La Contessa schiava (parte 8)

di
genere
sadomaso

“Mettiti in ginocchio”
François aveva legato un guinzaglio di catena al grosso collare, anch’esso in ferro, e la usava per incentivare la schiava a mettersi nella posizione ordinata.
Il cazzo non aveva mai perso nulla del suo turgore e, tirato fuori, trovò facile accoglimento nella bocca della Contessa.
L’uomo lo spinse in gola fino a che la donna non ebbe difficoltà, senza peraltro accennare ad agevolarla ma, anzi, tenendole bene ferma la testa.
Il guinzaglio era arrotolato nella mano in modo da tenerlo molto corto.
“Non fare uscire il cazzo dalla bocca”.
Subito dopo avere pronunciato il nuovo ordine, il Padrone, camminando a ritroso, si diresse verso l’altro locale dove avevano le poltrone.
Eloise prese molto sul serio quell’ordine e fece di tutto per seguirlo non solo tenendo il cazzo ma anche muovendo la lingua, eccitata dalla situazione di eccessiva costrizione.
Le facevano male le ginocchia ma la tensione le impediva di avvertire il dolore. L’uomo camminava senza avere cura delle difficoltà della Contessa che, anzi, incentivava colpendola col frustino sulle natiche.
“Muoviti, puttana”.
Non era facile procedere sulle ginocchia, coi polsi legati dietro alla schiena e con il cazzo in bocca.
Un paio di volte lo fece uscire e questo le valsero uno schiaffo per ogni errore, oltre a nuove frustate sulle cosce.
Eloise era concentrata su tutto per riuscire a soddisfare il Padrone essendo questo, al momento, l’unico suo pensiero.
Non seppe dire quanto durò quel percorso.
Quando giunsero a destinazione, la Contessa trovò Annette già seduta in poltrona con la gonna sollevata e le cosce spalancate, ancora senza mutandine.
Non si era nemmeno accorta che li aveva sorpassati ed era già andata a prendere posto, tanto era concentrata su quel cazzo durissimo che aveva in bocca.
“A quattro zampe”.
Gli ordini erano diventati sempre più secchi e decisi.
Aveva imparato che se voleva ottenere una reazione dura da parte di quell’uomo avrebbe dovuto provocarlo con le sue espressioni di disgusto. In quel modo lui sarebbe diventato ancora più severo ed il suo viaggio verso l’eccitazione, l’emozione, le forti sensazioni, avrebbe subito una nuova ed ulteriore accelerata.
Era spaventata perché François era duro e deciso, ma la paura aveva l’effetto di darle adrenalina e piacere. Le piaceva rischiare, provocare, spingere sulle emozioni altrui per ottenere reazioni forti.
Il Padrone con il piede la spinse verso le cosce aperte della moglie.
Eloise voleva spingere ancora, voleva avere ancora più paura, voleva che le emozioni si moltiplicassero.
Così fece resistenza ed ebbe cura di farsi vedere dall’uomo con la sua espressione di disgusto verso quella figa vecchia, poco curata e pelosa della Padrona.
Ottenne l’effetto desiderato.
François si sedette pesantemente sulla schiena della Contessa ancora a quattro zampe, con il rischio di farla cadere, cosa che sarebbe accaduta se la muscolatura della donna non fosse stata tonica.
Eloise non voleva farlo cadere. Il timore che stava provando la portava a provocare ma non in maniera eccessiva. L’uomo le si era seduto sopra volendo farle male e metterla alla prova.
Le prese i capelli e le tirò indietro la testa, oltre a sculacciarla sulla natica con la mano libera.
La Contessa sentiva il guinzaglio che penzolava ed era carica di emozioni che le facevano esplodere il petto, amplificate dalla paura che comunque quell’uomo le stava trasmettendo.
Lei realizzò in quel momento il potere che su di lei aveva la paura, seppur controllata perché non le sarebbe successo nulla di grave.
La paura le dava emozioni fortissime, la paura di una situazione che lei non controllava.
La stessa paura che provava quando spingeva il cavallo a saltare ostacoli alti, solo che questa era moltiplicata per cento, mille, era adrenalina pura.
Ecco, altro elemento fondamentale, l’assenza del controllo. Aveva anche capito quale potesse essere l’acceleratore: far vedere il suo disgusto ed il suo disprezzo per quelle persone.
I capelli le facevano male, tirati all’indietro. Il collo le faceva male. Così come la schiena con quell’enorme peso sopra. Le natiche se le sentiva in fiamme.
“Vai avanti e lecca, cagna”.
Non seppe come ma riuscì a fare l’ultimo passo per andare a leccare quella figa pelosa e non certo profumata.
L’uomo le spingeva la testa contro, quasi a impedirle di respirare.
Non era nemmeno libera di muovere la testa come voleva. Controllata in tutto. Eccitantissimo.
Anche il Padrone era eccitato. Si alzò dalla sua sedia umana e, liberatosi il cazzo, fece qualche passo indietro per penetrare, anzi, per montare quella cagna a terra, a quattro zampe davanti a lui.
Mentre spingeva, la scopava, la montava, le spingeva ancora la faccia nella figa bagnatissima della moglie, incurante delle sue difficoltà a respirare e a mantenere la posizione.
Le uscì dalla figa e, avendo il cazzo bagnato dai suoi umori, le penetrò il culo.
Non fece molta fatica ad entrare e la scopò ancora, spingendo con rudezza, tanto il bacino quanto le mani sulle sua testa contro il sesso della moglie.
Non voleva godere nel culo.
Uscì e trovò la figa della cagna ancora ben bagnata per entrare e, con qualche colpo, goderle dentro tenendo il cazzo ben premuto contro.
Si risedette sulla schiena della schiava fino a che anche la moglie non raggiunse l’orgasmo.
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scritto il
2024-07-08
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