Serve improvvisate (parte 3)

di
genere
sadomaso

Né Eliana né Micaela si accorsero dei due uomini che, per nulla attratti dalla loro bellezza e sensualità, le presero delicatamente per il braccio e le invitarono a seguirli.
Furono condotti in un’altra stanza, evidentemente un ufficio, spazioso, ben arredato.
In poltrona stava seduto un uomo che non avrebbero avuto difficoltà a definire “poco raccomandabile”.
In città le malelingue volevano che quel locale, benché di classe, fosse in realtà di proprietà di gente tutt’altro che onesta.
“Avete fatto allontanare alcuni clienti”.
Il tono dell’uomo rimasto seduto davanti a loro, in piedi, era tutt’altro che di rimprovero. Mentre parlava, stava guardando i loro corpi e si capiva benissimo che ciò che vedeva non lo lasciava indifferente.
“Siete belle”.
Nonostante la situazione, Eliana provò un brivido di eccitazione nell’osservare lo sguardo di quell’uomo pericoloso, carico di bramosia e di sesso.
Le donne sentivano i suoi sguardi che passavano sui solo corpi al punto da sentirsene accarezzate, palpate, violate, come se la mano forte di quel tipo robusto, si fosse stretta sul loro collo quale segno di possesso e di potere, con il comportamento tipico di chi sa che può fare ciò che vuole.
Più che desiderate, si sentirono degli oggetti da sesso.
Eppure non le aveva toccate e le parole, benché non coincidenti con ciò che lo sguardo stava trasmettendo, parevano comunicare indifferenza.
Il tono rassicurante in contrasto con gli sguardi, lasciava aleggiare nell’aria un senso di eccitante pericolo.
In quella stanza si sentiva odore di sigaro e di pelle, quella del divano, delle poltrone e della sedia da scrivania, con le due poltroncine poste davanti, al momento vuote.
Alle loro spalle, i due energumeni che le avevano scortate sino a lì si misero da parte, seduti sul divano.
Per questo era bastato un rapidissimo sguardo di colui che aveva parlato. Eliana se ne era accorta e ne aveva sentito tutto il potere.
Il potere la eccitava, l’aveva sempre eccitata. Potere e senso di pericolo, oltre a quel tono calmo di quell’uomo che, guardandole il ventre ed i fianchi, spense il sigaro nel posacenere che già ne ospitava uno.
“Vi piace servire. I clienti ai tavoli pare che abbiano apprezzato molto. Fatemi vedere. Tu biondina, servimi un bicchiere di whisky”.
Il tono era serio con una punta di scherzo. Tuttavia il comando era imperativo, tipico di chi non si aspetta una risposta negativa.
Eliana si guardò in giro. L’uomo le aveva dato l’ordine ma non le aveva staccato gli occhi di dosso. Si sarebbe aspettata che con lo sguardo o un gesto del dito indicasse il mobiletto che conteneva bottiglia e bicchieri.
Si guardò in giro e individuò quello che le poteva sembrare il bar, dirigendosi.
“Nuda!”.
Le parve di vedere il punto esclamativo alla fine della parola pronunciata come una frustata. L’uomo le stava ancora sorridendo ma lo sguardo era quello di chi stava per assistere ad uno spettacolo interessante, eccitante.
Eliana guardò Micaela e le parve di leggere negli occhi dell’amica la stessa scintilla di eccitazione.
Guardando negli occhi l’uomo ancora seduto, iniziò a far scendere la cerniera posta sul fianco. Il vestito cadde ai suoi piedi mentre lei lo aveva fatto scivolare a terra, spingendolo con le mani e agevolando la discesa con un ancheggiamento dedicato a chi le aveva dato l’ordine.
Senza staccare lo sguardo da quello dell’uomo, evidentemente eccitato, alzò prima la gamba destra e poi la sinistra, avendo cura di far strusciare le calze autoreggenti che non accennò a togliersi.
“Mostrati”.
Anche questo era un ordine, una dichiarazione di possesso, di potere, di eccitante potere. L’alcol in corpo circolava alla stessa velocità del sangue e la inebriava, eccitava.
“Piegati e mostra la figa”.
Si abbassò incurvando verso il basso la schiena in modo da evidenziare il culo. Le gambe appena allargate. Con le mani si allargò le natiche per mostrare, con orgoglio, la figa depilata.
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2024-10-17
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