Celebrazione del momento
di
Carbolatente
genere
etero
L’odore di tabacco adesso era vicino. Troppo.
Adesso era sul suo corpo, a paralizzarle ogni volontà di lasciare quella stanza e tornare da lui, che l’aspettava fuori.
O forse quella volontà nemmeno esisteva.
Esisteva il calore di un corpo estraneo che accarezzava il suo, da dietro. I polpastrelli, quelli che aveva visto calcare delicatamente i tasti bianchi e neri del pianoforte, adesso li sentiva lungo la curva della sua schiena, e salivano fino a spostarle i capelli sulla spalla. L’aveva già svestita, di vestiti e di controllo. Si conoscevano da qualche giorno, o forse da sempre. Ma cosa importava? Erano lì, nel buio di una stanza, non parlavano ma si sentiva il rimbombo dei respiri affannati, eloquenti; lei sentiva la mano dietro al collo premerla contro la superficie della scrivania; sentiva il freddo sul lato destro del viso, sui capezzoli turgidi e sul ventre; la mano di lui in mezzo alle gambe. Lui la toccava, e lei, bagnata, fremeva di desideri osceni. Lui si inginocchiò, mentre le sfiorava con le labbra il gluteo e lei, d’istinto, sollevò la gamba velata di nero e gli permise di bere la conseguenza dei pensieri che in quel momento entrambi stavano accarezzando con la mente. Nessuno sentiva i suoi gemiti, nella camera accanto si suonava Chopin.
---------
Preciso subito che l'autore non sono io. È l'incipit di un racconto che sarebbe dovuto essere un 4 mani, ma che poi è rimasto nel cassetto per 6 anni fino ad oggi.
L'autrice, è stata una meteora conosciuta a suo tempo su 20lines.
A distanza di anni rimpiango il non essere riuscito a farlo diventare un racconto finito.
Oggi è una promessa non mantenuta.
Adesso era sul suo corpo, a paralizzarle ogni volontà di lasciare quella stanza e tornare da lui, che l’aspettava fuori.
O forse quella volontà nemmeno esisteva.
Esisteva il calore di un corpo estraneo che accarezzava il suo, da dietro. I polpastrelli, quelli che aveva visto calcare delicatamente i tasti bianchi e neri del pianoforte, adesso li sentiva lungo la curva della sua schiena, e salivano fino a spostarle i capelli sulla spalla. L’aveva già svestita, di vestiti e di controllo. Si conoscevano da qualche giorno, o forse da sempre. Ma cosa importava? Erano lì, nel buio di una stanza, non parlavano ma si sentiva il rimbombo dei respiri affannati, eloquenti; lei sentiva la mano dietro al collo premerla contro la superficie della scrivania; sentiva il freddo sul lato destro del viso, sui capezzoli turgidi e sul ventre; la mano di lui in mezzo alle gambe. Lui la toccava, e lei, bagnata, fremeva di desideri osceni. Lui si inginocchiò, mentre le sfiorava con le labbra il gluteo e lei, d’istinto, sollevò la gamba velata di nero e gli permise di bere la conseguenza dei pensieri che in quel momento entrambi stavano accarezzando con la mente. Nessuno sentiva i suoi gemiti, nella camera accanto si suonava Chopin.
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Preciso subito che l'autore non sono io. È l'incipit di un racconto che sarebbe dovuto essere un 4 mani, ma che poi è rimasto nel cassetto per 6 anni fino ad oggi.
L'autrice, è stata una meteora conosciuta a suo tempo su 20lines.
A distanza di anni rimpiango il non essere riuscito a farlo diventare un racconto finito.
Oggi è una promessa non mantenuta.
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4.4
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