Il manganello in gomma dura, nero. 1
di
GiAnI
genere
sadomaso
Quando mi trasferii da Rocella Jonica a Nichelino,a casa degli zii, avevo 21 anni e più nessuna speranza. Avevo tentato la strada universitaria, concludendo però molto poco; dopo la fine della storia con Luca, iniziata quando avevo tredici anni e terminata a metà dei miei diciassette, mi ero chiusa in me stessa, diventando scontrosa, ostinata e svogliata. Non so neanche come riuscii a diplomarmi. Mamma era vedova e io ero la più grande, ma le davo da fare più degli altri figli minori.
Così fui persuasa ad andare dagli zii, "troverai un lavoro e un nuovo amore, ti rimetterai in piedi", tutti mi dissero. Io ero sempre più arrabbiata e ostile, avrei voluto solo stare a letto e coltivare il mio malanimo. L'impatto con il nord fu devastante: come scesi dal treno, sentii una forte puzza, un miasma sgradevole di smog, muri pisciati dai cani, merda di cane, afrori di razze diverse, di brodi speziati e colonie scadenti. Era un giorno senza sole, uno dei tanti.
Gli zii non avevano una casa singola, che credevo tutti al mondo avessero ma abitavano in un brutto edificio di edilizia civile, al terzo piano senza ascensore, un trilocale con un solo bagno e il pavimento in linoleum. C'era sufficiente squallore da riempire un otre con fondo bucato.
Dividevo la stanza con mia cugina Stefania e mio cugino Fabio. Li disprezzavo entrambi, provavo avversione per il respiro pesante du Fabio e ripugnanza per il sovrappeso di Stefania, erano lo specchio dell'appartamento miserabile dove vivevano. Mi trovarono un lavoro in un supermarket e iniziai a fare la cassiera, scaffalista, banconiera, scaricatrice, ero una specie di schiava, insomma. Intrecciai una relazione con il padrone ma purtroppo quella sfattona brutta della moglie ci scoprì e io persi il posto. Lavorai poi come segretaria da un gommista e anche lui si prese di me fino a impazzire ma anche qui, la legittima, e racchia, titolare di matrimonio, mi fece perdere uomo e lavoro. Intanto, in casa tutto era cambiato: i miei cugini, entrambi di qualche anno più grandi, erano immigrati l'uno in Australia a fare il cameriere e l'altra a Dublino, anche lei a fare la cameriera.
Una famiglia di servi, insomma.
Lo zio se ne andò via una sera, dicendo alla moglie "Ho un'altra,una ragazza di Bratislava. Fattene una ragione e non disturbarci, non puoi competere con lei".
Faceva bene lo zio, ancora passabile nonostante i suoi quasi sessant'anni, a mollare quella brutta tabagista molle. Io, al suo posto, l'avrei fatto da un pezzo. Avevo perso l'ennesimo lavoro in un call-center quando Gian Battista, si trasferì a casa da noi. Avevo 24 anni, disprezzavo il lavoro e odiavo tutti.
Gian Battista, però, mi poacque subito. Subito e molto. Lui lo capì e iniziò a toccarmi di sfuggita. In cortidoio mi passava la mano sulla patatina, quando veniva in camera per avvertirmi che era pronto, mi faceva allargare le gambe e nuovamente mi toccava il sesso attraverso i pantaloni.
La zia lo sorprese a possedermi in caneretta un venerdì di gennaio: sul fuoco bolliva il minestrone e la tv trasmetteva il gioco preserale. Non disse niente, sembrava ci fosse una decisione tacita di ignorare l'accaduto e la cena scorse tranquilla. Il sabato mattina, mi risvegliai nuda e legata, con un morso di gomma in bocca fermato da una corda da bucato.
Così fui persuasa ad andare dagli zii, "troverai un lavoro e un nuovo amore, ti rimetterai in piedi", tutti mi dissero. Io ero sempre più arrabbiata e ostile, avrei voluto solo stare a letto e coltivare il mio malanimo. L'impatto con il nord fu devastante: come scesi dal treno, sentii una forte puzza, un miasma sgradevole di smog, muri pisciati dai cani, merda di cane, afrori di razze diverse, di brodi speziati e colonie scadenti. Era un giorno senza sole, uno dei tanti.
Gli zii non avevano una casa singola, che credevo tutti al mondo avessero ma abitavano in un brutto edificio di edilizia civile, al terzo piano senza ascensore, un trilocale con un solo bagno e il pavimento in linoleum. C'era sufficiente squallore da riempire un otre con fondo bucato.
Dividevo la stanza con mia cugina Stefania e mio cugino Fabio. Li disprezzavo entrambi, provavo avversione per il respiro pesante du Fabio e ripugnanza per il sovrappeso di Stefania, erano lo specchio dell'appartamento miserabile dove vivevano. Mi trovarono un lavoro in un supermarket e iniziai a fare la cassiera, scaffalista, banconiera, scaricatrice, ero una specie di schiava, insomma. Intrecciai una relazione con il padrone ma purtroppo quella sfattona brutta della moglie ci scoprì e io persi il posto. Lavorai poi come segretaria da un gommista e anche lui si prese di me fino a impazzire ma anche qui, la legittima, e racchia, titolare di matrimonio, mi fece perdere uomo e lavoro. Intanto, in casa tutto era cambiato: i miei cugini, entrambi di qualche anno più grandi, erano immigrati l'uno in Australia a fare il cameriere e l'altra a Dublino, anche lei a fare la cameriera.
Una famiglia di servi, insomma.
Lo zio se ne andò via una sera, dicendo alla moglie "Ho un'altra,una ragazza di Bratislava. Fattene una ragione e non disturbarci, non puoi competere con lei".
Faceva bene lo zio, ancora passabile nonostante i suoi quasi sessant'anni, a mollare quella brutta tabagista molle. Io, al suo posto, l'avrei fatto da un pezzo. Avevo perso l'ennesimo lavoro in un call-center quando Gian Battista, si trasferì a casa da noi. Avevo 24 anni, disprezzavo il lavoro e odiavo tutti.
Gian Battista, però, mi poacque subito. Subito e molto. Lui lo capì e iniziò a toccarmi di sfuggita. In cortidoio mi passava la mano sulla patatina, quando veniva in camera per avvertirmi che era pronto, mi faceva allargare le gambe e nuovamente mi toccava il sesso attraverso i pantaloni.
La zia lo sorprese a possedermi in caneretta un venerdì di gennaio: sul fuoco bolliva il minestrone e la tv trasmetteva il gioco preserale. Non disse niente, sembrava ci fosse una decisione tacita di ignorare l'accaduto e la cena scorse tranquilla. Il sabato mattina, mi risvegliai nuda e legata, con un morso di gomma in bocca fermato da una corda da bucato.
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