Il percorso di mia moglie nel mondo del sesso. parte 1
di
zolder
genere
prime esperienze
Introduzione.
Vi voglio raccontare come, nel corso degli anni, sono riuscito, passo dopo passo, a fare diventare mia moglie una puttana.
Esatto una puttana.
Una puttana felice di esserlo.
In verità non sono stato altro che il suo Pigmalione.
Perché puttana mia moglie lo era già, ma non sapeva di esserlo.
Quando ho conosciuto mia moglie, da alcuni indizi, ho scoperto che aveva la vocazione ad essere puttana.
Non ne era consapevole, era bloccata dall’educazione tradizionale che aveva ricevuto.
Ed io l’ho aiutata a conoscere se stessa senza vergogna ne ipocrisie.
La mia attività di Pigmalione, nei confronti di mia moglie, si è tradotta in una istruzione a vari livelli.
Dalle elementari, alle medie, alle superiori, all’università.
Mia moglie era la studentessa modello.
Sempre ottimi voti, al top in ogni materia.
Se vorrete leggere i prossimi capitoli, cercherò di essere all’altezza di descrivere le qualità di mia moglie.
Parafrasando Omero:
Cantami o diva della voluttuosa Erica che infiniti piaceri dispensò ai goduriosi… e quel che segue.
Naturalmente non intendo paragonarmi ad Omero, ma anche quel che racconterò non è altro che una piccola, umile Odissea.
Cap. 1
Mia moglie è una gran bella figa.
Scusate il francesismo ma “bella figa” è il termine più appropriato per definirla.
Mia moglie potrebbe essere definita una venere tascabile.
Non troppo alta, circa 160 cm, gambe favolose, vita snella, fianchi della giusta misura, ne’ stretti ne’ troppo larghi, pancia piatta o meglio, con un leggero rigonfiamento che lo rende ancora più attraente, seno quarta misura, sodo ma non rigido, della giusta flessibilità, che quando è libero si appoggia leggermente al torace senza essere cadente, capezzoli turgidi, volti all’insù, con grandi aureole, culo sodo a mandolino.
Nel mio immaginario avevo sempre desiderato una compagna con alcune caratteristiche.
Che fosse sensuale, ed Erica lo era sicuramente.
Che fosse disinibita, ed anche questo mi sembrava fosse tra le su qualità.
Dopo queste, che sembravano acquisite, ce ne erano altre che avrei dovuto con discrezione sondare.
Mi sarebbe piaciuto che fosse esibizionista, vestendo in modo provocante, ma anche esibendosi pubblicamente in performances sessuali.
Tutte queste sono caratteristiche che desidero che la mia compagna possieda.
E dove sarebbe stato possibile che questo accadesse?
In un club privè.
Così una sera, non particolarmente eccitante, mentre un po’ annoiati stavamo spaparanzati sul divano a guardare la televisione, buttai là la proposta.
“Che ne diresti se ci iscrivessimo in un club privè?
Erica non era una scolaretta innocente, conosceva già cosa fossero i club privè, ma non aveva neanche minimamente pensato di frequentarli.
Le dissi che personalmente li avevo frequentati come single in rare occasioni ma non provavo nessuna attrazione per un rapporto occasionale ancorchè con una bella donna.
Alla fin fine si trattava solamente di una sveltina, non c’era il piacere della conquista, la trovavo una cosa squallida.
Al che Erica mi chiese “Allora perché vuoi che ci iscriviamo?”
Le risposi “Perché ti voglio vedere circondata da una nuvola di uomini, desiderosi di chiavarti. Ti voglio vedere fare la civetta con tutti e farli sbavare lasciandoti palpare su tutto il corpo. Voglio vederti girare per il locale seminuda, con vestiti ti vedo e non ti vedo. Voglio che ti esibisca in spogliarelli, in Lap Dance. E solo alla fine voglio vederti chiavata, inculata da uno qualsiasi e magari più di uno”.
“Quando ci iscriviamo?” Lei mi chiese.
Così iniziò il percorso di mia moglie nel mondo del sesso.
Cap. 2 Club Privè prime esperienze.
Il primo passo era trovare il Club Privè.
Doveva essere lontano dai nostri spazi abituali, sarebbe stato imbarazzante trovarci un cliente del bar dove prendevamo il caffè abitualmente.
O addirittura qualche collega di ufficio.
Oggi su internet si può trovare tutto, dal venditore di matrioske, all’importatore di vini tipici del Turkmenistan , forse questo no, sono mussulmani, comunque fu facile trovare l’elenco dei club prive nell’area milanese.
C’erano addirittura elenchi con valutazione in stelle come per ristoranti ed alberghi, ed i relativi commenti degli ospiti.
Ne scegliemmo uno nell’interland a sud di Milano.
Il passo successivo era procurarsi il guardaroba adatto.
Erica aveva un guardaroba misto, abiti formali per il lavoro, ed alcuni un po’ più sbarazzini per il tempo libero.
Per sbarazzino intendo, mini gonne appena sopra il ginocchio, top scollati quanto basta per mettere in evidenza le sue meravigliose tette.
Ma non era un abbigliamento da Club Privè, o, almeno, non l’abbigliamento per come volevamo vivere questa nuova esperienza.
Ne avremmo sicuramente trovati in qualsiasi Pornoshop, ma sarebbero stati certamente solamente volgari.
Noi volevamo coniugare sensualità ed eleganza.
Così, sempre su internet, trovammo una boutique per abiti trasgressivi.
Qui trovammo quel che cercavamo.
Abiti lunghi con profonde spaccature laterali, altri con spaccature centrali che arrivavano appena sopra l’inguine, tali che ad ogni movimento si intravvedesse la figa.
Abiti con profonde ‘sculature’ .. non è un refuso, erano abiti con la schiena completamente nuda fino sotto l’inizio della divisione delle chiappe rendendo la schiena un abissale decolté o meglio un abissale ‘deCULtè.
Minigonne con la vita all’altezza del pube e l’orlo appena sotto il culo più simili ad ampie cinture che a gonne.
Minigonne a vita bassa, di lunghezza tale che avrebbero potuto essere indossate anche in pubblico, non senza attirare sguardi concupiscenti, ma con profonde spaccature laterali, che ad ogni passo, sollevandosi, mostravano metà ventre compreso scorci di figa.
Top di dimensioni minime, che coprivano a malapena i capezzoli.
Top trasparenti.
Top accollati ma non sufficientemente lunghi da coprire interamente le tette arrivando solo pochi centimetri sotto i capezzoli, con maniche larghissime in modo che di profilo le tette erano perfettamente visibili.
Abitini stile Roaring Twenty di una stoffa semitrasparente, e tante perline che aiutavano a fatica a nascondere quel che c’era sotto, e arrivavano a mala pena dieci centimetri sotto il pube in modo che ballando un Charleston ad ogni passo salivano quasi in vita.
La permanenza nella boutique fu molto lunga, con l’assistenza della proprietaria che vedeva l’affare gonfiarsi ad ogni abito provato ed approvato.
Erica provava tutti gli abiti, all’inizio con un certo imbarazzo, per entusiasmarsi mano a mano che le prove continuavano.
Spesi un capitale, ma era un investimento.
Per guadagnare bisogna investire ed aspettare i frutti con pazienza, ed ero sicuro che sarebbe stato un buon investimento ed i frutti sarebbero stati via via più abbondanti..
E venne il giorno dell’entrata in scena.
L’entrata in scena di Erica, la star, l’astro nascente nel mondo del sesso… Ma lei, al contrario di me, non ne era molto convinta.
Scegliemmo uno degli abiti appena comprati, uno di quelli meno trasgressivi, un abito lungo con profondi spacchi laterali ed una scollatura ampia sul decolté in modo che le tette fossero in grande evidenza, e di una profondità abissale che arrivava fin sotto l’ombelico.
Espletammo le formalità relative all’iscrizione, firmando entrambi un regolamento interno ed una liberatoria per il Club.
Ed entrammo nel club.
L’ingresso dava direttamente in un salone con al centro una pista da ballo, con a lato un palco al centro del quale si ergeva un palo alto fino al soffitto, evidentemente per esibizioni di Lap Dance, sul fondo c’era un classico bar con sgabelli alti, e tutto intorno un gran numero di ampli divani con un tavolino di fronte per i drink, ampli a sufficienza per far sedere almeno quattro persone, in modo da impedire che coppie troppo timide si trincerassero su divani a due posti evitando l’accerchiamento di singoli invadenti.
In fondo le coppie erano le prede, i singoli i predatori.
Alcune coppie erano sedute sui divani, spesso circondate da singoli che cercavano di attaccare bottone, quando non già a bottone saldamente attaccato, con le mani che esploravano tette e gambe delle signore.
Altre coppie sulla pista da ballo in pose naturali, evidentemente marito e moglie, altre avvinghiate a maschi arrapati che non esitavano a stringere le chiappe della loro dama.
Alla fine del brano musicale alcune delle donne, dopo essersi sciolte dall’abbraccio del ‘pitone’ con cui avevano ballato, ritornavano da sole dal marito sul divano, altre si dirigevano, accompagnate dal ‘pitone’ stesso, verso i privè.
I singoli non ancora alla caccia delle prede erano prevalentemente seduti al bar che sorseggiavano il primo drink offerto dalla casa, o, taluni già al bis od al tris a pagamento.
Altri singoli erano seduti solitari sugli ampi divani, probabilmente mariti le cui mogli erano alle prese con i singoli arrapati sulla pista da ballo od in un privè.
Erica ed io iniziammo l’esplorazione del locale in cerca del sancta sanctorum del club, i privè.
Questi si trovavano ai lati di un lungo corridoio, scarsamente illuminato, che si apriva in fondo al salone principale.
Ogni privè aveva una porta sopra la quale c’erano due insegne, una di colore rosso con la scritta ‘VIETATO ENTRARE’ ed una verde che recitava ‘ENTRATA LIBERA’.
Chi si appartava, con un apposito pulsante, esprimeva la volontà di consumare il peccato in modo riservato, oppure alla vista di chiunque magari anche gradendo la partecipazione attiva di eventuali spettatori.
Ogni stanza era di dimensioni appena sufficienti per contenere un letto matrimoniale con accanto un comodino su cui spiccava un pulsante rosso, tipo quello dei giuochi a premio con il quale ci si prenotava per dare la risposta, ma lì per fare in modo che, se qualche invasato esagerava nelle sue prestazioni, premendo il pulsante si faceva intervenire il servizio d’ordine.
A fianco di ogni privè c’era una seconda porticina che dava su uno stretto corridoio con un panca ed una parete costituita da uno di quegli specchi che si vedono nei film polizieschi per gli interrogatori, a specchio dalla parte del privè, in modo che le coppie impegnate nei loro amplessi potessero vedersi per aumentare la loro concupiscenza, trasparenti dalla parte del corridoio in modo che il marito o altri visitatori potessero godersi l’amplesso magari sparandosi una sega..
All’ingresso ci era stata data una tessera con diverse caselle che, ad ogni drink ordinato, ci sarebbero state forate come si usava una volta sui biglietti del treno.
Alla fine della serata si pagava per ogni consumazione eccetto la prima che era in omaggio.
Si poteva servirsi da soli presentandosi personalmente al bar o ordinare i drink a graziose ‘camerierine’ che giravano per il locale.
Le ‘camerierine’ giravano per il locale con un abbigliamento alquanto succinto.
Un semplice grembiulino con girocollo, abbondante scollatura, vestaglietta che arrivava a mala pena sotto l’inguine, mentre la schiena ed il culo erano in piena vista.
Calze autoreggenti e scarpe con tacco a spillo di almeno dieci centimetri.
Per ordinare, come si fosse in una normale caffetteria, bastava alzare un dito consegnare la tessera ‘DRINK’ e la ‘Camerierina’ prendeva l’ordinazione.
All’atto della consegna restituiva la tessera con un nuovo foro.
Avevo notato che infilate nei bordi delle autoreggenti c’erano banconote di diverso taglio.
Molto spesso, quasi sempre, i clienti palpeggiavano vistosamente le cameriere a volte schiaffeggiandone il culo, a volte infilando la mano in mezzo alle gambe della ragazza, a volte, approfittando del momento in cui si doveva abbassare per deporre sul tavolino le bevande, dandole una strizzata alle tette o infilandole un dito nella figa.
La ragazza rispondeva con un sorriso ed il cliente molto spesso infilava una banconota nell’orlo delle autoreggenti.
Il regolamento del club, come del resto la legge dello stato, vietava che si facesse ‘mercimonio’ per prestazioni sessuali.
Mercimonio, termine pomposo del linguaggio giudiziario, in parole povere si pagasse per una marchetta.
Ma la mancia era solo per il servizio bar, in fondo si fa anche per un caffè, naturalmente le autoreggenti non erano solitamente il posto dove si lasciavano le mance.
Esaurita l’esplorazione chiesi ad Erica se era sempre convinta a partecipare allo spettacolo.
Lei mi rispose “Perché no ? Si va in scena”.
Scegliemmo un divano in prima fila che permettesse una perfetta visuale dagli sgabelli del bar dove pensavo di passare molto tempo ad osservare come Erica si sarebbe comportata sotto assalto di uomini arrapati.
Appena seduti sul divano venimmo immediatamente avvicinati da singoli che, gentilmente chiedevano se potevano sedersi accanto a noi.
Naturalmente non era educato fare una plateale selezione in base all’aspetto della persona, per cui rispondemmo di si ai ‘piè veloci’ che si erano presentati per primi.
Altri, ritardatari, fecero capannello intorno al nostro divano, attirati dalla bellezza di Erica.
Attaccarono discorso senza grande fantasia presentandosi e chiedendo i nostri rispettivi nomi.
Rispondemmo educatamente e loro passarono subito all’attacco chiedendoci se eravamo nuovi soci, alla nostra risposta positiva ci chiesero cosa ne pensassimo dell’ambiente, le solite banalità di un discorso tra sconosciuti.
Quindi passarono a fare i più sperticati complimenti ad Erica, Il loro interesse per il sottoscritto era evidentemente inesistente.
Alla fine arrivò la domanda a cui erano veramente interessati.
“Cosa pensate di fare qui ?’
Mi venne voglia di rispondere loro che volevamo solo fare quattro salti sulla pista da ballo, farci qualche drink e tornarcene alla nostra casetta.
Certo era una domanda diretta, molto diretta, ma estremamente banale.
Personalmente avrei fatto da cicerone enumerando le cose che succedevano al club dalle più innocenti alle più scabrose ed eventualmente enfatizzando le più scabrose ed offrendomi come guida alla scoperta degli ambienti più reconditi.
Ma gli uomini, quando pensano alla figa, difficilmente riescono a coordinare il cervello oltre discorsi banali.
Risposi io per entrambi dichiarando semplicemente che volevamo fare sesso e, più precisamente, essendo io un ‘cuckold’, volevo che Erica, mia moglie, venisse apprezzata nel corpo e nella mente da ogni estraneo lei avesse ritenuto adatto allo scopo.
In parole povere, volevo venisse corteggiata, questo per la mente, per soddisfare la propria autostima, e , dopo accurata selezione, palpeggiata, strapazzata, chiavata e quant’altro per la soddisfazione corporale.
Furono presi in contropiede e furono loro che avrebbero dovuto essere esortati a chiudere la bocca per evitare che mosche vi alloggiassero.
Passata la sorpresa si affannarono a candidarsi vantando grande esperienza sia nel corteggiamento che nell’esercizio dell’amplesso.
A questo punto chiesi sottovoce ad Erica se se la sentiva di affrontare le belve.
Alla sua risposta affermativa dichiarai che me ne andavo a prendere un drink lasciandola alle prese di un branco di uomini arrapati.
Mi sedetti su uno sgabello in una posizione in cui avevo una completa visuale di quanto accadeva al divano di Erica.
Vedevo che tutti si affannavano intorno a lei facendo domande che immaginai riguardassero le sue preferenze e cercando un contatto fisico.
Ad un certo punto vidi cazzi uscire dai pantaloni dei più vicini, alcuni già in tiro, altri un po’ ‘barzotti’ ed Erica che li prendeva in mano per un po’ ognuno masturbandoli, in parole povere faceva un inizio di sega ad ognuno senza soffermarsi su nessuno.
A questo punto fu un generale alza bandiera.
Erica allora si alzo dal divano, spostò di lato le spalline del vestito che scivolò a terra rimanendo completamente nuda davanti a tutti.
Si alzarono urla di approvazione da parte di tutti, non solo del gruppo che ormai si era infoltito davanti a lei, ma anche da molti dei presenti che ormai si erano concentrati sullo spettacolo, qualcuno iniziò a battere le mani.
Lei si mise al centro del gruppo che avevano già gli uccelli sull’attenti fuori dai pantaloni e prese a segare un po' per uno tutti gli uomini arrapati.
Questi, da parte loro, iniziarono a palpare Erica su tutto il suo corpo.
Chi le strizzava le tette, chi gliele succhiava cercando di ingoiarne più che poteva, operazione difficile viste le dimensioni, chi le palpava il culo, chi la ‘schiappeggiava’ dando neanche tanto leggere sberle alle sue chiappe sode, chi le metteva le mani in mezzo alle gambe cercando di introdurre le proprie dita nella figa.
Allora Erica, abbassandosi all’altezza dei cazzi, cominciò a succhiare alternativamente tutti gli uccelli che si alzavano intorno a lei, continuando a segare con entrambe le mani i cazzi dei più vicini.
Non si trattava di veri pompini, se avesse dovuto portare all’orgasmo tutti quelli che la circondavano, ci sarebbe voluta la notte intera.
Solo sei o sette pompate ognuno prima di passare al successivo.
Alcuni le spingevano la testa contro il proprio ventre obbligando Erica ad ingoiarlo fino alle palle.
In questo caso Erica lo teneva in gola per qualche secondo poi spingeva via lo stupratore, non senza che una grande quantità di saliva le colasse dalla bocca.
Ma questa era utile per lubrificare i cazzi successivi.
Qualcuno, più intraprendente degli altri, approfittando della posizione a 90 gradi assunta da Erica per prendersi i cazzi in gola, le introduceva l’uccello nella figa dando qualche colpo finchè Erica non si spostava togliendoselo da dentro, ma subito qualcun altro approfittava del buco rimasto libero.
A furia di spompinarli qualcuno, evidentemente con una bassa autonomia, cominciò ad eiaculare schizzando in faccia ad Erica il suo carico di sperma.
Lei non si curava di detergersi il viso ma continuava imperterrita a spompinare a dritta e a manca.
Alla fine il suo viso era una maschera di sperma.
A questo punto, senza alcun preavviso, si alzò, prese in mano il suo vestito, e si avviò, nuda, senza alcun pudore, sotto lo sguardo di tutti i presenti, in mezzo alla sala avviandosi verso il bar per sedersi nello sgabello di fianco al mio.
“Mi è venuta un po’ di sete. Me lo ordineresti un drink per favore?”.
“Certo cara. Te lo sei proprio meritato. “
Le detersi il viso con un fazzoletto e le chiesi.
“Cosa pensi in questo momento, ma, soprattutto cosa pensavi e provavi al momento dell’azione?”.
“In questo momento sono rilassata. All’inizio ero un po’ agitata. Sentivo l’emozione del….. ‘debutto’. Poi mi sono immersa nella parte e ci ho preso gusto. Un immenso gusto. Una sensazione di potenza. Mi sentivo già una pornostar.”
Gli uomini a cui Erica aveva elargito la sua prestazione erano esattamente dodici.
Ne presi nota perché mi era balenata un’idea che avrei sottoposto ad Erica appena tornati a casa.
A quel punto non era il caso di prolungare la nostra permanenza al Club.
Ci avviammo all’uscita, Erica sempre spavaldamente nuda, accompagnati dagli applausi di tutti i presenti, barman compresi.
Così si concluse la prima serata al Club Privè.
Vi voglio raccontare come, nel corso degli anni, sono riuscito, passo dopo passo, a fare diventare mia moglie una puttana.
Esatto una puttana.
Una puttana felice di esserlo.
In verità non sono stato altro che il suo Pigmalione.
Perché puttana mia moglie lo era già, ma non sapeva di esserlo.
Quando ho conosciuto mia moglie, da alcuni indizi, ho scoperto che aveva la vocazione ad essere puttana.
Non ne era consapevole, era bloccata dall’educazione tradizionale che aveva ricevuto.
Ed io l’ho aiutata a conoscere se stessa senza vergogna ne ipocrisie.
La mia attività di Pigmalione, nei confronti di mia moglie, si è tradotta in una istruzione a vari livelli.
Dalle elementari, alle medie, alle superiori, all’università.
Mia moglie era la studentessa modello.
Sempre ottimi voti, al top in ogni materia.
Se vorrete leggere i prossimi capitoli, cercherò di essere all’altezza di descrivere le qualità di mia moglie.
Parafrasando Omero:
Cantami o diva della voluttuosa Erica che infiniti piaceri dispensò ai goduriosi… e quel che segue.
Naturalmente non intendo paragonarmi ad Omero, ma anche quel che racconterò non è altro che una piccola, umile Odissea.
Cap. 1
Mia moglie è una gran bella figa.
Scusate il francesismo ma “bella figa” è il termine più appropriato per definirla.
Mia moglie potrebbe essere definita una venere tascabile.
Non troppo alta, circa 160 cm, gambe favolose, vita snella, fianchi della giusta misura, ne’ stretti ne’ troppo larghi, pancia piatta o meglio, con un leggero rigonfiamento che lo rende ancora più attraente, seno quarta misura, sodo ma non rigido, della giusta flessibilità, che quando è libero si appoggia leggermente al torace senza essere cadente, capezzoli turgidi, volti all’insù, con grandi aureole, culo sodo a mandolino.
Nel mio immaginario avevo sempre desiderato una compagna con alcune caratteristiche.
Che fosse sensuale, ed Erica lo era sicuramente.
Che fosse disinibita, ed anche questo mi sembrava fosse tra le su qualità.
Dopo queste, che sembravano acquisite, ce ne erano altre che avrei dovuto con discrezione sondare.
Mi sarebbe piaciuto che fosse esibizionista, vestendo in modo provocante, ma anche esibendosi pubblicamente in performances sessuali.
Tutte queste sono caratteristiche che desidero che la mia compagna possieda.
E dove sarebbe stato possibile che questo accadesse?
In un club privè.
Così una sera, non particolarmente eccitante, mentre un po’ annoiati stavamo spaparanzati sul divano a guardare la televisione, buttai là la proposta.
“Che ne diresti se ci iscrivessimo in un club privè?
Erica non era una scolaretta innocente, conosceva già cosa fossero i club privè, ma non aveva neanche minimamente pensato di frequentarli.
Le dissi che personalmente li avevo frequentati come single in rare occasioni ma non provavo nessuna attrazione per un rapporto occasionale ancorchè con una bella donna.
Alla fin fine si trattava solamente di una sveltina, non c’era il piacere della conquista, la trovavo una cosa squallida.
Al che Erica mi chiese “Allora perché vuoi che ci iscriviamo?”
Le risposi “Perché ti voglio vedere circondata da una nuvola di uomini, desiderosi di chiavarti. Ti voglio vedere fare la civetta con tutti e farli sbavare lasciandoti palpare su tutto il corpo. Voglio vederti girare per il locale seminuda, con vestiti ti vedo e non ti vedo. Voglio che ti esibisca in spogliarelli, in Lap Dance. E solo alla fine voglio vederti chiavata, inculata da uno qualsiasi e magari più di uno”.
“Quando ci iscriviamo?” Lei mi chiese.
Così iniziò il percorso di mia moglie nel mondo del sesso.
Cap. 2 Club Privè prime esperienze.
Il primo passo era trovare il Club Privè.
Doveva essere lontano dai nostri spazi abituali, sarebbe stato imbarazzante trovarci un cliente del bar dove prendevamo il caffè abitualmente.
O addirittura qualche collega di ufficio.
Oggi su internet si può trovare tutto, dal venditore di matrioske, all’importatore di vini tipici del Turkmenistan , forse questo no, sono mussulmani, comunque fu facile trovare l’elenco dei club prive nell’area milanese.
C’erano addirittura elenchi con valutazione in stelle come per ristoranti ed alberghi, ed i relativi commenti degli ospiti.
Ne scegliemmo uno nell’interland a sud di Milano.
Il passo successivo era procurarsi il guardaroba adatto.
Erica aveva un guardaroba misto, abiti formali per il lavoro, ed alcuni un po’ più sbarazzini per il tempo libero.
Per sbarazzino intendo, mini gonne appena sopra il ginocchio, top scollati quanto basta per mettere in evidenza le sue meravigliose tette.
Ma non era un abbigliamento da Club Privè, o, almeno, non l’abbigliamento per come volevamo vivere questa nuova esperienza.
Ne avremmo sicuramente trovati in qualsiasi Pornoshop, ma sarebbero stati certamente solamente volgari.
Noi volevamo coniugare sensualità ed eleganza.
Così, sempre su internet, trovammo una boutique per abiti trasgressivi.
Qui trovammo quel che cercavamo.
Abiti lunghi con profonde spaccature laterali, altri con spaccature centrali che arrivavano appena sopra l’inguine, tali che ad ogni movimento si intravvedesse la figa.
Abiti con profonde ‘sculature’ .. non è un refuso, erano abiti con la schiena completamente nuda fino sotto l’inizio della divisione delle chiappe rendendo la schiena un abissale decolté o meglio un abissale ‘deCULtè.
Minigonne con la vita all’altezza del pube e l’orlo appena sotto il culo più simili ad ampie cinture che a gonne.
Minigonne a vita bassa, di lunghezza tale che avrebbero potuto essere indossate anche in pubblico, non senza attirare sguardi concupiscenti, ma con profonde spaccature laterali, che ad ogni passo, sollevandosi, mostravano metà ventre compreso scorci di figa.
Top di dimensioni minime, che coprivano a malapena i capezzoli.
Top trasparenti.
Top accollati ma non sufficientemente lunghi da coprire interamente le tette arrivando solo pochi centimetri sotto i capezzoli, con maniche larghissime in modo che di profilo le tette erano perfettamente visibili.
Abitini stile Roaring Twenty di una stoffa semitrasparente, e tante perline che aiutavano a fatica a nascondere quel che c’era sotto, e arrivavano a mala pena dieci centimetri sotto il pube in modo che ballando un Charleston ad ogni passo salivano quasi in vita.
La permanenza nella boutique fu molto lunga, con l’assistenza della proprietaria che vedeva l’affare gonfiarsi ad ogni abito provato ed approvato.
Erica provava tutti gli abiti, all’inizio con un certo imbarazzo, per entusiasmarsi mano a mano che le prove continuavano.
Spesi un capitale, ma era un investimento.
Per guadagnare bisogna investire ed aspettare i frutti con pazienza, ed ero sicuro che sarebbe stato un buon investimento ed i frutti sarebbero stati via via più abbondanti..
E venne il giorno dell’entrata in scena.
L’entrata in scena di Erica, la star, l’astro nascente nel mondo del sesso… Ma lei, al contrario di me, non ne era molto convinta.
Scegliemmo uno degli abiti appena comprati, uno di quelli meno trasgressivi, un abito lungo con profondi spacchi laterali ed una scollatura ampia sul decolté in modo che le tette fossero in grande evidenza, e di una profondità abissale che arrivava fin sotto l’ombelico.
Espletammo le formalità relative all’iscrizione, firmando entrambi un regolamento interno ed una liberatoria per il Club.
Ed entrammo nel club.
L’ingresso dava direttamente in un salone con al centro una pista da ballo, con a lato un palco al centro del quale si ergeva un palo alto fino al soffitto, evidentemente per esibizioni di Lap Dance, sul fondo c’era un classico bar con sgabelli alti, e tutto intorno un gran numero di ampli divani con un tavolino di fronte per i drink, ampli a sufficienza per far sedere almeno quattro persone, in modo da impedire che coppie troppo timide si trincerassero su divani a due posti evitando l’accerchiamento di singoli invadenti.
In fondo le coppie erano le prede, i singoli i predatori.
Alcune coppie erano sedute sui divani, spesso circondate da singoli che cercavano di attaccare bottone, quando non già a bottone saldamente attaccato, con le mani che esploravano tette e gambe delle signore.
Altre coppie sulla pista da ballo in pose naturali, evidentemente marito e moglie, altre avvinghiate a maschi arrapati che non esitavano a stringere le chiappe della loro dama.
Alla fine del brano musicale alcune delle donne, dopo essersi sciolte dall’abbraccio del ‘pitone’ con cui avevano ballato, ritornavano da sole dal marito sul divano, altre si dirigevano, accompagnate dal ‘pitone’ stesso, verso i privè.
I singoli non ancora alla caccia delle prede erano prevalentemente seduti al bar che sorseggiavano il primo drink offerto dalla casa, o, taluni già al bis od al tris a pagamento.
Altri singoli erano seduti solitari sugli ampi divani, probabilmente mariti le cui mogli erano alle prese con i singoli arrapati sulla pista da ballo od in un privè.
Erica ed io iniziammo l’esplorazione del locale in cerca del sancta sanctorum del club, i privè.
Questi si trovavano ai lati di un lungo corridoio, scarsamente illuminato, che si apriva in fondo al salone principale.
Ogni privè aveva una porta sopra la quale c’erano due insegne, una di colore rosso con la scritta ‘VIETATO ENTRARE’ ed una verde che recitava ‘ENTRATA LIBERA’.
Chi si appartava, con un apposito pulsante, esprimeva la volontà di consumare il peccato in modo riservato, oppure alla vista di chiunque magari anche gradendo la partecipazione attiva di eventuali spettatori.
Ogni stanza era di dimensioni appena sufficienti per contenere un letto matrimoniale con accanto un comodino su cui spiccava un pulsante rosso, tipo quello dei giuochi a premio con il quale ci si prenotava per dare la risposta, ma lì per fare in modo che, se qualche invasato esagerava nelle sue prestazioni, premendo il pulsante si faceva intervenire il servizio d’ordine.
A fianco di ogni privè c’era una seconda porticina che dava su uno stretto corridoio con un panca ed una parete costituita da uno di quegli specchi che si vedono nei film polizieschi per gli interrogatori, a specchio dalla parte del privè, in modo che le coppie impegnate nei loro amplessi potessero vedersi per aumentare la loro concupiscenza, trasparenti dalla parte del corridoio in modo che il marito o altri visitatori potessero godersi l’amplesso magari sparandosi una sega..
All’ingresso ci era stata data una tessera con diverse caselle che, ad ogni drink ordinato, ci sarebbero state forate come si usava una volta sui biglietti del treno.
Alla fine della serata si pagava per ogni consumazione eccetto la prima che era in omaggio.
Si poteva servirsi da soli presentandosi personalmente al bar o ordinare i drink a graziose ‘camerierine’ che giravano per il locale.
Le ‘camerierine’ giravano per il locale con un abbigliamento alquanto succinto.
Un semplice grembiulino con girocollo, abbondante scollatura, vestaglietta che arrivava a mala pena sotto l’inguine, mentre la schiena ed il culo erano in piena vista.
Calze autoreggenti e scarpe con tacco a spillo di almeno dieci centimetri.
Per ordinare, come si fosse in una normale caffetteria, bastava alzare un dito consegnare la tessera ‘DRINK’ e la ‘Camerierina’ prendeva l’ordinazione.
All’atto della consegna restituiva la tessera con un nuovo foro.
Avevo notato che infilate nei bordi delle autoreggenti c’erano banconote di diverso taglio.
Molto spesso, quasi sempre, i clienti palpeggiavano vistosamente le cameriere a volte schiaffeggiandone il culo, a volte infilando la mano in mezzo alle gambe della ragazza, a volte, approfittando del momento in cui si doveva abbassare per deporre sul tavolino le bevande, dandole una strizzata alle tette o infilandole un dito nella figa.
La ragazza rispondeva con un sorriso ed il cliente molto spesso infilava una banconota nell’orlo delle autoreggenti.
Il regolamento del club, come del resto la legge dello stato, vietava che si facesse ‘mercimonio’ per prestazioni sessuali.
Mercimonio, termine pomposo del linguaggio giudiziario, in parole povere si pagasse per una marchetta.
Ma la mancia era solo per il servizio bar, in fondo si fa anche per un caffè, naturalmente le autoreggenti non erano solitamente il posto dove si lasciavano le mance.
Esaurita l’esplorazione chiesi ad Erica se era sempre convinta a partecipare allo spettacolo.
Lei mi rispose “Perché no ? Si va in scena”.
Scegliemmo un divano in prima fila che permettesse una perfetta visuale dagli sgabelli del bar dove pensavo di passare molto tempo ad osservare come Erica si sarebbe comportata sotto assalto di uomini arrapati.
Appena seduti sul divano venimmo immediatamente avvicinati da singoli che, gentilmente chiedevano se potevano sedersi accanto a noi.
Naturalmente non era educato fare una plateale selezione in base all’aspetto della persona, per cui rispondemmo di si ai ‘piè veloci’ che si erano presentati per primi.
Altri, ritardatari, fecero capannello intorno al nostro divano, attirati dalla bellezza di Erica.
Attaccarono discorso senza grande fantasia presentandosi e chiedendo i nostri rispettivi nomi.
Rispondemmo educatamente e loro passarono subito all’attacco chiedendoci se eravamo nuovi soci, alla nostra risposta positiva ci chiesero cosa ne pensassimo dell’ambiente, le solite banalità di un discorso tra sconosciuti.
Quindi passarono a fare i più sperticati complimenti ad Erica, Il loro interesse per il sottoscritto era evidentemente inesistente.
Alla fine arrivò la domanda a cui erano veramente interessati.
“Cosa pensate di fare qui ?’
Mi venne voglia di rispondere loro che volevamo solo fare quattro salti sulla pista da ballo, farci qualche drink e tornarcene alla nostra casetta.
Certo era una domanda diretta, molto diretta, ma estremamente banale.
Personalmente avrei fatto da cicerone enumerando le cose che succedevano al club dalle più innocenti alle più scabrose ed eventualmente enfatizzando le più scabrose ed offrendomi come guida alla scoperta degli ambienti più reconditi.
Ma gli uomini, quando pensano alla figa, difficilmente riescono a coordinare il cervello oltre discorsi banali.
Risposi io per entrambi dichiarando semplicemente che volevamo fare sesso e, più precisamente, essendo io un ‘cuckold’, volevo che Erica, mia moglie, venisse apprezzata nel corpo e nella mente da ogni estraneo lei avesse ritenuto adatto allo scopo.
In parole povere, volevo venisse corteggiata, questo per la mente, per soddisfare la propria autostima, e , dopo accurata selezione, palpeggiata, strapazzata, chiavata e quant’altro per la soddisfazione corporale.
Furono presi in contropiede e furono loro che avrebbero dovuto essere esortati a chiudere la bocca per evitare che mosche vi alloggiassero.
Passata la sorpresa si affannarono a candidarsi vantando grande esperienza sia nel corteggiamento che nell’esercizio dell’amplesso.
A questo punto chiesi sottovoce ad Erica se se la sentiva di affrontare le belve.
Alla sua risposta affermativa dichiarai che me ne andavo a prendere un drink lasciandola alle prese di un branco di uomini arrapati.
Mi sedetti su uno sgabello in una posizione in cui avevo una completa visuale di quanto accadeva al divano di Erica.
Vedevo che tutti si affannavano intorno a lei facendo domande che immaginai riguardassero le sue preferenze e cercando un contatto fisico.
Ad un certo punto vidi cazzi uscire dai pantaloni dei più vicini, alcuni già in tiro, altri un po’ ‘barzotti’ ed Erica che li prendeva in mano per un po’ ognuno masturbandoli, in parole povere faceva un inizio di sega ad ognuno senza soffermarsi su nessuno.
A questo punto fu un generale alza bandiera.
Erica allora si alzo dal divano, spostò di lato le spalline del vestito che scivolò a terra rimanendo completamente nuda davanti a tutti.
Si alzarono urla di approvazione da parte di tutti, non solo del gruppo che ormai si era infoltito davanti a lei, ma anche da molti dei presenti che ormai si erano concentrati sullo spettacolo, qualcuno iniziò a battere le mani.
Lei si mise al centro del gruppo che avevano già gli uccelli sull’attenti fuori dai pantaloni e prese a segare un po' per uno tutti gli uomini arrapati.
Questi, da parte loro, iniziarono a palpare Erica su tutto il suo corpo.
Chi le strizzava le tette, chi gliele succhiava cercando di ingoiarne più che poteva, operazione difficile viste le dimensioni, chi le palpava il culo, chi la ‘schiappeggiava’ dando neanche tanto leggere sberle alle sue chiappe sode, chi le metteva le mani in mezzo alle gambe cercando di introdurre le proprie dita nella figa.
Allora Erica, abbassandosi all’altezza dei cazzi, cominciò a succhiare alternativamente tutti gli uccelli che si alzavano intorno a lei, continuando a segare con entrambe le mani i cazzi dei più vicini.
Non si trattava di veri pompini, se avesse dovuto portare all’orgasmo tutti quelli che la circondavano, ci sarebbe voluta la notte intera.
Solo sei o sette pompate ognuno prima di passare al successivo.
Alcuni le spingevano la testa contro il proprio ventre obbligando Erica ad ingoiarlo fino alle palle.
In questo caso Erica lo teneva in gola per qualche secondo poi spingeva via lo stupratore, non senza che una grande quantità di saliva le colasse dalla bocca.
Ma questa era utile per lubrificare i cazzi successivi.
Qualcuno, più intraprendente degli altri, approfittando della posizione a 90 gradi assunta da Erica per prendersi i cazzi in gola, le introduceva l’uccello nella figa dando qualche colpo finchè Erica non si spostava togliendoselo da dentro, ma subito qualcun altro approfittava del buco rimasto libero.
A furia di spompinarli qualcuno, evidentemente con una bassa autonomia, cominciò ad eiaculare schizzando in faccia ad Erica il suo carico di sperma.
Lei non si curava di detergersi il viso ma continuava imperterrita a spompinare a dritta e a manca.
Alla fine il suo viso era una maschera di sperma.
A questo punto, senza alcun preavviso, si alzò, prese in mano il suo vestito, e si avviò, nuda, senza alcun pudore, sotto lo sguardo di tutti i presenti, in mezzo alla sala avviandosi verso il bar per sedersi nello sgabello di fianco al mio.
“Mi è venuta un po’ di sete. Me lo ordineresti un drink per favore?”.
“Certo cara. Te lo sei proprio meritato. “
Le detersi il viso con un fazzoletto e le chiesi.
“Cosa pensi in questo momento, ma, soprattutto cosa pensavi e provavi al momento dell’azione?”.
“In questo momento sono rilassata. All’inizio ero un po’ agitata. Sentivo l’emozione del….. ‘debutto’. Poi mi sono immersa nella parte e ci ho preso gusto. Un immenso gusto. Una sensazione di potenza. Mi sentivo già una pornostar.”
Gli uomini a cui Erica aveva elargito la sua prestazione erano esattamente dodici.
Ne presi nota perché mi era balenata un’idea che avrei sottoposto ad Erica appena tornati a casa.
A quel punto non era il caso di prolungare la nostra permanenza al Club.
Ci avviammo all’uscita, Erica sempre spavaldamente nuda, accompagnati dagli applausi di tutti i presenti, barman compresi.
Così si concluse la prima serata al Club Privè.
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