Educazione superiore (3): "divertissement"

di
genere
dominazione

***

Il summer-term era finito senza particolari “colpi” di scena, dopo aver ripreso il mio telefono dall’ufficio del professore non lo avevo più incontrato fino al giorno dell’esame in cui si era dimostrato cortese e gentile. Era come se fossi trasparente per lui, mi faceva innervosire. La mia situazione emotiva mi tormentava e avevo cominciato a confidarmi con Beth; le avevo raccontato dei miei sentimenti contrastanti e dell’eccitazione che provavo a ripensare alla mia punizione. Elizabeth aveva riso, ma aveva preso a stuzzicarmi in tutti i modi possibili. Si divertiva a giocare con me: non perdeva occasione di rifilarmi uno schiaffo sul sedere e rimproverarmi per poi cominciare a ridere quando la guardavo “con i miei occhioni” come piaceva dire a lei. Una sera ci aspettavano ad una festa in un pub, ma prima di portarmici aveva preteso che strusciassi la mia patatina sulla sua gamba mentre mi teneva in braccio seduta su una delle panchine dell’ingresso monumentale dell’università. Dopo la serata mi aveva guardato masturbarmi per mezz’ora sorseggiando un calice di vino. Ero diventata il suo giocattolo e quando mi aveva detto che avremmo passato una settimana da sole nella casa dei suoi genitori in Spagna ero impazzita. Prima di tornare in Italia per passare qualche giorno con la mia famiglia le avevo affidato una lettera con le mie fantasie più nascoste, mi aveva promesso che avrebbe preso spunto e l’avrebbe distrutta dopo averla letta.

***

Arrivo in spagna dopo un volo con scalo, durante l’attesa in aeroporto ho comprato del cioccolato. Beth mi ha baciata e mi ha ringraziato per il pensiero, vederla abbronzata è strano ed eccitante, le ragazze inglesi hanno la pelle chiara.
Sono abbronzata anche io, due settimane a casa in Puglia mi hanno ridato colore. Sono stata molto attenta a tenere il segno del costume, so che le piace. Ho trovato uno slip con un piccolo pezzo di stoffa mancante a forma di cuore sul davanti.
Mi sta molto bene, è come se il sole mi avesse disegnato addosso, spero piaccia anche a lei.

Il tragitto fino a casa l’abbiamo fatto con un rental with driver che lei conosce bene, lo chiama per nome: è un signore in età avanzata, molto gentile. Mentre Beth scambiava qualche parola con lui mi ha passato con disinvoltura un biglietto, è la mia lettera. Ho aperto il foglio dopo averle scoccato un’occhiata teatralmente offesa: aveva promesso di distruggerla. Con l’indice mi fa segno di no:
“leggi e cerca di essere educata”
L’ha detto con dolcezza ma suona come una minaccia.
Qua e là sono cerchiate delle parole: “ageplay”, “spanking”, “obedience”.
Le ho scritte io, sento che sto arrossendo, non ho il coraggio di alzare gli occhi per guardarla. Confessare qualcosa in una lettera e affrontare il tuo confessore vis a vis sono due cose ben diverse e poi io non ho mai avuto un gran rapporto con i confessori.
Sotto è stata aggiunta una frase a penna, la leggo cercando di non rovinare il foglio con le mani sudate per l’agitazione: “You can call me mum and let this go on or tell me you are tired and have a fun week as friends, your call”.

Cado nel silenzio, un’agitazione improvvisa mi prende e mi stringe lo stomaco, più sotto la mia micina sembra voler dire la sua, ma i pensieri nella mia mente vorticano senza sosta facendo troppo rumore. Stringo tra le mani la lettera e l’accartoccio, non so che scegliere. Sto davvero per vivere questa cosa con Beth? Forse penserà che sono strana e non vorrà più parlarmi. L’anno prossimo. Perché dovrebbe? Sta giocando con me, vuole giocare con me, forse piace anche a lei.

Elizabeth mi incalza.
“Allora, hai finito i compiti mentre eri in Italia?”
Vorrei non rispondere, mi frullano nella testa mille pensieri.
Devo prendere tempo. No un momento: ho aspettato per due settimane per poterla rivedere e ora ho paura di avere quello che ho chiesto? Mi butto, si mi butto.
“Y-yes mom” ho parlato senza nemmeno accorgermene.
La voce ha tremato, mi sono anche vergognata un po’ a chiamarla così, speriamo che il signor Felipe non capisca l’inglese.

Beth mi guarda con un sorriso splendido.
Risponde qualcosa all’autista, non mi ero nemmeno accorta che stessero parlando.
Si gira di nuovo verso di me.

“Quando arriviamo a casa fili in doccia, ti aspetto in giardino per discutere delle regole per questa settimana” si avvicina, mi sussurra qualcosa “non ti serviranno i vestiti, sono curiosa di vedere come ti sta l’abbronzatura a forma di cuoricino che mi hai mandato in foto”.

Mi ero dimenticata di quanto fosse brava a capirmi. Le ali di mille farfalle riempiono il mio stomaco togliendomi il fiato. Un fremito mi percorre la schiena e arriva fino a giù, è come se il sedile dell’auto avesse cominciato a scaldarsi.
Istintivamente infilo le mani tra le cosce e chiudo le gambe.

“Lily, le signorine restano sedute composte anche in auto”
Mi ha dato un nuovo nome? Appoggio nervosamente le mani sulle ginocchia.
“Si, sto parlando con te signorina”
Mi ha letto nel pensiero?

Sposto lo sguardo oltre il finestrino e mi metto a guardare il mare, da qualche minuto le sagome tipiche delle città europee hanno lasciato il posto alle linee più morbide della periferia. I colori sono bellissimi.

Sento lo sguardo di Beth su di me, sta aspettando. Torno alla realtà.
Mi metto composta, unisco le ginocchia e sistemo il vestito, mi appoggio allo schienale e mi metto la cintura di sicurezza. Sono un bravo cucciolo in fondo.
La guardo in cerca di approvazione, ma un istinto improvviso mi prende e senza sapere perché dentro di me si risveglia un animaletto feroce e voglioso di sfida:
“Vuoi controllare anche come appoggio il culo sul sedile?”
L’ho stupita, è rimasta senza parole.
Non è così difficile interpretare la parte, chissà quanto posso spingermi in là.
Passa un attimo ed Elizabeth scoppia in una risata argentina, adoro quando ride.
“Little Lily knows how to play”.

Con la mano spinge il pulsante e apre il finestrino
“Se continui così avrò modo di vedere il tuo culo più tardi”

Lo stomaco mi si stringe, cosa sto facendo? Sto veramente dando retta alle mie fantasie? Cos’ho da perdere? Mi sto eccitando, non mi sentivo così viva da… no, non ci voglio pensare. Mi sento frastornata, mi sembra di essere su una giostra che è appena partita per un lungo giro. Sono all’inizio, ho appena cominciato a graffiare la superficie, non voglio mollare.

Faccio la linguaccia a Beth che però è girata, sento l’autista ridere e gli faccio cenno con il dito di non dire nulla. La macchina rallenta per superare un cancello, siamo arrivate.

Decido di interpretare la mia parte al meglio. Saluto frettolosamente il signor Felipe, apro la portiera e mi avvio con tutto l’atteggiamento che possiedo dentro casa. Riflettendoci non ho nemmeno idea di dove sia il bagno, ma al momento non importa. Voglio guadagnarmi tutto quello che verrà, voglio vivere questa vacanza come farebbe Lily, non come Laura con le sue paure. Non conosco nessuno, non devo pensare a cosa diranno, posso essere libera di fare tutto quello che ho sempre segnato e sono pronta a dare il peggio di me. Sarà divertente, no?

Salgo le scale senza badare alle voci che vengono da sotto, tra le porte che si affacciano sul corridoio ce n’è una con sopra un cartoncino colorato che porta il "mio" nome.
La stanza è bellissima, dev’essere stata quella di Beth da adolescente, ci sono ancora le foto delle sue estati su un pannello di legno appeso al muro. In un angolo c’è un portaombrelli con all’interno un bastone da passeggio, anche se sembra troppo sottile per essere davvero utile da utilizzare. Stona con il resto dell’arredamento.

Mi spoglio e mi rendo conto di aver lasciato la valigia in auto. Poco male, mi rimetterò i vestiti che indosso, forse non porterò le mutandine. Si, credo sia un’ottima idea. Sarà divertente stuzzicarla. Lascio tutto quel che indosso sul letto e vado in doccia, ma solo perché lo voglio io. Non sto ubbidendo. Mi lavo con calma, ho tutta l’intenzione di farla aspettare, se vuole giocare con me dovrà guadagnarselo.

Ho perso più di mezz’ora per asciugarmi i capelli. Esco dal bagno e non trovo più i vestiti, un momento di panico. Dev’essere stata lei. Non mi arrendo, tolgo il lenzuolo dal letto e lo indosso come fosse un asciugamano prima di prendere la porta e scendere di nuovo le scale.

Beth è seduta in veranda subito fuori dalla cucina. Quando mi vede arrivare mi guarda senza dire nulla. Sento la sua mente lavorare, sta decidendo cosa fare di me. Mi sento alla sua mercè, la mia patatina si inumidisce quando incrocio le gambe a qualche passo da lei, mentre mi scruta. Sento di nuovo quel piacevole vuoto allo stomaco.

“Mi sembrava di averti detto di scendere senza vestiti”.
Attingo a tutto il coraggio che ho: “Tecnicamente non è un vestito”.
Lo lascio cadere per terra mostrando il mio corpo nudo, so che le piace.
“Non sapevo volessi fare l'avvocato dopo la laurea, vieni dalla mamma, siediti”
Fa indietro la sedia e con la mano sinistra si accarezza la coscia.

Mi faccio avanti lentamente e poi mi siedo enfatizzando ogni movimento, la guardo negli occhi con aria di sfida. Non so da dove sto prendendo questo atteggiamento e comincio ad avere il dubbio che non sia una grande idea, ma ho deciso di andare fino in fondo.
Beth mi appoggia una mano sulla schiena nuda e comincia ad accarezzarmi, con la sinistra risale il mio interno coscia e con l’indice inizia a fare delle piccole carezze alla mia patatina. Fremo dal piacere, ma cerco di non darlo a vedere.

“Da ora in avanti sarai il mio giocattolo per tutta la prossima settimana. Se ti dico di fare qualcosa tu la fai e finché sarai un bravo cucciolo io mi occuperò di te, deciderò io quando sarà il momento del piacere, la tua patatina è mia. Disobbediscimi e ne subirai le conseguenze”.

Non rispondo, non voglio darle la soddisfazione di reagire al suo discorso preparato che avrà provato cento volte mentre tardavo in doccia, resto a guardarla mentre sono seduta sulle sue ginocchia completamente nuda, ma incredibilmente decisa a darle noia. Il calore che provo mi da piacere, allargo leggermente le gambe e mi mordo un labbro, socchiudo gli occhi per un secondo. Con la mano destra mi tocco il seno, sono eccitata. Essere in balia di Beth è imbarazzante: doverle ubbidire, sapere di essere sua. Mi piace.

Un pizzicotto sull’interno coscia, fin troppo vicino alla mia micina, mi riporta alla realtà.
“Quando ti parlo mi aspetto che tu risponda”
Deglutisco, sembra decisa a interpretare il suo ruolo fino in fondo, meglio andarci piano.
“Ho capito, scusa”.
Un secondo pizzicotto, stavolta sulla patata, ha fatto male.
“Rispondi bene!”
Il dolore è durato un attimo ma mi ha lasciato senza parole.
“S-si mom, scusami”
Beth annuisce, è compiaciuta. Forse troppo, devo farle passare quest’aria che ha.

“Brava cucciola. Quando disubbidirai, perché sappiamo entrambe che vorrai farlo, verrai punita. Se dovrò castigarti mentre siamo fuori, riceverai un secondo castigo quando torneremo a casa.”
Il suo polpastrello indugia all’ingresso della mia fessura, entra quanto basta per sentire che sono bagnata, ma non si spinge più di quanto basti a tenermi sulle spine.
L’edging è sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti.

“Al proposito, il tuo piccolo teatro in auto meriterebbe una punizione, ma un errore si perdona a tutti"
Voglio solo che continui a giocare con la mia micina. Muovo il bacino cercando di assecondare il suo gesto, il suo dito entra un poco più di prima. Una sensazione di caldo divampa da dentro, ho appena fatto la doccia e sono di nuovo sudata.

“Rimane giusto da pagare l’insolenza del lenzuolo, Carmen l'aveva appena lavato e ora è per terra”.
La sua mano smette di darmi piacere, è un brusco risveglio.
La guardo mentre sento la sua mano destra passare sulla parte alta del mio culetto.

“Prendi una sedia e mettila dove c’è spazio in cucina”
Con uno schiaffetto sul sedere mi fa alzare. Scendo dalle sue ginocchia e le lancio un’occhiata, il suo sguardo non prome nulla di buono.
Comincio a preoccuparmi, passo per la porta finestra ed entro in cucina, ci sono degli sgabelli vicino all’isola, ne prendo uno e la guardo.
Lei annuisce mentre gira dall’altro lato e va verso i cassetti.
La seguo con gli occhi.

“Sai, stavo solo giocando, pensavo fosse divertente…”
Beth mi interrompe con un tono più deciso del solito, sta interpretando una parte nuova anche lei.
“E’ tardi per le scuse signorina, la prossima volta ci penserai prima”
Il mio cuore batte all’impazzata, posiziono lo sgabello in mezzo alla cucina, non so cosa dovrei fare. Incrocio le mani davanti alla micina, improvvisamente mi vergogno.
“Quando sei in castigo e non sai come stare metti le mani sulla testa e stai composta”
Ha in mano un cucchiaio di legno che deve aver preso dal cassetto, il mio viso deve aver tradito il panico che sto cercando di nascondere, Elizabeth ride.

Tento di dire qualcosa
“Ti prego, non lo faccio più, scusami”
Lei comincia ad avvicinarsi a me brandendo il cucchiaio come un’arma, lo picchietta sul palmo della mano sinistra.
“Mi stai disubbidendo ancora, Lily?”
“Mom, non volevo. Ho sbagliato, ho capito, promesso.”
“Sono contenta che tu abbia capito, ma credo di volerne essere sicura. Ti ho detto mani sulla testa e schiena dritta, se non vuoi che prenda la frusta.”

Mi gira la testa, stringo le gambe e cerco di riprendermi. Devo stare calma, è un gioco ma è così reale. Forse dovrei giocare secondo le regole, mi ero promessa di andare fino in fondo. Deglutisco e rifletto, guardo Beth che mi aspetta, mi sembra di vedere nel suo sguardo la traccia dell’amica con cui ho condiviso un anno di università che mi invita ad andare avanti, a sfogare le mie fantasie. Le nostre fantasie.
Si, posso giocare con lei, posso fidarmi.

“Scusami” comincio a muovermi, poi mi blocco “scusami, mom”.
Vedo che le si tira un sorriso sul volto, le piace quando interpreto il ruolo.
Metto le mani dietro la testa e mi metto dritta. Questa posizione mi riporta alla mente il passato, Suor Maria Grazia faceva mettere così gli studenti che si comportavano male durante le ore di letteratura greca. Certo, allora eravamo vestiti e il castigo consisteva nell’umiliazione di stare lì fermi davanti alla classe, adesso invece la prospettiva sembra peggiore. Le dita incrociate dietro la testa e la posizione rigida mi spingono avanti il petto e all’infuori il sedere.

“Sei proprio carina con il segno dell’abbronzatura” dice Beth mentre si avvicina, i suoi occhi si fermano in mezzo alle mie gambe, probabilmente sta apprezzando il cuoricino disegnatomi sulla pelle dai raggi del sole.
“Vediamo se riesco a colorarti tutte le chiappe di rosso?”
La guardo con l’espressione da cerbiatto che mi ha spesso salvato da conseguenze spiacevoli, resto immobile per evitare che decida di farmi di peggio. Che poi, avrà veramente una frusta? Perché qualcuno dovrebbe avere in casa una frusta?

“Girati e siediti a cavalcioni sullo sgabello”
Mi giro e guardo la sedia, è alta con una seduta abbastanza larga, allargo le gambe e cerco di salirci, goffamente. Riesco a trovare una posizione stabile, ho il sedere che sporge dal bordo dello sgabello – probabilmente è quello che voleva – il tessuto del cuscino sfiora la mia patatina. Le gambe allargate mi forzano a rimanere in equilibrio, sporgo avanti il busto e abbraccio lo schienale dello sgabello cercando di appoggiarci il peso, l’effetto di tutto questo è che il mio sedere è ancora di più offerto alla vista di Beth e alle carezze dell’arnese da cucina che tiene minacciosamente tra le mani.

“Ora dimmi, perché devi essere punita?”
Non so cosa rispondere, cerco di girarmi per guardarla ma non riesco a farlo per bene, lei si è avvicinata ancora e mi sta accarezzando la schiena.
“Comportati bene e avrai il tuo premio” è quasi un sussurro, un desiderio.
“Devo essere punita perché ho disubbidito…”
“Molto bene” mi incalza Beth, ora sento il cucchiaio di legno a contatto con la pelle, scende verso il sedere e lo accarezza “Hai altro da dire prima di cominciare?”
“No mom, la tua cucciola sa di meritarle tutte”.
E' stato davvero difficile dirlo, ho dovuto girarmi per non farmi vedere in faccia.

Guardo ostentatamente in avanti e cerco di avere una voce più dimessa possibile, devo capire come comportarmi, devo trovare l'equilibrio per potermi divertire senza finire troppo spesso così. C’è un momento in cui anche il ribelle più spavaldo deve capire che è meglio accettare quel che sta per succedere e provare a limitare i danni.

“Bene, allora direi che per questa volta basteranno cinque minuti.
Non voglio sentire troppo rumore, cerca di non muoverti troppo”.

Sento che appoggia qualcosa sul tavolo, è il suo telefono. Fa qualcosa che non riesco a vedere, forse sta impostando un timer. Torna di nuovo verso di me, la sua mano sinistra mi accarezza i capelli, li sento ricadere sulla schiena e poi, come dal niente, un bruciore terribile.

Beth mi colpisce energicamente una chiappa e poi l’altra, ogni tanto colpisce più volte nello stesso punto e poi pareggia il conto. Fa davvero male, mi aggrappo allo schienale della sedia, sento gli occhi riempirsi di lacrime.

“Please mom, I won’t do it again, I promise”
Il cucchiaio non si ferma e continua ad abbattersi sul mio culetto nudo, comincio a sentire una sensazione di caldo spargersi per il corpo, il bruciore diventa sempre più presente e ogni schiocco rinnova il dolore del colpo precedente, anzi lo aumenta.

“I promise… please!”
La mia supplica è di nuovo ignorata, Elizabeth nemmeno mi risponde e continua imperterrita a somministrarmi i baci del cucchiaio di legno. Piano piano sta colpendo tutte le zone che le sto offrendo alla vista. Io, vulnerabile e disperata, comincio a piangere.
Lacrime calde rigano le mie guance, comincio a gemere senza ritegno, speriamo che manchi poco perché fa proprio male.

“Resta ferma o dovrò ricominciare da capo, vuoi che ricominci?”
Mentre parla la forza dei colpi diminuisce, buono a sapersi. Devo ricordarmelo.
“Scus...” un colpo mi strozza le parole in gola, riesco solo a fare un verso.
Ha ricominciato a sculacciarmi con metodo, ogni volta che il cucchiaio fende l’aria arriva il bruciore, chissà com’è messo il mio povero culetto.
Ormai solo il suono fa avanzare il tempo, ho perso il conto di quante ne ho prese, sono divisa tra il mio singhiozzare e il rumore dell’arnese che si abbatte sulla mia pelle, non riesco nemmeno più a capire dove inizia e dove finisce ogni colpo.

“In fuori il sedere Lily.”
Lo dice colpendomi forte sulla chiappa sinistra e fermandosi un momento.
“veloce, vuoi che aggiunga un minuto?”
Senza smettere di lamentarmi e mugugnare spingo in fuori il sedere, ma mi rendo conto molto presto che è stato un errore. Ora la parte di pelle che unisce coscia e culetto è in bella vista e lei ha ricominciato a sculacciarmi proprio lì, fa persino più male di prima.
Non resisto e saltello in avanti, sento la sua mano afferrami il fianco e poi i colpi continuare impietosamente. Ormai piango senza più badare a trattenermi, sento le lacrime cadere dal viso e andare sul cuscino dello sgabello, qualcuna mi scivola sulle guance e scende sfiorando il seno.

“Non lo faccio più, sarò una brava cucciola, lo prometto!”
Elizabeth mi risponde, finalmente mi risponde:
“Come mai le buone intenzioni vengono fuori solo adesso?”
Non accenna a smettere, forse non vuole smettere, io invece vorrei smettesse per tornare a sentire piacere, voglio che la sensazione di piacere della mia micina prenda il sopravvento, voglio sentire di nuovo quella meravigliosa stanchezza, voglio sentire l’eccitazione e il caldo della passione, ma al momento l’unica cosa che sento è il bruciore al sedere. E' insopportabile.

*DIN-DON DIN-DON DIN-DON*

Il timer.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei colpi…
Elizabeth si è fermata. Sento che sospira.
“Santo cielo che fatica, ricordavo mia mamma con il fiatone, ma non credevo così.”

Io rimango in silenzio, anche se i singhiozzi non si fermano, non voglio che ricominci, per oggi ne ho prese abbastanza. Elizabeth si muove e va verso il cassetto della cucina, sento che lo apre e ci lascia cadere dentro il cucchiaio.
Dannato cucchiaio, più tardi lo farò sparire. Tiro su con il naso e cerco di darmi un contegno.

Beth si avvicina “alzati e girati, voglio guardarti”.
Con non poca fatica smonto dallo sgabello, sento il sedere dolorante, una volta che ho i piedini per terra allungo le mani per darmi un po’ di sollievo, ma lei mi rimprovera:
“Non osare toccarti il sedere o ti metto sulle ginocchia e ricomincio da capo”
Mentre lo dice si fa avanti e mi abbraccia, io ricambio il gesto e resto lì tra le sue braccia a farmi cullare, il mio seno a contatto con i suoi vestiti mi ricorda che sono eccitata, eccoci finalmente alla parte che mi piace di più.

Beth mi fa indietro dopo avermi accarezzato i capelli, le sorrido compiaciuta.
“Sei un bellissimo cucciolo, quando avrò finito potrai avere il tuo premio”
Un moto di panico mi smuove lo stomaco, mi sfrego nervosamente le mani dopo essermi asciugata gli occhi, il sedere brucia ma continuo a ignorarlo per non incorrere in un altro giro di giostra “non vorrai sculacciarmi ancora, vero?”
Sorride e scuote la testa “no sciocchina, ora devi solo riflettere su quel che hai fatto mentre io preparo qualcosa di speciale per te.”

Con la mano sinistra passa l’indice sulla mia micina, la sfrega un paio di volte e poi ci entra un poco. Porta il dito alla bocca e lo lecca.
“Sei eccitata Lily?”
Mi sento sprofondare, probabilmente dal tanto imbarazzo che provo il mio viso e il mio sedere hanno la stessa tonalità.
“Io… si, un poco, però mi fa anche male il sedere.”
“Facciamo passi avanti, pensavo lo chiamassi culo.”

Intanto mi prende per un braccio e mi porta vicino alla porta a vetri che dà sul giardino, la seguo cercando di non sfregare nulla di quello che è arrossato, cammino a gambe larghe.

“Ora ti metti in ginocchio e ci resti per quindici minuti, fa che non ti veda muoverti”.
“Yes, mom”.

Lentamente mi posiziono, il pavimento è abbastanza caldo ma è duro, il disegno dell’effetto legno del gres rende scomodo l’appoggio, probabilmente mi rimarranno i segni sulle ginocchia. Metto le mani sulla testa e chiudo un po’ le gambe, ora che il dolore comincia ad affievolirsi sento di essere bagnata. Ho un caldo incredibile in tutto il corpo, dal viso ai piedini che cercano ristoro muovendosi sul pavimento.
Cerco di muoverli lentamente per non farmi notare.

Beth mi accarezza i capelli amorevolmente “Ora resta qui in silenzio finché non te lo dice mummy”
Vedo che mi porge qualcosa davanti al viso, è un ciuccio di quelli di silicone.
Apro la bocca e lo prendo tra le labbra, poi lo mordo con i denti, è un piacevole antistress.

Guardo il mio riflesso sul vetro. Sono completamente nuda, sono stata sculacciata dalla mia compagna di stanza, ho pianto per gli ultimi cinque minuti e sono qui in castigo, umiliata e imbarazzata. Il problema è che sono felice. Per la prima volta nella mia vita qualcuno sta assecondando le mie fantasie, le mie curiosità. Tutte quelle idee che si sono accese per sbaglio nella mia mente durante la mia vita ora brillano alla luce del giorno e io voglio continuare a esplorarle. Sono eccitata e stanca, mi pare di aver appena corso una maratona, ho pianto lacrime che non sapevo di avere e dovrò aspettare ancora un po’ per avere Beth; perché le sue mani, le sue labbra e il suo corpo trasformino tutto questo in un momento indimenticabile. Quando mi chiamerà per andare da lei passeremo una serata fantastica, vedremo l’alba urlando di piacere l’una tra le braccia dell’altra. Sono libera da ogni schema e preconcetto: dipende tutto da me.

Speriamo solo che Elizabeth non ci prenda troppo gusto o non mi resterà più un sedere su cui sedermi a settembre, anzi un culo.
scritto il
2024-09-04
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