L'arrivo dei coniugi schiavi (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
I due coniugi erano schiavi da poco e dovevano ancora essere ammaestrati per soddisfare le esigenze dei loro proprietari.
A questo si aggiunga la barriera linguistica.
I Padroni erano abbastanza calmi nell’insegnare, con poche parole ben scandite, i comandi in quella lingua sconosciuta.
Il limite della lingua aveva, paradossalmente, contribuito alla scelta.
L’intendimento di Ayana e Hamisi era appunto quello di tenerli come cani, così come la moda del tempo imponeva tra le famiglie ricche della capitale, sempre alla ricerca di novità per innalzare la differenza tra chi ricco lo era davvero e chi tale voleva sembrare.
I cani, quelli veri, quelli che venivano trattati meglio degli schiavi, non comprendono la lingua degli umani.
La mancata conoscenza della lingua metteva i due schiavi nella stessa condizione dei cani.
Nel corso del pomeriggio, i coniugi vedevano i Padroni passare davanti al recinto e dedicare loro uno sguardo fugace.
Vedevano la schiava e lo schiavo di casa che si muovevano indaffarati all’interno della tenuta, sempre in attività frenetica, nella loro nudità che ne caratterizzava lo status.
Vedevano loro stessi a quattro zampe, alla catena e con un collare, in un recinto che, anche a chi proveniva da altro continente, ben era definibile quale canile, di quei canili di campagna.
Nei primi giorni si recava da loro solo Chloé, per portare il cibo.
Erano avanzi, nemmeno della giornata. Alcuni masticati ed evidentemente risputati, forse perchè immangiabili, forse per il piacere del Padrone o della Padrona di sapere che poi sarebbe finito in una ciotola per i nuovi animali della fattoria.
Una ciotola più grande, comune per tutti e due, conteneva acqua.
Mangiavano due volte al giorno, mattina e sera.
A loro andava bene.
Alcuni Padroni davano da mangiare ai loro cani umani solo una volta al giorno, ma questo non potevano saperlo.
Avevano fame, sempre fame e, per questo, avevano quasi smesso di guardare quei bocconi masticati e risputati dai Padroni, apprezzandone, anzi, la bontà.
Avere fame ed attendere che ti venga portato il cibo porta a provare una certa dipendenza da chi quel cibo può decidere di farlo avere o meno.
Giorni dopo la Padrona raggiunse il recinto. Era in groppa a Biko che usava spesso come cavallo. Lo schiavo era grosso e forte e riusciva a portarla nonostante non fosse leggera ma, anzi, appesantita dall’età e dal benessere.
Chloé, tenuta al guinzaglio, la seguiva, camminando in piedi, a differenza di loro due che erano destinati ad una posizione canina.
I cani umani, intimoriti, si erano accucciati in un angolo.
Era raro che i Padroni si recassero nel canile e la presenza della Padrona mise i due schiavi in una situazione di ansia.
Biko venne fatto stendere su una panca all’interno del canile. Chloé dovette fargli un pompino per ottenere il cazzo duro come piaceva alla Padrona.
Intanto Ayana aveva fatto stendere i due schiavi ai suoi piedi e si divertiva a far loro male coi tacchi.
Salì in piedi sul maschio e ordinò alla schiava di leccarle i piedi.
Quando il cazzo di Biko fu soddisfacentemente duro, scese dallo schiavo e andò a sedersi cavalcioni su quel bel sesso teso verso l’alto, facendosi penetrare.
Mentre lo scopava, Chloé ricevette l’ordine di frustare i due coniugi per eccitare e divertire la Padrona che li osservava subire, prima cercando di divincolarsi e, raggiunto il limite della catena, raggomitolandosi in una sorta di inutile protezione per esporre la parte dove, forse, la frusta avrebbe fatto meno male.
La Padrona provava forte eccitazione nell’assistere alla sua adorazione da parte degli schiavi, ai quali ordinò di strisciare nella terra fino a raggiungere i suoi piedi che dovettero leccare mentre lei si godeva il cazzo duro.
Tra le sue cosce prese posto Chloé, che dovette leccarle il clitoride mentre il cazzo dello schiavo riempiva la Padrona.
Quando godette restò ancora seduto sullo schiavo ed i due cani, non sapendo cosa fare, proseguirono con il loro lavoro di lingua.
In quel mentre arrivò un’auto nera, pulitissima, frutto della cura di Biko che ogni giorno la doveva lavare.
Hamisi si diresse nel canile, allentò la cravatta e si sbottonò la camicia in corrispondenza del collo, poi si chinò a salutare la moglie e si sedette sul petto di Biko.
Il Padrone appoggiò i piedi sulla schiava stesa ancora a terra intenta a leccare i piedi della moglie.
“Francesina, vieni a farmi un pompino”.
Fu dovere di Chloé slacciargli i pantaloni e tirargli fuori il cazzo semirigido, avendo cura di allargare bene i pantaloni per evitare di sporcarli accidentalmente, cosa che accadeva, anche se raramente.
Il Padrone ammirò il bel corpo della nuova cagna. Avrebbe quasi voluto scoparla, ma era troppo sporca.
Hamisi venne abbastanza in fretta e, dopo avere ingoiato lo sperma, Chloé si prostrò ai suoi piedi in attesa di ordini, poggiando la fronte sulla terra.
“Vado a farmi una doccia, amore. E’ stata una giornata dura al lavoro”.
“Ti accompagno”.
Si diressero verso casa tenendosi per mano. Hamisi si tolse anche la giacca e la sistemò sulla spalla tenendola con un dito.
“Dobbiamo organizzare un pranzo con gli amici e far vedere loro i nostri nuovi cani”.
A questo si aggiunga la barriera linguistica.
I Padroni erano abbastanza calmi nell’insegnare, con poche parole ben scandite, i comandi in quella lingua sconosciuta.
Il limite della lingua aveva, paradossalmente, contribuito alla scelta.
L’intendimento di Ayana e Hamisi era appunto quello di tenerli come cani, così come la moda del tempo imponeva tra le famiglie ricche della capitale, sempre alla ricerca di novità per innalzare la differenza tra chi ricco lo era davvero e chi tale voleva sembrare.
I cani, quelli veri, quelli che venivano trattati meglio degli schiavi, non comprendono la lingua degli umani.
La mancata conoscenza della lingua metteva i due schiavi nella stessa condizione dei cani.
Nel corso del pomeriggio, i coniugi vedevano i Padroni passare davanti al recinto e dedicare loro uno sguardo fugace.
Vedevano la schiava e lo schiavo di casa che si muovevano indaffarati all’interno della tenuta, sempre in attività frenetica, nella loro nudità che ne caratterizzava lo status.
Vedevano loro stessi a quattro zampe, alla catena e con un collare, in un recinto che, anche a chi proveniva da altro continente, ben era definibile quale canile, di quei canili di campagna.
Nei primi giorni si recava da loro solo Chloé, per portare il cibo.
Erano avanzi, nemmeno della giornata. Alcuni masticati ed evidentemente risputati, forse perchè immangiabili, forse per il piacere del Padrone o della Padrona di sapere che poi sarebbe finito in una ciotola per i nuovi animali della fattoria.
Una ciotola più grande, comune per tutti e due, conteneva acqua.
Mangiavano due volte al giorno, mattina e sera.
A loro andava bene.
Alcuni Padroni davano da mangiare ai loro cani umani solo una volta al giorno, ma questo non potevano saperlo.
Avevano fame, sempre fame e, per questo, avevano quasi smesso di guardare quei bocconi masticati e risputati dai Padroni, apprezzandone, anzi, la bontà.
Avere fame ed attendere che ti venga portato il cibo porta a provare una certa dipendenza da chi quel cibo può decidere di farlo avere o meno.
Giorni dopo la Padrona raggiunse il recinto. Era in groppa a Biko che usava spesso come cavallo. Lo schiavo era grosso e forte e riusciva a portarla nonostante non fosse leggera ma, anzi, appesantita dall’età e dal benessere.
Chloé, tenuta al guinzaglio, la seguiva, camminando in piedi, a differenza di loro due che erano destinati ad una posizione canina.
I cani umani, intimoriti, si erano accucciati in un angolo.
Era raro che i Padroni si recassero nel canile e la presenza della Padrona mise i due schiavi in una situazione di ansia.
Biko venne fatto stendere su una panca all’interno del canile. Chloé dovette fargli un pompino per ottenere il cazzo duro come piaceva alla Padrona.
Intanto Ayana aveva fatto stendere i due schiavi ai suoi piedi e si divertiva a far loro male coi tacchi.
Salì in piedi sul maschio e ordinò alla schiava di leccarle i piedi.
Quando il cazzo di Biko fu soddisfacentemente duro, scese dallo schiavo e andò a sedersi cavalcioni su quel bel sesso teso verso l’alto, facendosi penetrare.
Mentre lo scopava, Chloé ricevette l’ordine di frustare i due coniugi per eccitare e divertire la Padrona che li osservava subire, prima cercando di divincolarsi e, raggiunto il limite della catena, raggomitolandosi in una sorta di inutile protezione per esporre la parte dove, forse, la frusta avrebbe fatto meno male.
La Padrona provava forte eccitazione nell’assistere alla sua adorazione da parte degli schiavi, ai quali ordinò di strisciare nella terra fino a raggiungere i suoi piedi che dovettero leccare mentre lei si godeva il cazzo duro.
Tra le sue cosce prese posto Chloé, che dovette leccarle il clitoride mentre il cazzo dello schiavo riempiva la Padrona.
Quando godette restò ancora seduto sullo schiavo ed i due cani, non sapendo cosa fare, proseguirono con il loro lavoro di lingua.
In quel mentre arrivò un’auto nera, pulitissima, frutto della cura di Biko che ogni giorno la doveva lavare.
Hamisi si diresse nel canile, allentò la cravatta e si sbottonò la camicia in corrispondenza del collo, poi si chinò a salutare la moglie e si sedette sul petto di Biko.
Il Padrone appoggiò i piedi sulla schiava stesa ancora a terra intenta a leccare i piedi della moglie.
“Francesina, vieni a farmi un pompino”.
Fu dovere di Chloé slacciargli i pantaloni e tirargli fuori il cazzo semirigido, avendo cura di allargare bene i pantaloni per evitare di sporcarli accidentalmente, cosa che accadeva, anche se raramente.
Il Padrone ammirò il bel corpo della nuova cagna. Avrebbe quasi voluto scoparla, ma era troppo sporca.
Hamisi venne abbastanza in fretta e, dopo avere ingoiato lo sperma, Chloé si prostrò ai suoi piedi in attesa di ordini, poggiando la fronte sulla terra.
“Vado a farmi una doccia, amore. E’ stata una giornata dura al lavoro”.
“Ti accompagno”.
Si diressero verso casa tenendosi per mano. Hamisi si tolse anche la giacca e la sistemò sulla spalla tenendola con un dito.
“Dobbiamo organizzare un pranzo con gli amici e far vedere loro i nostri nuovi cani”.
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