Piera e Fausto

di
genere
dominazione

Piera salì le scale del condominio tenendo le chiappe strette. Il mal di pancia la stava tormentando da un buon quarto d'ora, da quando aveva lasciato il ristorante ''Il faro'' dopo una cena di pesce annaffiata da vino bianco. Durante il tragitto di ritorno, dopo che Michele aveva regolato il conto alla cassa, il suo intestino aveva cominciato a dare cattivi segni. Era sicura che si trattasse di diarrea, di quelle fulminanti che lasciano poco scampo a meno che di non trovare un bagno in poco tempo.
Durante il viaggio in auto, Piera incitava Michele ad andare più forte, a sbrigarsi: le urla riecheggiavano all'interno dell'abitacolo, mentre la spiacevole sensazione di essere in procinto di cagarsi addosso si affacciava con un rischio sempre più alto.

Giunta finalmente alla porta di casa, muovendosi abilmente sui suoi tacchi alti, cominciò a bussare forsennatamente al campanello di casa. L'altra mano era intenta a stringere le chiappe del culo per il timore che potessero aprirsi e lasciare che fiotti di merda liquida le inzuppassero il vestito rosso che lasciava la schiena scoperta. Vestito rosso, come rosso era lo smalto che aveva messo alle mani e ai piedi per quella serata.

''Apri la porta, presto! Cosa stai facendo?! Scommetto che ti stai solleticando quel pisellino moscio che ti ritrovi! Altrimenti non si spiega perché ci stai impiegando tutto questo tempo per aprire la porta, coglione!'' urlava Piera rivolta verso la porta ancora chiusa. Nel mentre Michele, dopo aver parcheggiato l'auto e aver provveduto a chiuderla, aveva raggiunto Piera; contribuiva bussando anche lui ancora più forte, sbattendo i pugni sullo stipite.
Dopo un tempo che sembrò interminabile per l'intestino di Piera, finalmente la porta si aprì: un omuncolo basso e nudo, ricoperto di pelo, con uno sguardo da ebete stampato sul viso e la testa completamente pelata fece capolino davanti gli occhi spiritati di Piera. Il pisellino moscio penzolava ridicolmente sotto la pancia gonfia, e le palle mosce e violacee sobbalzavano ad ogni suo passo incerto. Era sicuramente sorpreso di vedere Piera già rincasare: solitamente quando andava a cena fuori ritornava sempre sul tardi, passate le due di notte; ed era appena mezzanotte.
''Buonasera Signora... Siete già tornata? Non credevo di...''
Le sue parole furono interrotte dalla voce tuonante di Piera:'' Stai zitto, mi sto cagando addosso! Presto, accompagnami testa di cazzo!''
Piera corse così verso il bagno: il suo passo possente risuonava per le stanze della casa arredata con gusto: un misto di classico, con mobili verniciati sapientemente e dall'estetica appartenente ad un altro tempo, e moderno, dove un divano in pelle bianca occupava tutta la parete di fronte il televisore a plasma. Le mura erano piene di quadri, rappresentazioni paesaggistiche e foto degli occupanti.
Una volta arrivata in bagno, l'omuncolo si posizionò sul pavimento a pancia in su, con la bocca aperta. Piera si sfilò velocemente il vestito e rimase tutta nuda: nonostante i suoi quarantotto anni aveva ancora un fisico interessante, sebbene leggermente rugoso in alcuni punti e abbondante sui fianchi e sul culo. Le tette erano grosse e restavano ancora su, sebbene i capezzoli e le areole mostrassero i segni dell'età. Era una donna possente, non perché fosse grassa (Piera teneva all'alimentazione ed evitava di lasciarsi andare a dei pasti troppo abbondanti), ma perché la genetica le aveva donato una struttura ossea piazzata e forte. Spalle larghe, gambe lunghe, piedi grandi, mani forti; tuttavia, riusciva comunque a tenere intatta la sua sensualità femminile.
Si chinò sulle gambe, posizionando il buco del culo in corrispondenza della bocca dell'omuncolo, e cominciò a cagare. Fiotti di diarrea calda e fetida si riversarono nella bocca dell'ometto, che cercava di non perderne neanche una goccia. Lacrime calde fuoriuscivano dai suoi occhi fuggenti, come se dal momento della sua nascita gli fosse stata cucita addosso una paura ancestrale verso la vita, il mondo, gli eventi.
Piera accompagnava la sua cagata con grande soddisfazione, con voce tremante e ora rilassata: ''Sìì così cazzo, devono essere state le ostriche con il vino bianco! Altrimenti non si spiega... Oh.. Oddio ecco che ricomincio, cazzo!!''.
E fu così che altra merda continuò a fluire nella bocca dell'omuncolo.
Dopo un tempo che gli sembrò interminabile, Piera annunciò di aver finito: con la lingua, il vermetto cominciò a leccarle il buco del culo devotamente, pulendo ogni residuo.
Nonostante il lavoro fosse stato svolto in maniera eccellente, Piera si fece comunque un bidet con detergente intimo. Ne approfittò per accarezzare la sua fica incoronata da peli rossicci e leggermente slabbrata. Un po' per l'età che avanzata, un po' per via dei cazzi che aveva cominciato a prendere già da quando aveva quindici anni.

L'omuncolo rimase nel bagno in preda ai conati di vomito, piangendo tra i muchi e i singhiozzi. Ne avrebbe approfittato per riprendersi e per lavare i denti, anche se il sapore di merda non andava mai del tutto via.
Piera, ormai con l'intestino libero e di nuovo radiosa, raggiunse Michele che nel mentre si era accomodato sul divano e stava guardando i risultati delle partite di quella sera. Aveva lo sguardo corrugato, forse a causa di qualche pronostico risultato poi sfavorevole. Era anch'egli coetaneo di Piera, solo più alto e piazzato: nonostante i suoi anni, amava andare in palestra e frequentare centri estetici dove curare la sua abbronzatura artificiale. Sembrava forte, giovanile, possente: forse proprio come Piera, ma nella sua controparte maschile.

''Perdonami caro... Mi sembrava di star partorendo. Non riuscivo più a trattenerla.'' disse Piera accomodandosi accanto a lui.
''Non preoccuparti tesoro'' rispose Michele '' Da quello che ho sentito doveva essere molta merda. Spero che tuo marito sia riuscito ad inghiottirla tutta, non vorrei che finisse come l'ultima volta. Ricordi? Quando lo hai rincorso per strada con le forbici intenzionata a tagliargli quelle palline che ha.''.
Piera rise di gusto a quel ricordo: era accaduto un mese prima e se n'era completamente dimenticata.
''Ma certo che ci è riuscito! Il mio Faustino è un bravo schiavo. Certo, legalmente è mio marito, ma come ben sai in quel ruolo è sempre stato un fallito. Così come in ogni altra cosa della sua vita. Per non parlare del sesso: ci sarà un motivo se l'ultima volta che gliel'ho data avevamo venticinque anni. Da quel momento sono passati tanti uomini nel mio letto matrimoniale.''.
Piera si accoccolò ancora nuda contro il petto di Michele, che nel frattempo guardava distrattamente il notiziario.
''E poi vedi se qualche volta non gliele taglio quelle palline, a quell'invertebrato. Ha lo stesso valore umano di un mollusco. O di una zanzara. Totalmente inutile al progresso dell'umanità. Per questo ho scelto te...'' concluse Piera cominciando a massaggiare il pacco di Michele. Lui distolse lo sguardo su quella mano che afferrava e stringeva il pisello chiuso all'interno dei jeans e dei boxer. Lasciò il telecomando da parte e cominciò a baciare Piera con la lingua. Un bacio lungo, dolce, romantico. Un bacio da innamorati. A volte capitava che, dopo uno di quei baci, la serata sarebbe finita con una scopata meravigliosa nel letto matrimoniale.
E questa era una di quelle volte.

Piera e Michele rimasero sul divano a limonare per un bel po' di tempo, alternando baci a risate e parole dolci. Da lì a poco si sarebbero uniti ancora una volta.
''Sai tesoro'' aggiunse Michele con ormai il pisello di marmo e libero dai jeans ''Hai detto di aver scelto me. E credo che tu abbia fatto la scelta migliore.''.
Si presero per mano e finalmente si recarono, Michele ancora mezzo vestito e Piera solo con i tacchi indosso, in camera da letto richiudendosi la porta alle spalle.

Dal bagno si sentivano ancora i singhiozzi e i lamenti sommessi di Fausto.
scritto il
2024-07-21
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