Ellen - 08 - Mathias

di
genere
dominazione

Lo sa, questa notte non riuscirà ad addormentarsi. È troppo eccitata.
Si alza per non svegliare il suo uomo e socchiude appena la porta per vedere se il piccolo dorme.
Si prepara una tisana cercando di capire se ha preso tutto per Parigi. L'aereo è alle sette, deve uscire di casa presto.
In realtà Magda ha in mente solo Ellen. La sente tra le cosce come nella notte di Berlino. Vorrebbe avere i coraggio di chiamarla o almeno di mandarle un messaggio per chiederle come sta. Sentirebbe la sua voce, sfiorerebbe le sue labbra e la spoglierebbe di baci. La rivuole nuda, le lunghe gambe lisce intrecciate con le sue.
Torna in camera e si getta sul suo uomo strozzandolo con la lingua e raspandolo sotto.
“Ma sei impazzita?”
“Sì, maledetto, scopami!”

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Non l'ha sentito arrivare. Una mano l'afferra per il braccio e la costringe a voltarsi stritolandoglielo in una morsa. La prima cosa che vede è il bagliore di un coltello tenuto basso. È buio, non lo vede in volto; è alto come lei, ma enorme, con una pancia da rinoceronte.
Con un inglese stentato le soffia in viso puzza di vino: “Sta' calma, qui ci sono le telecamere, abbracciami, fa' vedere che siamo amici.” La stringe per il culo contro il suo panzone duro.
Ellen osserva da sopra la spalla l'ingresso illuminato del supermercato lontano: le telecamere non possono vedere che le ha sollevato il vestito dietro e le fa sentire la lama gelida tra le cosce. “Baciami troia o te lo ficco su per il culo.”
Lo bacia per calmarlo, ha schifo di lui e terrore del coltello che le taglia via le mutandine. Gocciola quando le sente cadere. Il maiale si scolla dalla sua bocca. “Non pensarci nemmeno a urlare, ti faresti solo male Ora fa' la brava, dammi la borsa e vieni con me, capito troia?” Due dita l'artigliano in figa.
La trascina per una stradina sterrata, Ellen perde le scarpe. Voltano dietro una fabbrica abbandonata, c'è un furgone scuro. Delle ombre nere si muovono. Un fascio di luce l'abbaglia in viso e poi s'abbassa sulle sue gambe. Stanno valutando la troia.

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Non si ritrae da lui, dalle sue mani.
Si sente rimestare tutto dentro, si sente puttana, puttana marcia, è da folli sentirsi così, Ha paura, lo vuole, non può tirarsi indietro.
Lui è grosso, ha le spalle da rugbista e le cosce larghe, ma è il bacino che teme, è un toro che spacca anche la schiena. È un vero maschio di fronte alla sua cagna ed ora che gli ha gonfiato i coglioni e rizzato il cazzo non può salutare ed andarsene. Una puttana non lo farebbe mai.
Gli altri stanno ridendo. Non gliene frega un cazzo.
Lo tocca, sente un cazzone, è troppo grosso, si sente una verginella. Si abbandona a lui, ha due dita spinte in culo e la sua lingua in bocca.
Si lascia abbracciare, palpare, il cazzo spigoloso gli fora lo stomaco, intorno ridono.
“Sei una cagnetta, Mathias!”
“Portami di sopra, Larsson”

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La scrutano in un silenzio buio come la notte.
“Io questa figa me fottevo gratis.” Si smaschera un minchione.
Il rinoceronte la lancia verso il gruppo: “Questa qui vale vent'anni di galera!”
Dei corpi la stringono, delle mani la violano. Ellen scivola in ginocchio, un cazzo in gola ed uno nell'occhio. Un bastardo glielo spinge in figa.
“Fermi ragazzi! Facciamo le cose per bene.” Apre lo sportello del furgone, tira fuori una specie di cavalletto e ci getta sopra una copertaccia. “Questa figa ci deve durare a lungo ma prima ci facciamo un giro qui per ammorbidirla per bene e poi ce la portiamo in villa per trombarcela comodi comodi su un materasso... Ma il culo glielo svergino io, mi spetta... Intesi ragazzi?”
Attorno ad Ellen un borbottio d'approvazione, anche se nessuno crede che ce l'ha vergine. Delle mani la spingono verso il cavalletto, inciampa e sbatte di viso sotto il panzone del rinoceronte. “Ahaha, la puttana ha fretta.” Slaccia i pantaloni e le fa scivolare in gola un cazzo di tre chili.
“Ci sono mille euro di premio per chi la farcisce più volte! Bocca figa culo non importa, basta che me la riempite di sborra. Avete un giorno, domani sera sapremo a chi spettano i mille euro.”
La sfila tirandola indietro per i capelli. Ellen ha un conato. “E tu farai la brava gattina con tutti, vero?” Un ceffone scoppia nel boschetto.
Non l'ha nemmeno visto arrivare, la guancia s'infiamma intorpidendosi.
Le tiene ferma la testa artigliandole i capelli. “Scegli tu, se non vuoi divertirti con noi io posso andare avanti fino a domani.” Questa volta lo vede partire: uno schiaffo che le fa girare la testa e strappare i capelli artigliati nella sua mano.
Questo è un professionista, è sicuramente Ramón: non le rimarrà alcun livido e non le ha spaccato il labbro. Ma ha la vista annebbiata e nelle orecchie ancora lo schianto dello sberlone. Ellen, bloccata per i capelli, sforza in avanti la testa per riprenderglielo in bocca.
Ridono. “Forza ragazzi, questa cagna ha bisogno di cazzi.”
Con sollievo Ellen vede passar di mano una bottiglietta d'olio.
Sotto il fascio della torcia la piazzano a novanta sul cavalletto e la legano per i polsi ai piedi del cavalletto. Ramón è il primo a schiantarle culo e schiena. Ellen se lo gode come una giusta punizione.
E poi gli altri, sempre sotto il fascio di luce e le risate intorno. Sono giovani, uno è un vero bastardo calato nella parte, le torce i capezzoli da urlare, gli altri sono solo torelli col cazzo carico; ci sono anche i tre cazzi neri che Alina le aveva promesso per il compleanno.
Uno dopo l'altro prima glielo inzuppano per saggiarle la figa e poi le rompono il culo a picconate fino a ingravidarla. Lei geme ed implora per far godere quei bastardi. In gola ha il cazzo di chi aspetta il proprio turno, nessuno gira attorno col cazzo ciondoloni in mano. La cagna danese legata al cavalletto l'ha fatto diventare di marmo a tutti.

Trema di culo, la sborra le cola sulle cosce. Ramón la slega e la carica di peso sul furgone. Finge di baciarla e sottovoce, senza farsi sentire dai ragazzi le dice: “Se vuoi puoi fermarti anche adesso... e ricorda, fammi un solo gesto ed io li mando via all'istante....”
“Grazie, Ramón."
"Con lei salgono loro due, gli altri mi seguano sulle auto fino alla villa. Questa vuole festeggiare due giorni, facciamo turni di venti minuti, anche mentre dorme. E ricordate, 1000 euro a chi se la ingravida più volte."
Il portellone si chiude.


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Il sole è ormai tramontato dietro l'isola ed il mare s'è calmato.
L'acqua rinchiusa nella caletta ondeggia gonfiandosi tra gli scogli e ruba al cielo tenui guizzi arancioni che si rincorrono sul verde trasparente.
È gelida. Mathias ha resistito forse quindici minuti; Ellen nuota da quasi un'ora.
Un granchio uscito dal suo nascondiglio si muove sul fondale limpidissimo.
Ellen riemerge dall'acqua sulle gambe incerte, i capelli che grondano sul costume intero, lucido di splendore. Mathias le corre incontro e l'avvolge in una spugna bianca, spessa tre centimetri, frizionandole i capelli ed i seni morbidi.
La solleva in braccio e la porta ai materassini.
Ellen trema, cerca il calore di Mathias.

“Mi sei mancata... perché ci vediamo così poco?”
“Perché è più bello così. Fidati.”
“Ti sei stancata di me?... Okay, no, non dirmi nulla!... E a me non deve fregare un cazzo, ma hai ancora dei lividi... la crema non è sufficiente per coprirli... Lasciamelo dire, il tuo amico è uno stronzo... Ma se va bene a te, va bene a tutti!”
“Non ne voglio parlare.”
Ellen si estranea e controlla mail e messaggi sul cellulare, innervosendo Mathias.
Magda, la sua segretaria s'è fatta coraggio: "Se vuoi puoi venire a cena da me mercoledì. Andreas è con suo papà dai nonni. Ordiniamo giapponese. Sempre se ti va."
Ellen sente bisogno di una notte dolce e le manda un bacio ed un cuoricino.
C'è anche il messaggio di Alina: 'Ti adoro anche se mi hai fiaccato un'intera squadra.” Faccine che ridono.
Le manda un 'scusa' e faccina con aureola.
'Hai fatto bene ad allenarti. Sabato prox a Riga hai una camera con Doc. Non deludermi.'
'Okay'
'Ti amo Ellen.'

“Chi è?”
“Tu sei troppo curioso!... Comunque è solo la mia amica di Riga.”
“Lo sapevo.”
“...?!”
“Quando ti senti con lei diventi sempre seria... No, strana!”
Ellen ride. “Ci lavoro con lei! Come dovrei essere? E sono nervosa solo perché le devo un favore, tutto qui!...”
“Okay, tieniti i tuoi misteri.”
Ellen è spazientita: “Non capiresti... Sei giovane e bello, pensa a divertiti... Ma a proposito di segreti, quando ti deciderai a dirmi quello che ti frigge dentro? È da Kopenhagen che vuoi dirmelo.”
Mathias, sgamato, scoppia a ridere. Si alza seduto e le racconta tutto il Giappone, sfilate, date, spostamenti... Tutto!
Ellen che non è capace di far complimenti dice soltanto “Te lo meriti, ci hai sempre creduto.” E un po' le spiace, non lo rivedrà fino ad agosto.
“Ma lo sai che a momenti non firmavo?... non mi sembrava giusto per te, starò via quasi un mese.”
“Avresti fatto una cazzata colossale.”
“No, la cazzata che ho fatto è un'altra!” Si gira a pancia in giù. “Ed è tutta colpa tua!”
Ellen si mette in ginocchio, seduta sui piedi: “E sarebbe?” Chiede incuriosita. Gli carezza le chiappe che tendono il costume.
“Non so se posso dirtelo, poi magari pensi che... Lo vuoi davvero sapere? Eheh... Uff, come cazzo dirlo?!... Okay, Larsson, il mio agente, hai presente?, dopo che mi ha detto del Giappone ci sono andato a letto... gli ho dato il culo, colpa tua! ”
Ellen gli carezza il ciuffo. “E allora? Devo forse consolarti o vuoi che mi scandalizzi?... Ci sta, hai un culetto spettacolare, piaci anche agli uomini e adesso per me sei ancora più eccitante... se hai preso le precauzioni.”
“Tu non sei a posto! Ti sto dicendo che ho dato via il culo ad un maschione e tu pensi solo al preservativo!"
“Non si scherza sulla salute.“ Si mette cavalcioni su di lui e gli massaggia le spalle. “Se vuoi ti dico anche che lo invidio... ora non potrà più fare a meno di te.”
Mathias è a cazzo duro ficcato nella sabbia. Ellen gli sta ondeggiando sul suo culo, gli spalma le natiche, sente le sue cosche nude contro le sue. “... ieri dopo la firma del contratto... io non avevo voglia, non m'interessa Larsson, ma mi sono messo a novanta sulla scrivania solo perché ce l'aveva duro per me... l'ho scioccato, è colpa tua.”
“A messo il preserv...?
“Sì, ahaha! Sìììì l'ha messo! Ti preoccupi solo di quello!”
“Ma perché continui a dire che è colpa mia? Io non ti ho mai...”
“Perché voglio essere come te!”
Corrono in camera.

Ellen guarda il soffitto, la testa poggiata sul suo bacino..
“A cosa stai pensando?” Le chiede.
“Che sei imprudente, Mathias, che hai bisogno di protezione.”
Ci pensa da parecchio tempo e non sa decidersi. É ormai socia del club da due anni, può presentare nuovi soci.
scritto il
2024-08-27
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