L'ospite
di
Elderwand
genere
gay
“Mi raccomando, fai in modo che si senta a suo agio mentre sono via” disse papà facendomi l’occhiolino. Era davanti alla porta della cucina, indaffarato a reggere il pesante giubbino di pelle e la ventiquattrore con la stessa mano, mentre con l’altra cercava freneticamente le chiavi della macchina.
“Stai tranquillo” gli dissi con un sorriso. “Buon lavoro!”. Lo guardai uscire di casa in tutta fretta. Era sempre in ritardo.
L’ospite a cui si riferiva papà era Walter, un suo amico venuto a stare da noi per qualche giorno. Era arrivato ieri sera sul tardi e papà era andato a prenderlo direttamente all’aeroporto. Era da tempo che lui e mio padre non si vedevano, anche se non dovevano conoscersi da poi così tanto perché Walter sembrava molto più giovane di lui. Io non lo avevo ancora visto né lo conoscevo perché quando erano tornati la scorsa notte era tardi e già dormivo. Mi chiedevo come sarebbe stato, speravo carino e molto macho. Papà me lo aveva descritto un po’ prima di andare a prenderlo. Giovane, pressappoco sui trentacinque anni, alto, capelli neri cortissimi, zigomi pronunciati e muscoloso, mi diceva anzi che da quando si conoscevano non aveva mai smesso di fare palestra. Me l’ero immaginato mentre dormivo e non potevo fare a meno di pensare quanto sarebbe stato bello vedere il suo pene, il mio era rimasto duro per tutta la notte.
Mi toccai per aggiustarmi i boxer. Ero seduto al tavolo della cucina a leggere una rivista. In canottiera e boxer per il gran caldo di quella notte, aspettavo che Walter si alzasse per preparargli la colazione. Fremevo dalla voglia di conoscerlo.
“Buondì... tu devi essere Luca!” sentii una voce alle mie spalle, forte e da maschio. Doveva essere lui. Mi girai per ricambiare il saluto.
Rimasi a bocca aperta dallo stupore.
Walter era davanti la porta della cucina, con un gomito appoggiato allo stipite come a reggersi per non cadere. Era come papà me lo aveva descritto. Identico, però… era completamente nudo. Aveva muscoli possenti e addominali da far paura. Sotto, tra le gambe pelose, il suo pene stava perfettamente dritto, come un missile pronto a partire. Era lungo e grosso, ma anche senza toccarlo sembrava durissimo.
Walter sorrise, aveva degli occhi da togliere il respiro. Io, invece, non potevo fare a meno di fissare lo sguardo su quella verga perfetta.
“Scusa, non volevo spaventarti. Ti da fastidio? Di solito a casa mia giro sempre nudo. Sai, l’abitudine! Vuoi che vada a mettermi qualcosa?”
Non sapevo cosa dire. Volevo supplicarlo di non farlo, di restare com’era, ma le parole mi morirono in bocca. Per cercare di fargli capire, scossi la testa come a intendere che andava bene.
“Ma sì, dai! In fondo, siamo tra uomini” disse, con una risatina innocente. Si mosse per raggiungere il lavandino. Mentre le sue gambe si muovevano ritmicamente, il suo grosso uccello dondolava su e giù, ma non si ammosciava, restava sempre duro e venoso, dritto in tutta la sua fierezza.
Si mise proprio dietro di me, di spalle, ad armeggiare con una tazza sul lavandino. Io, dal canto mio, cercavo di leggere la rivista senza pensare a lui o alla sua creatura tra le gambe. Tremavo come una foglia e il cuore mi batteva all’impazzata. Speravo che non se ne accorgesse, tra i boxer il mio cazzo già si induriva in cerca di attenzioni.
“Cosa leggi?” mi sentii dire. Era dietro di me, potevo sentirlo avvicinarsi. Mi girai lentamente verso di lui. Teneva una tazza in mano e con un cucchiaino girava il caffè. Guardava la mia rivista, come interessato. Stavo per rispondergli, ma ad un tratto si chinò verso il giornale per leggere e sentii di punto in bianco la sua verga poggiarsi sulla mia schiena e flettersi.
Sentivo che sarei svenuto da un momento all’altro. Walter poggiava il collo sulla mia spalla nuda e cercava di sporgersi per leggere, il suo cazzo premeva duro, potevo sentirlo.
“Sembra interessante” si avvicinò con la bocca al mio orecchio per sussurrarmi quelle parole. Il suo alito caldo mi penetrò fin dentro l’orecchio mentre le sue labbra carnose premevano sul lobo. Un brivido mi salì lungo la schiena. Volevo urlare. Aveva poggiato la tazza sul tavolo e con le mani aveva preso le mie. Erano bellissime, forti, possenti e da baciare.
Mi scostai all’improvviso, imbarazzato. Walter non se l’aspettava e indietreggiò facendo cadere la rivista a terra. Sentendo un debole “scusa”, mi chinai per raccoglierla da terra, ma quando mi sollevai mi ritrovai faccia a faccia con il suo cazzo. Era dritto e pulsava, proprio in direzione della mia bocca. Rimasi immobile a fissarlo, come stregato. Non riuscivo a togliere gli occhi da quella massa di piacere che si muoveva impercettibilmente davanti ai miei occhi. Ad ogni respiro di Walter, il suo uccello si muoveva e sprigionava quell’odore di cazzo che ogni volta mi faceva andare fuori di testa.
Alzai lo sguardo verso l’alto. Lui era immobile e mi guardava con un sorriso stampato sul volto. I suoi occhi erano bellissimi e pieni di malizia.
“E’ bello, vero? Ti andrebbe di giocarci un po’?”
Non sapevo cosa fare. Quella sua richiesta mi lasciò interdetto, non potevo credere che stava succedendo tutto così all’improvviso. La giornata era iniziata come tutte le altre, mi ero alzato e mi ero messo a fare colazione aspettando che l’ospite da intrattenere si alzasse. E ora mi ritrovavo in ginocchio con la sua verga puntata contro la bocca, che mi chiamava.
Lo guardai ancora. Muoveva la testa come a incoraggiarmi a fare quello che mi aveva proposto. Io ero immobile, ma cosa mi prendeva? Di solito, non mi tiravo mai indietro di fronte ad una richiesta come quella.
Non ci fu bisogno di riflettere oltre perché ci aveva pensato Walter a prendere in mano la situazione. Spinse il suo cazzo verso di me. Adesso avevo la sua cappella prominente poggiata contro la bocca. Walter tentava di spingere in avanti per farla entrare, ma avevo le labbra serrate e i denti stretti. Mi sarebbe bastato schiuderle un poco per ritrovarmi quella mazza nella bocca all’istate. Lo sentii sospirare per l’impazienza. Mi agitai, non volevo che si stancasse di me, non volevo perdere quell’occasione preziosa semplicemente per la mia titubanza.
Aprii leggermente la bocca e il suo membro scivolò rapidamente all’interno. Aveva un sapore buonissimo, ne avevo assaggiati tanti di cazzi prima di allora, ma quello mi sembrò il migliore in assoluto. Ci entrava a malapena nella mia bocca, ma feci lo sforzo di aprirla quanto più potevo. Volevo accoglierlo completamente e giocarci fino allo sfinimento. Mi entrò tutto dentro, fino a sentirmi scorticare il palato. Le mie labbra urtavano le sue palle, il mio corpo era tutto un brivido. Guardai verso di lui e, con la bocca ancora totalmente occupata, gli sorrisi. Lui ricambiò il sorriso e cominciò ad accarezzarmi i capelli, sempre con più insistenza.
Senza togliere lo sguardo da quegli occhi verdi fiammanti, cominciai a far scivolare le labbra verso la cappella, liberando il cazzo da quella morsa. Allontanata la bocca, scoccai un rapido bacio alla cappella rossa pulsante e, poi, con il solo aiuto della testa e della bocca scesi giù, verso i coglioni grossi del mio nuovo amico. Sì, lo consideravo un amico adesso, anche se prima di allora non lo avevo mai conosciuto.
Cominciai a leccargli le palle, prima una e poi l’altra. Le prendevo in bocca e le risucchiavo al suo interno come un ghiacciolo. Poi le liberavo, piene della mia saliva, e ricominciavo. Tenevo le mani strette sulle sue cosce e potevo sentire i suoi gemiti di piacere. Gli piaceva quello che gli stavo facendo. E pensare che era solo l’inizio.
Stancatomi di giocare con i suoi testicoli, ormai del tutto bagnati dalla mia saliva, presi a risalire il cazzo con la punta della lingua. Cominciai dall’attaccatura delle palle e lentamente salii fino alla cappella per poi spalancare la bocca e ridiscendere sul cazzo, infilandomelo tutto in bocca. Era una vera goduria, sentire quel cazzo duro e pomposo, immobile all’interno della mia bocca, schiavo della mia lingua. Da quel momento, cominciai il vero e proprio pompino, quello per cui tutti mi dicevano che ero un grande professionista. Presi a succhiare il cazzo di Walter, andando su e giù, avanti e indietro con leggeri movimenti della testa. Su e giù. Lo accoglievo tutto nella mia bocca, fin quasi a sentirmi accarezzare l’ugola con la sua cappella grossa, cercando di distrarmi dal non vomitare. Ma non mi interessava, lo volevo tutto dentro di me. Infine, lo liberavo pian piano per poi giocare con la cappella ormai rossa come un peperoncino.
Ogni tanto davo un’occhiata a Walter. Lo vedevo come paralizzato, intento a reprimere il bisogno di venire, di liberare tutto il suo nettare, la sua sborra calda e schiumosa nella mia bocca. Era elettrizzato, si vedeva benissimo che quello che gli facevo gli piaceva da matti. Me ne accorgevo soprattutto da come, accarezzandomi la testa, mi stringeva i capelli con le dita e me li tirava, provocandomi un lieve senso di dolore. Ma lo eccitava, ed eccitava anche me. Non faceva che spingermi verso il suo cazzo e io non chiedevo altro.
Dopo qualche minuto, con la mano mi diede un colpetto sul viso e mi fece capire che per il momento andava bene. Avevo intuito che stava per venire e non voleva ancora farlo. Aveva in serbo altre cose per me, potevo leggerglielo in faccia.
“Sei bravo! Mi hai fatto morire, chi ti ha insegnato a fare così?” mi chiese, aiutandomi a rimettermi in piedi.
Mi poggiai al bordo del tavolo e lo attrassi verso di me. Gli sorrisi senza rispondere. In quel mio sorriso era nascosta tutta la malizia del momento. Nessuno mi aveva insegnato a fare le pompe, avevo imparato da autodidatta, guardando innumerevoli filmini porno ed esercitandomi con una banana. Già quando tenni in mano il primo cazzo della mia vita, sapevo cosa fare e come fare.
Cominciammo a baciarci in modo romantico. Le sue labbra erano carnose e bollenti. Gli misi le braccia al collo e lo attrassi verso di me. Ero seduto sul tavolo e avevo intrecciato le gambe al suo addome, attraendo sempre di più la sua bocca verso di me. Dio, quanto era bello. Un adone ai miei occhi, ed era tutto per me!
Iniziò a baciarmi in modo più spinto, infilando con prepotenza la lingua nella bocca. Le nostre labbra cominciarono a intrecciarsi e per parecchi minuti restammo in quella posizione, un tutt’uno nel piacere più sfrenato. Il mio cazzo era duro come la pietra. Walter se ne era accorto e ci giocava, afferrandomi il pacco, stringendomi il cazzo da sopra i boxer e iniziando un principio di masturbazione.
Godevo. Eccome se godevo.
Ad un certo punto, Walter si liberò dalle mia presa e mi spinse contro il tavolo, facendomi cenno di coricarmi. Avevo ancora le gambe strette intorno alla sua vita e con i talloni gli stuzzicavo le chiappe dure e sode.
Con un solo movimento, mi strappò la canottiera lasciandomi in mutande. Non me lo aspettavo e lanciai un gridolino. Lui si mise a ridere e mi strinse le guance con la mano sinistra infilandomi il pollice in bocca. Nei suoi occhi vedevo la follia pura, quella follia che avevo visto in tutti gli altri uomini con cui sono stato e che preannuncia una scopata senza precedenti. Gli succhiai il dito e glielo morsi. Lui lo tirò via con una smorfia di dolore.
Walter mi fece divaricare le gambe e, scendendo con le mani sul mio petto e poi sull’addome, mi sfilò con una sola mossa veloce i boxer che ormai facevano fatica a trattenere il mio cazzo. Appena fu libero dalla morsa, saltò fuori come una sorpresa. Era duro come il marmo, non grossissimo ma lungo il necessario. Walter lo guardava come se ne fosse incantato, lo prese tra le mani ma non si abbassò a farmi un pompino. Ne fui felice, ebbi modo di capire come la pensava. Lui era il dominatore e io il suo schiavo.
“Se ci vede, tuo padre mi ammazza!” disse lui, guardandomi divertito.
“Non torna fino a stasera, abbiamo tutto il giorno” gli risposi come se con quelle parole intendessi fargli cogliere una sfida.
Allora Walter mi fece voltare a pancia in giù, con il cazzo duro schiacciato contro il tavolo freddo. Senza farmi dire cosa avrei dovuto fare, avendo anche una certa esperienza, allargai le chiappe e le protesi verso di lui, dandogli pieno spettacolo della mia intimità. Ero in una posizione piuttosto scomoda ma non mi interessava, quello che volevo era il suo cazzo dentro di me e avrei sofferto quanto mi si richiedeva perché fosse possibile.
Walter, guardando che mi posizionavo proprio come voleva lui, allargando le chiappe in modo che gli venisse facile penetrarmi, rise e mi disse che ero proprio un intenditore. Poi, mi diede uno schiaffo forte sulla chiappa destra. Gemevo dal piacere che mi dava la sua presenza dietro di me e aspettavo con impazienza il piacere assoluto che sarebbe arrivato di lì a poco.
Walter si abbassò e prese a massaggiarmi le chiappe con una certa insistenza, prima di affondarvi la faccia nell’incavo e soddisfare i miei gemiti insistenti. Mi leccava il buco con una maestria che non avevo mai visto, spostava la lingua in su e in giù, in modo frenetico e con un certo ardore. Potevo sentire la punta della sua lingua maliziosa che cercava di farsi largo nel buchetto, leccando dolcemente la superficie, mentre con le mani allargava le chiappe il più possibile e con l’indice di entrambe stuzzicava il buco e cercava di allargarlo, benché fosse già abbastanza slabbrato.
“Non c’è molto lavoro da fare! Devono essere passati molti cazzi qui dentro!” disse, rimettendosi diritto e facendo pressione con il palmo di entrambe le mani sui miei fianchi.
“Neanche puoi immaginare quanti!”
“Sei proprio una troietta, allora! Bene così, mi piacciono le troie che smaniano per un cazzo” esclamò.
Sentii che si accarezzava il cazzo, masturbandosi per indurirlo fino al punto giusto, mentre con due dita bagnate di saliva mi perforava l’ano fino in profondità. Infilò altre due dita dell’altra mano e prese a spingere. Era una goduria, sentire quelle quattro dita che spingevano per farsi largo come se fossero un unico cazzo. Si fermò all’improvviso. Capii che era arrivato il momento più importante di quella mattina. Stava per entrare dentro di me, stavamo per diventare una cosa sola. Lo bloccai e gli sussurrai, con la voce rotta dall’emozione:
“Non usi il preservativo? Io non ne ho…”
Walter si mise a ridere con gusto dandomi una violenta pacca sulla chiappa.
“Non mi piace il preservativo. Non lo uso mai, soprattutto se si tratta delle mie troie. Come fare a marcare il territorio, sennò?” e riprese a ridere dandomi pizzicotti.
“In che senso?”
“Vedi, io di solito tendo a marcare il mio territorio. Sì, vengo dentro alle mie prede così capiscono che sono diventato il loro padrone e che devono portarmi rispetto ed essermi fedeli. Tu sei mio adesso, perciò devo fare in modo che si capisca che sei mio soltanto… anche se non posso fare molto con questo buco rotto!”
Mi prese dai fianchi con violenza e mi spinse verso di lui. Sentii un dolore lacerante, ma ormai ero abituato a quel dolore forte, ben sapendo che presto sarebbe diventato puro piacere e goduria. Sentivo dentro il mio ano, dentro di me, l’enorme uccello di Walter. Lo aveva affondato tutto dentro, sentivo i suoi coglioni pieni di seme sbattere contro le mie chiappe sudate e incalorite. Io ribollivo di piacere.
Dapprima prese a dondolarsi lentamente, andava su e giù, avanti e indietro. A volte faceva uscire il suo cazzo dal culo completamente, per poi riaffondarlo con violenza. Sentivo i suoi gemiti di piacere aumentare ad ogni spinta. Non pensavo ad altro che a lui su di me e dentro di me, pensavo a quanto era felice di fottere la sua troia sapendo che avrebbe potuto farlo quando e come voleva.
Stanco di stare in piedi, Walter si gettò sulla mia schiena, poggiando la testa sulla mia e affondando la faccia nel mio collo. Era sudato come lo ero io e affannava ad ogni gemito per la forza che ci metteva nel fottermi, nel lacerarmi la carne. Mi baciava il collo, mi leccava la pelle, mi mordeva l’orecchio tanto da farmi male mentre spingeva il bacino sempre più giù. Potevo sentire i folti peli del suo pube grattare sulle mie chiappe che erano diventate ormai un fuoco impossibile da spegnere e percepivo la presenza ingombrante del suo cazzo che si muoveva dentro di me.
“Ti piace?” Mi sussurrava nell’orecchio mentre mi chiavava con tutta la forza e l’ardore che aveva in corpo. Godeva come un maiale, godeva come l’uomo più felice della terra e mi stringeva a sé con le braccia, intrecciandole contro il mio corpo nudo. Stringeva e stringeva senza lasciarmi andare, come a farmi intendere che da ora in avanti ero e sarei sempre stato suo e che per niente al mondo avrei mai potuto fuggire. Speravo sapesse che io non sarei mai andato da nessuna parte, quello che volevo era lui, stare con lui, stare sotto di lui e farlo godere il più a lungo possibile. Tanto erano il dolore e il piacere che non riuscivo neanche a rispondere a quello che mi diceva, non riuscivo a pensare ad altro che alla sua verga dentro il mio ano.
Dopo diversi minuti, io ad occhi chiusi, lui che mi leccava il foro dell’orecchio con la punta della lingua, sentii il suo membro fermarsi e uscire lentamente all’aria aperta. Lanciai un gemito soffocato. Walter si alzò e mi fece alzare a mia volta. Lo vidi in volto. Era completamente sudato, aveva le guance rosse e ansimava in modo accelerato. Sorrideva, però. E in quel sorriso era nascosto tutto il suo godimento.
Non era finita lì e lo sapevo benissimo.
Mi fece girare a pancia in su con la schiena contro il tavolo e le gambe divaricate per dargli lo spazio di entrare comodamente. Dopodiché, riprese a scopare la sua troia con un vigore ancora più forte. Lui stava sopra di me e mi guardava, aveva gli occhi incollati su di me mentre con il bacino andava avanti e indietro tra le mie gambe spalancate. Io stesso ricambiavo il suo sguardo, gli occhi nei suoi occhi, sorridendo a più non posso. Ero felice, felice. Fare la troia mi faceva godere in un modo inimmaginabile, ma quella volta era diverso. Sentivo di amare quell’uomo, quel corpo che mi possedeva. Sentivo di amarlo con ogni essere.
Prendemmo a baciarci appassionatamente, era lui a tenere in pugno la situazione, io non potevo fare nulla, non potevo muovermi e se anche avessi voluto (ma non era assolutamente così) divincolarmi da lui, non avrei potuto farlo. Avevo la testa contro il tavolo, lui mi baciava con violenza infilandomi la lingua fin dentro, mentre con le mani teneva estese e bloccate entrambe le mie braccia, in modo che non potessi muovermi. Ero bloccato, mi scopava, il suo cazzo smisurato andava su e giù dentro di me, e lo stesso accadeva con la sua lingua nell’altra mia bocca.
Passarono alcuni minuti di immenso godimento. Poi, decisi che era ora di prendere in mano la situazione. A lui piacevano le troie, sarei stata la sua troia allora.
Mi divincolai dalla sua presa, lo spinsi lontano da me e lo costrinsi a mettersi a pancia in su sul tavolo. Lui, divertito, mi lasciava fare.
Presi il suo cazzo esausto e gonfio in bocca, era rosso e umidiccio, pulsava in modo innaturale. Passai alcuni minuti, mentre riprendevo a fargli un pompino di classe, ad accarezzargli i pettorali scolpiti con la mano. Infine, mi leccai le labbra per eccitarlo maggiormente e, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, mi sedetti sulle sue gambe. Con la mano tremante, sistemai il suo cazzo dentro di me e presi a fare quello che voleva, la troia insaziabile. Aggrappandomi alle sue cosce, presi a dondolarmi in modo violento avanti e indietro, su e giù. Anche lui cercava di dare del suo, spingendo con i fianchi contro il mio culo e in pochi attimi mi sottomise di nuovo. Capii che era un tipo che amava avere tutto sotto controllo. Decisi di non oppormi, di lasciar essere lui il dominatore.
Esausto mi coricai su di lui, mentre ancora scopava il mio culo. Mi sentivo la puttanella più felice di tutte, avevo un toro sotto di me, che avrebbe fatto di me quello che desideravo, una puledra da monta. Lo cavalcavo in modo sfrenato.
Alla fine, Walter si alzò e si mise seduto sul tavolo prendendomi a smorza candela, poi mi prese di peso e mi portò sul divano facendomi mettere coricato con il sedere sul bracciolo. Sapevo che era arrivata la conclusione di quel bellissimo gioco.
Mi penetrò per un po’. Guardandolo muoversi e darsi da fare, capivo che era arrivato al culmine del piacere. Mi chiedevo, anzi, come aveva fatto a trattenersi per tutto quel tempo. Stava per venire, potevo capirlo dai gemiti tirati.
Infatti, si stese su di me, mi scoccò un lungo e semplice bacio e spinse con tutta la forza e l’eccitazione che aveva. Mi piantò il cazzo in profondità e la sua cappella mi punse la pancia come un ago. Se avesse potuto, avrebbe infilato anche le palle dentro al mio culo, ne sono certo. A un certo punto sentii l’ano bagnarsi, sentii che il suo cazzo si muoveva in modo feroce. Sentii qualcosa di caldo e consistente attaccarsi alle pareti del mio ano e scivolare lentamente dentro di me. Era venuto. Era venuto dentro di me, ero suo adesso, i nostri corpi si erano saldati. Avevo il suo seme in corpo, avevo lui in corpo. Mi riempì completamente e promisi a me stesso che non mi sarei lavato quel seme dal culo fino al giorno seguente, volevo averlo dentro di me il più a lungo possibile. Sentire la sua vita.
"Ti ho ingravidato, puttanella!” mi sussurrò nell’orecchio. Quelle parole mi eccitarono come non mai e venni anche io, sporcandogli l’addome muscoloso di sborra calda. Alla fine, gli ripulii per bene il cazzo dalla sborra, un ultimo gesto prima di buttarci sfiniti sul divano. Avevo vissuto un’esperienza bellissima con un uomo che non conoscevo, ma che ora invece mi sembrava di conoscere da sempre. Non sarebbero mancate altre occasioni del genere.
Da quella volta, Walter cercò in tutti i modi di rendere sempre più lontana la sua partenza da casa mia e io, allo stesso modo, cercai di trovare scuse con mio padre perché Walter non dovesse andare via. Alla fine, papà si era convinto ad accordare a Walter che quella era casa sua e poteva restarci fin quando voleva.
Walter non voleva andare più via, aveva trovato la sua preda perfetta e non voleva lasciarsela scappare per niente al mondo. In effetti, provai a comportarmi come voleva lui. Walter era uno a cui piace dominare, uno a cui piace avere uno schiavo tutto per sé e fargli fare tutto quello che vuole. Una troia che apra le gambe ogni volta che lui ha voglia di scopare. E io avevo il desiderio di renderlo felice. Volevo essere la sua troia perfetta e soddisfarlo in ogni cosa. Ero contento di piacergli, perché lui era bellissimo. Da quando l’avevo conosciuto non riuscivo più a fare a meno di lui e del suo cazzo dalle dimensioni stellari. Facevamo sesso parecchie volte al giorno, anche con mio padre in casa. Non ci importava molto di essere scoperti, la trasgressione rendeva tutto molto più eccitante. Mi trattava sempre come se fossi di sua proprietà e questo mi piaceva. Lo sapeva benissimo di potermi usare quando ne aveva voglia e che io ero esclusivamente suo, quindi non aveva bisogno di chiedermi il permesso di scoparmi. Lo faceva e basta.
Quando mio padre andava al lavoro era il momento più bello. Avevamo tutta la mattina per noi. La passavamo nudi sul divano, oppure nel letto, o perfino sul pavimento. Il momento migliore delle nostre scopate. Mi prendeva come un toro. Si sentiva più rilassato, più attivo e più felice. Soprattutto felice perché sapeva che aveva sempre a disposizione il mio bel culo aperto che non aspettava altro che la sua verga dura e venosa.
Eppure, gli avevo promesso che sarei sempre stato con lui. Per questo, quando dovette ripartire, una settimana dopo, fuggii con lui. Avevo trovato la felicità e non intendevo lasciarmela scappare.
“Stai tranquillo” gli dissi con un sorriso. “Buon lavoro!”. Lo guardai uscire di casa in tutta fretta. Era sempre in ritardo.
L’ospite a cui si riferiva papà era Walter, un suo amico venuto a stare da noi per qualche giorno. Era arrivato ieri sera sul tardi e papà era andato a prenderlo direttamente all’aeroporto. Era da tempo che lui e mio padre non si vedevano, anche se non dovevano conoscersi da poi così tanto perché Walter sembrava molto più giovane di lui. Io non lo avevo ancora visto né lo conoscevo perché quando erano tornati la scorsa notte era tardi e già dormivo. Mi chiedevo come sarebbe stato, speravo carino e molto macho. Papà me lo aveva descritto un po’ prima di andare a prenderlo. Giovane, pressappoco sui trentacinque anni, alto, capelli neri cortissimi, zigomi pronunciati e muscoloso, mi diceva anzi che da quando si conoscevano non aveva mai smesso di fare palestra. Me l’ero immaginato mentre dormivo e non potevo fare a meno di pensare quanto sarebbe stato bello vedere il suo pene, il mio era rimasto duro per tutta la notte.
Mi toccai per aggiustarmi i boxer. Ero seduto al tavolo della cucina a leggere una rivista. In canottiera e boxer per il gran caldo di quella notte, aspettavo che Walter si alzasse per preparargli la colazione. Fremevo dalla voglia di conoscerlo.
“Buondì... tu devi essere Luca!” sentii una voce alle mie spalle, forte e da maschio. Doveva essere lui. Mi girai per ricambiare il saluto.
Rimasi a bocca aperta dallo stupore.
Walter era davanti la porta della cucina, con un gomito appoggiato allo stipite come a reggersi per non cadere. Era come papà me lo aveva descritto. Identico, però… era completamente nudo. Aveva muscoli possenti e addominali da far paura. Sotto, tra le gambe pelose, il suo pene stava perfettamente dritto, come un missile pronto a partire. Era lungo e grosso, ma anche senza toccarlo sembrava durissimo.
Walter sorrise, aveva degli occhi da togliere il respiro. Io, invece, non potevo fare a meno di fissare lo sguardo su quella verga perfetta.
“Scusa, non volevo spaventarti. Ti da fastidio? Di solito a casa mia giro sempre nudo. Sai, l’abitudine! Vuoi che vada a mettermi qualcosa?”
Non sapevo cosa dire. Volevo supplicarlo di non farlo, di restare com’era, ma le parole mi morirono in bocca. Per cercare di fargli capire, scossi la testa come a intendere che andava bene.
“Ma sì, dai! In fondo, siamo tra uomini” disse, con una risatina innocente. Si mosse per raggiungere il lavandino. Mentre le sue gambe si muovevano ritmicamente, il suo grosso uccello dondolava su e giù, ma non si ammosciava, restava sempre duro e venoso, dritto in tutta la sua fierezza.
Si mise proprio dietro di me, di spalle, ad armeggiare con una tazza sul lavandino. Io, dal canto mio, cercavo di leggere la rivista senza pensare a lui o alla sua creatura tra le gambe. Tremavo come una foglia e il cuore mi batteva all’impazzata. Speravo che non se ne accorgesse, tra i boxer il mio cazzo già si induriva in cerca di attenzioni.
“Cosa leggi?” mi sentii dire. Era dietro di me, potevo sentirlo avvicinarsi. Mi girai lentamente verso di lui. Teneva una tazza in mano e con un cucchiaino girava il caffè. Guardava la mia rivista, come interessato. Stavo per rispondergli, ma ad un tratto si chinò verso il giornale per leggere e sentii di punto in bianco la sua verga poggiarsi sulla mia schiena e flettersi.
Sentivo che sarei svenuto da un momento all’altro. Walter poggiava il collo sulla mia spalla nuda e cercava di sporgersi per leggere, il suo cazzo premeva duro, potevo sentirlo.
“Sembra interessante” si avvicinò con la bocca al mio orecchio per sussurrarmi quelle parole. Il suo alito caldo mi penetrò fin dentro l’orecchio mentre le sue labbra carnose premevano sul lobo. Un brivido mi salì lungo la schiena. Volevo urlare. Aveva poggiato la tazza sul tavolo e con le mani aveva preso le mie. Erano bellissime, forti, possenti e da baciare.
Mi scostai all’improvviso, imbarazzato. Walter non se l’aspettava e indietreggiò facendo cadere la rivista a terra. Sentendo un debole “scusa”, mi chinai per raccoglierla da terra, ma quando mi sollevai mi ritrovai faccia a faccia con il suo cazzo. Era dritto e pulsava, proprio in direzione della mia bocca. Rimasi immobile a fissarlo, come stregato. Non riuscivo a togliere gli occhi da quella massa di piacere che si muoveva impercettibilmente davanti ai miei occhi. Ad ogni respiro di Walter, il suo uccello si muoveva e sprigionava quell’odore di cazzo che ogni volta mi faceva andare fuori di testa.
Alzai lo sguardo verso l’alto. Lui era immobile e mi guardava con un sorriso stampato sul volto. I suoi occhi erano bellissimi e pieni di malizia.
“E’ bello, vero? Ti andrebbe di giocarci un po’?”
Non sapevo cosa fare. Quella sua richiesta mi lasciò interdetto, non potevo credere che stava succedendo tutto così all’improvviso. La giornata era iniziata come tutte le altre, mi ero alzato e mi ero messo a fare colazione aspettando che l’ospite da intrattenere si alzasse. E ora mi ritrovavo in ginocchio con la sua verga puntata contro la bocca, che mi chiamava.
Lo guardai ancora. Muoveva la testa come a incoraggiarmi a fare quello che mi aveva proposto. Io ero immobile, ma cosa mi prendeva? Di solito, non mi tiravo mai indietro di fronte ad una richiesta come quella.
Non ci fu bisogno di riflettere oltre perché ci aveva pensato Walter a prendere in mano la situazione. Spinse il suo cazzo verso di me. Adesso avevo la sua cappella prominente poggiata contro la bocca. Walter tentava di spingere in avanti per farla entrare, ma avevo le labbra serrate e i denti stretti. Mi sarebbe bastato schiuderle un poco per ritrovarmi quella mazza nella bocca all’istate. Lo sentii sospirare per l’impazienza. Mi agitai, non volevo che si stancasse di me, non volevo perdere quell’occasione preziosa semplicemente per la mia titubanza.
Aprii leggermente la bocca e il suo membro scivolò rapidamente all’interno. Aveva un sapore buonissimo, ne avevo assaggiati tanti di cazzi prima di allora, ma quello mi sembrò il migliore in assoluto. Ci entrava a malapena nella mia bocca, ma feci lo sforzo di aprirla quanto più potevo. Volevo accoglierlo completamente e giocarci fino allo sfinimento. Mi entrò tutto dentro, fino a sentirmi scorticare il palato. Le mie labbra urtavano le sue palle, il mio corpo era tutto un brivido. Guardai verso di lui e, con la bocca ancora totalmente occupata, gli sorrisi. Lui ricambiò il sorriso e cominciò ad accarezzarmi i capelli, sempre con più insistenza.
Senza togliere lo sguardo da quegli occhi verdi fiammanti, cominciai a far scivolare le labbra verso la cappella, liberando il cazzo da quella morsa. Allontanata la bocca, scoccai un rapido bacio alla cappella rossa pulsante e, poi, con il solo aiuto della testa e della bocca scesi giù, verso i coglioni grossi del mio nuovo amico. Sì, lo consideravo un amico adesso, anche se prima di allora non lo avevo mai conosciuto.
Cominciai a leccargli le palle, prima una e poi l’altra. Le prendevo in bocca e le risucchiavo al suo interno come un ghiacciolo. Poi le liberavo, piene della mia saliva, e ricominciavo. Tenevo le mani strette sulle sue cosce e potevo sentire i suoi gemiti di piacere. Gli piaceva quello che gli stavo facendo. E pensare che era solo l’inizio.
Stancatomi di giocare con i suoi testicoli, ormai del tutto bagnati dalla mia saliva, presi a risalire il cazzo con la punta della lingua. Cominciai dall’attaccatura delle palle e lentamente salii fino alla cappella per poi spalancare la bocca e ridiscendere sul cazzo, infilandomelo tutto in bocca. Era una vera goduria, sentire quel cazzo duro e pomposo, immobile all’interno della mia bocca, schiavo della mia lingua. Da quel momento, cominciai il vero e proprio pompino, quello per cui tutti mi dicevano che ero un grande professionista. Presi a succhiare il cazzo di Walter, andando su e giù, avanti e indietro con leggeri movimenti della testa. Su e giù. Lo accoglievo tutto nella mia bocca, fin quasi a sentirmi accarezzare l’ugola con la sua cappella grossa, cercando di distrarmi dal non vomitare. Ma non mi interessava, lo volevo tutto dentro di me. Infine, lo liberavo pian piano per poi giocare con la cappella ormai rossa come un peperoncino.
Ogni tanto davo un’occhiata a Walter. Lo vedevo come paralizzato, intento a reprimere il bisogno di venire, di liberare tutto il suo nettare, la sua sborra calda e schiumosa nella mia bocca. Era elettrizzato, si vedeva benissimo che quello che gli facevo gli piaceva da matti. Me ne accorgevo soprattutto da come, accarezzandomi la testa, mi stringeva i capelli con le dita e me li tirava, provocandomi un lieve senso di dolore. Ma lo eccitava, ed eccitava anche me. Non faceva che spingermi verso il suo cazzo e io non chiedevo altro.
Dopo qualche minuto, con la mano mi diede un colpetto sul viso e mi fece capire che per il momento andava bene. Avevo intuito che stava per venire e non voleva ancora farlo. Aveva in serbo altre cose per me, potevo leggerglielo in faccia.
“Sei bravo! Mi hai fatto morire, chi ti ha insegnato a fare così?” mi chiese, aiutandomi a rimettermi in piedi.
Mi poggiai al bordo del tavolo e lo attrassi verso di me. Gli sorrisi senza rispondere. In quel mio sorriso era nascosta tutta la malizia del momento. Nessuno mi aveva insegnato a fare le pompe, avevo imparato da autodidatta, guardando innumerevoli filmini porno ed esercitandomi con una banana. Già quando tenni in mano il primo cazzo della mia vita, sapevo cosa fare e come fare.
Cominciammo a baciarci in modo romantico. Le sue labbra erano carnose e bollenti. Gli misi le braccia al collo e lo attrassi verso di me. Ero seduto sul tavolo e avevo intrecciato le gambe al suo addome, attraendo sempre di più la sua bocca verso di me. Dio, quanto era bello. Un adone ai miei occhi, ed era tutto per me!
Iniziò a baciarmi in modo più spinto, infilando con prepotenza la lingua nella bocca. Le nostre labbra cominciarono a intrecciarsi e per parecchi minuti restammo in quella posizione, un tutt’uno nel piacere più sfrenato. Il mio cazzo era duro come la pietra. Walter se ne era accorto e ci giocava, afferrandomi il pacco, stringendomi il cazzo da sopra i boxer e iniziando un principio di masturbazione.
Godevo. Eccome se godevo.
Ad un certo punto, Walter si liberò dalle mia presa e mi spinse contro il tavolo, facendomi cenno di coricarmi. Avevo ancora le gambe strette intorno alla sua vita e con i talloni gli stuzzicavo le chiappe dure e sode.
Con un solo movimento, mi strappò la canottiera lasciandomi in mutande. Non me lo aspettavo e lanciai un gridolino. Lui si mise a ridere e mi strinse le guance con la mano sinistra infilandomi il pollice in bocca. Nei suoi occhi vedevo la follia pura, quella follia che avevo visto in tutti gli altri uomini con cui sono stato e che preannuncia una scopata senza precedenti. Gli succhiai il dito e glielo morsi. Lui lo tirò via con una smorfia di dolore.
Walter mi fece divaricare le gambe e, scendendo con le mani sul mio petto e poi sull’addome, mi sfilò con una sola mossa veloce i boxer che ormai facevano fatica a trattenere il mio cazzo. Appena fu libero dalla morsa, saltò fuori come una sorpresa. Era duro come il marmo, non grossissimo ma lungo il necessario. Walter lo guardava come se ne fosse incantato, lo prese tra le mani ma non si abbassò a farmi un pompino. Ne fui felice, ebbi modo di capire come la pensava. Lui era il dominatore e io il suo schiavo.
“Se ci vede, tuo padre mi ammazza!” disse lui, guardandomi divertito.
“Non torna fino a stasera, abbiamo tutto il giorno” gli risposi come se con quelle parole intendessi fargli cogliere una sfida.
Allora Walter mi fece voltare a pancia in giù, con il cazzo duro schiacciato contro il tavolo freddo. Senza farmi dire cosa avrei dovuto fare, avendo anche una certa esperienza, allargai le chiappe e le protesi verso di lui, dandogli pieno spettacolo della mia intimità. Ero in una posizione piuttosto scomoda ma non mi interessava, quello che volevo era il suo cazzo dentro di me e avrei sofferto quanto mi si richiedeva perché fosse possibile.
Walter, guardando che mi posizionavo proprio come voleva lui, allargando le chiappe in modo che gli venisse facile penetrarmi, rise e mi disse che ero proprio un intenditore. Poi, mi diede uno schiaffo forte sulla chiappa destra. Gemevo dal piacere che mi dava la sua presenza dietro di me e aspettavo con impazienza il piacere assoluto che sarebbe arrivato di lì a poco.
Walter si abbassò e prese a massaggiarmi le chiappe con una certa insistenza, prima di affondarvi la faccia nell’incavo e soddisfare i miei gemiti insistenti. Mi leccava il buco con una maestria che non avevo mai visto, spostava la lingua in su e in giù, in modo frenetico e con un certo ardore. Potevo sentire la punta della sua lingua maliziosa che cercava di farsi largo nel buchetto, leccando dolcemente la superficie, mentre con le mani allargava le chiappe il più possibile e con l’indice di entrambe stuzzicava il buco e cercava di allargarlo, benché fosse già abbastanza slabbrato.
“Non c’è molto lavoro da fare! Devono essere passati molti cazzi qui dentro!” disse, rimettendosi diritto e facendo pressione con il palmo di entrambe le mani sui miei fianchi.
“Neanche puoi immaginare quanti!”
“Sei proprio una troietta, allora! Bene così, mi piacciono le troie che smaniano per un cazzo” esclamò.
Sentii che si accarezzava il cazzo, masturbandosi per indurirlo fino al punto giusto, mentre con due dita bagnate di saliva mi perforava l’ano fino in profondità. Infilò altre due dita dell’altra mano e prese a spingere. Era una goduria, sentire quelle quattro dita che spingevano per farsi largo come se fossero un unico cazzo. Si fermò all’improvviso. Capii che era arrivato il momento più importante di quella mattina. Stava per entrare dentro di me, stavamo per diventare una cosa sola. Lo bloccai e gli sussurrai, con la voce rotta dall’emozione:
“Non usi il preservativo? Io non ne ho…”
Walter si mise a ridere con gusto dandomi una violenta pacca sulla chiappa.
“Non mi piace il preservativo. Non lo uso mai, soprattutto se si tratta delle mie troie. Come fare a marcare il territorio, sennò?” e riprese a ridere dandomi pizzicotti.
“In che senso?”
“Vedi, io di solito tendo a marcare il mio territorio. Sì, vengo dentro alle mie prede così capiscono che sono diventato il loro padrone e che devono portarmi rispetto ed essermi fedeli. Tu sei mio adesso, perciò devo fare in modo che si capisca che sei mio soltanto… anche se non posso fare molto con questo buco rotto!”
Mi prese dai fianchi con violenza e mi spinse verso di lui. Sentii un dolore lacerante, ma ormai ero abituato a quel dolore forte, ben sapendo che presto sarebbe diventato puro piacere e goduria. Sentivo dentro il mio ano, dentro di me, l’enorme uccello di Walter. Lo aveva affondato tutto dentro, sentivo i suoi coglioni pieni di seme sbattere contro le mie chiappe sudate e incalorite. Io ribollivo di piacere.
Dapprima prese a dondolarsi lentamente, andava su e giù, avanti e indietro. A volte faceva uscire il suo cazzo dal culo completamente, per poi riaffondarlo con violenza. Sentivo i suoi gemiti di piacere aumentare ad ogni spinta. Non pensavo ad altro che a lui su di me e dentro di me, pensavo a quanto era felice di fottere la sua troia sapendo che avrebbe potuto farlo quando e come voleva.
Stanco di stare in piedi, Walter si gettò sulla mia schiena, poggiando la testa sulla mia e affondando la faccia nel mio collo. Era sudato come lo ero io e affannava ad ogni gemito per la forza che ci metteva nel fottermi, nel lacerarmi la carne. Mi baciava il collo, mi leccava la pelle, mi mordeva l’orecchio tanto da farmi male mentre spingeva il bacino sempre più giù. Potevo sentire i folti peli del suo pube grattare sulle mie chiappe che erano diventate ormai un fuoco impossibile da spegnere e percepivo la presenza ingombrante del suo cazzo che si muoveva dentro di me.
“Ti piace?” Mi sussurrava nell’orecchio mentre mi chiavava con tutta la forza e l’ardore che aveva in corpo. Godeva come un maiale, godeva come l’uomo più felice della terra e mi stringeva a sé con le braccia, intrecciandole contro il mio corpo nudo. Stringeva e stringeva senza lasciarmi andare, come a farmi intendere che da ora in avanti ero e sarei sempre stato suo e che per niente al mondo avrei mai potuto fuggire. Speravo sapesse che io non sarei mai andato da nessuna parte, quello che volevo era lui, stare con lui, stare sotto di lui e farlo godere il più a lungo possibile. Tanto erano il dolore e il piacere che non riuscivo neanche a rispondere a quello che mi diceva, non riuscivo a pensare ad altro che alla sua verga dentro il mio ano.
Dopo diversi minuti, io ad occhi chiusi, lui che mi leccava il foro dell’orecchio con la punta della lingua, sentii il suo membro fermarsi e uscire lentamente all’aria aperta. Lanciai un gemito soffocato. Walter si alzò e mi fece alzare a mia volta. Lo vidi in volto. Era completamente sudato, aveva le guance rosse e ansimava in modo accelerato. Sorrideva, però. E in quel sorriso era nascosto tutto il suo godimento.
Non era finita lì e lo sapevo benissimo.
Mi fece girare a pancia in su con la schiena contro il tavolo e le gambe divaricate per dargli lo spazio di entrare comodamente. Dopodiché, riprese a scopare la sua troia con un vigore ancora più forte. Lui stava sopra di me e mi guardava, aveva gli occhi incollati su di me mentre con il bacino andava avanti e indietro tra le mie gambe spalancate. Io stesso ricambiavo il suo sguardo, gli occhi nei suoi occhi, sorridendo a più non posso. Ero felice, felice. Fare la troia mi faceva godere in un modo inimmaginabile, ma quella volta era diverso. Sentivo di amare quell’uomo, quel corpo che mi possedeva. Sentivo di amarlo con ogni essere.
Prendemmo a baciarci appassionatamente, era lui a tenere in pugno la situazione, io non potevo fare nulla, non potevo muovermi e se anche avessi voluto (ma non era assolutamente così) divincolarmi da lui, non avrei potuto farlo. Avevo la testa contro il tavolo, lui mi baciava con violenza infilandomi la lingua fin dentro, mentre con le mani teneva estese e bloccate entrambe le mie braccia, in modo che non potessi muovermi. Ero bloccato, mi scopava, il suo cazzo smisurato andava su e giù dentro di me, e lo stesso accadeva con la sua lingua nell’altra mia bocca.
Passarono alcuni minuti di immenso godimento. Poi, decisi che era ora di prendere in mano la situazione. A lui piacevano le troie, sarei stata la sua troia allora.
Mi divincolai dalla sua presa, lo spinsi lontano da me e lo costrinsi a mettersi a pancia in su sul tavolo. Lui, divertito, mi lasciava fare.
Presi il suo cazzo esausto e gonfio in bocca, era rosso e umidiccio, pulsava in modo innaturale. Passai alcuni minuti, mentre riprendevo a fargli un pompino di classe, ad accarezzargli i pettorali scolpiti con la mano. Infine, mi leccai le labbra per eccitarlo maggiormente e, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, mi sedetti sulle sue gambe. Con la mano tremante, sistemai il suo cazzo dentro di me e presi a fare quello che voleva, la troia insaziabile. Aggrappandomi alle sue cosce, presi a dondolarmi in modo violento avanti e indietro, su e giù. Anche lui cercava di dare del suo, spingendo con i fianchi contro il mio culo e in pochi attimi mi sottomise di nuovo. Capii che era un tipo che amava avere tutto sotto controllo. Decisi di non oppormi, di lasciar essere lui il dominatore.
Esausto mi coricai su di lui, mentre ancora scopava il mio culo. Mi sentivo la puttanella più felice di tutte, avevo un toro sotto di me, che avrebbe fatto di me quello che desideravo, una puledra da monta. Lo cavalcavo in modo sfrenato.
Alla fine, Walter si alzò e si mise seduto sul tavolo prendendomi a smorza candela, poi mi prese di peso e mi portò sul divano facendomi mettere coricato con il sedere sul bracciolo. Sapevo che era arrivata la conclusione di quel bellissimo gioco.
Mi penetrò per un po’. Guardandolo muoversi e darsi da fare, capivo che era arrivato al culmine del piacere. Mi chiedevo, anzi, come aveva fatto a trattenersi per tutto quel tempo. Stava per venire, potevo capirlo dai gemiti tirati.
Infatti, si stese su di me, mi scoccò un lungo e semplice bacio e spinse con tutta la forza e l’eccitazione che aveva. Mi piantò il cazzo in profondità e la sua cappella mi punse la pancia come un ago. Se avesse potuto, avrebbe infilato anche le palle dentro al mio culo, ne sono certo. A un certo punto sentii l’ano bagnarsi, sentii che il suo cazzo si muoveva in modo feroce. Sentii qualcosa di caldo e consistente attaccarsi alle pareti del mio ano e scivolare lentamente dentro di me. Era venuto. Era venuto dentro di me, ero suo adesso, i nostri corpi si erano saldati. Avevo il suo seme in corpo, avevo lui in corpo. Mi riempì completamente e promisi a me stesso che non mi sarei lavato quel seme dal culo fino al giorno seguente, volevo averlo dentro di me il più a lungo possibile. Sentire la sua vita.
"Ti ho ingravidato, puttanella!” mi sussurrò nell’orecchio. Quelle parole mi eccitarono come non mai e venni anche io, sporcandogli l’addome muscoloso di sborra calda. Alla fine, gli ripulii per bene il cazzo dalla sborra, un ultimo gesto prima di buttarci sfiniti sul divano. Avevo vissuto un’esperienza bellissima con un uomo che non conoscevo, ma che ora invece mi sembrava di conoscere da sempre. Non sarebbero mancate altre occasioni del genere.
Da quella volta, Walter cercò in tutti i modi di rendere sempre più lontana la sua partenza da casa mia e io, allo stesso modo, cercai di trovare scuse con mio padre perché Walter non dovesse andare via. Alla fine, papà si era convinto ad accordare a Walter che quella era casa sua e poteva restarci fin quando voleva.
Walter non voleva andare più via, aveva trovato la sua preda perfetta e non voleva lasciarsela scappare per niente al mondo. In effetti, provai a comportarmi come voleva lui. Walter era uno a cui piace dominare, uno a cui piace avere uno schiavo tutto per sé e fargli fare tutto quello che vuole. Una troia che apra le gambe ogni volta che lui ha voglia di scopare. E io avevo il desiderio di renderlo felice. Volevo essere la sua troia perfetta e soddisfarlo in ogni cosa. Ero contento di piacergli, perché lui era bellissimo. Da quando l’avevo conosciuto non riuscivo più a fare a meno di lui e del suo cazzo dalle dimensioni stellari. Facevamo sesso parecchie volte al giorno, anche con mio padre in casa. Non ci importava molto di essere scoperti, la trasgressione rendeva tutto molto più eccitante. Mi trattava sempre come se fossi di sua proprietà e questo mi piaceva. Lo sapeva benissimo di potermi usare quando ne aveva voglia e che io ero esclusivamente suo, quindi non aveva bisogno di chiedermi il permesso di scoparmi. Lo faceva e basta.
Quando mio padre andava al lavoro era il momento più bello. Avevamo tutta la mattina per noi. La passavamo nudi sul divano, oppure nel letto, o perfino sul pavimento. Il momento migliore delle nostre scopate. Mi prendeva come un toro. Si sentiva più rilassato, più attivo e più felice. Soprattutto felice perché sapeva che aveva sempre a disposizione il mio bel culo aperto che non aspettava altro che la sua verga dura e venosa.
Eppure, gli avevo promesso che sarei sempre stato con lui. Per questo, quando dovette ripartire, una settimana dopo, fuggii con lui. Avevo trovato la felicità e non intendevo lasciarmela scappare.
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