Il Bull e la coppia schiava (parte 4)

di
genere
sadomaso

Il Padrone, seguito dai coniugi, entrò nell’elegante e signorile palazzina.
L’androne aveva le pareti rivestite di legno. A terra vi erano ancora i fermi di una passatoia che evidentemente era stata levata per rivelare il pavimento in marmo.
I coniugi stavano qualche passo dietro il Padrone, non tanti da dare l’impressione, alla vista di qualche condomino che avrebbero potuto incontrare, di non essere assieme, ma abbastanza da far comprendere a lui che il loro posto era alle sue spalle.
Le cassette delle lettere interamente vuote, fatta eccezione per un paio stracolme di messaggi pubblicitari, comunicavano che l’edificio era comunemente abitato.
Salirono i 4 gradini per accedere al corridoio nel quale vi erano i 2 ascensori utili per raggiungere gli 8 piani.
Un ascensore era in arrivo.
Ne uscì un uomo con un cane per la passeggiata serale. Il tono del saluto dichiarava una certa conoscenza priva comunque di eccessiva confidenza.
La cabina era abbastanza ampia.
Il Padrone, entrato con la schiava, fece segno a Matteo di stare fuori. Guardando il marito, afferrò per i capelli Monica affidando alla pressione verso il basso l’ordine di inginocchiarsi davanti a lui per il viaggio verso l’ottavo piano.
“Fatti trovare in cima per aprirci le porte”.
Pronunciato l’ordine sentirono aprirsi il portone di accesso al palazzo ed i primi passi che si avvicinavano agli ascensori.
Matteo, in ansia, richiuse in fretta la porta e iniziò la sua corsa in salita.
La brevità del percorso non impedì a Simone di estrarre il cazzo per infilarlo nella bocca della schiava che tanto piacere gli aveva dato in auto.
L’elevatore dichiarava una età evidentemente diversa da quella del palazzo e, infatti, percorse la salita in modo fluido e non lento.
Anche Matteo doveva conoscere la velocità del mezzo in quanto corse sulle scale pagando la mancanza di allenamento.
Simone tolse il cazzo dalla bocca della schiava solo quando giunsero al piano, dove nessuno aprì la porta.
Fu il Padrone il primo ad uscire e, in quel momento, vide arrivare il trafelato marito. Matteo era evidentemente mortificato per non essere riuscito a rispettare l’ordine e già ne conosceva le conseguenze.
Guardò all’interno della cabina e vide la moglie ancora inginocchiata con un filo di bava sul mento ed una striscia di saliva che le sporcava il vestito.
“E’ stata brava tua moglie, non mi ha sporcato i pantaloni”.
Matteo sentì l’eccitazione della sottomissione, sua e di sua moglie, quella sensazione che può derivare dall’essersi posti in balia della volontà e del potere di altra persona alla quale è stato trasferito il proprio.
Al piano c’erano quattro porte di altrettanti appartamenti. Ciò nonostante Simone attaccò il guinzaglio alla fettuccina di seta che ornava il collo della donna e la fece uscire a 4 zampe, rovinando irrimediabilmente le calze autoreggenti.
Monica si sentì tirare il collo mentre poneva un minimo di resistenza ad uscire sul pianerottolo in quelle condizioni, provando un contrasto tra l’imbarazzo e l’eccitazione nel vivere una situazione straordinaria in un ambiente ordinario.
Mentre Matteo cercava le chiavi di casa, accanto a sé aveva la moglie a 4 zampe tenuta al guinzaglio.
Le mani del marito denunciavano la sua ansia dovuta in parte all’eccitazione, ma in parte alla situazione di pericolo che vedeva la possibilità che in quel momento si potesse aprire una delle altre tre porte.
Eppure, seppur per motivazioni diverse, tutti e tre vissero l’emozione di quel rischio che, in quanto tale, può generare adrenalina.
Matteo, per l’agitazione, fece cadere le chiavi di casa. Sulle scale si sentivano dei passi.
“Sei un coglione!”.
Il Padrone non perdeva occasione per denigrare lo schiavo davanti a sua moglie.
“Visto che mi fai perdere tempo, almeno rendimi piacevole l’attesa. Togli il vestito a tua moglie”.
“Ma Padrone…siamo sulle scale”.
Simone si tolse la cintura sotto lo sguardo attonito dello schiavo e frustò la schiava sulla natica e sulla schiena.
“Ti ho detto che per ogni tua disubbidienza, tua moglie verrà punita. Non solo, adesso la spogli mentre mi succhia il cazzo”.
Matteo fece per esprimere un lamento ma si fermò subito, ormai preso dal vortice della situazione.
Simone tirò il guinzaglio verso l’alto in modo da ordinare alla schiava a terra di alzarsi sulle ginocchia.
Matteo si aspettava un commento al vetriolo dalla moglie che, invece, docilmente si mise sulle ginocchia e aprì la bocca per servire il Padrone.
Il rischio la eccitava, la situazione anomala le dava adrenalina e faceva scorrere il sangue.
Il vestito aveva una cerniera ed era privo di spalline. Mentre la moglie succhiava un cazzo che era ancora duro dalle prestazioni della donna di qualche minuto addietro, il marito abbassò la cerniera e sfilò dalle gambe il vestito. Monica, attenta a non fare uscire il cazzo dalla bocca, si mosse agevolando l’operazione, agitata dal rischio e dalla tensione per fare in fretta. Alzò un ginocchio e poi l’altro, restando in autoreggenti e tacchi a spillo, confermando l’assenza di intimo.
“Polsi uniti dietro la schiena, cagna”.
Matteo raccolse da terra le chiavi e, ancora agitato, riuscì a centrare il buco della serratura e ad aprire la porta blindata.
Il Padrone cominciò a camminare senza aver fatto togliere il cazzo dalla bocca. Monica, presa alla sprovvista, perse un attimo l’equilibrio corretto dalla mano appoggiata a terra, ma dalla bocca uscì il sesso del Padrone.
Simone affidò ad uno schiaffo la punizione e al guinzaglio tirato l’ordine di riprendere in bocca ciò che era uscito.
Poi lentamente cominciò a camminare costringendo la schiava a muoversi sulle ginocchia come un gambero per entrare in casa. Il guinzaglio le dava la direzione ma gli occhi controllavano l’ambiente circostante per un percorso reso difficile dal timore di far uscire quel cazzo durissimo dalla bocca.
di
scritto il
2024-09-16
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