Desiderio
di
Simona81
genere
tradimenti
Quando Simona citofonò, benché l'aspettassi, fui preso da un brivido. Dopo tanto tempo, tanti messaggi, tanti commenti e tanti scambi era giunto finalmente il momento di conoscersi dal vivo. Fino all'istante in cui sentii il suono artificiale richiamare la mia attenzione, mai avrei pensato fosse davvero possibile che una donna simile decidesse d'incontrarmi. L'avevo a lungo sognata e desiderata, avevo dedicato a lei migliaia di pensieri erotici, di fantasie pornografiche a volte rimaste nella dimensione immateriale, altre trasposte su carta, affinché non ne perdessi la memoria. Pensavo che anche se non ci saremmo mai incontrati, sarebbe stato ugualmente piacevole ed estremamente soddisfacente essersi relazionati con una donna così bella e sensuale. Invece, eccola qui. Aprii il portone, sperando che salisse a piedi, per poterne sentire i passi. I passi dei tacchi mi hanno sempre eccitato, ho sempre pensato fossero una manifestazione erotica incredibile, soprattutto per il senso di mistero che portano con sé. Simona, per fortuna, salì a piedi e trovai semplicemente inarrivabile l’eccitazione e il tremito che s’impadronirono di me al sentire i tacchi sempre più vicini, segno dell’ormai vicinissimo esaudimento del sogno a lungo covato.
Lasciai il portone socchiuso e mi posi dietro la porta, sia per sentirla avvicinarsi sempre di più sia per intravedere come si fosse abbigliata, sebbene il desiderio di vedere il suo corpo nudo, al massimo rivestito dalle autoreggenti che esaltano la tornitura delle sue cosce e fanno risaltare la rotondità del suo fondoschiena. Apparve, sicura e luminosa, Simona e nient’altro, da sola, venuta per me, per incontrarmi. Indossava un abito leggero estivo nero che ne metteva ancor più in luce la raffinata figura slanciata e comunque famosa, con ai piedi scarpe dai tacchi non particolarmente alti. Alla spalla, una borsetta che, come si vedrà, non aveva solo funzione ornamentale. Le spalancai la porta e feci per salutarla con doppio il bacio sulla guancia, ma lei rimase interdetta, quasi non si aspettasse tanta formalità e, dopo uno sguardo reciproco intenso e durato moltissimo anche se nello spazio di un secondo, le nostre lingue si trovarono incrociate a scavare l’una nella bocca dell’altra, con una passione che immediatamente mi provocò un’erezione di cui Simona si avvide immediatamente. La sua mano, delicata e sicura, scese e si posò sul membro così duro da liberarsi quasi da solo della prigione dei pantalono.
- Ti faccio effetto, a quanto vedo. Anzi, a quanto sento…
- Lo scopri solo ora?
Ci accomodammo nel divano del soggiorno, dove avevo predisposto l’occorrente per l’aperitivo, con una bottiglia di Falanghina ghiacciata con la quale brindammo al nostro incontro, mentre Simona accavallava provocatoriamente le gambe, facendo notare uno spacco che rendeva le sue gambe, se possibile, una rappresentazione divina della bellezza femminile. Le mie mani persero il controllo definitivamente e le accarezzai quelle cosce carnose e vitali che mi avevano colpito dalla prima visione sul sito dove incrociai il profilo di Simona, le cui immagini porno erano sempre dotate di uno stile e di una poesia che continuavano a sedurmi anche dopo le copiose eiaculazioni derivanti dallo spettacolo delle sue cosce aperte, dei rapporti anali consumati con passione e competenza, della voracità delle fellatio che praticava in modo così partecipe da domandarmi come fosse possibile per un uomo non venire subito di fronte a quella incarnazione di fascino e desiderio.
- Che cosce Simona, che cosce…
- Mi piace che me le accarezzi, continua…
- Peccato, però…
- Cosa?
- Che giustamente per il caldo non hai indossato le calze.
- Non le ho indossate, ma le ho portate. Cosa credi ci sia nella borsetta?
Il pensiero di vederla in autoreggenti generò un flusso di sangue potentissimo mi ritrovai la bocca di Simona che aveva già cinto, dopo averlo liberato, il pene che mai avevo sentito così duro, evidentemente sollecitata dal mio gesto imperioso teso a chiederle senza parlare di omaggiarmi della sua sublime arte orale.
- Succhia, lo aspetto da quando sono nato.
- Ti farò il miglior pompino della tua vita, vedrai.
- Non c’è bisogno che tu me lo dica, lo so già.
- Preparati. Uno, due e tre!
Come descrivere quei momenti? La bocca di Simona, mentre la mia mano accompagnava il movimento sapientissimo di lingua e labbra, ricoprì completamente di saliva la cappella che per poco non sarebbe esplosa, ma per fortuna riuscii a contenermi e ad evitare la reciproca delusione.
- Voglio leccarti anche io.
- Non ci sono problemi.
Aprì agilmente le cosce, lo slip nero le copriva la rosa bollente, e iniziai a stimolarle la fica, che impregnava il tessuto dei sui umori, dal di fuori. Il sapore caldo e accogliente era la promessa di un piacere infinito e in poco tempo ci ritrovammo in camera da letto, non prima che la Principessa avesse estratto le calze dalla borsetta, per indossarle al momento opportuno. Erano nere, velatissime, con una balza particolarmente ricamata preceduta da una gradazione di colori sempre più intensi. Io ero steso supino sul letto, senza più nulla addosso, con la verga in erezione e la cappella completamente liberata dall’involucro. Simona, che aveva addosso anche uno splendido reggiseno a balconcino e gli slip sempre più umidi, si avvicino a passi lenti, dopo essersi sfilata lentamente le scarpe.
- Dammele.
- Le scarpe?
- Sì
Immersi le narici in quel profumo intensissimo, da vero estimatore delle estremità inferiori non potevo trascurare l’emozione derivante dall’odore di quelle di una donna dal portamento così elegante e dai piedi così belli.
- Stenditi e segami con i piedi…
- Feticista, eh? Prima leccameli un po’…
Li divorai, letteralmente, con l’erezione sempre più potente, accresciuta dal fatto che Simona, ogni volta che le evoluzioni lo consentivano, afferrava il mio uccello e mi masturbava con una dolcezza e una sicurezza che chiunque dovrebbe sperimentare nella vita, per poi lanciarsi sul glande con i piedi calzati, come se non avesse mai fatto nient’altro prima, procurandomi un godimento totale, accentuato dal fatto che, di tanto in tanto, sfregava la curvatura interna del piede sul glande, che s’incastrava perfettamente. Poi la presi, la portai a me facendola sedere sulle mie gambe e ci baciammo con intensissima voluttà e desiderio ormai incontenibile. Nel farlo, le abbassai gli slip e mi dedicai a un lungo e inesauribile lavoro di lingua e dita, da lei molto apprezzavo. Le stimolavo ripetutamente il clitoride con pollice e indice, per poi infilare quasi tutte le dita nella fica, alternando questa operazione a leccate sempre più ampie, inserendo di tanto in tanto la punta della lingua nella fessura sempre più aperta e bagnata, fino a procurarle il primo, caldissimo, orgasmo. Brevissima la pausa.
- Dammi il cazzo, voglio il cazzo.
- Prima in bocca, mentre ti lecco la fica, che mi piace tantissimo.
Il 69 accrebbe senza sosta i reciproci desideri, i nostri movimenti di bocca sembravano sincronizzati e mai, davvero, mi sarei voluto allontanare da quell’oasi di piacere che era la fica di Simona, nome tra l’altro da me adorato e che ripetevo periodicamente nelle pause tra una leccata e l’altra, comunque sditalinandola a dovere in quei momenti di assenza della lingua dalle sue labbra vaginali.
I suoi succhi erano copiosi e saporiti, con quel misto di aspro e profumato che mi mandava letteralmente in estasi, non riuscivo a smettere di bere, senza mai interrompere l’azione manuale e orale, mentre sentivo le sue labbra racchiudere la cappella con la lingua che le girava intorno. Movimenti precisi e perfetti, alternati a una masturbazione delicata e sicura. Splendido, poi, ascoltare la sua voce interrompersi nei gorgoglii e nei non riproponibili fonemi che denotavano quanto fosse succulenta la sua pompa.
- Che cappella… Mi piace, la voglio tutta in fica, aprimela…
- Che fica calda, è dolce e buona, mi rinvigorisce. E come lecchi.. Ora schizzo!
- No, ti prego, devo sentire tutto dentro!
- Cazzo, non resisto Simona, la sborra ribolle…
- No, non venire, mi devi chiavare, lo voglio dentro!
- Allora aspetta.
Mi sfilai dalla meravigliosa presa delle sue natiche e lei liberò il pene dalla soave custodia delle sue labbra. Con un bacio potente e desiderato ci restituimmo i succhi acquisiti durante il 69, quindi le allargai le gambe e mentre leccavo piedi e polpacci, sfilandole una calza, iniziai da sopra a sfregare la cappella contro la fica. Sapevo che sarebbe impazzita.
- Porco, sei un porco.
- Per questo ti piaccio e tu piaci a me per lo stesso motivo.
Anche se non avessi diretto la cappella verso l’ingresso, ugualmente il cazzo si sarebbe orientato lì, in quanto l’attrazione era tale da creare una sorta di campo magnetico tra i due organi che, pure contro la nostra volontà, si sarebbero inevitabilmente incontrati. Sfregai per diversi minuti il pisello sul clitoride e sulla fica ricca di peli perfetti e curati, il cui aroma andavo di tanto in tanto a gustare con la bocca, donandole il piacere di uno sfiorato secondo orgasmo e ricevendo un’emozione intensa e ricchissima.
- Infilalo, ti prego, sto impazzendo.
- Mi piace giocare, lo so che ti piace.
- Scopami, ti scongiuro, entra!
Non entrai al suo ordine. Mi piaceva l’idea di logorarla di desiderio, anche perché ero logoro pure io, ma si sa che prolungare l’attesa del momento più piacevole amplifica le sensazioni che si possono ricavare, così andai avanti con il gioco e la sofferenza per altri 3-4 minuti, quello strusciamento era una piacevolissima tortura, ma a un certo punto mi arresi ed entrai dentro. Mai sentita una fica più calda, accogliente e bagnata.
- Sei un forno, troia.
- Sì, scopami, fammi sentire ancora più puttana!
- Adesso ti fotto come si deve!
Lanciai colpi fortissimi, dovea sentire la cappella e il cazzo tesi al massimo e capire quanto la desiderasi, farla mia, renderle con i colpi di bacino le emozioni che mi aveva regalato nel tempo che aveva preceduto il nostro incontro. Se avessi voluto, a ogni colpo avrei schizzato dentro, perché davvero ero eccitatissimo e sentire il suo corpo vibrare non poteva che aumentare la cascata di sensazioni e di brividi che mi attraversavano, ma fortunatamente ero ancora distante dal punto del non ritorno, ero ancora padrone e in pieno controllo, pur avendo già molta voglia di eiaculare dentro quell’antro rovente per lasciare il sigillo bianco e cremoso del mio indicibile desiderio di lei.
- Ah, sento le palle piene, le sento…
- Sì, sono le palle che sbattono contro di te, vorrebbero entrare pure loro.
- Che bello, sbattimi più forte che puoi… Che cazzone che hai!
- Che fica che sei!
E gemiti, urla, mugolii, il turpiloquio si alternava a momenti più di intimità e romanticismo, ma fondamentalmente eravamo due animali che si sfidavano nella lotta di Venere, in cui la necessità di far godere l’altro era il traguardo.
- Sto venendo, sono bagnatissima.
- Sì, vieni!
Nello scoparla mi aiutavo con le dita per sollecitarla ancor di più, quindi sfilai il cazzo e con maggior precisione indirizzai indice e medio all’interno e sollecitari il clitoride finché non ebbe un orgasmo bollente e rumoroso, segnato da un urlo che, se non fosse stato per motivi opposti, si sarebbe detto di dolore. Ovviamente, leccai tutto quello che c’era da leccare e le misi il cazzo in bocca per scopargliela bene mentre lei si godeva le sensazioni successive alla goduta. Arrivai quasi a soffocarla, ma sentivo che godeva e mi solleticava sapientemente i coglioni per farmi eccitare ancora di più, leccandomeli avidamente quando sfuggiva alla mazza che le allargava la bocca. Ogni tanto teneva l’uno e l’altro in bocca: a pensarci bene, non so come abbia fatto a non venirle addosso a litri in quei momenti. In un momento di pausa, volli giocare un po’ con i suoi piedi e le calze, leccando e infilando il membro tra coscia e tessuto, mi è sempre piaciuto sperimentare e Simona è assolutamente perfetta anche da questo punto di vista.
- E adesso ti impalo.
- Sì, subito.
La prima cavalcata avvenne frontalmente, in modo che potessi leccarle le tette, splendide, e soffermarmi sui capezzoli rosa e gustosi che troppo a lungo avevo trascurato. Si sedette con grande eleganza e compostezza sul cazzo eretto, strofinandosi un po’ e facendo colare liquidi sul bastone, roteando l’inguine con una danza che poi interruppe, dato che la mia resistenza sarebbe stata senz’altro vinta. Terminata la pausa, continuai con le dita in fica baciandola appassionatamente, passando quindi a iniziare anche a lavorarle l’orifizio anale.
- Lo voglio…
- Non so se lo avrai.
- Vedremo, sappi che lo voglio.
Riprendemmo la cavalcata con Simona che si era girata, offrendomi la deliziosa visuale del culo, estasi e tormento, e così continuai a infilarglielo in fica, godendo sia della danza sia della penetrazione, con la cappella sempre più gtossa e gonfia che spingeva nel suo corpo caldo e imparagonabile.
- Vorrei darti sempre il cazzo.
- Dammelo, sì, dammelo…
- 24 ore su 24…
- Oh sì, me lo prendo tutto!
La sua voce calda e da vera femmina vogliosa riempiva tutto lo spazio della camera, gli umori della fica e il sudore mio e suo si mescolavano, jmpazzivo di voglia e quasi senza interrompere la scopata la misi a pecorina. Tirai fuori il cazzo per un po’, volevo godermi la visuale del culo a 90 gradi e leccarlo intensamente, per assumere quanto più gusto e sapore possibile da ogni centimetro del suo corpo. Benché vogliosissimo di scoparla con sempre maggiore desiderio ed energia, decisi di giocare ancora, anche perché se avessi continuato a chiavarla di lì a poco avrei senz’altro sborrato e volevo aspettare ancora, volevo che godessimo ancora per poterle dare quanto più piacere possibile. Così, letteralmente ipnotizzato dal suo inarrivabile culo, piazza la verga tra le natiche e mi feci fare, praticamente, una spagnola con il culo, aiutandomi con un po’ d’olio per ridurre l’attrito e rendere lo strofinamento più eccitante. A Simona piacque tanto e i mugolii di piacere non si arrestarono.
- Porco, sei un gran porco, segati con il culo, forza!
- Sì, troia, tu sei una gran troia, hai un culo da portare in processione.
Il gioco proseguì per qualche minuto, confesso che era una grande sofferenza, ma si sa che a volte essa può portare al massimo del piacere: il sesso è fatto anche di pause, passi indietro, azioni inattese. Simona era un lago, mi ritrovavo una donna bellissima ed eccitata oltre ogni limite alla mercé del mio cazzo, che non ricordo mai così duro per così tanto tempo.
- Scopami ancora, fottimi…
- Aspetta, fammi giocare ancora…
Lo sfregamento durò un altro paio di minuti, poi non riuscii a resistere e ripresi a fotterla, mi sentivo un toro, avevo il cuore a cinquemila e le vene del cazzo sembravano lì lì per esplodere. Il contatto con la fica grondante e bollente di Simona per poco non mi fece schizzare come un cavallo in astinenza, ma, non so come, qualcosa mi impedì di eruttare e ripresi a dare colpi. All’inizio un po’ più delicati, volevo sentire bene la fica di Simona e anche farle godere dell’ampiezza del mio uccello millimetro per millimetro: era eccitantissimo penetrare lentamente, con dolcezza, e stazionare cercando di andare il più avanti possibie e lasciando fuori solo i coglioni, per poi sfoderare la mazza dalla caldissima guaina e poi tornare dentro. Ad ogni movimento le nostre voci, profonde e quasi sincroniche, si alzavano in alto, a testimoniare un godimento assoluto che avremmo voluto si protraesse in eterno.
- Così, allaragami, spianami…
- Sì troiona, sì, sei un dolcissima puttana…
- Sono la tua troia calda, aumenta il ritmo.
- Lo vuoi?
- Sì, fammi sentire tutta tua, tutta cagna.
- Allora vado.
- Vai!
Non credo di aver mai dato colpi così potenti, il desiderio di Simona era carburante per i miei ormoni completamente fuori controllo. La presi per i fianchi deliziosi per eccitarmi ancora di più, farla sentire ancor più femmina e muovermi con maggiore sicurezza e profondità.
- Forte, forte, più forte!
- Sì, ti fotto forte!
- Ancora di più!
- Cazzo, così mi fai venire!
- No, scopami ancora, ti prego!
Ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile non svuotare le palle in quell’antro meraviglioso di piacere e calore. Era come se lo sperma fosse arrivato a un millimetro dalla punta della cappella, come se ormai il liquido rovente fosse già partito dai centri di produzione ed era trattenuto da una diga invisibile. Il desiderio di liberarmi era infinito, ma anche quello di godere ancora. Dopo un altro paio di minuti di colpi al limite, estrassi la verga dalla fica, in un diluvio di succhi e umori, e mi fiondai con la lingua a rovistare con decisione il buco del culo, pieno di sapori.
- Sei pronta?
- No… Non farmi il culo…
- Lo appoggio solo. Se non vuoi, non ti inculo.
- Va bene, fai piano lo stesso. Mmm… Che bello!
In effetti, il contatto tra la cappella e l’orifizio di Simona, che di tanto in tanto allargavo con le due dita oliate in modo opportuno, era davvero piacevole ed eccitante. Ogni tanto tornavo con la lingua a leccarle il buco del culo e la fica, soffermandomi anche sul lembo di separazione tra i due ingressi, con un moto ininterrotto e vorticoso. Quindi, tornai a giocare con il pene in quella zona così desiderata e delicata, strusciando, facendo scorrere su e giù, mentre i nostri mugolii di piacere procedevano sempre più alti. Stavo preparandomi alla sborrata, non ne potevo più dall’eccitazione e le vene erano davvero al limite dell’esplosione, quando giunse l’ormai inattesa esortazione.
- Inculami, presto!
- Dici davvero?
- Sì, lo voglio, voglio che mi inculi e mi sborri dentro…
Non me lo feci ripetere, va da sé che l’eccitazione risultà triplicata dall’effetto sorpresa, che s’intrecciava con un desiderio che credevo di non poter esaudire e così, senza indugiare, obbedii al comando. Il cazzo entrò bene, con pochissima resistenza, anche perché Simona tendeva le natiche verso l’esterno per rendere anche la visuale più netta. Non avevo mai sentito un buco del culo così accogliente e, al tempo stesso, timido.
- Spaccami il culo, forza!
- Certo, troiona, certo.
- Sfondamelo, fammi sentire davvero puttana.
- Lo sei tanto e lo sai
I colpi, neanche tanto lenti in partenza, si fecero rapidamente più forti e corposi, pieni e decisi. Per quanto desiderassi prolungare il piacere per l’eternità, le difese erano vinte e si sa che l’eccitazione estrema porta alla perdita del controllo anche lo scopatore più esperto e padrone della situazione. La sborra reclamava l’uscita, Simona se ne avvide e, con il culo ormai diventato una seconda fica, accompagnò con sempre più decisione il suo movimento, sempre più coordinato con il mio.
- Vengo, cazzo, vengo!
- Vieni, porco, vieni!
Non credo di avere mai urlato, non solo di piacere, così intensamente nella mia vita. Anche Simona urlò, ma la sua voce profonda e piena fu in parte coperta dal grido animalesco, in cui piacere sommo e una certa sofferenza che non si può mai completamente spiegare si erano fusi. Lo sperma si fece strada nel suo condotto anale, caldo e denso, Simona lo sentì tutto scorrere dentro, come un fiume carsico osceno e inarrestabile. Con le residue forze, in un bagno di sudore, umori e chissà cos’altro, la sditalinai potentemente e le procurai, com’era giusto che fosse, un orgasmo finale che chiuse la sessione. Sfiniti ed esausti ci abbracciamo e con le labbra e la lingua ci scambiammo piaceri e sapori. Avevo raggiunto il vertice della passione possibile: cos’altro avrebbe mai potuto soddisfarmi ancora? Solo Simona avrebbe, di lì in poi, saputo e potuto provvedere. Simona e nient’altro
Lasciai il portone socchiuso e mi posi dietro la porta, sia per sentirla avvicinarsi sempre di più sia per intravedere come si fosse abbigliata, sebbene il desiderio di vedere il suo corpo nudo, al massimo rivestito dalle autoreggenti che esaltano la tornitura delle sue cosce e fanno risaltare la rotondità del suo fondoschiena. Apparve, sicura e luminosa, Simona e nient’altro, da sola, venuta per me, per incontrarmi. Indossava un abito leggero estivo nero che ne metteva ancor più in luce la raffinata figura slanciata e comunque famosa, con ai piedi scarpe dai tacchi non particolarmente alti. Alla spalla, una borsetta che, come si vedrà, non aveva solo funzione ornamentale. Le spalancai la porta e feci per salutarla con doppio il bacio sulla guancia, ma lei rimase interdetta, quasi non si aspettasse tanta formalità e, dopo uno sguardo reciproco intenso e durato moltissimo anche se nello spazio di un secondo, le nostre lingue si trovarono incrociate a scavare l’una nella bocca dell’altra, con una passione che immediatamente mi provocò un’erezione di cui Simona si avvide immediatamente. La sua mano, delicata e sicura, scese e si posò sul membro così duro da liberarsi quasi da solo della prigione dei pantalono.
- Ti faccio effetto, a quanto vedo. Anzi, a quanto sento…
- Lo scopri solo ora?
Ci accomodammo nel divano del soggiorno, dove avevo predisposto l’occorrente per l’aperitivo, con una bottiglia di Falanghina ghiacciata con la quale brindammo al nostro incontro, mentre Simona accavallava provocatoriamente le gambe, facendo notare uno spacco che rendeva le sue gambe, se possibile, una rappresentazione divina della bellezza femminile. Le mie mani persero il controllo definitivamente e le accarezzai quelle cosce carnose e vitali che mi avevano colpito dalla prima visione sul sito dove incrociai il profilo di Simona, le cui immagini porno erano sempre dotate di uno stile e di una poesia che continuavano a sedurmi anche dopo le copiose eiaculazioni derivanti dallo spettacolo delle sue cosce aperte, dei rapporti anali consumati con passione e competenza, della voracità delle fellatio che praticava in modo così partecipe da domandarmi come fosse possibile per un uomo non venire subito di fronte a quella incarnazione di fascino e desiderio.
- Che cosce Simona, che cosce…
- Mi piace che me le accarezzi, continua…
- Peccato, però…
- Cosa?
- Che giustamente per il caldo non hai indossato le calze.
- Non le ho indossate, ma le ho portate. Cosa credi ci sia nella borsetta?
Il pensiero di vederla in autoreggenti generò un flusso di sangue potentissimo mi ritrovai la bocca di Simona che aveva già cinto, dopo averlo liberato, il pene che mai avevo sentito così duro, evidentemente sollecitata dal mio gesto imperioso teso a chiederle senza parlare di omaggiarmi della sua sublime arte orale.
- Succhia, lo aspetto da quando sono nato.
- Ti farò il miglior pompino della tua vita, vedrai.
- Non c’è bisogno che tu me lo dica, lo so già.
- Preparati. Uno, due e tre!
Come descrivere quei momenti? La bocca di Simona, mentre la mia mano accompagnava il movimento sapientissimo di lingua e labbra, ricoprì completamente di saliva la cappella che per poco non sarebbe esplosa, ma per fortuna riuscii a contenermi e ad evitare la reciproca delusione.
- Voglio leccarti anche io.
- Non ci sono problemi.
Aprì agilmente le cosce, lo slip nero le copriva la rosa bollente, e iniziai a stimolarle la fica, che impregnava il tessuto dei sui umori, dal di fuori. Il sapore caldo e accogliente era la promessa di un piacere infinito e in poco tempo ci ritrovammo in camera da letto, non prima che la Principessa avesse estratto le calze dalla borsetta, per indossarle al momento opportuno. Erano nere, velatissime, con una balza particolarmente ricamata preceduta da una gradazione di colori sempre più intensi. Io ero steso supino sul letto, senza più nulla addosso, con la verga in erezione e la cappella completamente liberata dall’involucro. Simona, che aveva addosso anche uno splendido reggiseno a balconcino e gli slip sempre più umidi, si avvicino a passi lenti, dopo essersi sfilata lentamente le scarpe.
- Dammele.
- Le scarpe?
- Sì
Immersi le narici in quel profumo intensissimo, da vero estimatore delle estremità inferiori non potevo trascurare l’emozione derivante dall’odore di quelle di una donna dal portamento così elegante e dai piedi così belli.
- Stenditi e segami con i piedi…
- Feticista, eh? Prima leccameli un po’…
Li divorai, letteralmente, con l’erezione sempre più potente, accresciuta dal fatto che Simona, ogni volta che le evoluzioni lo consentivano, afferrava il mio uccello e mi masturbava con una dolcezza e una sicurezza che chiunque dovrebbe sperimentare nella vita, per poi lanciarsi sul glande con i piedi calzati, come se non avesse mai fatto nient’altro prima, procurandomi un godimento totale, accentuato dal fatto che, di tanto in tanto, sfregava la curvatura interna del piede sul glande, che s’incastrava perfettamente. Poi la presi, la portai a me facendola sedere sulle mie gambe e ci baciammo con intensissima voluttà e desiderio ormai incontenibile. Nel farlo, le abbassai gli slip e mi dedicai a un lungo e inesauribile lavoro di lingua e dita, da lei molto apprezzavo. Le stimolavo ripetutamente il clitoride con pollice e indice, per poi infilare quasi tutte le dita nella fica, alternando questa operazione a leccate sempre più ampie, inserendo di tanto in tanto la punta della lingua nella fessura sempre più aperta e bagnata, fino a procurarle il primo, caldissimo, orgasmo. Brevissima la pausa.
- Dammi il cazzo, voglio il cazzo.
- Prima in bocca, mentre ti lecco la fica, che mi piace tantissimo.
Il 69 accrebbe senza sosta i reciproci desideri, i nostri movimenti di bocca sembravano sincronizzati e mai, davvero, mi sarei voluto allontanare da quell’oasi di piacere che era la fica di Simona, nome tra l’altro da me adorato e che ripetevo periodicamente nelle pause tra una leccata e l’altra, comunque sditalinandola a dovere in quei momenti di assenza della lingua dalle sue labbra vaginali.
I suoi succhi erano copiosi e saporiti, con quel misto di aspro e profumato che mi mandava letteralmente in estasi, non riuscivo a smettere di bere, senza mai interrompere l’azione manuale e orale, mentre sentivo le sue labbra racchiudere la cappella con la lingua che le girava intorno. Movimenti precisi e perfetti, alternati a una masturbazione delicata e sicura. Splendido, poi, ascoltare la sua voce interrompersi nei gorgoglii e nei non riproponibili fonemi che denotavano quanto fosse succulenta la sua pompa.
- Che cappella… Mi piace, la voglio tutta in fica, aprimela…
- Che fica calda, è dolce e buona, mi rinvigorisce. E come lecchi.. Ora schizzo!
- No, ti prego, devo sentire tutto dentro!
- Cazzo, non resisto Simona, la sborra ribolle…
- No, non venire, mi devi chiavare, lo voglio dentro!
- Allora aspetta.
Mi sfilai dalla meravigliosa presa delle sue natiche e lei liberò il pene dalla soave custodia delle sue labbra. Con un bacio potente e desiderato ci restituimmo i succhi acquisiti durante il 69, quindi le allargai le gambe e mentre leccavo piedi e polpacci, sfilandole una calza, iniziai da sopra a sfregare la cappella contro la fica. Sapevo che sarebbe impazzita.
- Porco, sei un porco.
- Per questo ti piaccio e tu piaci a me per lo stesso motivo.
Anche se non avessi diretto la cappella verso l’ingresso, ugualmente il cazzo si sarebbe orientato lì, in quanto l’attrazione era tale da creare una sorta di campo magnetico tra i due organi che, pure contro la nostra volontà, si sarebbero inevitabilmente incontrati. Sfregai per diversi minuti il pisello sul clitoride e sulla fica ricca di peli perfetti e curati, il cui aroma andavo di tanto in tanto a gustare con la bocca, donandole il piacere di uno sfiorato secondo orgasmo e ricevendo un’emozione intensa e ricchissima.
- Infilalo, ti prego, sto impazzendo.
- Mi piace giocare, lo so che ti piace.
- Scopami, ti scongiuro, entra!
Non entrai al suo ordine. Mi piaceva l’idea di logorarla di desiderio, anche perché ero logoro pure io, ma si sa che prolungare l’attesa del momento più piacevole amplifica le sensazioni che si possono ricavare, così andai avanti con il gioco e la sofferenza per altri 3-4 minuti, quello strusciamento era una piacevolissima tortura, ma a un certo punto mi arresi ed entrai dentro. Mai sentita una fica più calda, accogliente e bagnata.
- Sei un forno, troia.
- Sì, scopami, fammi sentire ancora più puttana!
- Adesso ti fotto come si deve!
Lanciai colpi fortissimi, dovea sentire la cappella e il cazzo tesi al massimo e capire quanto la desiderasi, farla mia, renderle con i colpi di bacino le emozioni che mi aveva regalato nel tempo che aveva preceduto il nostro incontro. Se avessi voluto, a ogni colpo avrei schizzato dentro, perché davvero ero eccitatissimo e sentire il suo corpo vibrare non poteva che aumentare la cascata di sensazioni e di brividi che mi attraversavano, ma fortunatamente ero ancora distante dal punto del non ritorno, ero ancora padrone e in pieno controllo, pur avendo già molta voglia di eiaculare dentro quell’antro rovente per lasciare il sigillo bianco e cremoso del mio indicibile desiderio di lei.
- Ah, sento le palle piene, le sento…
- Sì, sono le palle che sbattono contro di te, vorrebbero entrare pure loro.
- Che bello, sbattimi più forte che puoi… Che cazzone che hai!
- Che fica che sei!
E gemiti, urla, mugolii, il turpiloquio si alternava a momenti più di intimità e romanticismo, ma fondamentalmente eravamo due animali che si sfidavano nella lotta di Venere, in cui la necessità di far godere l’altro era il traguardo.
- Sto venendo, sono bagnatissima.
- Sì, vieni!
Nello scoparla mi aiutavo con le dita per sollecitarla ancor di più, quindi sfilai il cazzo e con maggior precisione indirizzai indice e medio all’interno e sollecitari il clitoride finché non ebbe un orgasmo bollente e rumoroso, segnato da un urlo che, se non fosse stato per motivi opposti, si sarebbe detto di dolore. Ovviamente, leccai tutto quello che c’era da leccare e le misi il cazzo in bocca per scopargliela bene mentre lei si godeva le sensazioni successive alla goduta. Arrivai quasi a soffocarla, ma sentivo che godeva e mi solleticava sapientemente i coglioni per farmi eccitare ancora di più, leccandomeli avidamente quando sfuggiva alla mazza che le allargava la bocca. Ogni tanto teneva l’uno e l’altro in bocca: a pensarci bene, non so come abbia fatto a non venirle addosso a litri in quei momenti. In un momento di pausa, volli giocare un po’ con i suoi piedi e le calze, leccando e infilando il membro tra coscia e tessuto, mi è sempre piaciuto sperimentare e Simona è assolutamente perfetta anche da questo punto di vista.
- E adesso ti impalo.
- Sì, subito.
La prima cavalcata avvenne frontalmente, in modo che potessi leccarle le tette, splendide, e soffermarmi sui capezzoli rosa e gustosi che troppo a lungo avevo trascurato. Si sedette con grande eleganza e compostezza sul cazzo eretto, strofinandosi un po’ e facendo colare liquidi sul bastone, roteando l’inguine con una danza che poi interruppe, dato che la mia resistenza sarebbe stata senz’altro vinta. Terminata la pausa, continuai con le dita in fica baciandola appassionatamente, passando quindi a iniziare anche a lavorarle l’orifizio anale.
- Lo voglio…
- Non so se lo avrai.
- Vedremo, sappi che lo voglio.
Riprendemmo la cavalcata con Simona che si era girata, offrendomi la deliziosa visuale del culo, estasi e tormento, e così continuai a infilarglielo in fica, godendo sia della danza sia della penetrazione, con la cappella sempre più gtossa e gonfia che spingeva nel suo corpo caldo e imparagonabile.
- Vorrei darti sempre il cazzo.
- Dammelo, sì, dammelo…
- 24 ore su 24…
- Oh sì, me lo prendo tutto!
La sua voce calda e da vera femmina vogliosa riempiva tutto lo spazio della camera, gli umori della fica e il sudore mio e suo si mescolavano, jmpazzivo di voglia e quasi senza interrompere la scopata la misi a pecorina. Tirai fuori il cazzo per un po’, volevo godermi la visuale del culo a 90 gradi e leccarlo intensamente, per assumere quanto più gusto e sapore possibile da ogni centimetro del suo corpo. Benché vogliosissimo di scoparla con sempre maggiore desiderio ed energia, decisi di giocare ancora, anche perché se avessi continuato a chiavarla di lì a poco avrei senz’altro sborrato e volevo aspettare ancora, volevo che godessimo ancora per poterle dare quanto più piacere possibile. Così, letteralmente ipnotizzato dal suo inarrivabile culo, piazza la verga tra le natiche e mi feci fare, praticamente, una spagnola con il culo, aiutandomi con un po’ d’olio per ridurre l’attrito e rendere lo strofinamento più eccitante. A Simona piacque tanto e i mugolii di piacere non si arrestarono.
- Porco, sei un gran porco, segati con il culo, forza!
- Sì, troia, tu sei una gran troia, hai un culo da portare in processione.
Il gioco proseguì per qualche minuto, confesso che era una grande sofferenza, ma si sa che a volte essa può portare al massimo del piacere: il sesso è fatto anche di pause, passi indietro, azioni inattese. Simona era un lago, mi ritrovavo una donna bellissima ed eccitata oltre ogni limite alla mercé del mio cazzo, che non ricordo mai così duro per così tanto tempo.
- Scopami ancora, fottimi…
- Aspetta, fammi giocare ancora…
Lo sfregamento durò un altro paio di minuti, poi non riuscii a resistere e ripresi a fotterla, mi sentivo un toro, avevo il cuore a cinquemila e le vene del cazzo sembravano lì lì per esplodere. Il contatto con la fica grondante e bollente di Simona per poco non mi fece schizzare come un cavallo in astinenza, ma, non so come, qualcosa mi impedì di eruttare e ripresi a dare colpi. All’inizio un po’ più delicati, volevo sentire bene la fica di Simona e anche farle godere dell’ampiezza del mio uccello millimetro per millimetro: era eccitantissimo penetrare lentamente, con dolcezza, e stazionare cercando di andare il più avanti possibie e lasciando fuori solo i coglioni, per poi sfoderare la mazza dalla caldissima guaina e poi tornare dentro. Ad ogni movimento le nostre voci, profonde e quasi sincroniche, si alzavano in alto, a testimoniare un godimento assoluto che avremmo voluto si protraesse in eterno.
- Così, allaragami, spianami…
- Sì troiona, sì, sei un dolcissima puttana…
- Sono la tua troia calda, aumenta il ritmo.
- Lo vuoi?
- Sì, fammi sentire tutta tua, tutta cagna.
- Allora vado.
- Vai!
Non credo di aver mai dato colpi così potenti, il desiderio di Simona era carburante per i miei ormoni completamente fuori controllo. La presi per i fianchi deliziosi per eccitarmi ancora di più, farla sentire ancor più femmina e muovermi con maggiore sicurezza e profondità.
- Forte, forte, più forte!
- Sì, ti fotto forte!
- Ancora di più!
- Cazzo, così mi fai venire!
- No, scopami ancora, ti prego!
Ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile non svuotare le palle in quell’antro meraviglioso di piacere e calore. Era come se lo sperma fosse arrivato a un millimetro dalla punta della cappella, come se ormai il liquido rovente fosse già partito dai centri di produzione ed era trattenuto da una diga invisibile. Il desiderio di liberarmi era infinito, ma anche quello di godere ancora. Dopo un altro paio di minuti di colpi al limite, estrassi la verga dalla fica, in un diluvio di succhi e umori, e mi fiondai con la lingua a rovistare con decisione il buco del culo, pieno di sapori.
- Sei pronta?
- No… Non farmi il culo…
- Lo appoggio solo. Se non vuoi, non ti inculo.
- Va bene, fai piano lo stesso. Mmm… Che bello!
In effetti, il contatto tra la cappella e l’orifizio di Simona, che di tanto in tanto allargavo con le due dita oliate in modo opportuno, era davvero piacevole ed eccitante. Ogni tanto tornavo con la lingua a leccarle il buco del culo e la fica, soffermandomi anche sul lembo di separazione tra i due ingressi, con un moto ininterrotto e vorticoso. Quindi, tornai a giocare con il pene in quella zona così desiderata e delicata, strusciando, facendo scorrere su e giù, mentre i nostri mugolii di piacere procedevano sempre più alti. Stavo preparandomi alla sborrata, non ne potevo più dall’eccitazione e le vene erano davvero al limite dell’esplosione, quando giunse l’ormai inattesa esortazione.
- Inculami, presto!
- Dici davvero?
- Sì, lo voglio, voglio che mi inculi e mi sborri dentro…
Non me lo feci ripetere, va da sé che l’eccitazione risultà triplicata dall’effetto sorpresa, che s’intrecciava con un desiderio che credevo di non poter esaudire e così, senza indugiare, obbedii al comando. Il cazzo entrò bene, con pochissima resistenza, anche perché Simona tendeva le natiche verso l’esterno per rendere anche la visuale più netta. Non avevo mai sentito un buco del culo così accogliente e, al tempo stesso, timido.
- Spaccami il culo, forza!
- Certo, troiona, certo.
- Sfondamelo, fammi sentire davvero puttana.
- Lo sei tanto e lo sai
I colpi, neanche tanto lenti in partenza, si fecero rapidamente più forti e corposi, pieni e decisi. Per quanto desiderassi prolungare il piacere per l’eternità, le difese erano vinte e si sa che l’eccitazione estrema porta alla perdita del controllo anche lo scopatore più esperto e padrone della situazione. La sborra reclamava l’uscita, Simona se ne avvide e, con il culo ormai diventato una seconda fica, accompagnò con sempre più decisione il suo movimento, sempre più coordinato con il mio.
- Vengo, cazzo, vengo!
- Vieni, porco, vieni!
Non credo di avere mai urlato, non solo di piacere, così intensamente nella mia vita. Anche Simona urlò, ma la sua voce profonda e piena fu in parte coperta dal grido animalesco, in cui piacere sommo e una certa sofferenza che non si può mai completamente spiegare si erano fusi. Lo sperma si fece strada nel suo condotto anale, caldo e denso, Simona lo sentì tutto scorrere dentro, come un fiume carsico osceno e inarrestabile. Con le residue forze, in un bagno di sudore, umori e chissà cos’altro, la sditalinai potentemente e le procurai, com’era giusto che fosse, un orgasmo finale che chiuse la sessione. Sfiniti ed esausti ci abbracciamo e con le labbra e la lingua ci scambiammo piaceri e sapori. Avevo raggiunto il vertice della passione possibile: cos’altro avrebbe mai potuto soddisfarmi ancora? Solo Simona avrebbe, di lì in poi, saputo e potuto provvedere. Simona e nient’altro
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