VI/XV

di
genere
etero

Piccola ma doverosa premessa: se ci saranno errori, se ci saranno incongruenze, portate pazienza.
Ma quando arrivano certe idee, bisogna afferrale. A volte ne vale la pena, altre no.
Spero questa volta ne valga la pena e spero valga il tempo che vi rubo.
Nessuna trama stramba come mio solito.
Lo considero un esperimento.
Ah, il titolo è un rimando agli arcani maggiori.
Buona lettura.





Filtrando dalle tapparelle quasi completamente abbassate, la luce del pomeriggio incontra le volute di fumo della sigaretta che tiene tra le dita.
Mi perdo a guardare i raggi che sembrano diventare solidi quando attraversano il fumo, come dei piccoli treni tutti perfettamente allineati.
Un po' di ordine, in questo casino.
Non parliamo mai, dopo.
Lui rimane steso a fumare, io di solito vado a fare una doccia prima di andare via.
Il pavimento, in questo agosto infernale, sembra quasi freddo sotto le piante dei miei piedi.
Sollevo le mani dal letto sul quale sono seduta e mi stiracchio, le braccia tenute in alto.
Muovo lentamente i fianchi consapevole del fatto mi stia osservando. Gli piace, quando lo faccio. Dice che la mia schiena gli ricorda un serpente a sonagli che striscia sotto il sole.
Quando mai lo ha visto un serpente a sonagli, lo sa solo lui.
Il lenzuolo, sotto i glutei indolenziti, sembra quasi carta vetrata. Questa volta ha avuto la mano un po' pesante e, quasi certamente, mi rimarrà qualche segno. Pazienza.

Evito di guardare le fedi posate sul comodino.
È ancora presto per affrontare la realtà.

Sussulto quando con un dito mi carezza un seno.
Come dicevo, ha avuto la mano pesante e se poco fa posso aver apprezzato, ora un po' me ne pento.
Abbasso lo sguardo e noto quanto siano arrossati, sia il destro che il sinistro e, su quest'ultimo indugia il suo dito. Arriva a sfiorare il capezzolo ma, senza il benché minimo preavviso, si ritrae.
Il movimento del letto mi fa intuire si sia girato dall'altra parte, probabilmente per spegnere la sigaretta.


Mi giro per osservarlo e capisco perché nonostante il suo modo d'amarmi, non riesca a smettere di desiderarlo.
Di desidere di più.

Un bacio, solo un bacio.
A dispetto degli schiaffi che mi ha data poco fa mentre mi scopava come non farebbe mai con la compagna ufficiale, arrivando a farmi piangere dal piacere del dolore e nel dolore del piacere.
E quasi ci riesco, a baciarlo, a posare le labbra sulle sue.
Mi fermo a pochi centimetri, senza fiato.

Non mi carezza per coinvolgermi o per portarmi a volerlo accogliere. No.
Posa la mano sulla mia femminilità e mi fissa mentre, senza tanti complimenti, preme con due dita, violandomi.
Mi dà più dolore che piacere, e lo sa.
E lo vede, lo vuole vedere, perché tiene lo sguardo fisso sul mio.
Dovrei provare disgusto per quel sorriso, ma capisco cosa vuole.

Quando fa scivolare via le dita, lo fa con una delicatezza che è agli antipodi rispetto l'irruenza con cui mi ha penetrata.

Non poso le labbra sulle sue, come avrei voluto, come avrei desiderato.
Scendo più giù fino al suo membro, e li lo bacio.
Sento il suo sapore, misto al mio, sulla sua pelle.
Tengo gli occhi chiusi ma so che mi sta guardando mentre, a cavalcioni della sua gamba destra e senza l'ausilio delle mani, lo accolgo nella mia bocca.
Lo sento tiepido e morbido sulle labbra.
Pulsa lentamente sulla lingua, con un ritmo tutto suo, mentre poco alla volta acquista vigore.

Il suo sguardo è lì, fisso sul mio, quando apro gli occhi per guardarlo, per capire se sto andando bene.
La conferma arriva quando muove la gamba, in un muto invito ad andare avanti.
Muovo il capo, scendendo il più possibile per accoglierlo quasi completamente e, al tempo stesso, faccio oscillare piano il bacino, strofinandomi su di lui.
Cerco di reggere il suo sguardo il più a lungo possibile.

Vorrei poter usare le mani, carezzarlo, ma non vuole. Non vuole mai.
Le sue, invece, prima una e poi l'altra si posano sulla mia nuca.
Stringono con forza i capelli, tirando fino a far male e, aumentando e diminuendo la stretta, detta il ritmo.
Mugola soddisfatto ogni volta che mi fa scendere fino a causarmi conati di vomito e, solo allora, mi permette di risalire.
Umiliata, ecco come dovrei sentirmi.
Ma è la mia droga e, il mio corpo, sa cosa vuole.
Non mi rendo conto di essere arrivata a masturbarmi contro la sua gamba se non quando il piacere monta sempre più fino ad essere soverchiante.
Spariscono il fumo, il caldo e le fedi.
Sento il mio corpo tremare senza controllo e le braccia quasi non mi reggono più.
È in quel momento che lui decide di muovere il bacino.
Mi usa, mi scopa la bocca, quasi si stesse masturbando dentro di me, incurante di quello che sto provando.
Vorrei scostarmi, ma quello che desidero sul serio è questo.
Manca poco perché lui torni da lei, io da lui.
Raggiunge il piacere dentro di me.

Rimaniamo così, ansimanti.

Entrambi prigionieri.

scritto il
2023-08-17
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