Lorenzo e Bruno
di
Miss Serena
genere
gay
A volte mi sentivo davvero come “Fantozzi ragionier Ugo, matricola 7829/ bis dell’ufficio sinistri”, fosse solo per la vita grigia che conducevo, oltre che per il lavoro fin troppo simile, occupandomi proprio di sinistri per un grosso gruppo assicurativo. Magari non avevo come colleghi i vari Filini, Carboni o la signorina Silvani, ma la fauna dell’ufficio era anche quella piuttosto simile, fra ruffiani, incapaci e aspiranti miss che tutto erano tranne che belle donne.
Il mio capo era il dottor Bruno Gentilini, uno di poche parole tanto che a volte non ricordavo il tono della voce, capace di farti gelare il sangue con uno sguardo, ma per fortuna troppo interessato a far carriera che a rompere a vuoto ai suoi sottoposti.
Quanto a me Fracassi ragionier Lorenzo, ero il classico single senza nessuna voglia di accoppiarmi, gay represso che ogni tanto andava con una trans per sentirsi vivo. Avevo anche provato a frequentare qualche locale LGBT, ma ne ero uscito ogni volta a velocità tripla rispetto a quella d’entrata, e non avevo mai avuto il coraggio d’andare sino in fondo con le chat d’incontri.
Ovviamente nel mio monolocale non mancavano falli e vibratori direi quasi di ogni genere e dimensione, anche se usavo sempre quelli più piccoli per paura di farmi del male da solo.
L’unica forma di trasgressione era il portare slip femminili, ma solo perché ero sicuro che nessuno m’avrebbe mai scoperto, e depilarmi le parti intime, ritrovandomi il sedere bello liscio anche al suo interno.
La mia vita monotona ebbe una svolta una calda giornata di luglio, quando l’impianto di climatizzazione del mio piano si bloccò, facendo salire in modo osceno la temperatura di tutti gli uffici. La prima contromossa fu quella di liberarsi di giacche e cravatte, ma, nonostante ciò, ebbi un mancamento, col risultato di svegliarmi in sala mensa con vicino il mio capo.
“Cos’è successo, perché sono qui ?” chiesi ancora intontito.
“Nulla di grave Gentilini, è solo svenuto, ma volendo grazie a lei abbiamo fatto evacuare l’intero piano.” mi rispose lui con uno strano sorriso “Adesso però si riprenda per bene, e solo quando si sentirà bene troni pure a casa, per oggi lei ha dato.”
Rimasi una buona mezz’ora in sala mensa a bere acqua fresca, prima di tornare a casa e mettermi sotto la doccia, avendo però la sensazione che non fosse tutto così semplice come poteva apparire.
Il giorno seguente l’impianto di climatizzazione era stato aggiustato, e tutti erano al loro posto, solo il dottor Gentilini girava più del suo solito, ma non diedi alcuna importanza alla cosa, sino a quando non mi chiamò per dirmi che dovevo andare nel suo ufficio prima delle cinque.
Pur essendo certo di non aver fatto nulla di male, quella chiamata mi mise uno strano senso di agitazione, e così quando mancavano venti minuti alla fine dell’orario di lavoro, mi feci forza e bussai al suo ufficio.
“Fracassi è lei, entri pure e chiuda la porta, vedrà che sbrigheremo questa cosuccia in pochi minuti.” mi disse dopo avermi fatto entrare “E stia tranquillo che non è nulla di grave, solo come sa preferisco prevenire che curare.”
Passai dall’agitazione alla curiosità più pura, ma non volevo esser io a fare il primo passo; quindi, aspettai che fosse lui a parlare.
“Vede Fracassi lei non lo sa, ma ieri il primo a soccorrerla sono stato io, se non altro perché ero il più vicino oltre all’unico che l’abbia vista cadere. In questo caso è buona regola slacciare la cintura dei pantaloni, così ho visto che lei portava delle bellissime mutandine di raso viola, direi troppo femminili per un uomo o sbaglio ?”
Il suo tono trasmetteva calma apparente, perché era chiaro che quello non sarebbe stato un normale rimprovero, solo non sapevo quel che voleva quell’uomo da me.
“Dottor Gentilini, lasci che le spieghi perché non è come sembra, ecco io.” farfugliai prima che lui mi facesse vedere la foto del suo smartphone dove mi si vedeva con le mutandine da donna.
“Non è come sembra Lorenzo, o forse dovrei chiamarti Lorenza ?” mi chiese con un’ironia che si vedeva tratteneva a stento.
Anche se sapevo che non mi poteva punire per quello che portavo sotto i pantaloni, era altrettanto chiaro che ero nelle sue mani.
“Mi dica quello che vuole e facciamola finita.” dissi a testa bassa.
“Questo è il mio indirizzo.” mi disse col suo solito tono di voce “L’aspetto alle otto in punto.”
“Per cosa ?”
“Per essere la mia troia, e sia chiaro che sono un padrone molto esigente con le puttane da cazzo come te.”
Rimasi gelato dalle sue parole non solo perché mi avrebbe costretto ad avere quel rapporto omosessuale che da sempre avevo cercato d’evitare, ma per di più come sottomesso e non solo come parte passiva.
Presi il suo biglietto con un gesto di stizza, per poi andare verso la porta e tornare alla mia postazione, sentendo quasi in sottofondo il suo “Mi raccomando puntualità e pulizia.”
Una volta arrivato a casa feci la consueta doccia, aggiungendo però un bel clistere avendo anche il terrore che mi trovasse sporco dentro, oltre a quello di dover avere un rapporto con un uomo che conoscevo a malapena. Volendo non era neanche messo male, un po’ di pancetta ma non troppa, che però poco si vedeva grazia alla sua altezza superiore alla mia, e che doveva essere sul metro e ottanta. Non era neppure un brutto uomo, ma neppure uno che da far perdere la testa al primo sguardo, insomma un altro essere anonimo come in realtà lo ero anch’io.
Arrivai sotto casa sua con un quarto d’ora d’anticipo, che passai a pensare se fosse peggio salire e subire il ricatto, oppure essere sputtanato per tutti gli uffici, dove fra l’altro c’erano già un paio di gay dichiarati. Alla fine, decisi di andare da Bruno dicendo a me stesso che per scappare c’era sempre tempo.
Lui mi aprì il portone poco dopo aver suonato il campanello, per poi attendermi sulla soglia di casa con addosso un kimono di raso nero.
“Spogliati e metti i tuoi stracci su quella sedia.” m’ordinò non appena chiuse la porta “Le puttane come te in questa casa possono stare solo nude e in ginocchio.”
Mi tolsi il poco che avevo indossato, e subito dopo m’inginocchiai in attesa del suo prossimo ordine neanche fossi il suo cane.
“Mettiamo subito in chiaro alcune cose, tu qui sei il nulla, uno zero senza alcun diritto se non quello di non subire danni, e puoi stare tranquillo che non sono un sadico da fruste o altro. Potrai parlare solo se richiesto e rivolgendoti a me con rispetto usando le parole Padrone o Signore. Inoltre, farai con assoluta devozione ogni azione che ti ordinerò di compiere, senza poter obbiettare o avere tentennamenti. Infine, se vieni dovrai leccare il tuo schifoso sperma, sino a ripulire completamente dove sei venuto, sono stato abbastanza chiaro cara la mia puttana per questa sera ?
“Sì volevo dire sì signore.” risposi quasi affascinato dal suo modo di fare, così autoritario, ma allo stesso tempo naturale, come se per lui fosse normale dominare le persone.
Bruno mi fece camminare a quattro zampe sino alla sua camera, dove mi sfuggì un’espressione di meraviglia.
“Ma quant’è grande !” dissi senza rendermi conto d’aver parlato senza il suo permesso.
“Quasi sessanta metri quadri.” mi rispose prima di darmi un piccolo calcio nel sedere “In realtà è l’unione di due stanze già abbastanza grandi, ma ho voluto creare oltre alla mia camera una sala giochi per chi viene da me, a prescindere se sia uomo o donna.”
Lo vidi sedersi su una grande poltrona in cuoio che a occhio poteva andare bene per due persone, prima di darmi il suo primo vero ordine.
“Prendi un po’ d’olio e massaggiami i piedi, mi raccomando li voglio lisci e profumati e non unti.” mi disse indicandomi un dispenser in cristallo.
Non sapendo quanto olio servisse, ne presi ben poco che non bastò neanche per un piede, ma lui non disse nulla, lasciando che imparassi da solo. Più gli massaggiavo i piedi, e più l’odore dolce delle mandorle mi riempiva il naso, ma dentro di me non aspettavo altro che poter assaggiare l’olio direttamente con la bocca.
“Brava la mia nuova troia, adesso leccali ma senza lasciarci la saliva sopra.” m’ordinò come se m’avesse letto nel pensiero.
Iniziai prendendo in bocca l’alluce per succhiarlo, e nonostante mi sentissi una merda schiacciata da un camion, provai un certo piacere nel farlo. Piacere che crebbe man mano che andavo avanti, sino a quando passai tutta la lingua sulla sua pianta del piede, finendo col succhiare nuovamente le dita.
“E’ la prima volta che sei sottomesso ?” mi chiese mentre continuavo a leccargli i piedi.
“Sì signore, mai fatto nulla del genere prima d’ora.”
“L’esperienza conta sino a un certo punto, tu sarai anche senza ma sei troia dentro. Ora fammi sentile la tua bella lingua sul buco del culo e poi sulle palle, e solo dopo vedremo se sei degno di leccarmi anche il cazzo.” mi disse scendendo sulla sedia quel tanto che bastava perché potessi arrivare al suo ano.
Se i suoi piedi sapevano di mandorla dolce, il culo odorava di maschio, e non solo perché era peloso, al contrario del mio dove non ce n’era uno da anni. Allungai timidamente la lingua verso quella rosa di carne che sapevo non avrei mai potuto toccare se non in quel modo così servile, ma una volta che l’ebbi toccata fu come se ogni mia paura sparisse lasciando posto solo alla consapevolezza che eravamo si due uomini, ma lui era un maschio e uno una femmina col cazzo. Più che leccargli culo e palle li adorai, provando piacere dal solo fatto che stavo dandole a lui, sperando che avrebbe ricambiato prima di farmi diventare la sua puttana da culo.
Senza dire nulla Bruno mi prese la testa fra le mani, per infilarmi il suo randello in bocca senza che io potessi ribellarmi in qualche modo o maniera, ben sapendo che non aspettavo altro che fargli un pompino.
Il suo cazzo era ben più grande del mio, ma non per questo di dimensioni mostruose, e non ebbi problemi a prenderlo tutto fra le labbra, pur provando all’inizio un certo fastidio, ma ben presto riuscii a soddisfarlo nel migliore dei modi. Mentre le labbra scorrevano per tutta la lunghezza dell’alta, tenendola ben stretta, la lingua s’occupava quasi esclusivamente della cappella, che si gonfiò sino a diventare una bella prugna.
“Lo so che non aspetti altro che te lo metta nel culo, ma prima devi pregarmi di farti diventare la donna della serata.” mi disse tirandomi via dal suo membro.
“Padrone ti prego inculami.” risposi all’istante.
“Non così, devi convincermi a fare di te la mia troia.”
“Signore ho eseguito ogni tuo ordine, solo con la speranza che tu possa farmi tuo, la tua puttana da inculare come vuoi, senza badare a me ma solo al tuo piacere. Non ho mai preso un cazzo vero nel culo, e ti sarei per sempre grato se vorrai essere il primo a farmi sentire donna.”
“Così mi piace, quindi mettiti a pecora sul letto e apriti bene il culo.”
Ubbidii con entusiasmo, e del resto non aspettavo altro, così non dissi nulla quando mi passò la cintura del kimono intorno al collo, prima di ungermi alla meno peggio l’ano.
Bruno mi sodomizzò con inaudita violenza, facendomi vedere le stelle, tanto che m’aggrappai alle lenzuola per rimanere fermo, e solo quel residuo d’orgoglio che m’era rimasto m’impedì di urlare il mio dolore. Non pago di tutto questo iniziò a scoparmi con forza, tirandomi a sé per la cintura che avevo intorno al collo, facendo ogni tanto uscire la mazza per poi rimetterla dentro con sempre più brutalità.
“Allora puttana quanto ti piace farti sfondare il culo ?” mi chiese dandomi un attimo di tregua.
“Tanto signore, è bello farsi inculare da te.” risposi mentendo ma del resto non potevo fare altro.
“Bene perché questo è solo l’inizio.”
Non so per quanto tempo abusò del mio culo, ma dopo un po’ il cazzo mi diventò durissimo, e non toccarmi fu forse la peggior tortura della serata. Stavo godendo pur soffrendo come un cane, sperando che il dolore passasse in fretta, mentre invece calava ma in molto lentamente.
“Lo so che ti sto facendo male.” mi disse quasi divertito “Ma non me frega un cazzo e poi devi pur imparare a fare la troia da culo, e anche se non sei la sola sei quella meno sfondata.”
Non diedi importanza alle sue parole, cercando solo di pensare a godere un po’ anch’io, per la prima volta libero dai miei stessi tabù. Godevo nell’essere posseduto da un uomo, che fra l’altro era fin troppo chiaramente dominante nei miei confronti, ma questo era un dettaglio al quale non dare nessuna importanza. Provavo immenso piacere nel sentire un cazzo entrare ed uscire dal mio retto, trattato come una checca che non cerca altro che qualcuno che se la scopi, senza dare alcuna importanza al come. Proprio quando stavo venendo pur senza toccarmi, lui mi precedette schizzandomi il suo orgasmo dentro il culo, riempiendomi lo sfintere di sperma, per poi rallentare il suo incedere sino a fermarsi.
“Adesso puliscimi il cazzo, poi penserò a te.” mi disse sdraiandosi soddisfatto sul letto.
Cercando di tenere il sedere in alto in modo da non far uscire il suo sperma, ripulii il suo pene con poche ma lunghe leccate, sino a quando non ci fu più nessuna traccia del suo orgasmo.
“Vai pure nel cesso a pulirti, e se vuoi fatti una sega, la porta è in fondo a destra.”
Corsi in bagno, non solo per potermi masturbare, anche perché mi sembrava che il pene mi dovesse esplodere da un momento all’altro, ma soprattutto per paura di sporcare, ben sapendo che poi avrei dovuto pulire con la lingua. Mi bastarono pochi colpi di mano per venire copiosamente, e del resto ero troppo eccitato per poter durare anche un solo minuto.
Quando tornai da lui era nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato, solo più rilassato tanto da sembrare quasi umano.
“Una sera devo vedere chi è più puttana tra te e Valentino.” mi disse ridacchiando “Anche se lui parte favorito perché è un senza cazzo.”
Valentino Gratti era un mio collega che se la tirava da gran Dongiovanni, ma che nessuno aveva visto con una donna.
“Come vuole il mio signore.” risposi pensando che dopo non avrebbe più potuto fare il gallo, almeno in mia presenza.
“Adesso rivestiti e vattene, ci vediamo lunedì in ufficio, e mi raccomando metti le mutante da puttana, casomai volessi svuotarmi i coglioni con te.”
“Sarà fatto signore.”
Mentre mi rimettevo i miei vestiti pensai che nulla sarebbe stato più come prima, e non solo perché stavo diventando la cagna del mio responsabile, ma anche perché non avrei avuto più paura farmi sottomettere da un uomo.
Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com
(quelli volgari saranno subito cestinati)
Invito tutti a visitare il mio piccolo blog
http://serenathemiss.wordpress.com/
Il mio capo era il dottor Bruno Gentilini, uno di poche parole tanto che a volte non ricordavo il tono della voce, capace di farti gelare il sangue con uno sguardo, ma per fortuna troppo interessato a far carriera che a rompere a vuoto ai suoi sottoposti.
Quanto a me Fracassi ragionier Lorenzo, ero il classico single senza nessuna voglia di accoppiarmi, gay represso che ogni tanto andava con una trans per sentirsi vivo. Avevo anche provato a frequentare qualche locale LGBT, ma ne ero uscito ogni volta a velocità tripla rispetto a quella d’entrata, e non avevo mai avuto il coraggio d’andare sino in fondo con le chat d’incontri.
Ovviamente nel mio monolocale non mancavano falli e vibratori direi quasi di ogni genere e dimensione, anche se usavo sempre quelli più piccoli per paura di farmi del male da solo.
L’unica forma di trasgressione era il portare slip femminili, ma solo perché ero sicuro che nessuno m’avrebbe mai scoperto, e depilarmi le parti intime, ritrovandomi il sedere bello liscio anche al suo interno.
La mia vita monotona ebbe una svolta una calda giornata di luglio, quando l’impianto di climatizzazione del mio piano si bloccò, facendo salire in modo osceno la temperatura di tutti gli uffici. La prima contromossa fu quella di liberarsi di giacche e cravatte, ma, nonostante ciò, ebbi un mancamento, col risultato di svegliarmi in sala mensa con vicino il mio capo.
“Cos’è successo, perché sono qui ?” chiesi ancora intontito.
“Nulla di grave Gentilini, è solo svenuto, ma volendo grazie a lei abbiamo fatto evacuare l’intero piano.” mi rispose lui con uno strano sorriso “Adesso però si riprenda per bene, e solo quando si sentirà bene troni pure a casa, per oggi lei ha dato.”
Rimasi una buona mezz’ora in sala mensa a bere acqua fresca, prima di tornare a casa e mettermi sotto la doccia, avendo però la sensazione che non fosse tutto così semplice come poteva apparire.
Il giorno seguente l’impianto di climatizzazione era stato aggiustato, e tutti erano al loro posto, solo il dottor Gentilini girava più del suo solito, ma non diedi alcuna importanza alla cosa, sino a quando non mi chiamò per dirmi che dovevo andare nel suo ufficio prima delle cinque.
Pur essendo certo di non aver fatto nulla di male, quella chiamata mi mise uno strano senso di agitazione, e così quando mancavano venti minuti alla fine dell’orario di lavoro, mi feci forza e bussai al suo ufficio.
“Fracassi è lei, entri pure e chiuda la porta, vedrà che sbrigheremo questa cosuccia in pochi minuti.” mi disse dopo avermi fatto entrare “E stia tranquillo che non è nulla di grave, solo come sa preferisco prevenire che curare.”
Passai dall’agitazione alla curiosità più pura, ma non volevo esser io a fare il primo passo; quindi, aspettai che fosse lui a parlare.
“Vede Fracassi lei non lo sa, ma ieri il primo a soccorrerla sono stato io, se non altro perché ero il più vicino oltre all’unico che l’abbia vista cadere. In questo caso è buona regola slacciare la cintura dei pantaloni, così ho visto che lei portava delle bellissime mutandine di raso viola, direi troppo femminili per un uomo o sbaglio ?”
Il suo tono trasmetteva calma apparente, perché era chiaro che quello non sarebbe stato un normale rimprovero, solo non sapevo quel che voleva quell’uomo da me.
“Dottor Gentilini, lasci che le spieghi perché non è come sembra, ecco io.” farfugliai prima che lui mi facesse vedere la foto del suo smartphone dove mi si vedeva con le mutandine da donna.
“Non è come sembra Lorenzo, o forse dovrei chiamarti Lorenza ?” mi chiese con un’ironia che si vedeva tratteneva a stento.
Anche se sapevo che non mi poteva punire per quello che portavo sotto i pantaloni, era altrettanto chiaro che ero nelle sue mani.
“Mi dica quello che vuole e facciamola finita.” dissi a testa bassa.
“Questo è il mio indirizzo.” mi disse col suo solito tono di voce “L’aspetto alle otto in punto.”
“Per cosa ?”
“Per essere la mia troia, e sia chiaro che sono un padrone molto esigente con le puttane da cazzo come te.”
Rimasi gelato dalle sue parole non solo perché mi avrebbe costretto ad avere quel rapporto omosessuale che da sempre avevo cercato d’evitare, ma per di più come sottomesso e non solo come parte passiva.
Presi il suo biglietto con un gesto di stizza, per poi andare verso la porta e tornare alla mia postazione, sentendo quasi in sottofondo il suo “Mi raccomando puntualità e pulizia.”
Una volta arrivato a casa feci la consueta doccia, aggiungendo però un bel clistere avendo anche il terrore che mi trovasse sporco dentro, oltre a quello di dover avere un rapporto con un uomo che conoscevo a malapena. Volendo non era neanche messo male, un po’ di pancetta ma non troppa, che però poco si vedeva grazia alla sua altezza superiore alla mia, e che doveva essere sul metro e ottanta. Non era neppure un brutto uomo, ma neppure uno che da far perdere la testa al primo sguardo, insomma un altro essere anonimo come in realtà lo ero anch’io.
Arrivai sotto casa sua con un quarto d’ora d’anticipo, che passai a pensare se fosse peggio salire e subire il ricatto, oppure essere sputtanato per tutti gli uffici, dove fra l’altro c’erano già un paio di gay dichiarati. Alla fine, decisi di andare da Bruno dicendo a me stesso che per scappare c’era sempre tempo.
Lui mi aprì il portone poco dopo aver suonato il campanello, per poi attendermi sulla soglia di casa con addosso un kimono di raso nero.
“Spogliati e metti i tuoi stracci su quella sedia.” m’ordinò non appena chiuse la porta “Le puttane come te in questa casa possono stare solo nude e in ginocchio.”
Mi tolsi il poco che avevo indossato, e subito dopo m’inginocchiai in attesa del suo prossimo ordine neanche fossi il suo cane.
“Mettiamo subito in chiaro alcune cose, tu qui sei il nulla, uno zero senza alcun diritto se non quello di non subire danni, e puoi stare tranquillo che non sono un sadico da fruste o altro. Potrai parlare solo se richiesto e rivolgendoti a me con rispetto usando le parole Padrone o Signore. Inoltre, farai con assoluta devozione ogni azione che ti ordinerò di compiere, senza poter obbiettare o avere tentennamenti. Infine, se vieni dovrai leccare il tuo schifoso sperma, sino a ripulire completamente dove sei venuto, sono stato abbastanza chiaro cara la mia puttana per questa sera ?
“Sì volevo dire sì signore.” risposi quasi affascinato dal suo modo di fare, così autoritario, ma allo stesso tempo naturale, come se per lui fosse normale dominare le persone.
Bruno mi fece camminare a quattro zampe sino alla sua camera, dove mi sfuggì un’espressione di meraviglia.
“Ma quant’è grande !” dissi senza rendermi conto d’aver parlato senza il suo permesso.
“Quasi sessanta metri quadri.” mi rispose prima di darmi un piccolo calcio nel sedere “In realtà è l’unione di due stanze già abbastanza grandi, ma ho voluto creare oltre alla mia camera una sala giochi per chi viene da me, a prescindere se sia uomo o donna.”
Lo vidi sedersi su una grande poltrona in cuoio che a occhio poteva andare bene per due persone, prima di darmi il suo primo vero ordine.
“Prendi un po’ d’olio e massaggiami i piedi, mi raccomando li voglio lisci e profumati e non unti.” mi disse indicandomi un dispenser in cristallo.
Non sapendo quanto olio servisse, ne presi ben poco che non bastò neanche per un piede, ma lui non disse nulla, lasciando che imparassi da solo. Più gli massaggiavo i piedi, e più l’odore dolce delle mandorle mi riempiva il naso, ma dentro di me non aspettavo altro che poter assaggiare l’olio direttamente con la bocca.
“Brava la mia nuova troia, adesso leccali ma senza lasciarci la saliva sopra.” m’ordinò come se m’avesse letto nel pensiero.
Iniziai prendendo in bocca l’alluce per succhiarlo, e nonostante mi sentissi una merda schiacciata da un camion, provai un certo piacere nel farlo. Piacere che crebbe man mano che andavo avanti, sino a quando passai tutta la lingua sulla sua pianta del piede, finendo col succhiare nuovamente le dita.
“E’ la prima volta che sei sottomesso ?” mi chiese mentre continuavo a leccargli i piedi.
“Sì signore, mai fatto nulla del genere prima d’ora.”
“L’esperienza conta sino a un certo punto, tu sarai anche senza ma sei troia dentro. Ora fammi sentile la tua bella lingua sul buco del culo e poi sulle palle, e solo dopo vedremo se sei degno di leccarmi anche il cazzo.” mi disse scendendo sulla sedia quel tanto che bastava perché potessi arrivare al suo ano.
Se i suoi piedi sapevano di mandorla dolce, il culo odorava di maschio, e non solo perché era peloso, al contrario del mio dove non ce n’era uno da anni. Allungai timidamente la lingua verso quella rosa di carne che sapevo non avrei mai potuto toccare se non in quel modo così servile, ma una volta che l’ebbi toccata fu come se ogni mia paura sparisse lasciando posto solo alla consapevolezza che eravamo si due uomini, ma lui era un maschio e uno una femmina col cazzo. Più che leccargli culo e palle li adorai, provando piacere dal solo fatto che stavo dandole a lui, sperando che avrebbe ricambiato prima di farmi diventare la sua puttana da culo.
Senza dire nulla Bruno mi prese la testa fra le mani, per infilarmi il suo randello in bocca senza che io potessi ribellarmi in qualche modo o maniera, ben sapendo che non aspettavo altro che fargli un pompino.
Il suo cazzo era ben più grande del mio, ma non per questo di dimensioni mostruose, e non ebbi problemi a prenderlo tutto fra le labbra, pur provando all’inizio un certo fastidio, ma ben presto riuscii a soddisfarlo nel migliore dei modi. Mentre le labbra scorrevano per tutta la lunghezza dell’alta, tenendola ben stretta, la lingua s’occupava quasi esclusivamente della cappella, che si gonfiò sino a diventare una bella prugna.
“Lo so che non aspetti altro che te lo metta nel culo, ma prima devi pregarmi di farti diventare la donna della serata.” mi disse tirandomi via dal suo membro.
“Padrone ti prego inculami.” risposi all’istante.
“Non così, devi convincermi a fare di te la mia troia.”
“Signore ho eseguito ogni tuo ordine, solo con la speranza che tu possa farmi tuo, la tua puttana da inculare come vuoi, senza badare a me ma solo al tuo piacere. Non ho mai preso un cazzo vero nel culo, e ti sarei per sempre grato se vorrai essere il primo a farmi sentire donna.”
“Così mi piace, quindi mettiti a pecora sul letto e apriti bene il culo.”
Ubbidii con entusiasmo, e del resto non aspettavo altro, così non dissi nulla quando mi passò la cintura del kimono intorno al collo, prima di ungermi alla meno peggio l’ano.
Bruno mi sodomizzò con inaudita violenza, facendomi vedere le stelle, tanto che m’aggrappai alle lenzuola per rimanere fermo, e solo quel residuo d’orgoglio che m’era rimasto m’impedì di urlare il mio dolore. Non pago di tutto questo iniziò a scoparmi con forza, tirandomi a sé per la cintura che avevo intorno al collo, facendo ogni tanto uscire la mazza per poi rimetterla dentro con sempre più brutalità.
“Allora puttana quanto ti piace farti sfondare il culo ?” mi chiese dandomi un attimo di tregua.
“Tanto signore, è bello farsi inculare da te.” risposi mentendo ma del resto non potevo fare altro.
“Bene perché questo è solo l’inizio.”
Non so per quanto tempo abusò del mio culo, ma dopo un po’ il cazzo mi diventò durissimo, e non toccarmi fu forse la peggior tortura della serata. Stavo godendo pur soffrendo come un cane, sperando che il dolore passasse in fretta, mentre invece calava ma in molto lentamente.
“Lo so che ti sto facendo male.” mi disse quasi divertito “Ma non me frega un cazzo e poi devi pur imparare a fare la troia da culo, e anche se non sei la sola sei quella meno sfondata.”
Non diedi importanza alle sue parole, cercando solo di pensare a godere un po’ anch’io, per la prima volta libero dai miei stessi tabù. Godevo nell’essere posseduto da un uomo, che fra l’altro era fin troppo chiaramente dominante nei miei confronti, ma questo era un dettaglio al quale non dare nessuna importanza. Provavo immenso piacere nel sentire un cazzo entrare ed uscire dal mio retto, trattato come una checca che non cerca altro che qualcuno che se la scopi, senza dare alcuna importanza al come. Proprio quando stavo venendo pur senza toccarmi, lui mi precedette schizzandomi il suo orgasmo dentro il culo, riempiendomi lo sfintere di sperma, per poi rallentare il suo incedere sino a fermarsi.
“Adesso puliscimi il cazzo, poi penserò a te.” mi disse sdraiandosi soddisfatto sul letto.
Cercando di tenere il sedere in alto in modo da non far uscire il suo sperma, ripulii il suo pene con poche ma lunghe leccate, sino a quando non ci fu più nessuna traccia del suo orgasmo.
“Vai pure nel cesso a pulirti, e se vuoi fatti una sega, la porta è in fondo a destra.”
Corsi in bagno, non solo per potermi masturbare, anche perché mi sembrava che il pene mi dovesse esplodere da un momento all’altro, ma soprattutto per paura di sporcare, ben sapendo che poi avrei dovuto pulire con la lingua. Mi bastarono pochi colpi di mano per venire copiosamente, e del resto ero troppo eccitato per poter durare anche un solo minuto.
Quando tornai da lui era nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato, solo più rilassato tanto da sembrare quasi umano.
“Una sera devo vedere chi è più puttana tra te e Valentino.” mi disse ridacchiando “Anche se lui parte favorito perché è un senza cazzo.”
Valentino Gratti era un mio collega che se la tirava da gran Dongiovanni, ma che nessuno aveva visto con una donna.
“Come vuole il mio signore.” risposi pensando che dopo non avrebbe più potuto fare il gallo, almeno in mia presenza.
“Adesso rivestiti e vattene, ci vediamo lunedì in ufficio, e mi raccomando metti le mutante da puttana, casomai volessi svuotarmi i coglioni con te.”
“Sarà fatto signore.”
Mentre mi rimettevo i miei vestiti pensai che nulla sarebbe stato più come prima, e non solo perché stavo diventando la cagna del mio responsabile, ma anche perché non avrei avuto più paura farmi sottomettere da un uomo.
Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com
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