davanti al mare mentre ad ovest calava il sole rosso e dall'altra parte sorgeva già la luna gialla, placida come le mie giornate senza futuro. Poteva essere alba o tramonto.
Non so decidermi e non voglio pensare. Mi pare di vivere in perenne attesa di una sentenza.

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La vecchia strega m'ha visto nudo. Mi son preso una dannata scottatura solare all'uccello e son dovuto ricorrere ai suoi unguenti. Fa schifo, è una vecchia debosciata e puzza da vomitare. "Tre giorni e guarisce, portate pazienza ragazzi, e poi Sonia potrà ciucciartelo come nuovo, ahahah... Ma stanotte ti toccherà soffrire, ahah, Sonia m'ha detto che le piace frustarti il culetto!"
No, dannazione, nemmeno questa volta quella stregaccia è morta strozzata dalle risate. La odio.

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Ieri in strada ho beccato Sonia uscire spettinata da una porta e correre via a passetti veloci riallacciandosi gli ultimi bottoni del vestitino azzurro. Era la casa di Raùl.
Non m'ha visto, almeno non credo, e questa notte è venuta lo stesso da me.

L'eccitazione mi batteva alle orecchie, ero intontito, l'ho spogliata lentamente scoprendo il corpo morbido che aveva appena donato a Raùl. Quelle labbra s'erano chiuse sul suo cazzo.
"Sei una puttana.", ho detto e lei ha capito.
S'è lasciata legare ai quattro angoli del letto, era troppo bella! L'ho martirizzata per ore usando il cazzo duro e tutto quello che avevamo in camera. Ogni suo gemito, ogni suo lamento ed ogni suo urlo erano implorazioni a continuare. Sonia era spaventata, doveva essere punita e redenta, invece godeva.
Quando le ho tolto la ball gag e sciolto le cinghie, s'è liberata lentamente distendendo le membra umide come una farfalla appena uscita da bozzolo e mi si è accoccolata in grembo, calda e tremante per le ultime deboli scosse, ricordo degli orgasmi che l'avevano squassata. M'ha ringraziato con un bacio bagnato. "Ti amo."
Ero pentito, io non sono un bastardo, e mi sentivo ancor più in colpa per il cazzo che mi stava tornando duro al suo calore. Le ho sfiorato il capezzolo facendola trasalire: “No, ti prego.”, temeva volessi ricominciare.
"Non tu." Ho raccolto le cinghie e gliele ho offerte.
Gli occhi di Sonia si sono illuminati di un'altra luce. “Non hai paura di quello che posso farti?” M'ha morso il capezzolo, la mano mi strizzava le palle.
"Ti prego, non lasciarmi mai.", ho implorato.
M'ha fissato da innamorata, m'ha leccato la lacrima e poi baciato le labbra, ma poi m'ha bendato, messo la ball gag e legato con la foga folle della nostra prima notte. Ero cieco ed impotente nelle sue mani; s'è impossessata di me, di ogni mia nudità, strusciandosi addosso e mordicchiandomi ovunque.
Mi son ritrovato incaprettato ginocchioni sul letto: mi faceva ballare i coglioni ciondoloni e mi mungeva il cazzo verso i basso. Le labbra mi han sfiorato le orecchie. “Raùl mi ha fatto godere.”
L'ho sentita alzarsi in piedi, sul materasso che dondolava, e finalmente m'è arrivato il primo calcio col collo del piede. M'ha sorpreso il rumore, di bistecca sbattuta sul tagliere, prima ancora del dolore cupo alle orecchie. Sono rotolato su un fianco, rannicchiato nel dolore, senza poter nemmeno portarmi le mani alle palle.
M'ha tolto la benda, era spaventata. "Dimmelo ed io mi fermo qui."
Ce l'avevo duro da star male. Le ho leccato il piede ed a fatica mi son rimesso in posizione.

– – – – – – –

Stasera s'è messa i pantaloni lunghi e la camicetta abbottonata fino al collo. Solo io so cosa nasconde. E' nervosa. Cerco invano d'intercettare un suo sguardo.
All'improvviso, quando sta liberando il nostro tavolo, Raùl l'abbraccia in vita tirandola a sé: “Cucciolina bella, vieni da paparino.”
Sonia non urla, lo colpisce con vassoio e pugni e si libera a fatica dall'abbraccio, ma non può evitare palpate a culo e tette. “Okay okay, cucciolina, qui devi fare la smorfiosa, ma chiamami quando hai ancora bisogno d'un vero cazzo.”
Sonia è impietrita rosso fuoco: “Ciccione di merda, tu ed i tuoi amici senza palle.”
Muoio. Seduto sui coglioni ancora doloranti fisso il piatto vuoto. Il viso mi brucia più delle natiche che m'ha spellato a frustate.
Raùl invece ride peggio della strega e mi costringe ad ascoltare come se l'è sbattuta a novanta. “Cazzo che sudata, ragazzo mio, ma l'ho fatta piangere, giuro, piangeva come quella trans di New Orleans! Cosa credi? Io duro minimo mezz'ora e quella puttanella aveva troppo bisogno di un signor cazzo in culo.”
Raùl è un vero uomo. Beve un sorso di birra e torna a guardare la partita.
Io sono una merda, ho il cazzo duro, vorrei mi raccontasse tutto.

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Questa notte doveva essere nostra, ma Sonia non è venuta.
Sono uscito attraverso la siepe per non farmi notare dalla vecchia ed ho cercato la casa di Raùl. Non è lontana: mi sono avvicinato furtivo e mi sono accucciato sotto la finestra accesa. Qui sentivo tutto.
Ho aspettato un'eternità e poi l'ho vista uscire.
Era bella di scopata, con gli occhi stanchi ed i capelli sudati. S'è accorta subito di me e m'è corsa incontro. Avevo le gambe anchilosate, per rialzarmi ho dovuto aggrapparmi a lei ed ho capito che era giusto così: quel corpo giovane e morbido con appiccicato l'odore di sperma non poteva certo essere per me. Sonia era in panico; le ho chiuso le labbra con due dita, non doveva spiegarmi nulla.
In quel momento è uscito anche Jared. Erano in due.
M'ha guardato con odio.
Gli ho chiesto scusa a gesti, mi spiaceva per lui: avevo sentito i gemiti di Sonia che lui non poteva udire.

La notte si è sbiadita in un'alba fredda.
Ho vagato tutta la mattina per spiagge e calette.
No, non mi sono masturbato.
Nel tardo pomeriggio mi sono appostato dietro un cespuglio sulla strada che porta alla villa del Governatore nella speranza di veder passare un'auto o scorgere un qualsiasi segno di vita. Ma non osavo guardare oltre le fronde.
La vecchia s'è strozzata scatarrando quando m'ha visto ritornare a notte fonda dopo una giornata non so dove.

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Sonia, ora che se la scopa Raùl, è ancora più bella; serve ai tavoli sempre senza alzare lo sguardo. Io la osservo mentre ascolto le storie infinite di Raùl nella speranza che mi racconti di lei, di come se la sbatte, di come la fa godere.
Ieri sera m'ha aspettato sulle scale ed è entrata. Non è giusto. Non ho acceso la luce.
"Sono stata da Raùl." Ha detto per farsi punire.
Ma è stato solo gioco, non posso essere furioso con un angelo. L'ho torturata fino farle confessare che è colpa sua, che lo desidera lei, che gode troppo fare la sua troia, che vuole il suo cazzo grosso e...
Solo un gioco, non ha funzionato: Sonia godeva meccanicamente e poi non ha voluto vendicarsi su di me e s'è addormentata innocente.
Non è giusto, Sonia non mi deve amare.

Se n'è andata prima dell'alba.
Io, steso sul letto impregnato del suo profumo mi sono masturbato a lungo, senza venire, immaginandomi che fosse corsa da Raùl per farsi scopare da un vero uomo; che glielo stesse poppando riconoscente sotto il pancione dopo essere stata schiantata in culo. M'immaginavo la manona di Raul sotto la sua fighetta, i suoi bei seni succhiati da un maiale e la sua mano affusolata stretta su un vero cazzo.
E' giusto così. Ho sborrato in mano.

È ormai tempo. M'infilo i calzoncini e mi dirigo nell'ufficio del geometra.
Ci sono entrambi ad aspettarmi. Raùl indovina sempre tutto.
Si solleva indolente. Con la lentezza d'un boia sotto gli occhi cupi di Jared, mi sistema a novanta contro la scrivania e m'abbassa i calzoncini. M'incula con una sola spinta bastarda che mi devasta fino allo stomaco.
Il dolore m'acceca la mente, finalmente non penso più a nulla. È giusto, così dev'essere, e Sonia non m'ha mentito, è un cazzo da vero uomo, largo duro e rovente, cattivo e implacabile. Mi sbatte da toro facendomi piangere come la trans di New Orleans. Come Sonia.
Poi si calma e mi scopa come se stesse lavorando in un cantiere: picconate lunghe e profonde che m'intontiscono. A poco a poco mi rilasso al ritmo dei colpi e provo una stranissima sensazione di quiete. Vorrei addormentarmi sulla scrivania.
Alla fine s'irrigidisce con un grugnito; spinge a fondo aggrappandosi alle mie spalle e mi sborra in culo. Trattengo il respiro concentrato su una sensazione stranissima di sollievo, come se avessi finalmente smesso di mentire. È finita, ma ho ancora paura.
Raùl mi dà tre botte da paura che mi risvegliano.
“Cominci a capire, ragazzo mio.” Si riabbottona il cazzo davanti al mio viso mentre Jared m'afferra per i fianchi e mi scopa da coniglio. “Ora dovresti rimetterti al lavoro e finire quel che hai cominciato.”

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C'ho dato dentro davvero! Per tre giorni ho aperto l'ufficio in orario ed ho lavorato come i primi giorni su quest'isola, ma stamattina mi sono spaventato: sono spariti i miei files! Li hanno cancellati tutti. Sto male, mi manca l'aria. Chi è stato? Jared non sa nemmeno come s'accende il Pc, figuriamoci Raùl.
Raùl arriva a mezzogiorno e per prima cosa regola l'aria condizionata. “Tu lavori troppo, ragazzo mio.”
Mi vien da piangere. “No, non posso. È un disastro!, hanno cancellato tutto il mio lavoro! Ho perso tutto!!!”
Viene alle mie spalle. “Non funziona il computer?”
“No funziona, ma hanno cancellato tutto e non posso recup...”
“Ma se ieri ti funzionava... Hai provato a riaccenderlo?”
“Sì l'ho fatto!” L'avevo fatto davvero, ero disperato, l'avevo spento e riacceso nella speranza fosse stato un incubo.
“E non funziona, strano... e tu qui puoi vedere i porno?”
“Il computer funziona ma è vuoto, non posso lav...”
“Prova ad aprine uno.”
È inutile spiegargli, cerco Pornhub.
“Questo.” Tocca il monitor col dito. “Questa troietta che si fa quattro negri.”
Il video parte. Dura 32 minuti. “Tu ti agiti troppo. Visto? Funziona... ora fammi vedere.”
Mi sento idiota. Mi alzo per lasciargli il posto, ma non si siede. Mi piega a novanta.
Non godo come la troia sul monitor. Io godo davvero, anche nell'anima persa godo. E non mi preoccupo più di nulla.

Mi tocca tornare nella foresta per riprendere tutte le misurazioni. M'accompagna Jared. “Non lamentarti, a te piace stare all'aperto, ahah!”
Quel ragazzo è un coniglio ingestibile. È stupido, non lo fa per eccitazione o per scaricarsi, ma solo perché crede sia il suo lavoro. E ce l'ha sempre in tiro, dannazione.
Nella foresta fa un caldo opprimente, non appena mi prendo una pausa mi blocca per i fianchi e me lo ficca in culo scopandomi da coniglio. Anche tre o quattro volte per spedizione.
Oggi mi sono finalmente deciso ed al ritorno gli ho regalato la mia bussola professionale. So che l'ha sempre desiderata.
M'ha afferrato per i capelli e me l'ha cacciato in gola per farmi capire che lui non si fa corrompere.
“Cazzo vai a pensare, scemo?” Mi sono preso anche una scarpata ai coglioni.

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Sonia torna ancora nel mio letto, ma facciamo solo l'amore degli amanti. Al buio, e le notti sono languide. Le succhio la figa per ore, senza stancarmi.
Non parliamo. Mai una parola. Siamo simili, ci sentiamo in colpa.
Le affondo il cazzo e m'addormento sopra lei. Solo così trovo il sonno.

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Rabbrividisco nel vedere il numero. È il segretario, non lo sento da quattro mesi.
“Siamo costernati, aveva ragione lei: c'è stato un problema nell'emettere il bonifico. Stiamo studiando come rettificare la cosa... Ah, il Governatore è piacevolmente sorpreso dalle sue iniziative, anche se permangono parecchie riserve su questo suo nuovo progetto. Sta a lei a dissiparle. La richiamerò”
Sono confuso. Davvero il Governatore sa di me? Perché nessuno mi dice cosa fare?

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Da tre giorni c'è uno yacht ancorato nella baia. La sua presenza, distante ed anonima mi dà tranquillità. Ma oggi s'è staccato un tender con su due coppie in costume da bagno e s'è diretto verso il mio scoglio.
Sono scappato nudo come un verme. Avrebbero fatto domande ed io avrei dovuto dire qualcosa. Non voglio incontrare chi ha una vita ed una casa in cui tornare.

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Oggi Raùl è entrato in ufficio con Enrique, la guardia giù al porto.
“Ragazzo, t'ho portato del lavoro.” S'è fatto dare dieci pesos da Enrique ed è uscito.
Ha poggiato cinturone e fondina sulla scrivania. “Allora ciucciacazzi? Hai finito di far lo stronzetto?”

“La prossima volta ti voglio su un bel lettone. Sai fare la puttanella in calore?” Mi chiede sollevandomi il mento tra le dita.
“Devi chiedere a Raùl.”
“Ebbravo!” Ha esclamato battendomi una manata sulla chiappa. “Sei sveglio, sai come stanno le cose. Ti do un consiglio, ragazzo: non tentare di fare il furbo, a loro non sfugge nulla... e tu a loro devi tutto.”

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Il mio progetto non può funzionare. Non ha senso e devo riconoscere d'essermi sbagliato, d'essere stato arrogante.
Ma non posso spiegarlo a Jared, è sordo e non approverebbe mai, ed allora esco lo stesso due o tre mattine la settimana e fingo di prendere misurazioni. Così almeno lui non perde il suo lavoro.
Raùl mi rincuora a modo suo: “Non menartela, qui ci sono un sacco di cose da fare.”

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Mancano solo dieci minuti al fischio e la partita è ormai vinta, siamo praticamente ai quarti. Solo qualche ultima azione non pericolosa che riaccende appena gli urli e le discussioni in locanda.
Raùl non guarda più verso il televisore, è felice ed ha bevuto troppo. “Ragazzo mio, tu porti fortuna!” Mi tira vicino sulla panca di legno e mi cinge alle spalle. Poggia il boccale vuoto. “Sì, questa è una giornata perfetta! Oggi m'hanno anche chiamato! Sai che sono contenti di te?”
Mi si blocca il respiro ma ho imparato che Raùl cambia discorso non appena faccio una domanda. Premo un poco con la coscia per farlo continuare. “Sì ragazzo mio: 'l'ingegnere s'è dimostrato scrupoloso'. M'hanno detto proprio così, testuali parole!... Ma non hai caldo? Levati questa!”
Fingo d'essere ubriaco: sfilo la maglietta da davanti e rimango con la testa poggiata sul tavolo. “Non ci credo, Raùl, questa non la bevo proprio!”
“No, dicono che sai lavorare, che all'inizio sei stato ingenuo ma che ora sei sulla strada giusta.”
“Io non ci capisco nulla, credimi... Raùl, ti confesso che non ho mai lavorato prima. Vi ho preso in giro, io non...” Cazzo sto dicendo? Forse sono davvero ubriaco. “Dimmi perché sono qui.”
L'ho fatto incazzare.
“Scusa., non volevo.”
“Tu sei troppo noioso, ragazzo mio, ma oggi ti meriti comunque un premio: stasera scopi gratis, t'ho preso la camera sopra!... Forza, puoi scegliere chi vuoi.”
Merda!, stasera proprio no! Sonia m'ha detto che sarebbe venuta. “Raùl, non mi va, sono ubriaco... se davvero vuoi darmi un premio lasciami andar via.”
“Non si dice mai no ad una scopata gratis! E tu devi festeggiare. Scegli chi vuoi, ma vedi di non deludermi ancora.”
Mi guardo in giro, il locale è strapieno. C'è il suo amico, la guardia del porto. “Enrique?” Mormoro.
Raùl mi dà una manata sulla schiena e scoppia a ridere. “È più forte di te, tu sei proprio una puttana!... Allora se non la vuoi mi prendo io Sonia, ahah!... Va' da lei e dille di correre: l'aspetto a casa.”

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Per tre pesos tutti possono metterlo in bocca al ragazzo yankee o ciucciargli il cazzo in segreto. Per chi ha più soldi c'è il culo.
Raùl si diverte a fare il pappone: sta attento a quel che mangio e vuole che vada a correre tutte le mattine. Devo essere in forma, sempre in calzoncini corti e canottiera. “Devi mostrare il tuo culetto, ragazzo mio, qui ci si annoia, ci sono poche distrazioni.”
M'ha venduto anche al padre di Sonia, un pescatore con le mani dure ed il cazzo che sa di sale, e mi regala gratis a Diego, suo fratello più giovane. Diego è diventato il pupillo di Raùl; è sotto la sua ala protettrice e fa lo stronzetto. Gode ad umiliarmi davanti alla sorella. "Ho bisogno d'un pompino." e mi porta nella stanzetta sul retro, passando davanti a Sonia.

Non ho coraggio di respingerla. Sonia viene ancora da me. Sa tutto eppure mi ama. O ha pena di me.
“Non è giusto, hai già pagato per tutto, anche troppo hai pagato!”
Cosa sa di me? Per cosa sto pagando?
Vorrebbe che fuggissimo insieme lontano, magari in America, e ricominciassimo a vivere: una casa, un lavoro, magari un locale tipico, lei sa fare degli ottimi burritos, faremmo l'amore in spiaggia o nel deserto, e perché no?, dei bambini da accompagnare a scuola.
La lascio parlare. Non sa il male che mi fa. E' una tortura, la peggiore: allora la supplico di legarmi e di farmi male, così per un po' non penso.
Ma stasera è scoppiata a piangere: “Torna mio marito. Per un mese non possiamo più vederci.”

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S'è presa una settimana di ferie. Nell'isola in cui non accade nulla tutti raccontano che si sono chiusi in casa per tre giorni. C'è chi s'inventa di ululati da cagna che si sentivano fin giù al porto.
La sostituisco io in locanda. Servo ai tavoli, sono veloce come Sonia. Nessuno si lamenta, con me possono allungare le mani e far battute oscene. In fondo mi piace, mi pare di far qualcosa.

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Sonia ha ripreso in locanda.
Per me tutto è tornato come prima.
Raùl mi porta fuori. “Girano troppe voci su di te e Sonia, ti conviene convincerlo che sei frocio... ma non ti sarà difficile!” Ride come la vecchia. "Ti vuole il bel marinaio." Mi indica il marito di Sonia che m'aspetta nella stradina in ombra.
È un marinaio che cerca le puttane; è uno spirito libero che non vuole catene e per lui, dopo una sola settimana, la mogliettina è già una palla al piede.
Avrà forse quarant'anni, il doppio di Sonia. È abbronzato, coi denti bianchi e fisico tenuto in forma; è l'allegro amicone di tutti, quello coi soldi in tasca, una bella casa e la ragazza più figa dell'isola.
Sa d'essere un bel maschio e pensa d'aver fatto colpo sul frocetto. Lo sto fissando, invece, cercando d'immaginarlo tra le cosce di Sonia.
M'accompagna dietro un capanno tenendo la mano premuta sotto il culo. Mi eccita, ha ancora addosso il profumo di Sonia.
"Sei davvero carino, ragazzo." Vuole mettermi a mio agio, è un puttaniere. "Uuh, ma senti cos'hai qui! Adoro scopareucce le femmine con un signor cazzo."

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Jared, l'enigmatico sordo, non si vede più. E' sparito ed io non ho fatto domande; Raùl m'ha ridato la bussola che gli avevo regalato.
Ora c'è Diego, il fratello di Sonia. Si sente importante.


Io non riesco più a svegliarmi, dormirei sempre.
Mi sveglia Diego, passa tutte le mattine per portarmi in ufficio anche se non ho alcun lavoro da fare. Diego, se non c'è pubblico, è diverso. Non apro gli occhi e credo che sia tornata Sonia. Ha le sue labbra, la sua pelle giovane, la stessa sensualità. Un angelo senza età, dolce e severo, maschio e femmina, languido e furioso. Poi se ne pente e torna cattivo.
Raùl per pigrizia, e per la sua logica implacabile, gli ha girato il compito di vender pompini per San Firmino, i tre giorni di festa in tutta l'isola, anche nei villaggi dietro il vulcano. Mi sono così perso la parata ed il discorso del Governatore.
Raùl è sudato sbronzo, indossa una camicia bianca col collo inamidato. “Dovevi sentirlo, il Governatore quest'anno è stato fantastico! Ha parlato anche del progetto.”
“...!!!? Ha parlato di me?!”
Scuote la testa: “Tu hai bevuto troppa sborra.”

–-

“Cazzo se passa il tempo.” Raùl mi fa uscire e chiude l'ufficio. Sono solo le due, non capisco. “Questo mese è volato! Il bel maritino prende il traghetto giovedì. Contento?, riavrai finalmente la tua innamorata... o forse ti spiace che parta? Ahah!”
In strada c'è Diego in attesa, alla guida della jeep.
Raùl si gira per fissarmi negli occhi e parla sottovoce. “Non capisco proprio perché, ma s'innamorano tutti te! Sonia, Jared, Enrique, Diego ed ora anche il bel maritino! Boh!... Vuole darti l'addio prima di partire." Si sistema i pantaloni sotto il panzone. "… ma è stufo di sbatterti dietro il capanno, ha comprato tutto il pomeriggio. Corri, t'aspetta da Zia Flores."
"…?! Ma in camera mia io non ho mai..."
Mi dà le spalle e ne va verso la jeep. Ci monta pesantemente. "Perché no? È il tuo nido d'amore, ahahah!... Non fare storie, ragazzo, e tienimelo occupato fino a stasera. Capito? Non lo voglio tra i coglioni, noi passiamo in taverna a prendere Sonia. Povera ragazza, è un mese che nessuno la tromba come si deve."
No, vuole solo spaventarmi, non la scoperà con Diego. Non può!


É sotto il balcone che chiacchiera con la strega. Sorride quando mi vede arrivare e mi si mette al fianco palpandomi dietro.
"Allora Zia ci posso contare, vero?, non dirai nulla a Sonia."
La vecchia si strozza scatarrando: "No no, il mio silenzio ha un prezzo!"
Il marinaio la guarda sorpreso: "Quanto vuoi?"
"Voglio vedere come te lo ciuccia, eheh!"
La odio. Il bel marinaio invece non si fa problemi, è orgoglioso del suo cazzo e mi mette la mano sulla spalla. M'inginocchio automaticamente, lo sbottono e lo spompino a favore della vecchiaccia che ride indecentemente.
"Ha proprio fame questo frocetto, ahah! Portatelo su, questo qui è più affamato di Sonia!"

In camera si spoglia nudo. Gli piace essere guardato. Gira un poco per la stanza e si ferma di fronte all'armadio.
“Eccoli! Raùl m'aveva detto che eri attrezzato.”
Curiosa un poco fra cinghie, frustini e giochini vari. Attende che finisca di spogliarmi e mi ammanetta dietro la schiena.
“Tu sei un coglione, ragazzo, ti piace metterti nei casini... ma sei fortunato, a me importa un cazzo di te e Sonia.”

Mi s'annoda lo stomaco. Ma prima o poi sarebbe capitato, non posso farci nulla. Lo fisso muto, sto pensando a Sonia. Sono andati a prenderla.

“So tutto, cosa credi?, e sai chi me l'ha raccontato? Diego!... Sonia ha un fratellino davvero stronzo, ma questo lo sai già. Mi sa che odia sua sorella, forse sperava che l'ammazzassi... Ma io non m'incazzo certo per uno come te!... Sonia è giovane e sempre sola, ci sta. In fondo anch'io la tradisco con le puttane.”
M'afferra per i coglioni. "E tu sei una puttana, no?, solo una puttana...” Stringe la mano. “No, non mi frega un cazzo se tu ti scopi Sonia, è una cagna... Ma dopodomani parto.”
Me li strizza in una morsa. “Non posso far finta di nulla, vero?”
"No, ti prego." Mormoro piangendo.
"Me la devo prendere con Sonia?"
"No! Lei no!"
"Bene, sei un frocio con le palle."
Mi ficca la ball gag in bocca, lancia sul materasso frustini, plug e cinghie, tutto quel che trova nell'armadio, e con uno spintone alla schiena mi fa cadere sul letto. Mi è in culo fino alle palle.
"Non temere, ragazzo, noi due siamo amici, ci scopiamo la stessa cagna, non ce l'ho con te... Però devi dirmi la verità! Io devo saperlo, in quest'isola di merda sono tutti vigliacchi, me lo devi dire tu e lo uccido prima di partire...” Mi pompa ansimando. “Vedi di non prendermi per il culo, me ne accorgerei, ho tutto il tempo per capire se menti... Devo esserne certo, io lo uccido, dimmi se se la tromba anche quel porco di Raùl."

---

Raùl non mi fa cenno di sedermi. Indosso i jeans lunghi, non potrei. Mi fissa un istante negli occhi e torna a leggere il giornale.
Niente, non una parola, nemmeno un 'bravo, ragazzo mio'. Eppure sa che non ho parlato, che non l'ho tradito. O forse pensa che l'abbia fatto solo per Sonia. No, Raùl non pensa mai ad un cazzo.
“Ho bisogno d'un favore, Raùl... devi dire al segretario che voglio licenziarmi. Restituirò tutto." Non solleva nemmeno gli occhi. "Ecco, allora okay... qui non ho più nulla da fare, ditemi quando posso partire."
Raùl sbuffa ripiegando il giornale. Prende la tazza di caffè e fa una smorfia: è ormai freddo. "Tu non capirai mai un cazzo, ragazzo mio! Non devi chiedere alcun permesso, tu puoi andartene via in qualsiasi momento."
"Ma...!?"
"Sei tu che sei rimasto, nessuno t'ha mai trattenuto od ordinato nulla."
Spinge indietro la sedia e slaccia i pantaloni. Il pene penzola fuori pesante.
Ho un attimo d'esitazione, sono ingessato di dolori. Mi piego a fatica, i jeans sfregano la pelle risvegliandomi il bruciore, sudo freddo, i coglioni mi tirano fino alla milza, ma riesco ad inginocchiarmi e glielo prendo in bocca moscio.
Raùl mi scarruffa i capelli: "No, fammi prima un altro caffè."

---

Sono svuotato, senza forza e volontà. Resto immobile, non respiro nemmeno per il terrore di svegliarla. La stanza è buia ed impregnata del suo acre odore. Dorme su un fianco, il respiro le gratta i polmoni. Devo vomitare.
scritto il
2024-09-22
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