Un investimento, n.1
di
GiAnI
genere
sadomaso
***Attenzione, potrebbe urtare un pubblico particolarmente sensibile***
Ho avuto fantasie sadiche non appena raggiunta la pubertà, eccitate, credo, dal vedere continuamente i culetti nudi delle mie sorelline duramente puniti dalla cinghia di papà.Trovare ragazze disposte, non solo a farsi sottomere psicologicamente e piegarsi alla dominazione ma anche a farsi disciplinare con strumenti reverberatori appositi, non era difficile, di più.
Agli annunci rispondevano solo uomini o donne mature, con le carni abbrutite dallo scorrere del tempo. E più della cintura sul culo, non sopportavano.
Grazie al mio lavoro, iniziai a viaggiare e in medioriente, riuscii finalmente a soddisfare alcune delle mie fantasie-esigenze con giovanissime prostitute molto attraenti. Tutto ha un prezzo, e io potevo pagare bene. Ero così stanco di limitarmi a battere il sederino e praticare lo sfondamento anale, io sognavo di tatuare la pelle - rigorosamente femminile - grazie all'arte sopraffina dell'uso delle fruste appreso in un corso privatissimo nel deserto del Fujarah.
Stavo terminando una colazione di lavoro al fresco di un hotel extra Lusso di Abu Dhabi, quando mi si avvicinò un emiratino, impeccabile nel suo vestito sartoriale di Etro. Un signore. Un signore e non un parvenue. Mi invitò in una saletta riservata dove bevemmo un cocktail rinfrescante e dunque, mi mise sotto gli occhi un catalogo con delle linguette colorate che fuoriscivano, ordinate in modo progressivo, dalle pagine, tutte contrassegnate da un numero a due cifre. Si partiva da diciotto per arrivare, e superare, il cinquanta.
Il diciotto, conteneva le immagini di dodici vergini appena maggiorenni, in vendita come schiave, prezzate tra gli ottantamila e i centoventimila euro.
Ignoravo come fosse venuto a sapere di me e neanche glielo chiesi; fui però subito chiaro sul punto che cercavo una schiava consenziente, disposta a farsi brutalizzare per piacere, per scelta, per convinzione profonda. Rimase perplesso, ci pensò un po' su e mi congedò promettendosi di rifarsi vivo. Lo sentii due mesi dopo durante lo scalo di un mio volo a Heatrow, aveva ciò che volevo, mi chiese di raggiungerlo a Dubai.
In una villa privata, profumata di incensi dall'aroma forte e persistente, fui fatto accomodare su un divanetto damascato e lasciato solo, al buio. Manal accese la luce subito dopo: diciannove anni e tre mesi, un metro e sessantre tre per quarantanove chili. I seni, bianchi come il latte, si potevano tenere in mano. Lunghi capelli neri le incorniciavano un viso dolce ma deciso, le labbra, a cuore, erano carnose, grandi occhi neri con il kajal, mani affusolate e curatissime, fianchi ben apprezzabili nonostante il vitino che si poteva serrare tra le mani, fighetta liscia, gambe sottili e piedini da bambola.
Mi disse di essere stata una bimba ribelle e di averne prese così tante, che ora desiderava solo un surrogato del papà che le impartisse una disciplina assoluta, piegandola a ogni suo desiderio. Per preservare la sua verginità, non si era mai esplorata neanche con un dito. Mi alzai con il cazzo di marmo che esplodeva dentro i pantaloni, aprii la porta e, ansimante, chiesi all'arabo: "quanto costa?". La paura di non potermela permettere, mi faceva schiumare di rabbia.
La schiava era di ottima famiglia, educata in scuole internazionali, aveva classe ed elaganza, oltre ad essere bellissima e soprattutto, bramosa di prenderne tante.
"Centocinquanta". "Cazzo, non li ho!!! Ti avevo detto qual era il mio budget!"
"Puoi farla battere a tuo piacimento o vendere i suoi, i vostri, video nel dark web, rientreresti dell'investimento in meno di un anno, garantito. Pagai sull'unghia e portai Manal nel mio rifugio in montagna: abbastanza in basso per avere un'ottima copertura internet, e abbastanza lontano dal paese per essere lontani da occhi e orecchie indiscrete.
Ho avuto fantasie sadiche non appena raggiunta la pubertà, eccitate, credo, dal vedere continuamente i culetti nudi delle mie sorelline duramente puniti dalla cinghia di papà.Trovare ragazze disposte, non solo a farsi sottomere psicologicamente e piegarsi alla dominazione ma anche a farsi disciplinare con strumenti reverberatori appositi, non era difficile, di più.
Agli annunci rispondevano solo uomini o donne mature, con le carni abbrutite dallo scorrere del tempo. E più della cintura sul culo, non sopportavano.
Grazie al mio lavoro, iniziai a viaggiare e in medioriente, riuscii finalmente a soddisfare alcune delle mie fantasie-esigenze con giovanissime prostitute molto attraenti. Tutto ha un prezzo, e io potevo pagare bene. Ero così stanco di limitarmi a battere il sederino e praticare lo sfondamento anale, io sognavo di tatuare la pelle - rigorosamente femminile - grazie all'arte sopraffina dell'uso delle fruste appreso in un corso privatissimo nel deserto del Fujarah.
Stavo terminando una colazione di lavoro al fresco di un hotel extra Lusso di Abu Dhabi, quando mi si avvicinò un emiratino, impeccabile nel suo vestito sartoriale di Etro. Un signore. Un signore e non un parvenue. Mi invitò in una saletta riservata dove bevemmo un cocktail rinfrescante e dunque, mi mise sotto gli occhi un catalogo con delle linguette colorate che fuoriscivano, ordinate in modo progressivo, dalle pagine, tutte contrassegnate da un numero a due cifre. Si partiva da diciotto per arrivare, e superare, il cinquanta.
Il diciotto, conteneva le immagini di dodici vergini appena maggiorenni, in vendita come schiave, prezzate tra gli ottantamila e i centoventimila euro.
Ignoravo come fosse venuto a sapere di me e neanche glielo chiesi; fui però subito chiaro sul punto che cercavo una schiava consenziente, disposta a farsi brutalizzare per piacere, per scelta, per convinzione profonda. Rimase perplesso, ci pensò un po' su e mi congedò promettendosi di rifarsi vivo. Lo sentii due mesi dopo durante lo scalo di un mio volo a Heatrow, aveva ciò che volevo, mi chiese di raggiungerlo a Dubai.
In una villa privata, profumata di incensi dall'aroma forte e persistente, fui fatto accomodare su un divanetto damascato e lasciato solo, al buio. Manal accese la luce subito dopo: diciannove anni e tre mesi, un metro e sessantre tre per quarantanove chili. I seni, bianchi come il latte, si potevano tenere in mano. Lunghi capelli neri le incorniciavano un viso dolce ma deciso, le labbra, a cuore, erano carnose, grandi occhi neri con il kajal, mani affusolate e curatissime, fianchi ben apprezzabili nonostante il vitino che si poteva serrare tra le mani, fighetta liscia, gambe sottili e piedini da bambola.
Mi disse di essere stata una bimba ribelle e di averne prese così tante, che ora desiderava solo un surrogato del papà che le impartisse una disciplina assoluta, piegandola a ogni suo desiderio. Per preservare la sua verginità, non si era mai esplorata neanche con un dito. Mi alzai con il cazzo di marmo che esplodeva dentro i pantaloni, aprii la porta e, ansimante, chiesi all'arabo: "quanto costa?". La paura di non potermela permettere, mi faceva schiumare di rabbia.
La schiava era di ottima famiglia, educata in scuole internazionali, aveva classe ed elaganza, oltre ad essere bellissima e soprattutto, bramosa di prenderne tante.
"Centocinquanta". "Cazzo, non li ho!!! Ti avevo detto qual era il mio budget!"
"Puoi farla battere a tuo piacimento o vendere i suoi, i vostri, video nel dark web, rientreresti dell'investimento in meno di un anno, garantito. Pagai sull'unghia e portai Manal nel mio rifugio in montagna: abbastanza in basso per avere un'ottima copertura internet, e abbastanza lontano dal paese per essere lontani da occhi e orecchie indiscrete.
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