Il Bull e la coppia schiava (parte 5 - epilogo)

di
genere
sadomaso

I coniugi erano, nudi, inginocchiati appena fuori dal tappeto, sul parquet.
La climatizzazione consentiva a Simone di stare tranquillamente vestito nonostante la stagione calda, mentre sceglieva la musica che avrebbe fatto da sottofondo alla serata.
I suoi ospiti avevano una interessante collezione di dischi in vinile, la cui riproduzione del suono lui adorava, con le imperfezioni della puntina che, comunque, gli sembrava desse un diverso calore alla musica.
Si era sempre chiesto se la passione per questo vecchio metodo di registrazione in realtà non rappresentasse la nostalgia del tempo in cui i 33 giri erano la normalità. In ogni caso, pur non possedendone, quando li trovava li ascoltava volentieri.
Scelse Mozart, attratto dalla sua genialità, una passione nata per il personaggio oltre che per la musica che aveva creato, per lui immortale.
Accompagnato dalle note si spostò appena per dare una occhiata alla libreria che da terra arrivava al soffitto.
Passò accanto ai coniugi inginocchiati, ignorandoli.
Notò nella schiava un certo fremito. Si disinteressò dei libri e si mise ad osservare la coppia che gli voltava le spalle. Erano entrambi inginocchiati e seduti sui talloni.
Contrariamente al suo ordine, il marito aveva incurvato la schiena in una postura che lui considerava sciatta.
Con la cinghia arrotolata in mano colpì la schiena della schiava.
“Cretino, ti aveva detto come avresti dovuto stare inginocchiato”.
La regola prevedeva che per una disubbidienza del marito, la punizione sarebbe stata irrogata alla moglie.
Il colpo sulla schiena andò ad aggiungersi alla punizione che, in quella stessa posizione, aveva dato a Monica perché il marito non aveva percorso abbastanza velocemente le scale, così da aprire loro la porta dell’ascensore.
Il Padrone voleva tenere i coniugi in una continua tensione, così da non dare loro modo di elaborare le sensazioni ma di viverle di pancia, oltre che tenerli tesi alla concentrazione sui suoi piaceri e desideri.
Aveva ancora il cazzo duro. Quella donna glielo sapeva succhiare in maniera fantastica, complice anche la situazione creata che amplificava il piacere dato da ogni colpo di lingua.
Le finestre chiuse isolavano dai rumori esterni e la musica, unitamente alla penombra, creava un ambiente ovattato, isolando le tre persone dall’esterno per collocarle in quella nuova realtà, temporanea, sostitutiva di quella quotidiana, ricca di emozioni, sensazioni, scambi di ruolo e di potere, in cui ciascuno poteva essere concentrato solo sulle proprie. I coniugi, non potendo parlare tra loro, vivevano la situazione in termini individualistici ed egoistici, tesi al solo esclusivo piacere personale.
Simone aveva aperto la camicia, unico indumento che voleva conservare per segnare ulteriormente la differenza tra Padrone e schiavi.
Simone ordinò a Monica di sistemarsi tra le sue gambe ma inginocchiata sul petto del marito. Questi era steso a terra anch’egli ai piedi del Padrone, con la testa esattamente in corrispondenza dei testicoli dell’uomo, condannato a vedere dal basso, in funzione di tappeto per la moglie, questa che succhiava ancora il cazzo di colui che, con l’autorità che gli avevano dato, era entrato in casa loro.
Il Padrone in una mano aveva il guinzaglio, arrotolato nella mano, teso, in modo da ricordare alla schiava che lei gli apparteneva. Nell’altra mano aveva una candela che diffondeva nella stanza la sua luce calda e tremolante.
Le gocce di cera, ogni tanto, senza cadenza fissa, venivano fatte cadere sulla schiena della donna.
“Attenta ai denti”.
Monica era concentrata doppiamente, sul piacere da donare e sul controllo delle reazioni per il dolore procurato dalla cera.
Sapeva che stava facendo male al marito, ma questo non voleva e non poteva essere un suo pensiero, tutto concentrato sul Padrone, sul suo cazzo che spingeva fino in fondo alla gola, come aveva capito che a lui piaceva.
Saliva e scendeva, si allontanava con la testa senza far uscire il cazzo dalla bocca e, in quella posizione, dava rapidi colpetti con la lingua, per poi scendere lentamente fino ad arrivare a far toccare la gola al cazzo.
La saliva che inevitabilmente usciva dalla bocca della schiava, cadeva sulla faccia del marito, passivo spettatore della moglie che dava piacere ad altro uomo.
L’eccitazione del Padrone era tale da non rendere ulteriormente differibile la penetrazione che divenne una esigenza.
I libri sono la cultura, il cibo per la mente, i viaggi verso altri mondi fatti di diverse esperienze e conoscenze, sono porte su pensieri nuovi e la scelta dei libri contribuisce a descrivere i loro possessori.
Simone voleva possedere quella coppia, entrambi, anche se l’atto sessuale prevedeva l’uso solo della moglie.
Questa era in piedi, davanti alla libreria alla quale aveva appoggiato le mani in modo da essere piegata in avanti ed offrire il sesso ed il proprio culo, a insindacabile scelta di chi l’avrebbe usata.
Monica aveva entrambi i piedi sul petto del marito che, nuovamente, aveva la testa in proiezione sotto i testicoli dell’uomo che poteva disporre di lei.
Matteo, dal basso, posizione privilegiata, vide Simone che, mentre accarezzava la schiena della moglie, segnata dalla cinghia e dalla cera calda, la penetrava.
Usciva dalla figa per entrare nel culo, forte della lubrificazione del suo cazzo, avendo trovato una figa bagnata dalle emozioni della serata.
Era una continua alternanza, culo e figa, figa e culo.
L'eccitazione cominciava ad essere eccessiva e meritava lo sfogo non più rinviabile.
Il parquet ospitava il materasso umano. Matteo, a terra sulla schiena, aveva sul petto la schiena della moglie stesa su di lui. La testa del marito era così tra le cosce della moglie la cui figa umida costituiva il suo unico orizzonte.
Monica con la testa appoggiata al cazzo del marito, ebbe modo di constatarne l’eccitazione la realizzazione di quelle fantasie che da tempo si erano scambiati ed avevano costruito da quando avevano deciso di vivere quell’avventura.
Simone osservava la donna ai suoi piedi, oscenamente offerta con le gambe allargate che costituivano un prepotente invito al suo piacere. Tra le cosce vedeva la faccia del marito che sarebbe stato diretto spettatore del suo orgasmo.
Fu tentato di mettere un piede sulla faccia di Matteo ma poi desistette. Si stese sulla moglie e la penetrò, sapendo che il suo cazzo, che entrava nella figa di Monica, era a pochissimi centimetri dagli occhi del marito.
Ad ogni affondo, ad ogni movimento utile per portarlo all’apice del piacere, Simone sapeva che lo schiavo vedeva solo il cazzo che entrava ed usciva dalla figa della moglie, magari ricevendo sulla faccia gli umori dell’atto sessuale.
Il guinzaglio, arrotolato nella mano, era sempre in tensione.
Aumentò sempre più la scopata della schiava per raggiungere quell’orgasmo che aveva iniziato a montare nel momento in cui aveva iniziato a prepararsi per uscire quella sera.
Scopava la donna sapendo che il marito vedeva il suo cazzo che ne prendeva possesso, usandola a soli fini egoistici.
La scopò sempre più fortemente, cercando di pesare col suo corpo sul corpo della schiava che, a sua volta, pesava sul corpo del marito.
Il piacere saliva, l’orgasmo montava sempre più, prepotentemente. Il Padrone cercava, inutilmente, di concentrarsi per resistere, fino a non poter rinviare oltre scaricando nella figa della schiava tutta la testimonianza del suo piacere, lasciando correre lo sperma dai suoi testicoli, attraverso il suo cazzo osservato dallo schiavo, fino alla figa della schiava sotto di lui, spingendo con forza, fino a che non sentì che tutto lo sperma era uscito.
Si accasciò sul corpo sotto di lui, lasciando il suo cazzo ancora duro nel sesso della schiava, svuotato dopo l’orgasmo, traendo l’ultimo piacere psicologico nel pensare al filo di sperma che usciva dalla figa per colare sulla faccia del marito.
Quando sentì che il cazzo perdeva sempre più turgore, uscì, sperando che questo gesto portasse con sé altro sperma sulla faccia dell’uomo materasso.
Si accomodò in poltrona, sentendo ogni tensione che abbandonava il suo corpo liberato, in pochi secondi, dalle emozioni accumulate.
“Siediti sulla faccia di tuo marito”.
Guardò quella bella donna che eseguiva l’ordine mettendosi cavalcioni come ordinatole.
Si rivolse al marito che mostrava tutto il suo cazzo duro.
“Puliscila con la lingua … senza farla godere”.
di
scritto il
2024-09-17
1 . 5 K
visite
1 4
voti
valutazione
6.6
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.