L'arrivo dei coniugi schiavi (parte 5)
di
Kugher
genere
sadomaso
L’eccitazione sessuale durante il viaggio, provocato dal cazzo del nero sul quale la Padrona stava seduta e la mano della stessa che eccitava il marito, ebbe l’effetto di anticipare il piacere dell’arrivo.
Chloé, spenta l’auto, si affrettò a scendere, aprire la portiera alla Padrona e prostrarsi fronte a terra dopo avere baciato le scarpe della sua Proprietaria.
Entrambi i Padroni adoravano queste continue manifestazioni di sottomissione, che, benché apparentemente ignorate, davano piacere in quanto ricordavano il potere che avevano sugli schiavi.
Quella francese era brava. Era una schiava di secondo collare. Prima era appartenuta ad un loro amico che preferiva cambiare ogni anno l’animale.
A loro, invece, piaceva educarli, impiegare tempo per insegnare tutte le sfumature di sottomissione che a loro piacevano, e poi tenersi gli schiavi finché il trascorrere del tempo non cominciava ad appannare le loro bellezza.
Hamisi indicò all’autista del furgone il posto dove avrebbe dovuto fermarsi per scaricare gli animali.
Lo schiavo nero, Biko, si era alzato dal sedile in tutta fretta e, con il cazzo ancora duro, corse ad aprire il cancelletto che avrebbe consentito ai facchini di portare le gabbie all’interno del canile, piccolo recinto posto in un lato del cortile, quello più lontano dalla porta della villa bianca.
Il Padrone si sistemò comodo seduto sulla schiena dello schiavo posto a quattro zampe, all’interno del canile. Il terreno era in terra battuta e i piccoli sassolini lanciavano fitte di dolore al cervello dello schiavo.
Stessa sensazione, senza però il peso del Padrone sulla schiena, per la schiava francese che, inginocchiata, era stata chiamata a succhiare il cazzo dell’uomo.
Costui aveva deciso di godersi lo spettacolo per l’azione che la moglie aveva chiesto di riservare a lei.
Chloé conosceva benissimo ciò che piaceva all’uomo.
Senza bisogno di ordini, tenne i polsi uniti dietro alla schiena, come se fossero ammanettati, trasmettendo, così, la sensazione di possesso pieno al punto che le catene erano dentro l’anima della schiava.
Iniziò a tenere tra le labbra la cappella e a dare piccoli colpi di lingua sul glande.
L’uomo era già eccitato per la mano della moglie durante il viaggio. La schiava ci mise poco a farlo diventare durissimo.
I colpetti di lingua sul glande avevano sempre avuto l’effetto di farlo impazzire. Quando il piacere divenne pieno, il Padrone prese la testa della schiava per spingerle il cazzo fino in fondo alla gola.
Chloé aveva imparato a gestire questa situazione senza avere conati di vomito e, anzi, a tenere tutto in bocca il cazzo muovendo la lingua, facendola strisciare sul membro avanti e indietro, oltre che lateralmente.
La bocca era leggermente aperta per consentire alla lingua di uscire appena per poter, così, rientrare e strisciare sul cazzo con la lentezza che sapeva dare piacere all’uomo.
Ayana aveva fatto aprire le gabbie ed ordinato agli schiavi di uscire.
I due coniugi non parlavano la lingua africana né la Padrona conosceva l’italiano.
Tuttavia, il comando secco ed il dito che indicava ai suoi piedi, era un chiaro ordine di uscire.
La frase era abbastanza lunga. Gli schiavi, evidentemente, non avevano capito che oltre ad uscire avrebbero dovuto prostrarsi a terra.
Ricevettero frustate prima e, poi, con la punta della frusta posata sulla testa della schiava, la Padrona aveva spinto la testa verso i suoi piedi.
I due schiavi erano debilitati per il viaggio, considerando anche che da almeno un giorno non mangiavano e avevano bevuto molto poco.
Senza farli lavare, anche perché nel canile in terra battuta si sarebbero sporcati nuovamente, vennero incatenati.
Al collo avevano un grosso collare chiuso con un lucchetto al quale vennero attaccate catene non lunghissime.
Avrebbero potuto muoversi poco. Il comando imperioso della donna che indicava terra con il frustino, fece capire ai due cani che non avrebbero potuto alzarsi in piedi.
La schiava Chloé portò avanzi di cibo che rovesciò nelle ciotole. Ne riempì un’altra di acqua sulla quale i due animali si gettarono.
I Padroni li guardavano a terra divertiti. Erano molto belli e la scena era molto eccitante.
La Padrona si alzò la gonna, con il piede spinse via Chloé e si mise a cavalcioni del marito facendosi penetrare.
Lo schiavo aveva così sulla schiena il peso dei due Padroni che scopavano sopra di lui, con impeto sempre maggiore. La Padrona fu la prima ad avere l’orgasmo, che era maturato e cresciuto lentamente da quando si erano preparati al mattino per uscire.
Prima di andarsene pretesero che i nuovi animali leccassero loro le scarpe.
Anche in questo caso non avevano capito il comando vocale e, per sopperire, colpi di frusta accompagnati dalla punta del frustino che indicava le loro scarpe, fu sufficiente per far comprendere l’ordine.
La Padrona usava poche parole ben scandite, in modo che gli animali imparassero ad associare un determinato comando a quel suono.
Chloé, spenta l’auto, si affrettò a scendere, aprire la portiera alla Padrona e prostrarsi fronte a terra dopo avere baciato le scarpe della sua Proprietaria.
Entrambi i Padroni adoravano queste continue manifestazioni di sottomissione, che, benché apparentemente ignorate, davano piacere in quanto ricordavano il potere che avevano sugli schiavi.
Quella francese era brava. Era una schiava di secondo collare. Prima era appartenuta ad un loro amico che preferiva cambiare ogni anno l’animale.
A loro, invece, piaceva educarli, impiegare tempo per insegnare tutte le sfumature di sottomissione che a loro piacevano, e poi tenersi gli schiavi finché il trascorrere del tempo non cominciava ad appannare le loro bellezza.
Hamisi indicò all’autista del furgone il posto dove avrebbe dovuto fermarsi per scaricare gli animali.
Lo schiavo nero, Biko, si era alzato dal sedile in tutta fretta e, con il cazzo ancora duro, corse ad aprire il cancelletto che avrebbe consentito ai facchini di portare le gabbie all’interno del canile, piccolo recinto posto in un lato del cortile, quello più lontano dalla porta della villa bianca.
Il Padrone si sistemò comodo seduto sulla schiena dello schiavo posto a quattro zampe, all’interno del canile. Il terreno era in terra battuta e i piccoli sassolini lanciavano fitte di dolore al cervello dello schiavo.
Stessa sensazione, senza però il peso del Padrone sulla schiena, per la schiava francese che, inginocchiata, era stata chiamata a succhiare il cazzo dell’uomo.
Costui aveva deciso di godersi lo spettacolo per l’azione che la moglie aveva chiesto di riservare a lei.
Chloé conosceva benissimo ciò che piaceva all’uomo.
Senza bisogno di ordini, tenne i polsi uniti dietro alla schiena, come se fossero ammanettati, trasmettendo, così, la sensazione di possesso pieno al punto che le catene erano dentro l’anima della schiava.
Iniziò a tenere tra le labbra la cappella e a dare piccoli colpi di lingua sul glande.
L’uomo era già eccitato per la mano della moglie durante il viaggio. La schiava ci mise poco a farlo diventare durissimo.
I colpetti di lingua sul glande avevano sempre avuto l’effetto di farlo impazzire. Quando il piacere divenne pieno, il Padrone prese la testa della schiava per spingerle il cazzo fino in fondo alla gola.
Chloé aveva imparato a gestire questa situazione senza avere conati di vomito e, anzi, a tenere tutto in bocca il cazzo muovendo la lingua, facendola strisciare sul membro avanti e indietro, oltre che lateralmente.
La bocca era leggermente aperta per consentire alla lingua di uscire appena per poter, così, rientrare e strisciare sul cazzo con la lentezza che sapeva dare piacere all’uomo.
Ayana aveva fatto aprire le gabbie ed ordinato agli schiavi di uscire.
I due coniugi non parlavano la lingua africana né la Padrona conosceva l’italiano.
Tuttavia, il comando secco ed il dito che indicava ai suoi piedi, era un chiaro ordine di uscire.
La frase era abbastanza lunga. Gli schiavi, evidentemente, non avevano capito che oltre ad uscire avrebbero dovuto prostrarsi a terra.
Ricevettero frustate prima e, poi, con la punta della frusta posata sulla testa della schiava, la Padrona aveva spinto la testa verso i suoi piedi.
I due schiavi erano debilitati per il viaggio, considerando anche che da almeno un giorno non mangiavano e avevano bevuto molto poco.
Senza farli lavare, anche perché nel canile in terra battuta si sarebbero sporcati nuovamente, vennero incatenati.
Al collo avevano un grosso collare chiuso con un lucchetto al quale vennero attaccate catene non lunghissime.
Avrebbero potuto muoversi poco. Il comando imperioso della donna che indicava terra con il frustino, fece capire ai due cani che non avrebbero potuto alzarsi in piedi.
La schiava Chloé portò avanzi di cibo che rovesciò nelle ciotole. Ne riempì un’altra di acqua sulla quale i due animali si gettarono.
I Padroni li guardavano a terra divertiti. Erano molto belli e la scena era molto eccitante.
La Padrona si alzò la gonna, con il piede spinse via Chloé e si mise a cavalcioni del marito facendosi penetrare.
Lo schiavo aveva così sulla schiena il peso dei due Padroni che scopavano sopra di lui, con impeto sempre maggiore. La Padrona fu la prima ad avere l’orgasmo, che era maturato e cresciuto lentamente da quando si erano preparati al mattino per uscire.
Prima di andarsene pretesero che i nuovi animali leccassero loro le scarpe.
Anche in questo caso non avevano capito il comando vocale e, per sopperire, colpi di frusta accompagnati dalla punta del frustino che indicava le loro scarpe, fu sufficiente per far comprendere l’ordine.
La Padrona usava poche parole ben scandite, in modo che gli animali imparassero ad associare un determinato comando a quel suono.
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