La mia ginecologa è partita per una crociera

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La mia ginecologa è partita per una crociera attorno al mondo, ho chiamato il centro medico e ho chiesto la disponibilità di qualche altra professionista.
“Già per oggi pomeriggio ci sarebbe libero il dottor Scarpia”, mi dice la segretaria.
“Un uomo?”, chiedo.
“Un ginecologo che ha studiato negli Stati Uniti e applica tecniche all’avanguardia”, mi risponde, “se guarda sul nostro sito ha avuto solo feedback positivi”.
Prendo l’appuntamento e all’ora concordata mi reco all’ambulatorio.

La sala d’attesa è vuota. Mentre sfoglio una rivista dietro la porta sento degli strani suoni metallici, come di posate che cadono per terra, stridori sinistri, seguiti da un debole lamento, da altri rumori inconsueti e da un urlo smorzato ma ben percettibile.
Che sta succedendo là dentro?, mi chiedo. Tecniche all’avanguardia sticazzi, forse faccio ancora in tempo ad andarmene.
Un altro rumore sordo, cinque minuti di silenzio, la porta si apre e dallo studio del medico esce una signora sulla cinquantina, dal viso arrossato e con gli occhi infiammati, i capelli spettinati. Sembra un po' imbarazzata, non mi guarda, prende la giacca dall’attaccapanni, non mi saluta e scompare silenziosamente.

La segretaria che mi aveva risposto al telefono e accolto alla reception entra nella sala.
“Un attimo solo signora Ardente”, mi dice. Entra nello studio medico e dopo pochi minuti esce di corsa con un pesante secchio bianco, da cui sporgono diverse aste di metallo, una di queste palesemente sporca di rosso. Sangue vivo?, penso, e mentre provo a realizzare cosa possa essere successo là dentro, sento un profetico risucchio nel diaframma e un leggero crepitio tra le gambe.
I miei pensieri corrono… Già mi vedo distesa con le gambe legate ai supporti del lettino ginecologico, con la mia vulva completamente esposta, alla mercé di un disgustoso vecchio dottore con l'alito cattivo e dita dure e disumane, che frugano nei miei anfratti più bui… Devo andarmene al più presto da qui, penso, ma mentre sto per alzarmi la porta dello studio si apre e un uomo alto e giovane, con un camiche bianco a maniche corte, esce e dice il mio nome.
“Arianna Ardenti! Signora, per favore, mi segua”, mi dice, perentorio. Nonostante la giovane età ha un aspetto severo, amplificato da potenti occhi grigio acciaio in cui ci puoi pattinare. Un leggero brivido si diffonde in me, è giovanissimo!

Faccio fatica a guardarlo negli occhi, qualche pelo castano scuro gli spunta da sotto il camice in alto, riesco solo a pensare che sotto quel camice non indossa niente, almeno non sul torace.
Entro nella stanza e mi indica un paravento.
“La prego di togliersi tutti i vestiti e indossare questo”, mi dice porgendomi un camice ospedaliero, “lo allacci pure davanti”.
Mah. Si vede che negli Stati Uniti si usa così. Vado dietro al paravento e faccio ciò che mi ha detto.
Esco e lui è seduto dietro una grande scrivania. Mi guardo attorno nella stanza semibuia, piuttosto spoglia, tende scure, con un’unica forte lampada da architetto accesa sopra l’odiato lettino, un modello nuovo con poggiagambe larghi e incredibilmente alti, da cui sotto pendono un paio di cinghie di cuoio ad aggancio rapido. Su un tavolino accanto giacciono strani strumenti in lunghe file. Somigliano per lo più a piccoli calzari di metallo e becchi di uccello con manici robusti, viti e ganci. C’è anche un inquietante aggeggio di vetro a forma di pera. Accanto a loro, ordinatamente, una serie di piccole bottiglie piene di liquidi trasparenti, insieme a scatole di diversi colori. Resto perplessa. Li fisso come si guarderebbero degli strumenti di tortura medioevale. Mi viene in mente una puntata di Quark in cui si parlava della Santa Inquisizione...
“E’ pronta?”, dice una voce, “oh, signora Ardente, cosa fa lì impalata, si sdrai pure sul lettino, che cominciamo”.

Il dottore si alza e mi osserva con curiosità, mi sento arrossire, con gli occhi bassi vado verso il lettino, mi ci sdraio sopra, lui mi solleva rapidamente le gambe, le appoggia ai reggiarti e prima che possa capire cosa sta facendo me le lega con due cinghie.
“Ch-che c-c-cosa sta fa-facendo, dottore?”.
“Non si preoccupi”, mi dice, “le nuove tecnologie cliniche hanno bisogno della sua immobilità, sentirà poco dolore, glielo prometto”.
Sono troppo imbarazzata per dire qualcosa.

“Allora, mi dica. Qual è il suo problema?”, dice,
“Negli ultimi tempi non ho stimoli sessuali. Pure mio marito, che ha un pene abbastanza piccolo, quando prova a penetrarmi mi fa piangere dal dolore”.
“Soffre di secchezza vaginale? È meglio controllare bene”, dice,
Mi esce un piccolo “Sì”, ho paura. Sono legata, cazzo. Non è mica normale, penso tra me. Ma non oso dire nulla.

Il dottore mi punta la potente lampada sulla mia vagina spalancata
“Sto solo guardando la sua vulva per vedere se è tutto va bene”, dice.
Chiudo gli occhi e penso che ora arriva il peggio…
Lo sento infilarsi i guanti, sento allargarmi le labbra con dita forti e sicure e subito dopo un dito infilarsi in profondità nella mia figa.
“Ahi”, dico. Spalanco gli occhi.
Lui muove un po’ il dito, lo tira fuori, lo osserva e dice: “Già, come pensavo, non è affatto bagnata”.
Dal tavolino accanto lo vedo prendere una borraccia di plastica trasparente in cui sul tappo è infilato un piccolo beccuccio.
“Si rilassi”, dice, e me lo infila brutalmente nella figa. Sento un liquido fresco e viscoso entrarmi in profondità, sento la mia figa riempirsi completamente da quell’intruglio.

Come aveva fatto prima, il dottore allarga le mie piccole labbra con le dita e ci infila un dito. Anzi, adesso sono due. Le sento girare, escono, rientrano, girano, poi sento allargare, “Sono tre”, dice, “e ora infiliamo anche il quarto”.
Cerco di stare rilassata ma non riesco, Le cinghie mi impediscono i movimenti comincio ad ansimare, ho quattro dita estranee nella mia figa, mi sento stuprata ma anche dannatamente eccitata.
“Mi fa maleeee”, cerco di gridare, ma lui sta ormai facendo scorrere la sua mano dento e fuori, dentro e fuori, dentro, in profondità, poi ancora fuori.
Ho la figa che brucia, e sento del metallo freddo entrarmi dentro.
“Sta calma. Questo speculum è studiato per aprirla completamente, signora Ardente”, dice, con un sorriso perverso, “Le farà un po’ male quando lo spingo in fondo. Lei stringa i denti e cerchi di non urlare, la apro del tutto per calcolarne l’elasticità”.
Sto ansimando per la paura, vorrei scendere, ma sono legata, e quando provo a muovermi le cinghie strette mi feriscono la carne.
“Bastardo!”, urlo, “slegami subito!”
Lui sorride lascivamente, i suoi occhi bruciano nei miei.
“Vediamo cosa riesce a sopportare”, dice con una risata.
Il metallo freddo si fa strada nelle mucose più profonde, lo sento arrivare al collo dell’utero. Quando, una volta dentro, sento aprirsi lo speculum all’interno, il dolore è lancinante, grido “Nooooooooo!!!!” a pieni polmoni, ma non resisto più, mi sento mancare.
“Calma, calma Arianna”, dice, passando dal lei al tu, “la tua vagina è molto elastica, adesso ti abituerai alla nuova apertura e il dolore si trasformerà in eccitazione. Il tuo dolore si trasformerà in piacere. Ma non ti devi vergognare, so quello che faccio, sono un professionista”.

Lo vedo fare due passi indietro e osservare l’oscena apertura provocata dal grande strumento di metallo. Sento il sapore del sangue sul labbro che evidentemente mi sono morsa prima, quando ha aperto lo speculum, ma ora la passera fa meno male, Anzi, sembra quasi che un piacevole torpore benefico mi riempia la figa, come se fosse ormai abituata e anestetizzata alla nuova apertura. Tipo quando ti fa l’anestesia il dentista. Merito forse dell’intruglio che di cui mi ha riempita?
Non ho tempo di pensarci: il dottore adesso ha in mano una lunga asta rotonda di acciaio zincato. La cosparge di un liquido arancione e la inserisce nella mia figa sconciamente spalancata. La sento battere contro i lati dello speculum, Le vibrazioni mi percorrono il corpo, sono piacevoli onde di lussuria.
Lo sento premere contro la parte superiore della parete della figa, in fondo, ho un gemito quando preme contro il mio punto G.
“Credo che sia meglio esaminarti ancora più a fondo”, dice col suo sorrisetto da satiro. Estrae l’asta di acciaio e guarda dentro di me. Posso sentire il suo respiro fino infondo, mentre giaccio lì, legata, con la figa completamente dilatata dal suo strumento di metallo. Sono maledettamente eccitata, cazzo. Sento una scossa quando sento un paio dita stringermi delicatamente il clitoride.

Leggermente, con molta attenzione, chiude il grande speculum e lo toglie caldo dalla mia figa, per poi buttarlo in secchio bianco lì vicino, identico a quello che ho visto portare fuori prima dalla segretaria.
“Non dobbiamo lasciarle il tempo di chiudersi”. dice,
Sento alcune dita - due? Tre? Forse quattro? - entrare rapidamente e scoparmi la figa con forza, mentre lo vedo appoggiare la bocca sul clitoride per succhiarmelo avidamente.
Gemiti di piacere che non posso controllare escono dalla mia gola, vorrei che continuasse in eterno, le dita dentro e fuori dalla figa, e la lingua che mi stuzzica il grilletto.
Un potente orgasmo mi squassa il corpo, le cinghie che mi tengono legata mi lacerano la pelle.

“La diagnosi è pronta”, dice il dottore ridacchiando, “Tu hai bisogno di cazzo, Di tanto cazzo e ancora cazzo, tu devi avere un cazzo. Nella figa, in bocca e nel culo”.
“Ora arriva la parte migliore”, dice, mostrandomi uno strano dildo nero con una pallina sulla punta. “Questo nuovo giocattolo, una volta gonfiata la pallina, è sagomato per colpire il tuo punto G provocandoti una forte emissione di fluidi dall’uretra. Quello che viene volgarmente chiamato col temine squirting”.

Per l’ennesima volta sento allargare le mie labbra con le dita, infilare il piacevole dildo nero nella mia figa bagnata e andare veramente a toccare il punto G.
Mi aveva fatto davvero arrapare, quando mi aveva parlato di cazzo. Si, io volevo il cazzo.
Mi faccio coraggio: “E basta con questi attrezzi del diavolo, dottore. La sua diagnosi è perfetta. L’unica terapia è che voglio un vero cazzo di carne, mica quell’uccellino miserabile che si ritrova tra le gambe mio marito!”
“Vabbè, se è quello che vuoi, Arianna, ti scoperò a fondo fino a farti implorare di smetterla”.
Con ancora il dildo nero infilato nella figa, il dottore prende un’altra borraccia col beccuccio, me la infila delicatamente nel mio buchino posteriore e mi riempie il culo di lubrificante. .
“Sta finendo anche questo. Sfortunatamente usiamo troppo lubrificante qui in clinica”, dice allegramente. I suoi occhi brillano di lussuria e senza sforzo infila un dito nel mio foro posteriore, poi due, per allargarlo. Lo sento aprire la cerniera e sbottonarsi la patta, ed eccolo finalmente qui il bel dottorino, col camice alzato, un bel ragazzo con molti peli sul petto e un cazzo decisamente rigido, un cazzo grosso con una cappella enorme.
“Mmmmmm”, gemo per la piacevole epifania, e lui è sopra di me, mi apre il camice clinico, e mi bacia i capezzoli, mentre con dolcezza e perizia mi incula dolcemente, fino a quando, abituato il mio sfintere alla sua grossa cappella, comincia a pomparmi con ritmo accelerato.
Con una armeggia con la pompetta che esce dal dildo nero e gonfia la pallina, che premendo sul punto G mi fa sentire l’imminente bisogno di pisciare.
“Oooohh stavo per venire”, gemo, Sono piena come il pollo del sabato ma mi piace, sì, quanto mi piace, dammi il tuo cazzo tesoro, dico dentro di me, mentre lui mi scopa più velocemente che può sbuffando come una locomotiva.
“Con questo guarirai presto”, mi dice senza fiato, il mio culo è in fiamme per il suo grosso cazzo, ma è bello sentirlo scoparmi, è proprio quello di cui avevo bisogno, Gonfia ulteriormente il dildo nella mia figa, lo estrae di colpo e io schizzo liquido senza controllo, e schizzo, e schizzo, provando per la prima volta quello che tante donne considerano un unicorno, ma che è la sensazione più forte che abbia mai provato in vita mia: lo squirting.

Il bel dottore sfila anche il cazzo dal mio culo, lo asciuga e lo infila duro nella figa, che mi ha scopa a sussulti rapidi e profondi, io gemo di lussuria, lo sento nella figa, in testa, in tutto il corpo, ohhhh si, riecco la contrazione familiare e tanto cercata, e vengo, e vengo, e vengo di nuovo, sono investita da grandi ondate di piacere.
Il dottore con le mani afferra e strizza i miei seni, tira fuori il cazzo dalla figa, si arrampica sul lettino, su di me, per posizionare il suo uccello e premerlo tra le mie tette abbronzate.

Soddisfatta, lo guardo affascinata, e mi lecco le labbra con voluttà alla prospettiva di assaggiare il suo sperma. Lui mi scopa il seno e viene mugulando, mentre i getti densi spruzzano fuori, sul mio collo e mi colpiscono la guancia. Afferro il suo cazzo ancora duro, lo tiro a me e lo prendo in bocca, succhiando avidamente gli ultimi resti.
Lui mugugna ancora. Si alza, si asciuga la fronte e cerca di ridarsi un contegno. Mi slega, mi aiuta a scendere. Mi tremano un po’ le gambe e dove premevano le cinghie vedo delle macchie rossastre, che domani diventeranno senza dubbio nere e che dovrò giustificare a mio marito.

“È difficile fare il ginecologo qui in clinica”, dice con il sorriso più carino che ha nel suo repertorio.
Che posso dirgli? Annuisco soddisfatta e ricambio il sorriso.
“È bello essere curata da un bravo medico con le sue competenze”, sussurro scherzosamente.
scritto il
2024-07-26
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