Pigmei - schiava della tribu' (parte 1)
di
Kugher
genere
sadomaso
Chanel stava succhiando il cazzo del capo tribù.
Era stanca. Quell’uomo aveva una resistenza notevole.
In genere i pigmei puntavano a godere in fretta. Anche con i pompini solitamente avevano fretta di venire.
Lui no o, almeno, quando si faceva servire con la bocca, impiegava tanto tempo a raggiungere l’orgasmo…e gli piaceva, gli piaceva moltissimo l’uso della bocca.
Da quando era stata catturata dai pigmei, aveva cercato di tenere il conto del tempo passato, ma non era riuscita.
Nel campo dove lei e le altre schiave erano tenute, non c’era modo scrivere.
A stima avrebbe detto che era passato almeno un anno e mezzo. Vista la difficoltà nella nuova vita le sarebbe sembrato di più.
I ricordi delle feste a Versailles, benché le apparissero ormai lontanissimi in un tempo che non si misura in giorni ma in vita, le restavano comunque ancora vivi.
All’ultima alla quale aveva partecipato, c’era anche il Re Luigi XVI. Durante l’evento lei e le sue amiche avevano sorriso quando Sophie, colei che, benchè promessa in sposa ad un Duca, era nota per essere l’amante del Re, si era allontanata d’improvviso.
Sapevano che avrebbe aspettato il Sovrano nelle stanze a lui dedicate nelle quali i servitori avevano l’ordine di farla accedere.
Pensava spesso alla sua vita a Parigi. Voleva pensarci non solo per attaccarsi a ricordi di una vita vera, ma anche per tenere viva in lei la voglia di fuga.
Nel periodo trascorso nella tribù non aveva mai smesso di studiare abitudini e persone, di acquisire informazioni. Si era sforzata anche di cercare di imparare la lingua dei pigmei e qualcosa riusciva a capire.
Le parole note aumentavano sempre più così come la comprensione della costruzione grammaticale dei periodi.
La sua mente era sempre in elaborazione e questa la aiutava a sentirsi viva. A volte era tale da farle perdere la concentrazione, come in quel momento nel quale avrebbe dovuto prestare tutte le attenzioni al piacere del Padrone.
Ricevette così un colpo di frustino che la richiamava al lavoro sul suo cazzo.
Le immagini affollate nella sua mente svanirono immediatamente e si rivide inginocchiata tra le gambe corte di quell’uomo che, a sua volta, era seduto sul ventre di altra schiava stesa su una panca, mentre si godeva il lavoro della sua bocca.
Quando il gruppo di schiave catturate assieme a Chanel era arrivato al campo della tribù, il capo villaggio, cui spettava di diritto la prima scelta, aveva voluto provarle tutte o, almeno, aveva selezionato quelle che secondo lui erano le più belle e le aveva testate.
Venne selezionata e tenuta solo Chanel.
Dopo il viaggio conseguente alla cattura, la carovana con le altre schiave catturate era arrivata la sera tardi al campo.
Erano state tutte rinchiuse in una fossa rocciosa, di origine naturale. Era abbastanza profonda e si fatte cadere dentro.
All’interno avevano trovato altre schiave, tutte bianche.
Sulla sommità i pigmei avevano messo una protezione in legno ben affrancata in modo che non potessero uscire.
Le nuove arrivate erano spaesate ed impaurite e trovarono altre donne che, invece, erano già abituate al loro ruolo.
Nelle vicinanze della fossa non si sentiva la presenza di qualche guardiano. Timidamente si avvicinarono alle altre e cercarono di comunicare.
Durante il viaggio, era loro mancata la parola, lo scambio di informazioni e si approcciarono alla nuova assenza di controllo con la sete di colui che, viaggiando in ambiente arido, finalmente trova una fonte fresca.
Anche le altre erano curiose. L’arrivo di persone nuove è il modo di avere notizie dal mondo.
C’era solo una schiava francese, Jeanne. Veniva dalla Loira. Era la serva di una Marchesa che, però, non era stata rapita in quanto i pigmei avevano prestato la loro attenzione solo a quelle giovani.
Jeanne era figlia di una serva che aveva servito la madre della sua Padrona. Era ancora in fiore quando aveva fatto il passaggio da serva a schiava, ed i suoi 22 anni mettevano in mostra tutta la bellezza di una ragazza nata bella e figlia di una bella donna, tanto che al castello si vociferava che lei fosse la figlia del Marchese che abitualmente faceva sesso con le sue serve.
Jeanne era l’unica che poteva comunicare con loro e, a fatica, cercava di tradurre alle altre. Nella fossa c’erano Tedesche e Italiane le quali capivano poco di francese.
Le schiave al campo avevano poco tempo da dedicare a loro stesse e, a sera, cercavano di imparare le reciproche lingue.
Chanel subito sentì questa esigenza e si ripromise non solo di imparare la lingua dei Padroni, ma anche di insegnare la propria alle schiave e di imparare la loro.
Riuscirono a scambiare poche informazioni poichè quelle che non capivano il francese continuamente interrompevano il dialogo affamate di notizie dall’esterno.
Le nuove schiave appresero che al campo non c’erano schiavi maschi, solo femmine. Cercarono di capire il motivo ma le loro interlocutrici si erano riservate di spiegare successivamente la causa di questa scelta dei Padroni.
Ebbero la conferma di ciò che già avevano appreso, cioè che le schiave bianche, per loro, non erano persone ma solo animali e come tali trattate.
Prova ne era il luogo nel quale erano tenute.
Scoprirono anche che c’erano altre fosse simili che ospitavano altre schiave. A sera i Padroni ritiravano le donne a caso nelle buche, non riuscendo a stare tutte in una sola.
Nessuna avrebbe saputo dire quante schiave c’erano al campo, che era abbastanza grande.
Rivoli di acqua che scorreva all’interno assicurava la possibilità dell’igiene e l’approvigionamento del prezioso liquido per potersi dissetare.
Ogni tanto smettevano di parlare quando sentivano qualcuno camminare sulla grata che copriva la fossa. Questa era posizionata in punti che erano anche di passaggio per gli abitanti del villaggio i quali tranquillamente passavano sopra di loro.
Chanel chiese se vi era divieto di parlare, così come era stata abituata durante il viaggio, visto che all’avvicinarsi di qualcuno tutte si azzittivano.
“No, possiamo parlare tra di noi purché lo facciamo a bassa voce in modo da non disturbare il silenzio notturno”.
Chanel da subito si era resa conto che di notte vi era un silenzio diverso, senza carrozze che passavano o il vociare sulla strada e, quindi, una frase pronunciata a voce normale avrebbe potuto essere percepita fuori dalla loro prigione.
“Stiamo all’erta perchè a volte qualche pigmeo viene a prendersi una di noi per divertirsi. Magari la riporta qualche ora dopo. A volte la tiene con sé oppure la riporta in un’altra fossa”.
Immancabile la domanda sull’uso.
“Bhè, si divertono. Siamo animali da lavoro e da godimento, non animali da compagnia, quindi pretendono molto. La frusta non manca. Fateci l’abitudine. Si divertono a sottometterci, come facevate voi nobili con noi serve e servi, solo in maniera più forte e dolorosa”.
Nonostante la situazione, Chanel provò nostalgia per il divertimento con le serve.
“A volte ci prendono per fare un giro notturno usandoci come cavalle, oppure ci portano nelle loro capanne come mobilio”.
“Mobilio?”
“Sì, adorano molto sedersi sopra di noi, siamo morbide. Così se hanno amici ci fanno stendere e si siedono sopra, a volte anche in due. Fortunatamente sono piccoli e, quindi, sopportabili. Uno o una si siedono sul ventre e l’altro o altra sul petto. Qualche sadico, lo sono anche loro, come voi nobili, mettono una natica sul petto e l’altra sulla faccia, indifferenti al nostro dolore, concentrati sulla loro comodità”.
Qualche minuto dopo si azzittirono perché sentirono che si stava avvicinando qualcuno.
Venne aperta la botola e comparve un pigmeo che guardò dentro. La luna illuminava abbastanza l’ambiente.
Il Padrone indicò proprio Jeanne dopo avere fatto girare lo sguardo.
Solo in quel momento Chanel si rese conto della profondità della fossa e si chiese come avrebbe fatto la prescelta ad uscire.
Il dubbio fu subito sciolto. La schiava vicina a Jeanne si mise a 4 zampe in modo da fungere quale scalino. La prescelta le mise un piede sopra ed uscì.
Dal basso non poterono vedere che la ragazza, appena fuori, si prostrò ai piedi dell’uomo che le attaccò un guinzaglio di corda al collo.
Venuta meno l’unica francesce. cessò la possibilità di dialogare in quanto le altre ancora non conoscevano bene la lingua.
Era stanca. Quell’uomo aveva una resistenza notevole.
In genere i pigmei puntavano a godere in fretta. Anche con i pompini solitamente avevano fretta di venire.
Lui no o, almeno, quando si faceva servire con la bocca, impiegava tanto tempo a raggiungere l’orgasmo…e gli piaceva, gli piaceva moltissimo l’uso della bocca.
Da quando era stata catturata dai pigmei, aveva cercato di tenere il conto del tempo passato, ma non era riuscita.
Nel campo dove lei e le altre schiave erano tenute, non c’era modo scrivere.
A stima avrebbe detto che era passato almeno un anno e mezzo. Vista la difficoltà nella nuova vita le sarebbe sembrato di più.
I ricordi delle feste a Versailles, benché le apparissero ormai lontanissimi in un tempo che non si misura in giorni ma in vita, le restavano comunque ancora vivi.
All’ultima alla quale aveva partecipato, c’era anche il Re Luigi XVI. Durante l’evento lei e le sue amiche avevano sorriso quando Sophie, colei che, benchè promessa in sposa ad un Duca, era nota per essere l’amante del Re, si era allontanata d’improvviso.
Sapevano che avrebbe aspettato il Sovrano nelle stanze a lui dedicate nelle quali i servitori avevano l’ordine di farla accedere.
Pensava spesso alla sua vita a Parigi. Voleva pensarci non solo per attaccarsi a ricordi di una vita vera, ma anche per tenere viva in lei la voglia di fuga.
Nel periodo trascorso nella tribù non aveva mai smesso di studiare abitudini e persone, di acquisire informazioni. Si era sforzata anche di cercare di imparare la lingua dei pigmei e qualcosa riusciva a capire.
Le parole note aumentavano sempre più così come la comprensione della costruzione grammaticale dei periodi.
La sua mente era sempre in elaborazione e questa la aiutava a sentirsi viva. A volte era tale da farle perdere la concentrazione, come in quel momento nel quale avrebbe dovuto prestare tutte le attenzioni al piacere del Padrone.
Ricevette così un colpo di frustino che la richiamava al lavoro sul suo cazzo.
Le immagini affollate nella sua mente svanirono immediatamente e si rivide inginocchiata tra le gambe corte di quell’uomo che, a sua volta, era seduto sul ventre di altra schiava stesa su una panca, mentre si godeva il lavoro della sua bocca.
Quando il gruppo di schiave catturate assieme a Chanel era arrivato al campo della tribù, il capo villaggio, cui spettava di diritto la prima scelta, aveva voluto provarle tutte o, almeno, aveva selezionato quelle che secondo lui erano le più belle e le aveva testate.
Venne selezionata e tenuta solo Chanel.
Dopo il viaggio conseguente alla cattura, la carovana con le altre schiave catturate era arrivata la sera tardi al campo.
Erano state tutte rinchiuse in una fossa rocciosa, di origine naturale. Era abbastanza profonda e si fatte cadere dentro.
All’interno avevano trovato altre schiave, tutte bianche.
Sulla sommità i pigmei avevano messo una protezione in legno ben affrancata in modo che non potessero uscire.
Le nuove arrivate erano spaesate ed impaurite e trovarono altre donne che, invece, erano già abituate al loro ruolo.
Nelle vicinanze della fossa non si sentiva la presenza di qualche guardiano. Timidamente si avvicinarono alle altre e cercarono di comunicare.
Durante il viaggio, era loro mancata la parola, lo scambio di informazioni e si approcciarono alla nuova assenza di controllo con la sete di colui che, viaggiando in ambiente arido, finalmente trova una fonte fresca.
Anche le altre erano curiose. L’arrivo di persone nuove è il modo di avere notizie dal mondo.
C’era solo una schiava francese, Jeanne. Veniva dalla Loira. Era la serva di una Marchesa che, però, non era stata rapita in quanto i pigmei avevano prestato la loro attenzione solo a quelle giovani.
Jeanne era figlia di una serva che aveva servito la madre della sua Padrona. Era ancora in fiore quando aveva fatto il passaggio da serva a schiava, ed i suoi 22 anni mettevano in mostra tutta la bellezza di una ragazza nata bella e figlia di una bella donna, tanto che al castello si vociferava che lei fosse la figlia del Marchese che abitualmente faceva sesso con le sue serve.
Jeanne era l’unica che poteva comunicare con loro e, a fatica, cercava di tradurre alle altre. Nella fossa c’erano Tedesche e Italiane le quali capivano poco di francese.
Le schiave al campo avevano poco tempo da dedicare a loro stesse e, a sera, cercavano di imparare le reciproche lingue.
Chanel subito sentì questa esigenza e si ripromise non solo di imparare la lingua dei Padroni, ma anche di insegnare la propria alle schiave e di imparare la loro.
Riuscirono a scambiare poche informazioni poichè quelle che non capivano il francese continuamente interrompevano il dialogo affamate di notizie dall’esterno.
Le nuove schiave appresero che al campo non c’erano schiavi maschi, solo femmine. Cercarono di capire il motivo ma le loro interlocutrici si erano riservate di spiegare successivamente la causa di questa scelta dei Padroni.
Ebbero la conferma di ciò che già avevano appreso, cioè che le schiave bianche, per loro, non erano persone ma solo animali e come tali trattate.
Prova ne era il luogo nel quale erano tenute.
Scoprirono anche che c’erano altre fosse simili che ospitavano altre schiave. A sera i Padroni ritiravano le donne a caso nelle buche, non riuscendo a stare tutte in una sola.
Nessuna avrebbe saputo dire quante schiave c’erano al campo, che era abbastanza grande.
Rivoli di acqua che scorreva all’interno assicurava la possibilità dell’igiene e l’approvigionamento del prezioso liquido per potersi dissetare.
Ogni tanto smettevano di parlare quando sentivano qualcuno camminare sulla grata che copriva la fossa. Questa era posizionata in punti che erano anche di passaggio per gli abitanti del villaggio i quali tranquillamente passavano sopra di loro.
Chanel chiese se vi era divieto di parlare, così come era stata abituata durante il viaggio, visto che all’avvicinarsi di qualcuno tutte si azzittivano.
“No, possiamo parlare tra di noi purché lo facciamo a bassa voce in modo da non disturbare il silenzio notturno”.
Chanel da subito si era resa conto che di notte vi era un silenzio diverso, senza carrozze che passavano o il vociare sulla strada e, quindi, una frase pronunciata a voce normale avrebbe potuto essere percepita fuori dalla loro prigione.
“Stiamo all’erta perchè a volte qualche pigmeo viene a prendersi una di noi per divertirsi. Magari la riporta qualche ora dopo. A volte la tiene con sé oppure la riporta in un’altra fossa”.
Immancabile la domanda sull’uso.
“Bhè, si divertono. Siamo animali da lavoro e da godimento, non animali da compagnia, quindi pretendono molto. La frusta non manca. Fateci l’abitudine. Si divertono a sottometterci, come facevate voi nobili con noi serve e servi, solo in maniera più forte e dolorosa”.
Nonostante la situazione, Chanel provò nostalgia per il divertimento con le serve.
“A volte ci prendono per fare un giro notturno usandoci come cavalle, oppure ci portano nelle loro capanne come mobilio”.
“Mobilio?”
“Sì, adorano molto sedersi sopra di noi, siamo morbide. Così se hanno amici ci fanno stendere e si siedono sopra, a volte anche in due. Fortunatamente sono piccoli e, quindi, sopportabili. Uno o una si siedono sul ventre e l’altro o altra sul petto. Qualche sadico, lo sono anche loro, come voi nobili, mettono una natica sul petto e l’altra sulla faccia, indifferenti al nostro dolore, concentrati sulla loro comodità”.
Qualche minuto dopo si azzittirono perché sentirono che si stava avvicinando qualcuno.
Venne aperta la botola e comparve un pigmeo che guardò dentro. La luna illuminava abbastanza l’ambiente.
Il Padrone indicò proprio Jeanne dopo avere fatto girare lo sguardo.
Solo in quel momento Chanel si rese conto della profondità della fossa e si chiese come avrebbe fatto la prescelta ad uscire.
Il dubbio fu subito sciolto. La schiava vicina a Jeanne si mise a 4 zampe in modo da fungere quale scalino. La prescelta le mise un piede sopra ed uscì.
Dal basso non poterono vedere che la ragazza, appena fuori, si prostrò ai piedi dell’uomo che le attaccò un guinzaglio di corda al collo.
Venuta meno l’unica francesce. cessò la possibilità di dialogare in quanto le altre ancora non conoscevano bene la lingua.
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