La tempesta

di
genere
etero

LA TEMPESTA


Via, via, dopo una storia durata anni chiusa in modo traumatico via da tutto, via dalle amiche impiccione, dalle domande scomode, dai malcelati sorrisi ipocriti. Ma come, ma perché, ma tu, ma lui, ma non ti sei mai accorta di niente, ma così di botto? Dopo anni d’amore e d’accordo, improvvisamente quel vigliacco mi ha lasciato per correre dietro ad una sbarbina tutta culo e tette e senza cervello. Senza giustificazioni, senza scuse. Io che gli avevo dato tutto, anche il culo, sempre disponibile, sempre pronta a soddisfare i suoi capricci. E così ho deciso, un periodo di ferie lontana dal lavoro, dalla finta commiserazione delle amiche, dai sorrisetti dei colleghi che ci avevano provato invano, dal tampinamento di quella lesbica del terzo piano e dallo sguardo del capo che si è accorto della mia svogliatezza e dalla poca attenzione che ponevo. Si via ma dove? Non al mare che risveglia troppi ricordi, non nelle cosiddette città d’arte intruppata tra le orde dei turisti, in montagna, ecco sì, in montagna che al maledetto non piaceva e che non ci ha visti mai insieme. Basta piangere e via.
Mi avevano parlato di una lunga camminata, facile e rilassante, bei boschi di faggi e ruscelli di acque fresche. Una salita lunga ma dolce su un buon sentiero ombroso fino ad una forcella superata la quale si apre una bellissima valle e sullo sfondo un lago che riflette i colori del cielo. E così eccomi qui in una bellissima giornata di sole, scarpe comode, zainetto con poche cose a percorrere questo tragitto che veramente si dimostra come descritto. Cerco di non pensare a lui, di elaborare l’accaduto, di ritrovare un poco di serenità. Ma allo scollinamento tutto cambia. Non una bella valle verde, nessun lago sullo sfondo ma un muro di nuvole basse e nere che mi spaventa e che promette un nubifragio. Accelero il passo, mi attendono in albergo per il tardo pomeriggio ma non so quanta strada devo ancora fare e di tornare indietro non è il caso. Mentre scendo il temporale si avvicina, Il brontolare dei tuoni lontani si fa più forte e sembra scuotere le cime, il vento rinforza e mifa paura. Comincio a correre perché non vedo riparo alcuno. Arrivata ad una spianata aperta vedo un uomo, trenta, quaranta anni, robusto, è indaffarato a radunare le bestie della malga per portarle alla stalla. Non lontano c’è un riparo aperto per le vacche e per le capre, lo raggiungo sulla porta e gli chiedo quanta strada manca per arrivare al paese. Mi guarda, poi guarda le nuvole e mi dice che non è il caso di proseguire perché nel frattempo si è levato un vento forte e gelido che porta le prime gocce di pioggia
lei è poco vestita e se il temporale la sorprende per strada rischia di lasciarci la pelle, si fermi qui al coperto.-
Non ho alternative e quindi lo ascolto. Sembra non badare a me, tende alle sue faccende in silenzio. Le vacche si sistemano al loro posto, le capre vengono rinchiuse e i cani si accucciano al riparo. Nel frattempo la pioggia si fa via via più fitta il vento rinforza e porta una fastidiosa aria fredda. Il malgaro preso un secchio ed uno sgabello comincia a mungere le mucche sempre in silenzio. Mentre guardo le sue mani accarezzare le tette delle vacche qualcosa si muove dentro di me, comincio a sentire un certo calore al basso ventre ma la preoccupazione per la situazione aumenta. Vedo le sue mani stingere delicatamente i capezzoli e tirarli finché uno zampillo di latte non esce e finisce nel secchio. Il movimento delle sue mani mi risveglia ricordi dell’adolescenza, ricordo le prime seghe fatte a dei giovani amici nei posti più disparati, su e giù finché non venivano ed io rimanevo stupita della cosa. Non è il momento di pensare a queste cose, mi trovo fuori del mondo in un posto sperduto con una tempesta in arrivo e accanto ad un uomo solitario e silenzioso che sembra neanche vedermi. E si che tutti dicono che sono una bella figa. Finito di mungere riversa il secchio di latte in un bidone, lo chiude con cura e poi mi dice, finalmente parla, che bisogna andare alla baita perché qui il vento porta dentro la pioggia. Nel breve tragitto tra la stalla e la baita ci coglie un rovescio incredibile di pioggia, nel giro di pochi passi siamo bagnati fino all’osso da gocce grosse come noci. Arriviamo al riparo appena in tempo prima che si scateni il finimondo. L’interno della baita sembra un antro delle streghe nero di fumo e colmo di odori per me sconosciuti. Il vento penetra da fessure invisibili portando raffiche di aria gelida che il calore dei muri non riesce a mitigare, rabbrividisco e mi viene la pelle d’oca. I leggeri indumenti che indosso sono fradici e mi si appiccicano alla pelle. Sempre senza parlare il tipo rovista in una specie di armadio e ne trae un paio di asciugamani, me ne porge uno e poi si spoglia a petto nudo e comincia ad asciugarsi. Pur frastornata dalla situazione non posso non notare il suo petto muscoloso, fortunatamente non toglie i pantaloni e il che mi rassicura. Mentre mi asciugo i capelli mi porge una sua camicia, una di quelle da boscaioli pesante, a riquadri colorati, di due tre misure più grandi di me e mi dice di spogliarmi e di mettere ad asciugare le mie robe. Alla mia titubanza, non è certamente facile spogliarsi davanti ad uno sconosciuto e un pò mi vergogno. Mi dice:
se vuole prendersi una polmonite sono affari suoi, qui la tempesta sembra andare per le lunghe.-
Si gira e mi lascia un attimo di privacy, poi si reca in uno stanzino in cui tiene il latte ed i formaggi e comincia ad armeggiare senza badarmi, mi defilo e mi spoglio dandoli le spalle, via tutto, tengo solo gli slip anche se sono bagnati. Indosso la sua camicia , mi sembra quasi un miniabito mi arriva alle ginocchia ma è calda e asciutta anche se il tessuto pizzica. Visto che la camicia è cosi lunga adosso a me decido di levarmi anche le mutandine. Mentre il tipo, non ci siamo nenche presentati, ravviva il fuoco nel focolare con grossi ciocchi di legno mi suona il cellulare. Sospiro di sollievo, c’è ancora qualcuno che si preoccupa per me, è il titolare dell’albergo a cui ero diretta e si dice in pensiero:
Qui si è scatenato il finimondo, spero che lei sia al riparo.-
Gli spiego dove sono e mi chiede di parlare col tipo, gli passo il cell., parlano in un dialetto incomprensibile per un paio di minuti poi me lo restituisce. L’albergatore mi dice di stare tranquilla che il tipo, che si chiama Pietro, è un giovane a posto e tranquillissimo, non corro alcun pericolo ed è meglio che resti qui per la notte. Lo tranquillizzo, non ci penso nemmeno a mettermi in cammino con questo tempo. Guardo finalmente bene il mio ospite, ben curato e vestito farebbe un ottima figura, giovanile e solido, moro, sguardo aperto, unica pecca sembra essere il suo mutismo, meglio così.
Mi accoccolo davanti al focolare dopo aver steso la mia roba ad asciugare. Se ha notato il reggiseno e le mutandine tra le altre cose non lo da a vedere e non commenta. Il calore del fuoco mi riscalda subito e guardo Pietro mettere su una griglia due enormi fette di polenta, posare due piatti sulla tavola e porvi due grosse fette di formaggio, la cena per stasera, con accanto una bottiglia di vino nero. Sempre senza commenti mi invita a tavola, il vino forte mi riscalda anche dentro, il viso si imporpora. Quasi quasi sono indispettita dal fatto che non mi guardi, credevo di suscitarli qualche sentimento ma niente, duro colpo per la mia autostima, anche se ho sempre un certo timore. Sa che sotto la camicia sono nuda ma la cosa sembra non importargli. Il calore del fuoco ed il bicchier di vino forte mi risvegliano la micina dopo un cosi lungo periodo di astinenza, avrei voglia di masturbarmi per calmare i palpiti ma non mi sembra proprio il caso qui, persa nel nulla, con un uomo che non conosco e stringo i denti cercando di distrarmi pensando ad altro. Cerco di fare conversazione ma non sembra disponibile, mi viene da pensare che sia gay oppure che, come si dice facciano i pastori nei lunghi periodi di solitudine, si sfoghi con una delle sue capre. Dopo poco si corica e sembra addormentarsi subito. Io resisto un poco su una scomoda sedia mentre il fuoco piano piano diminuisce e la sua luce non fa che risaltare ancora di più lo scuro dell’ambiente. Il letto, separato da alcune tavole è grande e c’è posto per due, l’ambiente i raffredda così decido di sdraiarmi accanto a lui. Sotto la coperta fa un bel calduccio e cado di botto in un sonno senza sogni. Mi veglio che è ancora notte fonda, in un silenzio totale e con raccapriccio mi accorgo di essere acoccolata vicino a lui. Ma il peggio cè che per vecchia abitudine ho allungato lil braccio ed in mano tengo il suo cazzo come facevo con il mio ex, quando una sveltina mattutina lo metteva di buon umore. Resto per un momento immobile per vedere la reazione che non c’è. Il cazzo è ancora a mezzo riposo ma non così la mia fica che sembra bruciare. Ho bisogno di una scopata, devo fare una scopata non resisto oltre, ne ho bisogno da star male. Perdo la cognizione di quanto sta accadendo e senza far parola mi infilo sotto la coperta avvicinando la bocca al pene. Sa di tutto, di uomo, di selvaggio, di stalla, in qualunque altro momento mi avrebbe fatto schifo ma ora lo voglio. Lo sfilo dalle mutande di tipo vecchio abbottonate sul davanti e senza esitare lo prendo in bocca. Comincio a ciucciarlo, a leccarlo attorno alla grossa capella e lo sento subito rispondere, si alza, si ingrossa e si indurisce, è un cazzo di notevoli dimensioni, lo voglio dentro di me. Lui non reagisce resta immobile in silenzio, quando lo sento pronto mi sfilo e gli salgo sopra, la mia figa è un lago di umori, sembra bollire.
Lentamente lo introduco e comincio a sussultare lo sento dentro, comando io il suo penetrare e ritrarsi e nello stesso momento comincio ad accarezzarmi il clitoride. L’orgasmo arriva senza preavviso, e mi scarico mugolando ed ansimando, volevo un uomo tra le mie cosce, volevo sentirlo dentro di me, volevo che spegnesse quel bisogno irresistibile che non avevo mai provato prima. Mi squassa, mi provoca contrazioni fortissime il mio grido sembra un lamento senza fine. Mi accascio sopra di lui sfinita. Ripigliando fiato e mi accorgo che lui non è ancora venuto, è duro dritto e palpitante dentro di me. Poi mi stendo accanto a lui, mi allarga le cosce e mi prende così subito, con colpi vigorosi mi porta nuovamente all’orgasmo, quando dai suoi movimenti sento che è prossimo perdo il controllo e vengo sussultando. Lui mi scarica dentro tutto il succo dei suoi coglioni, viene rantolando con il respiro spezzato ma non si ritrae. Lo sento dentro di me ancora forte, rigido, non sazio. Mi aspettavo qualcosa di selvaggio invece è molto dolce. Senza dire niente si ritrae, si alza ed apparentemente senza alcuno sforzo mi solleva col le sue forti braccia e mi costringe ad inginocchiarmi sull’orlo del letto, alla maniera degli animali. La mia passera è ancora palpitante e aperta a sua disposizione. Con una strana gentilezza mi penetra e comincia un lento andirivieni, dentro fino ai coglioni e poi fuori e di nuovo dentro senza pausa, con le mani mi prende le tette, le sue sapienti dita mi accarezzano, mi pizzicano i capezzoli, mi massaggiano, mi strizzano. La voglia si riaccende e ricomincio a sfregare il clitoride. Poi i suoi movimenti accelerano, si fanno più profondi i colpi più forti quasi frenetici. Casualmente scivola fuori di me e mentre il suo cazzo cerca la figa lo appoggia sul buchetto del sedere. Non sono vergine da quella parte ed ho imparato come prenderlo senza che mi procuri dolore. I miei umori hanno abbondantemente lubrificato il culo ed il suo cazzo e con una leggera spinta sento la punta entrare. Si ferma un attimo ma ormai lo voglio anch‘io dentro, spingo fino ad impalarmi. Mi entra tutto, mi riempie tutta, sembra arrivare fino al cuore. Io continuo a sfregare il clitoride mentre le sue mani continuano a spremere a tirare le tette a tormentare i capezzoli quasi come a mungermi. Sento il nuovo orgasmo arrivare, le contrazioni salgono dai piedi su per le gambe che tremano fino ad esplodere con una sensazione indescrivibile. Allora urlo, comincio con um basso mugolio per finire in un urlo a pieni polmoni, un ululato in cui si scarica tutta la tensione degli ultimi giorni. Mi accorgo solo ora che per la prima volta ho squirtato versando tutta la mia essenza in un getto fortissimo. Ci accasciamo sfiniti, lui si asciuga in qualche modo e poi si distende e sembra addormentarsi di botto. Io sfinita mi stendo accanto a lui e mi prende un sonno profondo senza sogni. Mi sveglio che è giorno fatto, lui non c’è, mi ha preparato un secchio d’acqua accanto al catino, sono tutta impiastricciata dei miei e dei suoi umori e mi lavo in qualche modo poi mi rivesto. Sulla tavola accanto ad una brocca colma di latte appena munto trovo del formaggio. Gentile a prepararmi la colazione. Quando esco dalla baita uno splendido sole illumina la valle, è una giornata magnifica. Lui è seduto in fondo al pascolo e fuma tranquillo. Alza un braccio per salutarmi ed io rispondo avviandomi verso valle. Nessuna parola, nessun commento, bene così. Solo più tardi, distesa nella vasca in albergo realizzo la cosa. Ho fatto la più bella scopata della mia vita e sapete una cosa? Non ho più pensato al mio ex, non mi importa più nulla di lui, affanculo fetente, affanculo.
scritto il
2023-02-18
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