I sette giorni - 3° giorno

di
genere
etero

La mattina trovai il coraggio di chiamare mio marito Leon, ma non quello di raccontargli la verità, così pensai di raccontargli delle menzogne anche per farlo stare più tranquillo. Dopo le solite frasi di rito, fu lui a chiedermi come stavo, e per recitare meglio la parte della vergine violentata, mi misi anche a piangere.
“È stato bruttissimo, mi hanno chiuso in una stanza con un uomo di colore che ha abusato di me in tutti i modi e maniere.” dissi fra una finta lacrima e l’altra.
“Quindi ti ha violentata ?”
“Non proprio in quanto anche se costretta ero consenziente, però non ho provato nulla se non schifo e dolore. Ora però voglio sapere se mi perdonerai ?” chiesi per vedere la sua reazione.
“Perdonarti di che ?”
“D’essere stata con un altro uomo, e oggi mi faranno fare sesso con un altro peggio di lui.”
“Certo che ti perdono, anzi non c’è nulla da perdonare perché non lo fai di tua volontà, ma solo per sottostare a uno schifoso ricatto. Però se non te la senti d’andare avanti dillo pure, da parte mia ci sarà solo comprensione, meglio vivere con poco ma potendosi guardare in faccia, che ricchi e senza dignità.”
Sentivo che la sua voce era sincera, ma da parte mia c’era solo la voglia d’andare avanti, di provare con un altro uomo che non sarebbe stato gentile come Erik, ma che mi veniva descritto come un mezzo animale.
“Senti oggi non potrà esser peggio di ieri.” gli dissi mentendo “Casomai se domani mi volessero far stuprare a più uomini sarei io a dire no, insomma il limite è quello.”
“Va bene amore, come vuoi tu, io resterò qui a pregare per te.”
Ci salutammo, ma appena lasciai il telefono mi sentii uno schifo per come avevo mentito a mio marito, ma del resto non sapevo come raccontargli che la sua amata moglie aveva goduto a frasi sodomizzare da un perfetto sconosciuto, così com’era successo con una donna il giorno prima. Come spiegargli che una donna che sino a qualche giorno prima era solo casa, lavoro e chiesa, stava scendendo sempre di più il sentiero della perversione, ben sapendo che gli sarebbe piaciuto percorrerlo.
Non sapendo cosa fare mi misi a pregare, anche se non sapevo cosa chiedere a Dio, se il perdono per le mie menzogne, o la forza di scappare via.

Come oramai d’abitudine fu Giselle a “venirmi a prendere”, anche se quel giorno non mi sarei mossa dalla mia stanza, portandomi quello che sarebbe stato il mio abbigliamento per l’occasione.
“Ben sapendo che Brutus ha la brutta abitudine di strappare le mutandine ti consiglio di non metterle, poi sei ti vuoi far del male da sola fai tu.” mi disse mentre stendeva sul letto un top e una mini davvero corta sul letto “In compenso collare e guinzaglio sono d’obbligo anche se sono più per scena che altro.”
“Ma è davvero un’animale come dici ?” chiesi sperando che fosse almeno una mezza verità.
“Sì ma tranquilla che ti metterò tanto di quel lubrificante dentro che sentirai ben poco, anche se è chiaro che ti farà male, Tu però cerca solo di rilassarti e pensare positivo, così magari godi un po’ e passa prima.”
Mi spogliai per poi mettermi quegli abiti da puttana di strada, e subito dopo Giselle iniziò e riempirmi lo sfintere di gel lubrificante, mettendone alla fine un po’ anche dentro la passera, ma senza farmi provare nulla.
“Hai qualche altro consiglio da darmi ?” chiesi sperando in qualcosa che non fosse solo resisti ed essere forte.
“Fai sempre quello che dice, non guardarlo mai dritto negli occhi a meno che non sia lui a chiederlo, se ti fa troppo male urla a più non posso almeno si calma, e se ti piace non darlo troppo a vedere.” mi rispose sistemandomi il collare col guinzaglio che pendeva fra le mie tette “Adesso aspettalo in piedi tanto arriverà molto presto.”
Non ebbi il tempo di ringraziarla, che Giselle uscì dalla mia stanza, così non rimase che rimanere in piedi in attesa di Brutus.
L’uomo che entrò aveva tutto tranne che un aspetto piacevole, a parte un sorriso che sembrava a sessantaquattro denti tanto era grande. Era alto più o meno un metro e settanta, con due spalle larghissime, un viso fin troppo squadrato, e dei possenti muscoli pettorali che l'attillata maglietta facevano apparire ancora più sviluppati.
“Quindi tu sei Priscilla, quella che deve smettere di fare la santarellina se vuole diventare ricca. Certo che tuo zio ti voleva davvero un gran bene se ha messo una clausola così folle per avere l’eredità.” mi disse mentre mi squadrava da capo a piedi.
“Se ti può interessare non l’ha compresa sino in fondo nemmeno il notaio che ha redatto il testamento, comunque sono qui a tua disposizione, solo ti prego di non farmi troppo male.” risposi tenendo la testa bassa.
“Guarda che non sono mica un animale !” mi disse ridendomi in faccia “Certamente non mi piace usare i guanti bianchi, ma del resto voi donne sapete essere delle grandissime troie, e quindi il cazzo ve lo do come piace a me. E a quanto pare tu sei solo una puttana che deve solo scoprire quali sono i suoi limiti, sempre che ne hai qualcuno” concluse scivolando dietro di me per poi palparmi con vigore il seno.
I suoi modi così virili, ma soprattutto così lontani da quelli di mio marito Leon, mi fecero sentire per un po’ più donna, così quasi senza volerlo mi poggiai con la schiena su di lui.
Brutus dopo avermi palpato a lungo il seno, fece lo stesso con le mie chiappe, facendo più volte passare la mano nel loro solco, ma senza cercare in alcun modo il buchetto.
Mi ritrovai ben presto completamente nuda, con lui che mi masturbava facendomi salire su di giri, tanto che finii sulla poltrona cadendoci sopra.
“Apri bene le gambe che adesso inizia il divertimento.” mi disse prima di prendere una sedia e mettersi davanti a me.
Poggiai le cosce sui braccioli pronta a ricevere le sue dita, che non tardarono ad entrare nella mia passera prima, e in bocca subito dopo, facendomi assaporare così la mia stessa eccitazione.
“Ma quanto hai il culo stretto !” esclamò quando provò ad infilarmi il suo indice nel buchetto.
“Forse non lo sai, ma sino a due giorni fa non l’avevo mai preso dietro.” risposi quasi vergognandomi della mia verginità anale persa solo in quella casa.
Brutus mi guardò in faccia per poi mettersi a ridere, mentre io non sapevo cosa dire o fare.
“Va bene vorrà dire che con te ci vorrà qualche aiutino, come una gran dose di lubrificante, perché se t’inculo a secco mi brucio il cazzo, e sia chiaro che voglio godere e non finire in infermeria.”
Quell’uomo che tutti consideravano un mezzo animale, prese da un cassetto un tubetto di vasellina, e con molta calma iniziò a ungere il buchetto, senza capire che dentro c’era il lubrificante messo prima da Giselle. Anche quando mi penetrò con un dito fu molto dolce, e solo quando le dita diventarono due provai un po’ di dolore, ma del resto le sue mani erano tutto tranne che piccole. Ciò nonostante, un piccolo gemito uscì dalla mia bocca, ma come se ciò non bastasse presi a scivolare sempre più in basso, per favorire il suo lavoro preparatorio. Brutus non si lasciò scappare quel chiaro segnale, così prese a masturbarmi l’ano affondando sempre di più le sue dita, mentre io mi mordevo le labbra per non fare la figura della puttana.
“Vediamo se ieri hai imparato a fare i pompini.” mi disse mettendosi in piedi davanti a me “Però prima inginocchiati in segno di rispetto.”
Non compresi perché mi dovevo umiliare in quel modo, ma non appena gli abbassai i pantaloni della tuta i miei pensieri furono ben altri. Brutus, infatti, non solo aveva un membro decisamente lungo, perlomeno come quello di Erik quindi ben più grande di quello di mio marito, ma aveva un diametro quasi mostruoso, tanto che prenderlo in mano dovetti usarle entrambe.
“Inizia a leccarmi le palle e poi succhiale, così prendi confidenza col mio fratellino.” mi disse ridacchiando.
Mi venne quasi voglia di ringraziarlo per esser stato a suo modo gentile, ma quando vidi che aveva i testicoli grossi come due palle da biliardo, capii che mi stava prendendo in giro, e che non solo non potevo farci niente, ma che dovevo anche ubbidirgli, così tirai fuori la lingua per passarla più volte sulle palle.
Se leccargliele fu facile, e del resto non poteva essere altrimenti, prendergliene in bocca una fu una mezza impresa, viste le dimensioni per me mostruose. Più che altro riuscii a metterne un po’ fra le labbra per poi passarci la lingua da sotto, e nonostante non fosse ciò che m’aveva ordinato di fare, Brutus non disse nulla forse sapendo che dopo non avrei potuto barare. Infatti, quando mi piazzò l’enorme cappella davanti alla bocca, all’inizio leccai anche quella, per poi far passare la lingua su tutta l’asta, ma il mio tentennare ebbe vita breve.
“Adesso finiscila di fare la bambina e prendimelo in bocca, o vuoi che ti spieghi come si fa un signor pompino.” mi disse sbattendomi il randello in faccia.
Spalancai al massimo la bocca, ma anche così non riuscivo a mettermi fra le labbra la sola cappella, peccato che le mie difficoltà lo facessero solo ridere. Senza dire nulla m’afferrò con forza la testa per poi spingermi dentro la bocca la sua mazza, sino a quando non ne fu entrata almeno metà, non dando alcuna importanza al fatto che cercassi in ogni modo di divincolarmi.
“Brava la mia troietta, succhiamelo bene così poi è bello duro quando ti scopo fica e culo.” mi disse giocando di fatto con la mia testa.
Anche se avrei voluto stringere i denti con tutta la mia forza, decisi che era meglio assecondarlo, così rilassai il più possibile la bocca e feci quel che voleva. Dopo un po’ scoprii con un certo stupore che succhiargli la mazza non era poi così male, anche se il suo odore era abbastanza forte, ed il pensare che stava godendo grazie alla mia bocca mi tirò su il morale.
“Vai sul letto e sdraiati al centro.” mi ordinò quasi tirandomi via da lui.
Capii che era arrivato il momento che tanto temevo, ma non potendo fare nulla se non pregare in silenzio, mi sdraiai al centro del letto aspettando che si mettesse sopra di me con una certa angoscia. Brutus all’inizio fu “quasi” umano, nel senso che fece entrare il suo enorme randello dentro la mia passera con tutta calma, ma quando poi iniziò a spingere scatenò in me emozioni perfettamente opposte. Da un lato infatti sentivo dolore e provavo una profonda umiliazione, dall’altro mi piaceva farmi scopare da un vero maschio, uno al cui confronto mio marito sembrava poco più di un eunuco.
“Dillo che ti piace, tanto ti si legge in faccia che godi troia.” mi disse con disprezzo.
Non risposi, ma non potevo negare d’avere un mezzo lago fra le gambe, e che rimanere in silenzio mi costava sempre più fatica.
Brutus non disse nulla quando sfilò la sua mazza dalla mia passera per passare all’entrata posteriore, e come prima fu molto calmo all’inizio, per poi crescere di ritmo facendomi riprovare le sensazioni di poco prima. Solo che questa volta mi sfuggì un gemito e subito dopo un altro, così lui colse la palla al balzo per farmi confessore.
“Allora vuoi rimanere ancora muta o dire che ti piace prenderlo nel culo ?”
“Sì mi piace e allora ?” risposi con forse troppa arroganza.
“Allora girati che ti sbatto come merita una come te.”
Non ebbi quasi tempo di mettermi carponi che lui mi penetrò con tutta la sua forza, entrando a tutta forza dentro la mia passera, facendomi urlare un po’ di dolore, ma tanto di piacere.
Da consumato stallone Brutus cambiava in continuazione la porta del piacere dove infilare la sua nerchia, che all’inizio bruciava un po’, ma poi scatenava un incendio dentro di me. Ebbi un orgasmo devastante, ma lui non mi diede tempo di riprendermi che continuò imperterrito la sua bellissima opera di demolizione.
Ripeté il gioco delle penetrazioni alternate in diverse posizioni, facendo sempre godere anche quando glielo dovevo succhiare per farlo durare ancora di più.
Ebbi orgasmi standogli sopra e sotto, ma il massimo era quando mi metteva carponi per poi afferrarmi saldamente i fianchi e scoparmi come se non ci fosse un domani.
Durante un tempo che mi parve infinito, lui non smise mai d’insultarmi e di dare dell’impotente a mio marito, che mai era riuscito a farmi godere come ci stava riuscendo lui.
“Dillo che sei una puttana da culo con un marito cornuto.” m’ordinò di dire prendendomi per i capelli.
“Sono una puttana da culo, ma per pietà lascia perdere mio marito.” risposi con l’ultimo briciolo di orgoglio.
“No dillo che lui è un cornuto e pure impotente.”
“Sì mio marito è un cornuto impotente, ma non smettere perché godo !”
“Certo che t’inculo, almeno finché ce l’hai stretto, perché a forza di farti sfondare te lo ritroverai bello largo.”
Quasi non mi bastasse avere quell’animale dietro di me che mi sbatteva senza sosta, m’infilai due dita nella fica per godere ancora di più, sino a quando non me lo ritrovai davanti pronto al suo battesimo.
Brutus, infatti, m’infilò una mano fra i capelli per poi masturbarsi davanti a me, e quindi venirmi copiosamente in faccia, coprendomi ben presto il viso col suo seme.
Come se fosse la cosa più naturale al mondo, prese il mio cellulare e mi scattò una foto con la faccia ancora sporca.
“Questa mandala al cornuto, almeno capirà che razza di troia s’è sposata.” mi disse ridacchiando.
“Io non sono una troia.” risposi cercando di riacquistare un minimo di dignità.
“No sei solo una che da tre giorni si fa sfondare il culo da uomini e donne, insomma una mezza santa vergine che scopa con chiunque passi di qui.”
Non provai a controbattere sapendo che era una battaglia persa, anche perché in parte aveva ragione.
Brutus si rivestì prima di lasciarmi, e solo allora andai a farmi una doccia purificatrice almeno nelle intenzioni. Avevo ceduto nuovamente al piacere e non sapevo più cosa dire a mio marito, ma soprattutto cosa sarebbe successo l’indomani, certa che la nuova prova non sarebbe stato un rapporto a due.
Una volta che finii d’asciugarmi mi misi ai piedi del letto per pregare, anche se non sapevo neanch’io cosa chiedere a Dio. Perché se la carne avesse potuto dimostrarsi debole, non avrebbe dovuto esserlo lo spirito, ed invece il mio si era dimostrato un fallimento completo.
In tre giorni avevo avuto più veri orgasmi che nel resto della mia vita, e se da un alto avevo paura per quello che poteva succedere l’indomani, dall’altro avevo la certezza che avrei goduto ancor di più che con Brutus, pur non avendo alcun motivo per crederlo.
Come se tutto ciò non bastasse a scuotere le fondamenta della mia fede, mi bastava ripensare a chi mi aveva fatto godere, per sentirmi salire dentro il desiderio di toccarmi, come se il rapporto con Brutus non avesse placato le mie voglie.
Così smisi di pregare per ributtarmi sotto la doccia, che feci ben fredda sperando così di spegnere i bollenti spiriti, e una volta uscita dal bagno cercare di svagarmi col mio smartphone.



Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com
(quelli volgari saranno subito cestinati)

Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
http://serenathemiss.wordpress.com/
scritto il
2024-07-28
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