Un patrigno inflessibile, volume due

di
genere
sadomaso

Il cane è un autentico strumento di tortura, inutilmente crudele, utilizzato, credo, a puri fini sadici e non a scopo disciplinatorio. Mi sferzò le cosce con una violenza inaudita e sentii tutti i colpi, uno per uno. Dunque mi slegò, mi fece bere dell'acqua, e mentre tentavo il tutti i modi di divincolarmi, mi lego davanti, spalancandomi le gambe con le ginocchia alzate. Riprese il cane e io mi feci la pipì addosso per la paura, bagnando il materasso. "Sono 30 colpi in più dei 20 preventivati, per questa infrazione, piccola. Mi ordinò di fare i muscoli sul ventre e mi colpì forte, lasciandomi un segno lungo e profondo che subito si gonfiò. Mi ordinò di fare i muscoli sul ventre altre 14 volte e quando ebbe finito, avevo segni violacei e gonfi, gocvioline di sangue mi rigavano giù, arrivando al pube. A quel punto tolse dai pantaloni un cazzo con un diametro animalesco, si sputò indice e medio e me li ficcò dentro per bagnarmi, poi mi entrò dentro con quell'arnese mostruoso, decisamente sproporzionato per un corpo esile e minuto come il mio. Mi sbattè fortissimo, mi venne dentro e quando uscì, mi fece pulire il cazzo con la lingua. Io, non so perché, a quel punto ero completamente bagnata, fradicia, e non era solo la sborra che usciva fuori, ero eccittata. Solo a quel punto mi accorsi che mamma aveva assistito alla scena e si stava masturbando con un dildo su una sedia. Lui mi slegò, mi tolse il bavaglio, mi ordinò di inginocchiarmi e soddisfarla con la bocca, il giorno dopo, avrei compiuto 19 anni.
Non riuscii a sedermi per tre settimane dopo quella penetrazione bestiale, camminavo a fatica e i segni sulle cosce e sul ventre, che mamma disinfettava ogni giorno, mi bruciavano e dolevano in modo che non riesco a dire. Non mi toccò fino a a metà dicembre, se non per colpirmi con le mani o con la sua ciabatta di plastica dura, sulle gambe, sulle spalle e in testa. Il 15 dicembre mi diede dieci euro per fare l'aperitivo con due amiche del quartiere e quando tornai, m'ispezionò a fondo, arrabbiandosi perché, a suo dire, avevo fatto di nuovo la puttana. Non era vero, ero terrorizzata da lui e non l'avrei mai fatto. "Adesso vedi cosa succede a darla a tutti", mi urlò nelle orecchie trascinandomi in camera per i capelli. Il mio forte pianto fu immediatamente attutito con un bavaglio e fui nuovamente legata supina con le ginocchia aperte. Prese di nuovo il cane e mi accarezzò l'incavo delle cosce a lungo. Guardai verso mamma, supplicandola con i movimenti della testa di fermarlo, ma lei rideva. Il primo colpo di cane sull'incavo delle cosce non lo dimenticherò mai perché il dolore non cesserà mai. Il segno lasciato sembrava nero talmente tanto sangue aveva richiamato in superficie. Mi accarezzò la vulva e mi colpì di nuovo. In totale, mi scaricò venti colpi di cane da sotto e venti colpi da sopra, rigando le cosce nella sua interezza. Quando ripresi i sensi, mamma mi stava passando del ghiaccio sul viso e sulle labbra, dunque aprì le ginocchia intorno al mio collo e mi avvicinò il viso sulla sua figa bagnata. Non era bella, era pelosa, la vagina era slargata e in più aveva un sapore sgradevole perché fumava, ma dovetti soddisfarla comunque. Intanto Adolfo, aveva la sua bestia rigida come l'acciao e mi entrò dento come un trapano, con i suoi soliti modi, mi inondò di sperma e uscì. Per fortuna prendevo la pillola. Lo ripulii come al solito, dunque lui uscì dalla stanza per tornare con una spazzola e una ciabatta da vecchio, di plastica o gomma pesante ma flessibile, con due fasce incrociate sul davanti e fu con quella che mi assestò il primo colpo micidiale sulla vulva. Iniziò il mio secondo supplizio: un colpo dal pube, un colpo dall'uretra sulle labbra serrate, le suole, fatte a quadratini vuoti all'interno, mi ferivano la pelle delicatissima in profondità, ma fu quando mamma mi aperse di molto le gambe e la vulvetta fu esposta, che il panico mi fece andare in apnea. "Coraggio, piccola, sii donna e sopporta", mi diceva mamma, "come ti è piaciuto fare la troietta, adesso sopporta le conseguenze".Senza misericordia, mi diede quella terribile ciabatta sul clitoride finché non mi pisciai addosso. "Basta, basta, e che la vuoi ammazzare?" Disse con un sorrisetto maligno mamma. Con la spazzola dura, mi colpì poi i seni, strizzandomi i capezzolini con le dita, torcendoli, pizzicando forte la pelle.
Quel giorno imparai, credo, a sopportare il dolore e diventai una donna. A ventidue anni, sono stata caldamente consigliata, a colpi di cane i cui segni non sono mai andati via, a sposare Guglielmo, il fratello grande di Adolfo. Ho avuto due figli ma le prendo ancora regolarmente per ogni minima cosa,vera o inventata che sia senza ribellarmi. Guglielmo non me ne fa passare una ed è particolarmente severo là dove la pelle è più tenera. Adolfo e mamma continuano ad avere libero accesso a me e adesso anche mamma ha preso a battermi con una canna di bambù, quando sono da lei o lei viene da me. L'ultima volta ha esagerato e Guglielmo le ha detto con tenerezza di dosare sia i colpi che la loro intensità. Io, appena vedo uno dei miei strumenti di tortura, mi bagno in modo vergognoso, aspettando il momento in cui il mio clitoride e la mia vagina, saranno pizzicati, morsi, sfregati con violenza e squarciati senza riguardo. È una vita strana ma io adesso sono serena, strutturata, consapevole che ad azione corrisponde una reazione uguale e contraria e che è meglio avere le carni gonfie sanguinanti e dolenti piuttosto che cercare cazzi in giro come si provano i rossetti in profumeria. Ringrazio Adolfo perché la disciplina che ha avuto la bontà di impartirmi, ha fatto presa anche se ero già grande. Stamattina sono al mercato per comprare la frutta e camminare non mi è agevole perché Guglielmo mi ha serrato le grandi labbra con due pinze dentellate, di quelle per sorreggere le tende, perché non ho stirato una delle sue camicie alla perfezione. Me le toglie sempre strisciadole a strappo, ferendomi e dopo mi bagno tutta e lui mi apre per benino.
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2023-12-18
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