Il Bull e la coppia schiava (parte 3)

di
genere
sadomaso

Il Padrone fu il primo a salire in auto, avendo cura di tenere il guinzaglio corto, sia per provare piacere nel vedere le difficoltà della schiava, sia per farle sentire la costante tensione dello strumento che la legava a lui, unico detentore del potere.
Monica stava per cadere, impacciata dai tacchi alti e dai polsi ammanettati dietro alla schiena.
Spazientito, il Padrone tirò ulteriormente il guinzaglio.
“Muoviti!”.
Il marito si sedette al posto di guida, relegato a chauffeur di quella serata la cui vera guida era in mano a colui che gestiva il guinzaglio delle loro emozioni.
Simone non aveva ancora mai toccato la schiava, nonostante il vestito che la fasciava evidenziandone le forme a lui offerte.
Prima di pronunziare il nuovo ordine destinato alla donna, si accertò che il marito osservasse la scena dallo specchietto retrovisore che proiettava il contrario della realtà.
Era eccitato, non poteva essere diversamente.
Il fatto di non avere mai toccato il corpo che per quella sera sarebbe stato di sua proprietà, altro non aveva fatto che alimentare la sua attesa ed il piacere di essa, procurando eccitazione.
“Succhiami il cazzo”.
Il comando fu pronunciato tirando il guinzaglio verso il suo inguine che aveva liberato sbottonando i pantaloni ed abbassando la sola cerniera.
Vide la schiava, impedita dai polsi legati che le davano anche scomodità, costretta a reggersi solo con i muscoli della schiena, chinarsi aprendo la bocca ancor prima di iniziare il suo breve percorso verso il cazzo del Padrone
Da lei avrebbe preteso la sua dedizione totale verso quel turgore.
“Non sporcarmi i pantaloni”.
Il guinzaglio era arrotolato sulla sua mano e tenuto in leggera costante pressione, al fine di trasmettere alla schiava la sensazione di assenza totale di quel potere che era trasferito ad altra persona, Padrone di lei e del marito.
Simone si sistemò meglio sul sedile e chiuse gli occhi, godendosi quella bocca che avvolgeva il suo cazzo con morbidezza, delicatamente.
Il movimento era fluido e regolare, nonostante gli scossoni dell’auto. Sentiva la testa che si alzava senza far mai uscire il sesso. Quando arrivava al glande, con piccoli colpi di lingua sollecitava il piacere e, quando il cazzo dava evidenti segni di gradimento, nuovamente lo avvolgeva tra le labbra morbide e scendeva, muovendo sempre la lingua lentamente, fino ad arrivare a prenderlo tutto in bocca.
Questa cosa lo faceva impazzire di piacere. Sentiva il cazzo che toccava contro la gola e lei che lo teneva, manifestando evidente difficoltà che, però, non la faceva desistere.
Quando la schiava iniziò la lenta risalita verso il glande, lui le pose una mano sulla testa e, afferrati i capelli, la spinse verso il proprio inguine, per trarre ancora piacere dal cazzo che toccava la gola.
La costrizione che le aveva dato difficoltà, a sua volta, era fonte di ulteriore piacere del Padrone mentre ancora le teneva giù la testa con una mano e, con l’altra, le teneva in tensione il guinzaglio.
Il tratto di strada che li separava dalla loro casa era stato coperto. L’eccitazione di Simone, iniziata quando si era preparato per andare all’incontro, era alta.
Il marito, schiavo, scese ad aprire la portiera.
Simone si accorse che Matteo, imbarazzato, si guardò intorno per accertarsi che nessuno assistesse alla scena.
Quando la portiera venne aperta, il Padrone aveva ancora il cazzo in bocca alla moglie dello schiavo.
Una cosa è immaginare la scena osservata parzialmente nello specchietto retrovisore.
Altra è vedere un uomo, il Padrone, seduto mentre la moglie gli succhia il cazzo. Simone guardò lo schiavo con piacere.
“Inginocchiati”.
Vide l’incertezza negli occhi e nei gesti pietrificati di Matteo che restò fermo, non credendo evidentemente di avere udito l’ordine che lo costringeva ad inginocchiarsi nel garage sotterraneo del suo condominio.
Simone afferrò i capelli di Monica e le spinse il cazzo ancora più in gola. Poi le diede una forte sculacciata.
“Ti ho detto di inginocchiarti, stronzo”.
Osservò il marito che, lentamente, posava le ginocchia sul cemento non pulito del garage. Ora la sua testa era quasi al livello di quella della moglie. Per essere certo che osservasse bene, Simone, le scostò i capelli in modo da evidenziare la bocca che conteneva il suo cazzo.
Sempre tenendola per i capelli, le fece alzare un poco la testa in modo da far vedere a Matteo quanto il sesso fosse duro e bagnato dalla saliva di sua moglie.
Era ora di salire.
Tirandola per i capelli le tolse il cazzo dalla bocca.
Le diede uno schiaffo guardando il marito.
“Ogni volta che disubbidisci, io punirò tua moglie”.
Guardò Monica negli occhi ordinandole di parlare al marito.
"Obbedisci al Padrone, stronzo”.
Più delle parole, poterono gli occhi infiammati che attribuivano a lui la responsabilità della sua punizione.
di
scritto il
2024-09-14
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