Telepatia - Il Dono (P.1)

di
genere
etero



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Ciao a tutti, sono Maphy. Vi segue e leggo da tempo a volte affascinata, a volte incuriosita. Ho deciso da assoluta novellina senza nessuna esperienza di provare a scrivere anche io un racconto. Lo farò ad episodi. Vi prego di dirmi se pensate possa funzionare oppure se è necessario che ritorni a fare la lettrice :)
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“Cristina ha un dono”. Ricordo ancora questa frase di un'amica di mamma durante una delle riunioni domenicali della comitiva. La chiamavano Maga perché lei dichiarava di essere una sensitiva, cosa che accadde anche quel giorno; immancabili i sorrisetti degli amici a silenzioso commento delle sue visioni.
Maga, una donna di mezza età del paesino rurale di provincia dal carattere riservato ma non schivo, sempre ben vestita e truccata. I suoi rossetti e décolleté erano famosi tra gli uomini locali, ma mai aveva voluto essere legata da alcun vincolo matrimoniale.
Figlia unica di genitori benestanti; la madre non riuscì a portare a termine altre tre gravidanze e il padre dovette suo malgrado arrendersi all’idea del figlio maschio.
Era molto ambita, ma l’unico uomo quotidianamente al suo fianco era un algerino di nome Nadir che manteneva la famiglia lavorando per lei come autista e galoppino.
Amava tutto ciò che era francese; vestiti, trucchi, profumi e altro. Dotata di buon gusto e di una capacità di creare intorno a sé un'atmosfera di segreto e sensualità inarrivabile per la stragrande maggioranza delle donne.
Quel giorno avevo dodici anni, lei mi sistemò il ciuffo e guardandomi negli occhi con un sorriso rassicurante mi chiese: “Non è vero Cristina?”. Improvvisamente iniziai ad avere sensazioni inaspettate. Riuscivo a sentire il profumo di Maga sulla mia pelle, lo strusciare della sottanina di seta che lei indossava sul mio corpo e il calore della tazza da te che stava tenendo in mano; mi allontanai lentamente guardando le donne presenti nella stanza, quasi vergognandomi, credendo che avessero capito come mi era successo.
“Vai nella tua stanzetta Cristina?” mi chiese mamma. Io annuii con un cenno della testa ed uscendo dalla stanza incrociai nuovamente lo sguardo di Maga che sorrideva mostrandomi dolcezza e ammirazione, ma anche una chiara soddisfazione personale. “Sarà il nostro piccolo segreto di donne tesoro” mi disse, tra i mugolii divertiti delle signore mentre andavo via.
Negli anni a venire i miei cinque sensi si svilupparono oltre i confini del mio corpo. Non tutto funzionava a dovere però, era come se mi trovassi sott’acqua; comunque riuscivo a percepire voci e rumori di ambienti dove altre orecchie si trovavano, sapori che altre lingue gustavano, odori e profumi lontani da me, la mia pelle e le mia dita tatti e sensazioni che altre mani e corpi provavano, i miei occhi ricevevano ombre di oggetti e persone che non erano di fronte a me.
Non accadeva spesso, ma quando succedeva mi sentivo disorientata e smarrita. Il più delle volte nervosa. Non fu difficile essere bollata come lunatica con la conseguenza di essere rifiutata dai compagni di scuola e dai figli dei vicini. La mia adolescenza fu perciò solitaria con la conseguente richiesta di continuare gli studi all’università della città per allontanarmi da quel mondo che così poco mi aveva dato dal punto di vista delle amicizie e relazioni.
Giunse il giorno del mio diciottesimo compleanno e mamma organizzò una festa; devo ammettere che non ne ero per niente contenta, ma visto il suo entusiasmo non mi sentì di dire nulla al riguardo.
Arrivarono gli invitati, chiaramente non era presente nessun mio coetaneo.
Gli amici di famiglia risposero numerosi ed immancabilmente arrivò anche Maga seguita da Nadir che trasportava un grosso pacco a me destinato come regalo.
Ci salutò, mi fece gli auguri e disse a mamma: “Cara ho bisogno di utilizzare la toilette, ho dimenticato lo specchietto e devo sistemare il rossetto”. “Cosa gli è successo?” disse mamma sorridendo e lei, pulendo gli angoli della bocca con un fazzoletto uscito velocemente dalla borsetta: “Una insostenibile voglia di crema che ci ha costretti ad una sosta”. Entrambe si guardarono negli occhi ridendo di gusto e mentre mamma l’accompagnava in bagno intrecciò il mio sguardo, vidi che arrossiva leggermente, ma le sorrisi divertita e nonostante fossimo già legatissime provai una interconnessione ancora più forte fra di noi.
Il giorno dopo sarei partita per trasferirmi all’università e quella notte il mio sonno fu particolarmente nervoso.
Mi svegliai con una pressione sul capo: una mano mi spingeva e mi teneva giù. La mia bocca era invasa da qualcosa che si muoveva velocemente, la mia lingua leccava con avidità, succhiavo con bramosia. Le mie dita stringevano con delicatezza ed accarezzavano i testicoli. Un sentimento di passione attraversava il mio corpo. I miei seni premevano e strusciavano contro la gamba e la mia vagina, umida e gonfia, cercava sollievo costringendomi a premere ritmicamente contro il materasso. "Divertiti di più che arriva la crema" mi sentii dire, "Sì amore mio, dammela" risposi.
La mia mano iniziò a stringere il pene turgido muovendosi su e giù mentre le mie labbra serravano la cappella succhiando più forte che potevo. "Arriva... vai...prendila..." La mia gola fu riempita da qualcosa di salato e denso. Mandai giù tutto, continuando ad assaporarne il gusto con la lingua che ruotava veloce per raccogliere tutte le gocce che potevo con ingordigia. Dissi "Com'è buona, l'adoro. Grazie amore mio". "lo sai. Non faccio mai mancare niente alla mia mogliettina". "Lo so vita mia" risposi accarezzandomi le labbra e le guance con il pene ancora pulsante.
Questa volta il tutto era stato chiaro e dettagliato; le voci non ovattate e i miei occhi vedevano distintamente.
La mattina mi svegliai distesa e stranamente rilassata. Non mi succedeva da tempo. Mi preparai a partire in preda ad una strana allegria.
In stazione venne a salutarmi anche Maga. Mi prese per mano allontanandosi dai miei genitori e mi disse: "Finalmente stanotte ti sei connessa. L'ho sentito anche io. Ce ne hai messo di tempo". Io fingendomi confusa chiesi: "Di cosa stai parlando?" Maga sgranò gli occhi in segno di incredulità: "Tu e mamma ... lo sai". Un forte senso di rabbia mi assalì, stavo quasi per sbottare. Maga mi schiaffeggiò e tenendomi per la vita mi sussurrò all’orecchio: "Puoi essere chiunque tu voglia, lasciati andare, accetta il tuo dono e fa che sia la tua forza. Non avere timori a chiamarmi tutte le volte che lo riterrai necessario".
Dopo essermi velocemente calmata salutai mamma e papà baciandoli sulla guancia; i loro occhi erano lucidi, ma avevo bisogno di allontanarmi da casa il prima possibile. Poi baciai anche Maga che ribadì: "E’ un dono. Non dimenticarlo mai". Durante il viaggio quelle parole rimbombavano ininterrottamente nella mia testa; iniziavo a provare sollievo alla confusione che affollava la mia mente ed una nuova energia mi rianimò accompagnata da una inaspettata gioia di esplorare.
di
scritto il
2023-09-11
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