Amore, sono la tua puttana

di
genere
gay

Ho cominciato presto a capire cosa mi piaceva, avevo poco più di dieci anni. Sono nato in un piccolo borgo di mare, e l’estate andavo con quattro miei amichetti al mare. Una volta ci siamo nascosti in un anfratto di spiaggia e uno di noi più grande di pochi anni ha proposto un gioco. A turno ci stendevamo nudi su un asciugamano per cento secondi e gli altri venivano sopra per incularci. Non c’era vera penetrazione, era solo un appoggiare il pisellino tra le natiche e dare spinte di bacino. Ma a me solo sentire un pisellino che mi spingeva tra le chiappe era una sensazione che mi piaceva più di stare sopra, così cominciai presto a cambiare i miei cento secondi in cui avrei dovuto stare sopra con lo stare sotto. E finì che a stare sotto ero sempre io, con la soddisfazione di tutti. Passarono gli anni senza particolari eventi da segnalare, tranne che avevo scoperto, una volta che ero solo in casa, che mi piaceva provare i vestiti di mia sorella. Mi vestivo da donna e restavo a lungo a guardarmi allo specchio, con un piacevole senso di trasgressione. A scuola sono sempre andato bene, e alle superiori un’amica di famiglia mandò suo figlio, che era in classe con me ma un po' zuccone, a prendere lezioni di matematica da me. Ce ne stavamo ore chiusi nella mia stanza senza che lui avesse voglia d’imparare, ma una volta tirò fuori l’uccello dicendo che potevamo farci una sega. Io mi avvicinai e iniziai a menargli l’uccello, lui si distese tranquillo lasciandomi fare e finì che la sega gliela feci io. In seguito poi ero io, che non riuscendo più a trattenermi, lo facevo stendere sul lettino, gli aprivo i pantaloni e cominciavo a giocare con il suo pisello finché non buttava fuori le prime gocce di sperma da adolescente. Dopo queste prime pulsioni da frocetto ne ho avute altre un po' più serie, e qualcuna l’ho già raccontata, ma poi mi sono trasferito in Veneto dove ho avuto una vita, diciamo da etero. Anche se ogni tanto, la sera, mi prendeva una voglia incontrollata di cazzo, come una febbre che riuscivo a placare solo con il dildo che avevo regalato a mia moglie. È in una di queste sere che sono entrato in contatto con un travestito di Rovigo che mi ha insegnato molte cose. Di lei-lui vi racconterò un’altra volta, perché anche questa storia merita di essere raccontata. Quella che voglio raccontare ora è la mia esperienza della scorsa estate in Sardegna. Alla soglia dei 50 anni io e mia moglie andiamo in resort mediamente stellato vicino Alghero. Nonostante l’età ho mantenuto un fisico asciutto, tonico e magro, e mi piace nuotare. Così sin dal primo giorno mi piazzo in piscina già al mattino presto. Poco dopo viene un inserviente che inizia a fare le pulizie. Indossa pantaloncini corti e una t-shirt attillata e ha l’abbronzatura di chi sta sempre al sole. Quando pulisce con un retino l’acqua della piscina si toglie la maglietta e mostra un fisico con bei muscoli e neanche un filo di grasso. Ma quello che attira la mia attenzione sono le cosce possenti e ben tornite. Lo guardo con più attenzione e qualcosa dentro di me comincia a muoversi. Lui si avvicina e mi chiede se desidero un caffè o qualcosa da bere, così scopro che lavora anche al bar della piscina. Nei giorni seguenti facciamo amicizia, con me che cerco di entrare nelle sue grazie ma senza spingermi tanto. Mia moglie ha fatto amicizia con una cliente di Milano il cui marito ha noleggiato una barca e le piace uscire con loro. Io sono andato una sola volta con loro, anche se fare il bagno nudi al largo è piacevole. Avevo altre mire in testa in quei giorni. Ormai sono entrato in confidenza con Agusto, il barista della piscina, e parliamo un po' di tutto. Lui è spagnolo ma è in Italia da tanto tempo, e quando parla lascia trapelare la sua provenienza. Oramai sono affascinato dal suo fisico e dal suo modo di fare, ma cerco di muovermi con cautela. Un pomeriggio alle due e mezza lo vedo camminare trafelato fuori dal bar. Mia moglie è in barca con la sua amica a fare il bagno nude, e forse qualcos’altro, ma non mi interessa. Mi avvicino ad Agusto e gli chiedo cosa fosse successo. Lui mi risponde che doveva ritirare delle piastrelle per fare dei lavori in casa sua e un suo amico con la macchina doveva aiutarlo in questa cosa, ma ha telefonato che ha la macchina rotta e non può venire.
«E che problema c’è? Ho la macchina qua fuori». Nella mia testa cominciano a nascere pensieri di un’amicizia più profonda e forse qualcosa di molto intimo. Lui fa un po' il titubante ma alla fine accetta. Così andiamo a ritirare le piastrelle e mi porta in una casetta un po' lontana ma vicina alla spiaggia. Fa tutto lui, carica e scarica, e non vuole che io faccia sforzi. Alla fine è zuppo di sudore e decide di farsi una doccia. Mi dice di fare come se fossi a casa mia e di servirmi da bere, di guardare nel frigo. Non ha alcolici ma solo estratti di verdure e cedrata. Scelgo la cedrata. Esce dal bagno con un accappatoio corto e bianco e si stende sul divano. Io l’osservo incantato con la cedrata in mano, poi non resisto e gli chiedo se fa palestra per avere delle cosce così toniche e tornite.
«No, no. Tutto lavoro naturale, tocca pure se vuoi». Non c’è malizia nella sua voce, così mi avvicino per palpargli le cosce. Mentre allungo la mano lui apre l’accappatoio mettendomi in mostra un discreto cazzo a mezza erezione. I giochi sono fatti, ormai abbiamo scoperto le nostre carte. Ci guardiamo con un sorrisino d’intesa e lui si distende più comodo sul divano. M’inginocchio tra le sue gambe aperte e comincio a carezzargli l’interno coscia. Poi con la mano destra arrivo a carezzargli il torace e con la sinistra gli carezzo il cazzo. Mi chino per baciargli le palle e poi le lecco a piena lingua risalendo lungo l’asta.
«Che belle palle piene che hai. Chissà quanta sborra che hai lì, amore».
«Sì, ma il cazzo ti piace?» Era più una supplica che una domanda.
«Tanto, amore mio. Ora te lo succhio fino a farti godere».
A bocca aperta mi schiaffeggio la lingua con il suo cazzo. Assaggio la cappella con la punta della lingua, la insalivo e la prendo tra le labbra, poi scendo fino a sentirmelo alle tonsille. Vado su e giù, torno a leccare il cazzo, poi di nuovo in gola e ancora su e giù. Voglio che goda, che non dimentichi facilmente questo pompino. Lui comincia a gemere, mi carezza la testa e quando ce l’ho in bocca inarca il bacino per spingerlo più in fondo. Con le mani gli carezzo le cosce e le natiche, gli sputo sulla cappella e tenendolo tra le labbra aumento il ritmo del su e giù. Comincio a godere anch’io, e in un attimo mi tolgo pantaloncini e mutande. Con la sinistra mi sego e con la destra gli stringo la base del cazzo mentre la mia bocca sale scende. Da come si agita sento che sta per venire, mi prende la testa tra due mani e mi detta il ritmo. Stringo con le labbra la base della cappella e con la destra lo sego sempre più velocemente. Lui si agita, geme di piacere. Prima un fiotto caldo e improvviso mi arriva in gola, poi altri copiosi getti di sborra mi schizzano sulla bocca e sul viso. Lui ansima ancora un po' e alla fine si distende sul divano mentre io continuo a leccargli la cappella.
«Che pompino maestoso!». Ripete in un sussurro tremante.
Io allora scendo ancora a riprendermi quel cazzo in bocca. Poi poggio la testa sul suo ventre e ogni tanto ritorno con la lingua a ripulirgli la cappella con le gambe mi tremano. Poi mi siedo accanto a lui e comincio a segarmi. Lui mi guarda perplesso.
«Amore, io non sono ancora venuta». Il suo sguardo era ancora più sorpreso, e mentre io venivo continuavo a ripetere di essere una puttana.
«Hai parlato al femminile, hai detto venuta e di essere una puttana».
«Amore, io sono una puttana. Sono la tua puttana». E tutti e due siamo scoppiati a ridere.
Segue
scritto il
2023-03-14
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