La storia di Francesca (cinque). Sofia si prende cura di me

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Sofia, mi aveva promesso che si sarebbe prese cura di me e mantenne la promessa. Io mi sentivo decisamente bene, ma ero ancora impedita in molti movimenti. Se avevo bisogno di andare in bagno liberando me e lei da incombenza sgradevoli, Sofia accorreva rapidamente, mi prendeva in braccio (cosa deliziosa) e mi trasportava e mi posava direttamente sulla tazza.
Compresi presto che la cosa generava una certa eccitazione in lei. Prima di portarmi in bagno mi infilava una leggera camicia da notte – cosa del tutto superflua dato che il bagno era praticamente contiguo alla camera – mi alzava la camicia, l’arrotolava ai miei fianchi e abbracciandomi mi depositava leggera sulla tazza. L’operazione avveniva con una inespressa, ma da me percepita bramosia sessuale. C’era qualcosa che ancora non riuscivo a capire. Era evidente che lei si eccitasse nel toccare il mio corpo indifeso e incapace: mi prendeva una gamba, la sollevava, poi sollevava l’altra con abilità, ma con sentito trasporto e mi teneva a sé, con le mie gambe a penzoloni sui suoi fianchi. Tra me dicevo, se fosse un uomo, in questa posizione potrebbe infilarmi il suo fottuto cazzo e scoparmi per bene. Infine mi sedeva poi lievemente mi accarezzava la pancia e scendeva a toccarmi, ma per pochissimi attimi la fica e sussurrava: «ti tocco per stimolare la tua voglia di fare pipì».
Era assurdo avrei pisciato regolarmente anche senza la sua presunta stimolazione. Compresi che tutto ciò provocava in Sofia momenti di pura libidine. Si eccitava interpretando proprio la sua stessa professione: fare l’infermiera e “curare” una povera e bisognosa ammalata. Appena ebbi coscienza dei motivi erotici di Sofia, ne fui contagiata e anche io. Il gioco perverso mi piaceva e faceva nascere anche in me la voglia di abbandonarmi ad esso. Divenni sempre più molle e arrendevole. Accrescevo la mia dipendenza fisica per facilitare la sua eccitazione erotica.
Ciò che maggiormente eccitava me era l’osservare il suo viso. Mi sono sempre eccitata percependo l’eccitazione dei miei amanti. Sofia si trasformava: il sorriso professionale pian piano diventava più languido e lieve. Gli occhi esprimevano gratitudine perché avevo compreso e sapevo ingigantire le mie incapacità. Un giorno non resistetti e la baciai sulle labbra, lei si irrigidì e compresi che questo non rientrava nel suo personale gioco e non lo feci più. Intuii anche non dovevo parlare di ciò che avveniva. Il gioco funzionava esattamente se ognuna di noi interpretava diligentemente la propria parte. Lei infermiera premurosa, io paziente indifesa e alla sua mercé. Lei non usciva dal gabinetto mentre facevo la pipì, ma una volta mi scappò di dirle: «Mi pare che oggi la mia pipì sia piuttosto scura e non limpida».
«Hai ragione. Devo controllare bene il colore e la purezza» disse chinandosi per guardare meglio il getto caldo, biondo e scrosciante. Appena finii prese un quadratino dal rotolo di carta igienica e mi asciugò con tenerezza. Dopo di allora lo fece ogni volta. Ammetto che quel suo personale gioco, pian piano seppe coinvolgermi tanto che finii per provare eccitazione appena sentivo gli stimoli e suonavo il campanello elettrico chiamandola. Sapevo ormai quale fosse la procedura, quali i gesti e pregustavo le sua evidente eccitazione. In effetti avevo una voglia pazza di baciarla, di toccarla a mia volta, strapparle quella sua bianca divisa e infilarle un dito nella fica. Anzi sognavo di leccarla e farle raggiungere in quel modo un potente orgasmo.
Una volta mentre Sofia guardava la mia pipì uscire, mi venne da dire: «Scusa Sofia, ma non ti sembra che la mia urina sia un po’ troppo spessa? Dovresti sentire se ha una consistenza giusta». Lei mi guardò dritta negli occhi e subito allungò una mano e la portò sotto la sottile cascata.
«È vero hai ragione, devo stare più attenta e controllare ogni volta anche la consistenza». Cominciò a respirare non riuscendo a trattenere l’ansia dovuta all’eccitazione per quel nuovo passo compiuto. Dopo mi porto a letto senza togliermi la camicia. Mii afferrò con bramosia, sempre con quel respiro di eccitato affanno. Mi prese afferrandomi e mi tenne a lungo contro di lei. Poi mi adagiò sul letto e prese a aggiustarmi con accuratezza quasi maniacale: mi spostava le braccia, il busto e infine le gambe, ma ogni operazione era compiuta accarezzando ogni parte del mio corpo.
«Ti prego Sofia, ma non hai controllato se la mia pipì aveva un cattivo odore. Forse dovresti sentire se la mia fica odora di qualcosa».
Non riesco a descrivere il suo sguardo: gli occhi le si accesero e si inumidirono. Lentamente si abbassò e avvicinò il naso al mio sesso che già si stava eccitando.
«Hai ragione Francesca, sento un pungente odore che mi attraversa le narici, mi sale fino al cervello e mi sembra di sentirlo con tutto il corpo. È inebriate, profondo e coinvolgente. Ora dovo sentirne anche il gusto. Non ti ho asciugata bene, ce n’è rimasta ancora una gocciolina, proprio qui tra le labbra».
Sentii subito la sua lingua percorrere dal basso verso l’alto le labbra del mio sesso, poi pian piano penetrare e leccarmi avidamente l’interno caldo e umido della fica.
«Bene, bene. Cosa succede qui? È un nuovo metodo di cura?».
La voce squillante della dottoressa interruppe il dolce lavoro di Sofia. Aprimmo tutte e due gli occhi e la vedemmo seria a fianco del letto.
(continua)
scritto il
2024-08-01
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