Un investimento, n.2
di
Sado
genere
sadomaso
Le due valigie di Manal, contenevano abiti arabeggianti dai colori tenui, un'abaya, ciabattine, tacchi, trucchi e baby-doll. Il profumo, che con moderazione spruzzava dietro le orecchie e sui polsi, era un mix di gelsomino, ambra e mandorlo. Anche i capelli erano sempre avvolti da un profumo legnoso ma dolce.
Ammiravoo la sua pronuncia inglese, tipica di chi ha frequentato le costosissime boarding school. All'anulare, indossava un diamante incastonato in oro bianco, ereditato dalla nonna materna, Fatima.
Ci eravamo fermati in paese a ritirare la cena d'asporto precedentemente ordinata, mangiammo del risotto alla mela e non ricordo che formaggio, poi per me un filetto e per lei assaggi di formaggi vegetali. Una coppetta di montblanc per terminare. Io mi bagnai le labbra e la gola con il vino, lei no.
Quella notte facemmo l'amore e basta, non sarei riuscito neanche a darle un buffetto sulla guancia.
Eccolo, il master crudele all'eterna ricerca della perfezione: ora che ce l'aveva tra le mani, aveva il timore, anzi il terrore, di rovinare un oggetto così prezioso. Ci avevo investito fino all'ultimo centesimo, però, e l'investimento doveva fruttare e in fretta pure.
Ma neanche il giorno dopo riuscii a far altro che non fosse l'amore, con lei. A dire il vero, la accompagnai anche in paese a fare la spesa e poi in giro per negozi. Era bellissima, e tutti mi guardavano con invidia, io, però, ero un carrarmato senza carburante. Ingombrante, inerte, inutile. Arriviamo a giovedì cinque, esattamente una settimana dopo il nostro arrivo. Avevo invitato a cena Carlo, un commercialista rampante interessato ad acquistare il terreno confinante al mio.
Manal fu una splendida padrona di casa ma a fine serata, quando ci accomodammo davanti al camino, lei ebbe atteggiamenti insolitamente affettuosi con Carlo, che conosceva solo da un paio d'ore. Lui continuava a bere per gestire l'erezione e lei, a un certo punto, si sollevò la gonna per sistermarsi i collant. La sollevò fino a pube, che vedemmo perfettamente, e poi andò in bagno. Carlo ne approfittò per andare fuori e assistetti al pietoso spettacolo di lui in ginocchio che sfregava l'uccello nella neve fresca, quasi impazzito. Poi, per fortuna, se ne andò e noi restammo soli.
Ordinai a Manal di preparare il set e le ordinai di attendermi in camera completamente nuda. Andai giù a prendere le corde, a prendere la ball, a prendere gli elastici. Presi anche il frustino da cavalli, e le mie crocks nere.
Le fissai le braccia, dopo averle annodate, a due ganci sul muro, la schiena adagiata sulle lenzuola, le gambe completamente spalancate e sollevate. Il sesso era a favore di telecamera e anche la parte terminale del culetto.
Sul viso aveva una mask dorata, non poteva, per ovvie ragioni, essere riconoscibile. La baciai e accarezzai a lungo, zoommai il sesso fresco e turgido, le piccole labia rosee, il clito delizioso e la fessurina della vagina. Le leccai le gambe e il ventre, le succhiai i seni, avido.
E poi, presi una crocks misura 44 e la colpii forte sul sesso. Urlò forte, il colpo era giunto inatteso. Non le misi la ball, decisi di attendere. Le assestai una seconda scarpata ancora più forte e poi una terza. Poi presi una cinghia, una delle mie più cattive e le ordinai di leccarla lungo tutta la superfice, fino alla fibbia. Il primo colpo, fortissimo, cadde di nuovo lì, sul sesso. E poi di nuovo e di nuovo. Quindi le cinghiate arrivarono senza pieta sulle gambe, sull'esterno cosce, sul ventre.
Mi fermai per farle un po'di sollievo, le toccai il sesso ed era vistosamente bagnata. Andai al nero e le feci bere del succo, la feci urinare in una scodella e le ricomposi il viso segnato dal kajal che le lacrime avevano spalmato ovunque.
"Basta", mi chiese, "non riesco a sopportare altro, questo è il mio limite".
Feci ripartire le trasmissioni e le misi la ball.
Io avevo appena iniziato.
Le massaggiai i seni e li leccai, le massaggiai il pancino. Dunque afferrai il frustino e lo mostrai alla telecamera, poi lo posai e,chino ai piedi del letto, le accarezzai, baciai e leccai a lungo la pelle delicata dell'interno cosce. Era velluto prezioso, morbido, liscio, scorrevole. La prima frustata la assestai sull'incavo della coscia sinistra, appena sotto la vulva. Sussultò molto forte, alzando il sederino nonostante la legatura stretta. Feci lo stesso dall'altro lato, aumentando la forza. Poi di nuovo a sinistra, un po'più giù e un po' più forte. Ne prese dieci a destra e dieci a sinistra, i segni rossi come il peccato si erano subito enfiati e dal graffio centrale fuoriuscivano piccole lacrime di sangue. Le toccai il sesso, era talmente pieno di umori che ci si poteva navigare, ma me ne guardai bene dal darle piacere. Le colpii quindi i seni, ma solo tre colpi: uno sopra, uno sotto e col terzo centrai in pieno i capezzoli. Ero fiero di me. Mi inginocchiai nuovamente e la baciai. Volevo fermarmi per non segnarla troppo ma nel rialzarmi, vidi una crocks, la presi e di nuovo le battei il povero sesso già duramente segnato. La accarezzai nuovamente e dalla tasca presi una spilla, una di quelle da sarta, lunga ma con l'ago sottile. Le aprii il sesso e iniziai a infilzarla. Le piccole labia, entravo da sotto e uscivo da sopra. I lati del clitoride, sotto e sopra, il punto iniziale del bulbo, sotto e sopra. Poi le pizzicai le grandi labia già tormentate dai colpi, poi ripresi la spilla e le fissurai l'apertura della vagina, quindi me lo tirai fuori e la penetrai in modo animalesco, avendo grande cura di non massaggiarle il sesso, così che non traesse il minimo piacere. Spensi la telecamera, la slegai e le ordinai di non toccarsi più la vulva fino a mio nuovo ordine, quindi ebbe il permesso di andare in bagno e rinfrescarsi.
Solo quell'rvm, solo quello, mi fece rientrare completamente del mio investimento. Ed era solo l'incipit.
Continua
Ammiravoo la sua pronuncia inglese, tipica di chi ha frequentato le costosissime boarding school. All'anulare, indossava un diamante incastonato in oro bianco, ereditato dalla nonna materna, Fatima.
Ci eravamo fermati in paese a ritirare la cena d'asporto precedentemente ordinata, mangiammo del risotto alla mela e non ricordo che formaggio, poi per me un filetto e per lei assaggi di formaggi vegetali. Una coppetta di montblanc per terminare. Io mi bagnai le labbra e la gola con il vino, lei no.
Quella notte facemmo l'amore e basta, non sarei riuscito neanche a darle un buffetto sulla guancia.
Eccolo, il master crudele all'eterna ricerca della perfezione: ora che ce l'aveva tra le mani, aveva il timore, anzi il terrore, di rovinare un oggetto così prezioso. Ci avevo investito fino all'ultimo centesimo, però, e l'investimento doveva fruttare e in fretta pure.
Ma neanche il giorno dopo riuscii a far altro che non fosse l'amore, con lei. A dire il vero, la accompagnai anche in paese a fare la spesa e poi in giro per negozi. Era bellissima, e tutti mi guardavano con invidia, io, però, ero un carrarmato senza carburante. Ingombrante, inerte, inutile. Arriviamo a giovedì cinque, esattamente una settimana dopo il nostro arrivo. Avevo invitato a cena Carlo, un commercialista rampante interessato ad acquistare il terreno confinante al mio.
Manal fu una splendida padrona di casa ma a fine serata, quando ci accomodammo davanti al camino, lei ebbe atteggiamenti insolitamente affettuosi con Carlo, che conosceva solo da un paio d'ore. Lui continuava a bere per gestire l'erezione e lei, a un certo punto, si sollevò la gonna per sistermarsi i collant. La sollevò fino a pube, che vedemmo perfettamente, e poi andò in bagno. Carlo ne approfittò per andare fuori e assistetti al pietoso spettacolo di lui in ginocchio che sfregava l'uccello nella neve fresca, quasi impazzito. Poi, per fortuna, se ne andò e noi restammo soli.
Ordinai a Manal di preparare il set e le ordinai di attendermi in camera completamente nuda. Andai giù a prendere le corde, a prendere la ball, a prendere gli elastici. Presi anche il frustino da cavalli, e le mie crocks nere.
Le fissai le braccia, dopo averle annodate, a due ganci sul muro, la schiena adagiata sulle lenzuola, le gambe completamente spalancate e sollevate. Il sesso era a favore di telecamera e anche la parte terminale del culetto.
Sul viso aveva una mask dorata, non poteva, per ovvie ragioni, essere riconoscibile. La baciai e accarezzai a lungo, zoommai il sesso fresco e turgido, le piccole labia rosee, il clito delizioso e la fessurina della vagina. Le leccai le gambe e il ventre, le succhiai i seni, avido.
E poi, presi una crocks misura 44 e la colpii forte sul sesso. Urlò forte, il colpo era giunto inatteso. Non le misi la ball, decisi di attendere. Le assestai una seconda scarpata ancora più forte e poi una terza. Poi presi una cinghia, una delle mie più cattive e le ordinai di leccarla lungo tutta la superfice, fino alla fibbia. Il primo colpo, fortissimo, cadde di nuovo lì, sul sesso. E poi di nuovo e di nuovo. Quindi le cinghiate arrivarono senza pieta sulle gambe, sull'esterno cosce, sul ventre.
Mi fermai per farle un po'di sollievo, le toccai il sesso ed era vistosamente bagnata. Andai al nero e le feci bere del succo, la feci urinare in una scodella e le ricomposi il viso segnato dal kajal che le lacrime avevano spalmato ovunque.
"Basta", mi chiese, "non riesco a sopportare altro, questo è il mio limite".
Feci ripartire le trasmissioni e le misi la ball.
Io avevo appena iniziato.
Le massaggiai i seni e li leccai, le massaggiai il pancino. Dunque afferrai il frustino e lo mostrai alla telecamera, poi lo posai e,chino ai piedi del letto, le accarezzai, baciai e leccai a lungo la pelle delicata dell'interno cosce. Era velluto prezioso, morbido, liscio, scorrevole. La prima frustata la assestai sull'incavo della coscia sinistra, appena sotto la vulva. Sussultò molto forte, alzando il sederino nonostante la legatura stretta. Feci lo stesso dall'altro lato, aumentando la forza. Poi di nuovo a sinistra, un po'più giù e un po' più forte. Ne prese dieci a destra e dieci a sinistra, i segni rossi come il peccato si erano subito enfiati e dal graffio centrale fuoriuscivano piccole lacrime di sangue. Le toccai il sesso, era talmente pieno di umori che ci si poteva navigare, ma me ne guardai bene dal darle piacere. Le colpii quindi i seni, ma solo tre colpi: uno sopra, uno sotto e col terzo centrai in pieno i capezzoli. Ero fiero di me. Mi inginocchiai nuovamente e la baciai. Volevo fermarmi per non segnarla troppo ma nel rialzarmi, vidi una crocks, la presi e di nuovo le battei il povero sesso già duramente segnato. La accarezzai nuovamente e dalla tasca presi una spilla, una di quelle da sarta, lunga ma con l'ago sottile. Le aprii il sesso e iniziai a infilzarla. Le piccole labia, entravo da sotto e uscivo da sopra. I lati del clitoride, sotto e sopra, il punto iniziale del bulbo, sotto e sopra. Poi le pizzicai le grandi labia già tormentate dai colpi, poi ripresi la spilla e le fissurai l'apertura della vagina, quindi me lo tirai fuori e la penetrai in modo animalesco, avendo grande cura di non massaggiarle il sesso, così che non traesse il minimo piacere. Spensi la telecamera, la slegai e le ordinai di non toccarsi più la vulva fino a mio nuovo ordine, quindi ebbe il permesso di andare in bagno e rinfrescarsi.
Solo quell'rvm, solo quello, mi fece rientrare completamente del mio investimento. Ed era solo l'incipit.
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