Romani

di
genere
gay

Romani
Marco Flavio Curio da Cortona etrusco detto Marco e Lucio Pompeo di Acerra detto Strombo, erano amici. Anzi più di amici fratelli visto che i latifondi delle loro famiglie confinavano e la casa dell’uno era la dimora dell’altro.
Così i giovani crebbero assieme impratichentesi nelle arti marziali e nelle attività agonistiche dedicando il necessario allo sviluppo della mente sempre redarguiti da Galatinos il severo maestro greco e molto tempo allo sviluppo del corpo che crebbero armoniosi con ampi pettorali, spalle robuste gambe lunghe, natiche tonde e sode. Anche con altro di notevole, commentavano le matrone sorridendo lascivamente quando nel gimnasyon i giovani lottavano nudi.
Così fu naturale che entrambi intraprendessero la carriera militare. Avendo entrambi i mezzi entrarono in cavallerie fornendo generosamente se e i cavalieri delle loro turme di ottimi cavalli. Da amici, quasi fratelli, diventarono amanti in un gioco senza tormenti o passioni, ma tanto piacere fisico. E si compiacevano di guardare e anche di godere dei loro bei corpi. Giustamente si sposarono come voleva la tradizione ed essendo destinati al comando di due turme di cavalieri della Legio Adiutrix stanziata ad Aquincium sul fiume Istro nella Pannonia Inferiore, provvidero a spostare le mogli a Vindobona sull’Istro che era una città abbastanza grande da soddisfare le donne, abbastanza vicina per visitare regolarmente le famiglie e giacere con le mogli, ma abbastanza lontana dalle zone di guerra perché le mogli non potessero impicciarsi dei fatti privati dei mariti. E se questo valeva per i militi e le loro copule con le bionde pannone a maggior ragione valeva per il sesso goduto da Marco e Strombo, quello fra loro e quello senza gelosie fatto con giovani contadini biondi. Naturalmente ne Marco era sottomesso a Strombo ne Strombo a Marco. Erano amanti alla pari e le loro verghe, bocche ed et anus rosae venivano con rispetto fatte godere. Qualche volta prima di immergersi nell’acqua del bagno si masturbavano reciprocamente complimentandosi, i vanitosi, per la dimensione delle verghe e il peso dei testicoli. Altro quando per diritto di predazione si prendevano dei ragazzini, Questi venivano brutalmente abusati e diventavano preda di quelle pratiche che un romano non avrebbe mai fatto con un maschio, ma si sa quei giovini era schiavi sottomessi, carne da piacere che usati veniva portata nei boschi per essere alla mercé dei legionari o nel migliore dei casi vivere come schiavi sottomessi. Di queste libidini, le mogli non si interessavano. A loro bastava che Marco e Strombo fossero buoni mariti, le viziassero e onorassero. Mariti a cui concedersi come dovuto. Non importava che piacesse, era poche volte all’anno. Poi era fra donne, complici le mani e gli strumenti di avorio e legno dolcemente con cura inseriti nella vagina e nell’ano che accompagnati amorevolmente dalle carezze delle amiche lesbiche davano alle mogli il giusto godimento. Ai legionari tutto questo non interessava. Importava che i due comandanti delle torme fossero capaci, valorosi, attenti a non sacrificarli inutilmente e se per sovrappiù chiudevano gli occhi su qualche peccatuccio, furterello, violenza e magari, facevano qualche donativo era meglio.
Ma vi è il tempo dell’amicizia e poi quello della diffidenza, al tempo dell’amore segue quello dell’odio.
In una scorribanda notturna spingendo i cavalli sino alle lontane pianure del lago Balaton, catturarono il giovane ultimo figlio del principe Temes.
Il ragazzo non combatté e subito si arrese. Adolescente, era appena tornato da Roma dove era stato inviato in ostaggio e in due anni si era trasformato da dacio in romano. Marco e Strobo lo portarono nella loro tenda per interrogarlo.
Ma prima gli permisero di toglierli gli stracci sporchi che aveva indosso e di farsi un bagno. Quando Inger, così si chiamava il giovane, si alzò dall’acqua, ai due apparve la visione di un apollo nudo.
Inger aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. Un viso delicato m un corpo maschile con pettorali ampi e ventre piatto. Tra questo e le lunghe sottili gambe da trampoliere, spuntava sul pube implume una generosa verga non indegna di un grande amatore e due testicoli grossi come uova.
Marco e Strambo rimasero folgorati di tanta bellezza e poi, quando Inger si girò, alla vista delle piccole e tonde natiche rosa che circondavano un buchetto in cui le crespe della pelle si stringevano e contraevano spasmodicamente come una richiesta o una implorazione per essere posseduto, restarono silenti
Alla vista dei due uomini le cui verghe si erano drizzate, anche la verga del ragazzo crebbe. La voce che usciva dalle rosse labbra che circondavano i denti disse “vi prego”. E non si capiva se fosse una richiesta di essere risparmiato o una preghiera di essere posseduto.
Questa situazione indegna per un romano andava risolta. I dadi lanciati decisero chi fosse il primo a possederlo e fu Marco, mentre Strombo teneva la sua verga nascosta. Il ragazzo che seduto si Marco era da lui stato sino infondo penetrato, con il piacer diffuso sul viso disse a Strombo “penetrat mihihi in os” e apri le labbra per accogliere la verga dell’uomo.
I due uomini vennero simultaneamente riempendo il giovane del loro seme. Poi lo strinsero fra di loro lasciando che il contatto della pelle li eccitasse ancora. Inger questa volta fece sdraiare Marco e inghiotti tutto il suo pene mentre Strombo lo prendeva de dietro penetrandolo come fosse una manza.
Appoggiato su manie ginocchia Inger dette tutto sé stesso e alla fine dopo che Marco e Strombo per la seconda volta lo avevano fecondato, senti il suo membro vibrare ed eiaculò un mare di innocente sperma sul pavimento di terra battuta.
Per finire si lavarono dormirono assieme. La passione durò alcuni giorni ma non portò nulla di buono.
Ormai Marco e Strombo non si desideravano più. Ognuno di loro desideroso di avere per sé Inger.
La cosa poteva finire male con un duello fra gli amici oppure pensò Inger peggio, potrebbero uccidermi per evitare una rottura fra loro.
Sentite disse Inger. “Mi piacete entrambi e vi sono grato per il vostro amore. Questa notte sarò di Marco, al sorger di Venere sarò di Strombo e al canto del gallo me ne andrò “.Così fu Inger scomparve. I due uomini lo considerarono un succube notturno e ripresero come prima a fare l’amore fra maschi adulti.
Passarono i due anni successivi a rintuzzare le puntate esplorative dei Daci.
Marco e Strombo avevano migliorato la tattica di combattimento.
Alle due turme di cavalieri, avevano, come si usava in oriente affiancato due turme di ausiliari arcieri a cavallo creando così uno schermo di difesa alla legione appiedata che li seguiva. Il prossimo passo sarebbe stato decisero, una ricognizione verso il lago Balaton per bruciare le messi dei Daci e affamarli.
L’avvicinamento fu notturno per sorprendere la guarnigione del piccolo fortilizio dacio di Abdava che controllava la strada per il lago Balaton. Si accamparono per la notte e i due uomini non dormirono sentendo continuamente il grido del barbagianni o della Strige? Evocatori di disastri.
Comunque, all’alba silenziosamente si misero in marcia. Gli arcieri abituati a saettare nell’oscurità rapidamente eliminarono le vedette e i legionari senza fatica fecero prigionieri gli abitanti. Quasi tutti i guerrieri daci come aveva assicurato la spia erano assenti.
Radunati i prigionieri nel cortile, Marco e Strombo alla testa dei legionari entrarono nel castello. Nella sala le teste mummificate dei legionari romani fatti prigionieri dai daci pendevano dal soffitto come trecce di cipolle. Da un angolo improvvisamente una voce di donna strillo "Marco Strambo!"
Non videro nessuna donna, ma solo uno scempio.
Inorriditi, lo avvolsero in una coperta e lo nascosero in una stanza. Dove era finito Inger il bel ragazzo amato.? La voce di due ottave poco maschile narrò.
“Quando uscii dal campo dopo fatto l’amore con voi mi diressi verso il bosco, qui i Daci mi catturarono.” Raccontai che ero il figlio del principe Temes e che ero fuggito dai romani.
“Sei un bugiardo” dissero “il principe Temes è morto e tu sei il figlio vigliacco che non ha combattuto e si è arreso ai romani.”Poi mi presero a schiaffi e continuarono” le nostre spie ci hanno raccontato che sei la puttana maschia dei comandanti” “Ti è piaciuto fare la donna? Ora ci pensiamo noi.”
Inger iniziò a piangere. Per consolarlo lo accarezzammo in viso e baciammo sulla fronte sconciata dalle cicatrici.
IL ragazzo continuò.
“Tutti i guerrieri che mi avevano catturato abusarono di me in bocca e nell’ano. Poi mi trascinarono qui dove le donne ridendo decisero che visto che mi piacevano così tanto le verghe dovevo diventare femmina.
Mi legarono ai pali con le gambe e braccia divaricate e poi mi violentarono l’ano con una pannocchia di granoturco.
Le ragazze con gli spilloni mi bucarono i capezzoli facendo passare delle corde a cui legarono dei sassi. “Così le tette ti arriveranno alle ginocchia” dissero. Infine, il capo villaggio mi castrò e sulla fronte incise la parola Fieminus.
Infine, come ai buoi mi misero l’anello al naso.
Sono diventato la vacca dei maschi.
Lavoravo per mangiare e ogni maschio sempre e ovunque aveva il diritto di fottermi in bocca e in culo.
“Faremo giustizia “disse Marco.
“No”, rispose Inger” voglio combattere come un soldato e vendicarmi.”
Così, radunammo i maschi e data una daga e una armatura a Inger gli permettemmo di combattere. Per eguagliare la lotta tagliammo ai daci i tendini dei piedi, poi uno dopo l’altro li mandammo nel cortile dove Inger li uccise. Dopo averli uccisi tutti e venti Marco chiese “vuoi vendicarti delle donne ?” “No”, rispose, “sono ancora abbastanza romano.” Alle donne pensarono i legionari sgozzandole tutte. Ci allontanammo galoppando e correndo velocemente sino a sera quando ci accampammo in una piccola radura nascosta da alti alberi.
Nella nostra tenda venne l’infermiere e delicatamente tolse le corde dai capezzoli e l’anello dal naso. Facemmo bollire molta acqua e lavammo quel bel corpo che avevamo amato. Inger pianse tutto il tempo. La forzammo a mangiare e bere. Poi si stese fra di noi sulla pelle di orso che faceva da letto.” Marco Strombo, amici miei vi ho amato, ma sapevo che l’amore tra voi era più grande così me ne sono andato.
Ora vi prego, ora che di me hanno fatto una femmina, regalatemi una notte d’amore.”
Mai Strombo e Mario furono amanti più appassionati, dolci protettivi mai copersero essere con così tanti baci e carezze. Infine, ci addormentammo. Sorse il sole o non vedemmo più inger. Uscimmo a cercarlo e il centurione ci indicò una figura avvolta in una bianca toga. Sedeva dentro il greto del fiumicello che a fianco della radura scendeva verso la valle.
Strombo cerco di avvicinarsi, ma Mario lo fermò.
“Amici” disse Inger Incidendosi le vene delle braccia con la punta del gladio, “Amici”, ripeté mentre il rosso fiume della vita lo abbandonava, muoio con dignità come il cittadino romano che volevo essere. Non piangete ma libate in mio onore che mi congiungo con i meritevoli e cadde nel ruscello.


scritto il
2023-05-10
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