La storia di Francesca (uno). L’incidente.

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> La storia di Francesca (uno). L’incidente.

Mi apparve in una sola frazione di secondo, e questa immagine è l’ultima e unica che mi rimane. Del botto terribile e di tutto ciò che avvenne dopo non ho nessun ricordo: buio completo. Proveniva da sinistra a velocità folle e centrò la portiera posteriore della mia macchina. Sono stata fortunata, così mi dissero, se avesse colpito la portiera anteriore dove ero alla guida, certamente non sarei qui a raccontare questa mia particolare storia.
Mi sveglio e mi sento con il corpo completamente bloccato. Ancora a occhi chiusi cerco di muovere un braccio, ma riesco a spostarlo solamente di pochi millimetri. Con le gambe è peggio. Le sento pesantissime: immobili. Apro gli occhi e mi rendo conto che non sono a casa mia e il soffitto e la parete di fronte mi fanno comprendere di essere in una bianca camera di ospedale.
Una gentile voce al mio fianco mi saluta con allegria: «Francesca, bene arrivata. Come si sente?»
Volto leggermente il viso e la guardo. Deduco dal camice che è una infermiera: capelli biondi, alta, magrolina e un viso decisamente grazioso.
Riesco a fatica a formulare poche parole: «Bene, grazie. Ma dove sono? Devo telefonare a mio marito».
«La cosa più saggia che può fare ora è stare molto tranquilla e non pensare a nulla se non a ristabilirsi».
«Ma devo andare a casa!».
«Non credo proprio che le sarà possibile. Ha preso una bella botta e ha dormito ininterrottamente per ventiquattro ore».
«Come sarebbe?».
«Già, un giorno intero di completa serenità, mia cara Francesca. Ha avuto una leggera commozione celebrale ed è stata sedata profondamente. Poi, pian piano si è svegliata e ora è qui con noi. Magari un po’ ammaccata, ma nonostante tutto ciò è in buona salute. Mi creda con quello che le è successo, può ritenersi veramente fortunata».
«Grazie! Ha ragione, già sono stata veramente fortunata, mi ritrovo in ospedale con le ossa rotte e... Posso proprio dire di aver avuto una bella botta di culo!».
«Mi fa piacere sentirla allegra. Non ha nessuna frattura, solo un bel po’ di contusioni e qualche superficiale ferita, poco più di abrasioni. Ora la controllo e mi deve dire se ha la completa sensibilità agli atri».
Così dicendo con un gesto sicuro mi abbassa le leggere coperte e... scopro così di essere completamente nuda a parte delle vistose fasciature alle gambe e al braccio sinistro. Provo un senso di imbarazzo sentendomi del tutto indifesa ai suoi sguardi.
La ragazza mi sorrise e intuendo il mio stato d’animo cinguettò: «Non si imbarazzi e stia tranquilla. Lei dormiva, ma il suo corpo ha continuato a funzionare. Ha fatto la pipì e non solo quella e io mi sono occupata di lei amorevolmente... Perciò ho già avuto il privilegio di vederla nuda... E mi creda, lei non è per niente male, è un piacere guardarla.».
Quindi assumendo un atteggiamento professionale, mi misurò la pressione, mi toccò le mani, le braccia, poi i piedi e le gambe: «Sente di avere pienamente la sensibilità dove la tocco?».
«Sì», risposi.
«Bene» Con una mano risalì lungo una gamba fino al termine delle cosce «Anche qui?»
«Sì, sì. Perfettamente».
Indugiò a lungo nell’incavo delle gambe, sfiorando lievemente il mio sesso. La guardai con stupore siccome il gesto mi era sembrato prolungato e piuttosto inusuale. Il suo viso era cambiato. Un impercettibile sorriso apparve sulle labbra, ma erano soprattutto gli occhi che parlavano. Era come se la sua mente avesse cominciato a vagare tra inespressi percorsi mentali e che questi la distoglievano dalla realtà. Le mani ora si spostarono sulla pancia. Con infinita lentezza si unirono sul mio pube sporgente e completamente depilato.
«Non so ancora come si chiama» chiesi per interrompere quel suo allontanamento mentale e cercando di richiamarla dal suo mondo immaginario a quello reale.
«Sofia» rispose «Ma deve rilassarsi completamente e nello stesso tempo concentrarsi e dirmi se sente perfettamente dove la tocco. Deve dirmi se sente che tutto è a posto».
Ebbi la netta sensazione che il suo atteggiamento non fosse del tutto appropriato, ma mi sentii molle e stanca, perciò chiusi gli occhi e mi abbandonai alle sue carezze (forse) professionali. «Sofia, mi sembra di sentire molto bene le sue mani. Anzi mi pare di percepire bene tutte le mie possibili sensibilità...»
I palmi ora si muovevano – sempre molto lentamente e premendo appena – su un percorso che andava dall’esterno del bacino all’inguine. Indugiavano un po’, poi ancora si allontanavano per poi ricongiungersi nuovamente al centro.
«Mi creda Sofia, ho la certezza di avere tutti i miei sensi a posto?... Anzi mi rendo conto che sono molto accesi e grazie alle sue carezze, tra poco potrei non riuscire più a controllarmi...»
Sofia, parve essere improvvisamente ripiombata tra noi e aver ripresa coscienza della situazione. Le sue guance le divennero paonazze e scusandosi tirò su le lenzuola coprendomi. Poi mi lanciò una occhiata piena di vergogna e quasi di corsa uscì dalla stanza.
(continua)
scritto il
2024-08-01
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