La Contessa schiava (parte 7)
di
Kugher
genere
sadomaso
François, tolto il cazzo dalla bocca della Contessa, la lasciò legata coi i polsi dietro alla schiena e la imbavagliò, legandola stretta, avendo cura di farle male e di infilare bene lo straccio nella bocca.
L’episodio durante la cena lo aveva maggiormente incattivito verso di lei, con una voglia ancor più forte di usarla sessualmente e di umiliarla.
Se questo era ciò che lei voleva, non solo lui glielo avrebbe dato ma, anzi, se lo sarebbe preso.
Se lui e la moglie erano giocattoli per lei, per quel frangente lei sarebbe stata il loro giocattolo. Poi che la cosa finisca come deve finire, sicuramente non è attività che potrà essere portata avanti a lungo ma, finché fosse durata, era intenzionato a prendere tutto ciò che avesse potuto.
La tavola per la loro cena era poveramente imbandita. François non aveva mai visto una serata al castello, con invitati, bei vestiti e musica, tavole piene di ogni ben di Dio e riccamente addobbate con tovaglie linde, piatti in ceramica pulitissima e bicchieri di cristallo.
Sua moglie Annette quale serva, aveva visto qualcosa e ne aveva sempre raccontato cose fantastiche e meravigliose.
In quel momento François vedeva la loro tavola povera come cibo e come vettovaglie. Avevano piatti di legno e stoviglie vecchie e segnate.
François realizzò che quella povertà aveva l’effetto di eccitare la Contessa in quel gioco in un ambiente che per lei sarà pure stato temporaneo, ma per loro era la vita che avevano avuto e che avrebbero avuto in futuro. La loro povertà serviva quale contrasto alla Contessa per provare emozioni.
Con il piede la spinse in avanti, facendola cadere, senza curarsi se si potesse fare male.
Questa mancanza di attenzioni e, anzi, proprio il trattamento eccessivamente disinteressato per la sua persona, eccitò la donna ancor di più, dandole la sensazione di una fortissima accelerata.
Emozioni, forti, fortissime come pugni nello stomaco.
“Striscia sotto il tavolo”.
Il Padrone accompagnò l’ordine con spinte col piede e frustate.
“Muoviti, cagna”.
C’era disprezzo, adesso, nella sua voce, disprezzo e rabbia
Il cambio di tono eccitò Eloise che si sentì sempre più una schiava.
Una volta raggiunta, strisciando, la sua nuova posizione sotto il tavolo, i Padroni continuarono la cena appoggiando le scarpe sul corpo nudo della Contessa.
François aveva ancora il cazzo duro e si rese conto che schiacciare con la scarpa il bel corpo a terra contribuiva al mantenimento del turgore.
Così, ogni tanto, schiacciava col piede e col tacco e non si fermava quando sentiva mugolii di dolore e contorcimenti del corpo.
“Stai ferma!”.
Quest’ordine era solitamente accompagnato da una pedata che otteneva l’effetto di farla stare ferma ma anche di mugolare maggiormente.
Immaginava il filo di saliva che usciva dalla bocca, sporcando il pavimento con una pozza nella quale lei avrebbe necessariamente dovuto appoggiare la faccia.
Al termine della cena non poteva più essere prolungato il tempo di eccitazione. Il cazzo cominciava a fargli male tanto era duro e aveva bisogno di dargli sfogo o, almeno, il primo sfogo.
Per far uscire la schiava da sotto il tavolo avrebbe potuto tirarla. Invece le si mise davanti.
“Striscia fuori!”.
Voleva vederla strisciare a terra ai suoi piedi, con la difficoltà dei polsi legati dietro alla schiena, costretta a muoversi con le gambe e con il contorcimento del petto.
“Forza puttana, forza”.
François era impaziente di scoparla, di eccitarsi e di scaricarle dentro il suo piacere, facendole male.
Anche Annette era evidentemente eccitata.
Mentre la schiava aveva appena messo fuori la testa, la Padrona le schiacciò il collo col piede, facendole male e impedendole di poter procedere.
Impietosamente, François iniziò a frustarla sulle spalle appena fuori dalla protezione della tavola.”
“Muoviti cagna”.
Trovarono eccitantissima quella donna ricca e bella, nuda, segnata dalle frustate, che strisciava sul pavimento sporco sotto il piede di Annette.
Questa, che si sentiva bagnatissima, andò a sedersi a terra poco più avanti rispetto al percorso che stava facendo la loro schiava. Si alzò il vestito e tolse le mutandine, allargando le gambe.
Procedendo dritta, la Contessa sarebbe finita con la faccia sulla sua figa.
François incentivava la schiava a strisciare dandole colpi con le scarpe.
“Forza, vai a leccare la figa della tua Padrona”.
Eloise capì che il cambiamento volgeva verso una sua spersonalizzazione a favore di una maggiore sottomissione. Emozioni a mille, una esperienza che sicuramente si sarebbe portata dentro a vita con il dispiacere di non poterla raccontare alle sue amiche.
Finalmente raggiunse la figa della donna e, con la fatica dei polsi legati dietro alla schiena, forzò il collo per alzare la testa quel tanto che bastava per leccare il sesso bagnatissimo della Padrona.
Annette, mentre riceveva il piacere, le dava colpetti con i piedi per spingerla a fare meglio. Già stava lavorando bene, quella puttana ricca. A lei interessava solo denigrarla e sentirla schiava.
L’episodio durante la cena lo aveva maggiormente incattivito verso di lei, con una voglia ancor più forte di usarla sessualmente e di umiliarla.
Se questo era ciò che lei voleva, non solo lui glielo avrebbe dato ma, anzi, se lo sarebbe preso.
Se lui e la moglie erano giocattoli per lei, per quel frangente lei sarebbe stata il loro giocattolo. Poi che la cosa finisca come deve finire, sicuramente non è attività che potrà essere portata avanti a lungo ma, finché fosse durata, era intenzionato a prendere tutto ciò che avesse potuto.
La tavola per la loro cena era poveramente imbandita. François non aveva mai visto una serata al castello, con invitati, bei vestiti e musica, tavole piene di ogni ben di Dio e riccamente addobbate con tovaglie linde, piatti in ceramica pulitissima e bicchieri di cristallo.
Sua moglie Annette quale serva, aveva visto qualcosa e ne aveva sempre raccontato cose fantastiche e meravigliose.
In quel momento François vedeva la loro tavola povera come cibo e come vettovaglie. Avevano piatti di legno e stoviglie vecchie e segnate.
François realizzò che quella povertà aveva l’effetto di eccitare la Contessa in quel gioco in un ambiente che per lei sarà pure stato temporaneo, ma per loro era la vita che avevano avuto e che avrebbero avuto in futuro. La loro povertà serviva quale contrasto alla Contessa per provare emozioni.
Con il piede la spinse in avanti, facendola cadere, senza curarsi se si potesse fare male.
Questa mancanza di attenzioni e, anzi, proprio il trattamento eccessivamente disinteressato per la sua persona, eccitò la donna ancor di più, dandole la sensazione di una fortissima accelerata.
Emozioni, forti, fortissime come pugni nello stomaco.
“Striscia sotto il tavolo”.
Il Padrone accompagnò l’ordine con spinte col piede e frustate.
“Muoviti, cagna”.
C’era disprezzo, adesso, nella sua voce, disprezzo e rabbia
Il cambio di tono eccitò Eloise che si sentì sempre più una schiava.
Una volta raggiunta, strisciando, la sua nuova posizione sotto il tavolo, i Padroni continuarono la cena appoggiando le scarpe sul corpo nudo della Contessa.
François aveva ancora il cazzo duro e si rese conto che schiacciare con la scarpa il bel corpo a terra contribuiva al mantenimento del turgore.
Così, ogni tanto, schiacciava col piede e col tacco e non si fermava quando sentiva mugolii di dolore e contorcimenti del corpo.
“Stai ferma!”.
Quest’ordine era solitamente accompagnato da una pedata che otteneva l’effetto di farla stare ferma ma anche di mugolare maggiormente.
Immaginava il filo di saliva che usciva dalla bocca, sporcando il pavimento con una pozza nella quale lei avrebbe necessariamente dovuto appoggiare la faccia.
Al termine della cena non poteva più essere prolungato il tempo di eccitazione. Il cazzo cominciava a fargli male tanto era duro e aveva bisogno di dargli sfogo o, almeno, il primo sfogo.
Per far uscire la schiava da sotto il tavolo avrebbe potuto tirarla. Invece le si mise davanti.
“Striscia fuori!”.
Voleva vederla strisciare a terra ai suoi piedi, con la difficoltà dei polsi legati dietro alla schiena, costretta a muoversi con le gambe e con il contorcimento del petto.
“Forza puttana, forza”.
François era impaziente di scoparla, di eccitarsi e di scaricarle dentro il suo piacere, facendole male.
Anche Annette era evidentemente eccitata.
Mentre la schiava aveva appena messo fuori la testa, la Padrona le schiacciò il collo col piede, facendole male e impedendole di poter procedere.
Impietosamente, François iniziò a frustarla sulle spalle appena fuori dalla protezione della tavola.”
“Muoviti cagna”.
Trovarono eccitantissima quella donna ricca e bella, nuda, segnata dalle frustate, che strisciava sul pavimento sporco sotto il piede di Annette.
Questa, che si sentiva bagnatissima, andò a sedersi a terra poco più avanti rispetto al percorso che stava facendo la loro schiava. Si alzò il vestito e tolse le mutandine, allargando le gambe.
Procedendo dritta, la Contessa sarebbe finita con la faccia sulla sua figa.
François incentivava la schiava a strisciare dandole colpi con le scarpe.
“Forza, vai a leccare la figa della tua Padrona”.
Eloise capì che il cambiamento volgeva verso una sua spersonalizzazione a favore di una maggiore sottomissione. Emozioni a mille, una esperienza che sicuramente si sarebbe portata dentro a vita con il dispiacere di non poterla raccontare alle sue amiche.
Finalmente raggiunse la figa della donna e, con la fatica dei polsi legati dietro alla schiena, forzò il collo per alzare la testa quel tanto che bastava per leccare il sesso bagnatissimo della Padrona.
Annette, mentre riceveva il piacere, le dava colpetti con i piedi per spingerla a fare meglio. Già stava lavorando bene, quella puttana ricca. A lei interessava solo denigrarla e sentirla schiava.
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