L'arrivo dei coniugi schiavi (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
Il viaggio dall’aeroporto verso la loro residenza sembrò lungo ai due Padroni.
L’eccitazione richiedeva un arrivo in tempi brevi per dar modo al piacere di prendere corpo dopo i giorni di attesa dal momento dell’ordinazione degli oggetti sino al loro arrivo.
In quell’orario di punta le strade africane erano congestionate.
Sapevano che avrebbero dovuto uscire dalla tangenziale ed imboccare la strada locale che, dopo una mezz’oretta, li avrebbe portati fino alla loro residenza.
Hamisi viveva in quella villa ancor prima di sposare Ayana. Anzi, vi era nato e non aveva mai lasciato quella grande casa circondata da prati e boschi, abbastanza vicina alla città ma non tanto da doverne subire traffico e smog.
Ayana inizialmente avrebbe preferito la vita frenetica della capitale ma, presto, si era abituata a quell’ambiente.
Visti gli enormi spazi, gli schiavi erano utili non solo per il divertimento e la comodità di essere serviti, ma anche per mantenere tutto pulito e ordinato.
La limousine dei Padroni era seguita dal furgone sul quale avevano fatto caricare le gabbie dei due schiavi italiani, tra loro coniugi, appena arrivati da un rivenditore di Parigi.
La Padrona, durante il viaggio, era seduta sul ventre di Biko, lo schiavo nero che suo marito le aveva regalato unicamente perchè in possesso di un enorme cazzo che, sapeva, a sua moglie piaceva moltissimo.
Su quel cazzo Ayana era seduta, dopo che la schiava Cholé, prima di mettersi alla guida, aveva dovuto far diventare duro mentre lo schiavo era steso sul sedile posteriore della vettura pronto per far sedere su di sé la Padrona.
Questa adorava avere dentro di sé il grosso cazzo nero e trarre piacere da tutti gli scuotimenti che accompagnano inevitabilmente un viaggio in auto.
Hamisi era seduto accanto alla moglie, sul petto dello schiavo.
Era eccitato anche lui per l’arrivo dei due nuovi acquisti.
Aveva una mano tra le cosce della moglie e le accarezzava il clitoride sentendo il cazzo dell’animale che la penetrava.
Ayana impugnava il cazzo eccitato del marito avendo cura di fargli conservare il turgore.
I Padroni avevano scelto i due nuovi giocattoli con attenzione, così come avevano scelto tutti gli altri schiavi e schiave che avevano avuto.
“Amore, ricordi quanti schiavi o schiave abbiamo avuto nei nostri 20 anni di matrimonio?”.
“Vero, sono già 20 anni. Complessivamente direi una decina, contando anche il cazzo nero sul quale sono seduta e la francesina lì davanti”.
“Bhé, ancora qualche anno questi li terremo, direi, sono ancora giovani”.
“Sai che la cagna francese me l’ha chiesta il tuo amico Kamau?”.
“Gliel’avevo fatta provare un paio di volte e ne era entusiasta. Ha detto che usa molto bene la bocca ed è molto eccitante nelle movenze mentre se l’è scopata”.
“Questo lo dici anche tu, evidentemente abbiamo fatto un ottimo acquisto. Devo ammettere che usa bene la lingua anche sulla mia fica e nel mio culo. Anche per questo non gliela venderei”.
Quando gli disse il prezzo che aveva offerto il Padrone rimase colpito.
“Vediamo adesso i due nuovi giocattolini come e se ci divertiranno”.
“Pare stia andando molto di moda avere cani bianchi nel canile. Alcuni li tengono come animali da compagnia.”
“Proviamo, vediamo se ci piace. Mal che vada li vendiamo oppure vendiamo la cagna francese e ci teniamo i due sposini schiavi”.
L’uomo rise.
“E perchè non vendiamo anche il tuo cazzone nero?”
Rise anche la Padrona.
“Apposta perché ha il cazzone nero”.
Lo schiavo nero aveva da tempo entrambi i Padroni seduti sopra di lui. Cominciava a fare molta fatica nonostante il fatto che fosse robusto.
Non aveva idea di dove fossero né da quanto tempo stessero viaggiando. Sperava solo che non mancasse molto.
Fortunatamente il movimento dell’auto e della Padrona sopra di lui, facevano muovere il cazzo nella figa e gli lasciava il sesso duro. Se fosse diventato molle, visto come era eccitata la donna, avrebbe preso molte frustate una volta che fossero rientrati a casa.
La lunga auto bianca era guidata da Chloé, la schiava francese che da qualche anno ormai era di loro proprietà, ancora abbastanza giovane ed interessante.
Dalla conversazione alla quale aveva assistito aveva appreso che per il momento non avevano intenzione di venderla.
Ricordava bene le volte in cui era stata prestata a quell’uomo che impazziva per l’uso della sua bocca.
L’aveva fatta stendere con la schiena sul tavolo e la testa penzoloni. Le si era messo dietro e le aveva scopato la bocca. L’aveva usata solo in quel modo. Lei doveva solo stare ferma e con la bocca aperta. A volte le spingeva il cazzo fino alla gola, ignorando i suoi conati di vomito e, anzi, ammonendola che se avesse avuto reazioni non gradite l’avrebbe riempita di frustate.
Nel frattempo faceva colare gocce di cera calda sul petto. Trovava che le leggere contorsioni per il dolore provocato dal calore, fossero molto eccitanti oltre che farle muovere la lingua.
L’eccitazione richiedeva un arrivo in tempi brevi per dar modo al piacere di prendere corpo dopo i giorni di attesa dal momento dell’ordinazione degli oggetti sino al loro arrivo.
In quell’orario di punta le strade africane erano congestionate.
Sapevano che avrebbero dovuto uscire dalla tangenziale ed imboccare la strada locale che, dopo una mezz’oretta, li avrebbe portati fino alla loro residenza.
Hamisi viveva in quella villa ancor prima di sposare Ayana. Anzi, vi era nato e non aveva mai lasciato quella grande casa circondata da prati e boschi, abbastanza vicina alla città ma non tanto da doverne subire traffico e smog.
Ayana inizialmente avrebbe preferito la vita frenetica della capitale ma, presto, si era abituata a quell’ambiente.
Visti gli enormi spazi, gli schiavi erano utili non solo per il divertimento e la comodità di essere serviti, ma anche per mantenere tutto pulito e ordinato.
La limousine dei Padroni era seguita dal furgone sul quale avevano fatto caricare le gabbie dei due schiavi italiani, tra loro coniugi, appena arrivati da un rivenditore di Parigi.
La Padrona, durante il viaggio, era seduta sul ventre di Biko, lo schiavo nero che suo marito le aveva regalato unicamente perchè in possesso di un enorme cazzo che, sapeva, a sua moglie piaceva moltissimo.
Su quel cazzo Ayana era seduta, dopo che la schiava Cholé, prima di mettersi alla guida, aveva dovuto far diventare duro mentre lo schiavo era steso sul sedile posteriore della vettura pronto per far sedere su di sé la Padrona.
Questa adorava avere dentro di sé il grosso cazzo nero e trarre piacere da tutti gli scuotimenti che accompagnano inevitabilmente un viaggio in auto.
Hamisi era seduto accanto alla moglie, sul petto dello schiavo.
Era eccitato anche lui per l’arrivo dei due nuovi acquisti.
Aveva una mano tra le cosce della moglie e le accarezzava il clitoride sentendo il cazzo dell’animale che la penetrava.
Ayana impugnava il cazzo eccitato del marito avendo cura di fargli conservare il turgore.
I Padroni avevano scelto i due nuovi giocattoli con attenzione, così come avevano scelto tutti gli altri schiavi e schiave che avevano avuto.
“Amore, ricordi quanti schiavi o schiave abbiamo avuto nei nostri 20 anni di matrimonio?”.
“Vero, sono già 20 anni. Complessivamente direi una decina, contando anche il cazzo nero sul quale sono seduta e la francesina lì davanti”.
“Bhé, ancora qualche anno questi li terremo, direi, sono ancora giovani”.
“Sai che la cagna francese me l’ha chiesta il tuo amico Kamau?”.
“Gliel’avevo fatta provare un paio di volte e ne era entusiasta. Ha detto che usa molto bene la bocca ed è molto eccitante nelle movenze mentre se l’è scopata”.
“Questo lo dici anche tu, evidentemente abbiamo fatto un ottimo acquisto. Devo ammettere che usa bene la lingua anche sulla mia fica e nel mio culo. Anche per questo non gliela venderei”.
Quando gli disse il prezzo che aveva offerto il Padrone rimase colpito.
“Vediamo adesso i due nuovi giocattolini come e se ci divertiranno”.
“Pare stia andando molto di moda avere cani bianchi nel canile. Alcuni li tengono come animali da compagnia.”
“Proviamo, vediamo se ci piace. Mal che vada li vendiamo oppure vendiamo la cagna francese e ci teniamo i due sposini schiavi”.
L’uomo rise.
“E perchè non vendiamo anche il tuo cazzone nero?”
Rise anche la Padrona.
“Apposta perché ha il cazzone nero”.
Lo schiavo nero aveva da tempo entrambi i Padroni seduti sopra di lui. Cominciava a fare molta fatica nonostante il fatto che fosse robusto.
Non aveva idea di dove fossero né da quanto tempo stessero viaggiando. Sperava solo che non mancasse molto.
Fortunatamente il movimento dell’auto e della Padrona sopra di lui, facevano muovere il cazzo nella figa e gli lasciava il sesso duro. Se fosse diventato molle, visto come era eccitata la donna, avrebbe preso molte frustate una volta che fossero rientrati a casa.
La lunga auto bianca era guidata da Chloé, la schiava francese che da qualche anno ormai era di loro proprietà, ancora abbastanza giovane ed interessante.
Dalla conversazione alla quale aveva assistito aveva appreso che per il momento non avevano intenzione di venderla.
Ricordava bene le volte in cui era stata prestata a quell’uomo che impazziva per l’uso della sua bocca.
L’aveva fatta stendere con la schiena sul tavolo e la testa penzoloni. Le si era messo dietro e le aveva scopato la bocca. L’aveva usata solo in quel modo. Lei doveva solo stare ferma e con la bocca aperta. A volte le spingeva il cazzo fino alla gola, ignorando i suoi conati di vomito e, anzi, ammonendola che se avesse avuto reazioni non gradite l’avrebbe riempita di frustate.
Nel frattempo faceva colare gocce di cera calda sul petto. Trovava che le leggere contorsioni per il dolore provocato dal calore, fossero molto eccitanti oltre che farle muovere la lingua.
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