Fantasmi del passato

di
genere
saffico

Il martedì è il giorno che odio di più. Lavoro tutto il giorno, dal mattino alle otto alla sera alle sette in ufficio, con un’assurda pausa pranzo di tre ore. Ma cosa si dovrebbe fare con tre ore di pausa pranzo? Non ha senso per me tornare a casa, lavoro a più di un’ora da casa e viaggio in treno.
Per passare il tempo, ecco che faccio pausa pranzo in un bar e mi leggo un libro o ascolto un podcast guardando fuori dalla finestra del bar.

Tutti i martedì la stessa storia, oggi piove pure e il capo mi ha sbraitato contro tutta la mattina per un documento che ho sbagliato a compilare.
Adesso per fortuna sono qui al bar, che mi sorseggio il mio caffè e assaporo l’ultimo pezzo di crostata ai mirtilli cucinato dalla fantastica Marianna, la simpaticissima proprietaria del bar.
- Giornata nera oggi? – chiede lei con un sorriso
- Purtroppo sì, si capisce così tanto dalla mia faccia?
- Un po’, ma non ti preoccupare, ho io quello che può aiutarti, offre la casa.
La vedo trafficare dietro al bancone e arriva con una tazza in vetro calda e fumante.
- È un punch al mandarino. Provalo!
Adoro i gusti agrumati: Marianna ha un’attenzione per i clienti favolosa, sa sempre indovinare quale potrebbe essere la bevanda giusta per ognuno.
Prendo in mano la tazza, ma scotta e d’istinto la lascio cadere a terra.
Il vetro si infrange in mille pezzi, cerco di raccoglierlo e rimediare al guaio che ho fatto, ma toccando un vetro mi ferisco alla mano.
- Scusami tantissimo! Oggi proprio non ho la testa!
- Non ti preoccupare, avrei dovuto avvertirti che era bollente.
Marianna corre dietro al bancone a cercare scopa e mocio per pulire. Io intanto cerco di fermare il sangue che esce dal pollice con un tovagliolo.
- Ti serve un cerotto?
Mi giro per capire chi ha parlato e nel tavolo dietro di me vedo una ragazza mora con i capelli mossi, un berretto di lana in testa e un cappottino rosso.
Resto a bocca aperta, mi sembra di vedere un fantasma.
- Franci? Ma sei proprio tu?
- Ahaha sìsì! è da mezzora che ti osservo, volevo salutarti già prima, ma avevi una faccia… Avevo paura che mordessi se solo qualcuno avesse provato a disturbarti!
Scoppio a ridere, Francesca, la mia vecchia coinquilina dell’università, nonostante gli anni passati mi conosce ancora molto bene! Sono un po’ a disagio, ma lei è sorridente e amichevole, prendo il cerotto che mi ha offerto e iniziamo a parlare dei vecchi tempi, come sta, il lavoro, i suoi sogni di matrimonio con il fidanzatino dell’epoca…
Il suo volto si irrigidisce:
- Ci siamo sposati, ma dopo qualche mese mi sono sentita in trappola e ho mandato all’aria tutto. Non è stato facile, la mia famiglia mi ha trattato come una fallita, mi diceva che stavo mandando all’aria la mia vita, stavo lasciando un bravo ragazzo che mi amava davvero e con cui ero felice senza alcuna ragione apparente… Sai come sono, con la loro mentalità vecchio stile. Non ho mai potuto dirglielo, ma io continuavo a pensare a…
Il cuore mi balza in gola. Ti prego, non iniziare a tirare fuori queste vecchie storie, non ora, non è più il momento per certi discorsi.
Marianna arriva a pulire e la interrompe per fortuna.
- Giulia, vuoi che te ne prepari un altro?
- No, grazie, sei gentilissima, ma ho già fatto abbastanza danni per oggi! Anzi, se posso ti pago subito il pranzo, così torno in ufficio un po’ prima a rimediare ai guai sul lavoro!
In realtà voglio solo scappare a quella che sarebbe una conversazione troppo scomoda, che io e Francesca avremmo dovuto affrontare anni fa.
- Mi spiace che sei di fretta – Francesca prende la sua borsa e ne tira fuori una biro e un taccuino – mi avrebbe fatto piacere chiacchierare ancora un po’. Se ti va, ti lascio il mio numero, chiamami quando vuoi.
Scrive le cifre e strappa un foglietto. Rimango di nuovo stupita, qualcosa era cambiato.
Francesca era diversa, c’era qualcosa nel suo sguardo, nel suo sorriso. Ebbi l’impressione di avere davanti a me un gatto che punta alla sua preda. Possibile?
In passato era lei quella che era scappata, lasciandomi solo una lettera sul comodino: “Mi hai indotto in tentazione, non te lo perdonerò mai!”
Aveva mandato il padre a recuperare la sua roba dalla casa ed era sparita nel nulla, senza più rispondere alle mie chiamate o ai messaggi.
Torno al lavoro, ma non posso far altro che pensare a quella notte.

Eravamo ubriache di ritorno da una festa. Lei era arrabbiatissima, era venuta a cercarmi in bagno per tornare a casa e mi aveva beccato a limonare con una tipa. Mi aveva fissato shockata e poi mi aveva detto: “Non sto bene, torniamo a casa”.
E così avevamo fatto, ci eravamo sedute sul divano e lì mi aveva chiesto irritata: “Ma sei lesbica?”
“Non lo so, credo bisessuale, perché?”
“E non me l’hai mai detto?”
“Non mi sembrava importante, dovevamo dividere le spese e un appartamento, non mi sembrava necessario indicarlo nel contratto di affitto”
“Ma ora siamo amiche”
“E ora lo sai, qual è il problema?”
“Abbiamo passato un sacco di sere abbracciate su questo divano e io pensavo fossi un’amica ed invece chissà tu cosa a pensavi…!”
“Perché tu a cosa stai pensando?”
Francesca prima divenne bianca come un fantasma e poi rosso peperone. Intuii che il problema non era la mia sessualità.
“Ma sei gelosa! Sei gelosa che ho baciato quell’altra!”
Abbassò lo sguardo, non negò la mia accusa. Fui folgorata, le accarezzai i capelli e la abbracciai. Poi la osservai negli occhi e la baciai.
Temevo che si sarebbe ritratta subito o che mi avrebbe spinto via, ma lei ricambiò il bacio con foga.
La baciai sul collo e iniziò ad ansimare. Le toccai il sedere, la strinsi a me e poi le salii sopra a cavalcioni.
Le sfilai la maglietta e iniziai a palparle le tette. Nonostante il reggiseno in pizzo, i capezzoli si vedevano turgidi sotto il tessuto. Gliene tirai fuori uno e iniziai a leccarlo. Lei ansimava sempre di più.
Scesi con la mano e iniziai a strusciarla contro i suoi pantaloni, anche se ero esterna, iniziavo a sentire il suo sesso diventare sempre più caldo.
Mi fermai un attimo e la osservai. Aveva gli occhi lucidi, le labbra e le guance rosse, accaldate. Era bellissima, in preda alla passione.
“Non so cosa devo fare…” Mi disse
“Rilassati, ci penso io”.
Le sfilai il reggiseno, poi scesi dal divano e le tirai via anche i pantaloni. Potevo vedere le sue mutande, erano fradice.
“Spogliati anche tu”
Non me lo feci dire due volte, in un attimo ero anche io in mutande e reggiseno.
“Per favore, ti voglio vedere nuda” Feci quanto mi chiedeva.
“Tu non ti immagini quante volte ho immaginato di entrare in bagno mentre ti facevi la doccia per vedere le tue forme”
Non ci potevo credere, era da mesi che avevo una cotta per la mia coinquilina e lei mi ricambiava! Ero al colmo della felicità!
Le sfilai le mutande ed inizia a leccargliela con foga, i suoi versi e i suoi sospiri mi guidavano nel darle piacere.
Ad un certo punto tutto il suo corpo iniziò a tremare e lei fece un urlo liberatorio.
“Sai è la prima volta che vengo” mi disse. Poi scoppiò a piangere, non risposi nulla, ma la abbracciai e la coccolai dolcemente.
scritto il
2024-01-02
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