Sesso dopo i cinquanta cap 3

di
genere
confessioni

Dopo quella prima trasgressione un po' soft, un pò hard, mi resi conto di tutta quella parte di sesso che mi era mancata nei miei trenta anni di matrimonio. Tutto sommato passati normalmente, anche felicemente. Avere una figlia, educarla, avere un lavoro, che quando mio marito Paolo era agli inizi della carriera, contribuiva sufficientemente. Il sesso con mio marito è sempre stato accettabile, senza imposizioni, spontaneo, diciamo normale. Ecco proprio questo.
Quando ci siamo conosciuti venivo da una storia importante durata due anni. Una storia per certi versi pesante..non mi viene altro termine per definirla. Ma ve ne parlerò in seguito.
E prima ancora storie di ragazzi. Ricordo le prime confidenze con le amiche. Graziella, la più esperta, la prima che aveva baciato il ragazzino con la lingua. Ci raccontava le sensazioni. E noi volevamo provare. Io e la mia migliore amichetta ci baciavamo per imparare e non essere impreparate. E poi sempre Graziella che ci dice di come lui la ha toccata in mezzo alle gambe, senza toglierle le mutandine, e di come anche lei la ha toccato lì. E noi che aspettavamo la nostra occasione.
La mia fu al mare, in vacanza. Avevo dodici anni. In vacanza si formavano “le compagnie”. Un gruppetto maschi e femmine più o meno coetanei. Ci si vedeva in spiaggia, poi magari al pomeriggio a casa di uno di noi. La sera magari gelato con uno dei genitori. Non ero sicuramente la più carina, e neppure la più svezzata. Infatti mi stupii quando Riki, il cugino di Alberto, quattordicenne con vespino 50, si interessò a me. Nel senso che mi chiese quanti anni avessi. Poi una altra volta mi chiese se volevo assaggiare il suo gelato. Poi mi regalò un braccialetto. Poi si offrì di darmi un passaggio col suo vespino. Abitavamo vicini. Questa successione di eventi per una ragazzina, o meglio bambina, erano molto intriganti. Forse era la volta buona che potevo fare le cose che faceva Graziella. A letto pensavo a lui, e mi veniva spontaneo toccarmi. Da tempo avevo scoperto che era piacevole. Ma ora mi toccavo pensando a Richi. In compagnia ci sedevamo vicini, lui mi dava i passaggi, insomma per i miei amici ero la sua ragazza. Ma lui non si decideva a dichiararsi. Una volta, io ero seduta sull’ultimo gradino di una scaletta in legno che collegava le cabine alla spiaggia sottostante. Lui mi guardava dal basso. Naturalmente non eravamo soli. Mi sono accorta che mi guardava in mezzo alle gambe che tenevo abbastanza discoste. E non so se per il sole, il caldo, o per me, era paonazzo. Poi andammo a fare il bagno. Tornata a casa prima di togliermi il costume mi sedetti su uno sgabello alto, di fronte allo specchio, assumento la posizione che avevo sulla scaletta. Più o meno avevo la visione che poteva aver avuto lui. E capii. Quel costume che indossavo, molto economico, era un po' slabrato nell’inguine. Non aderiva bene. E dal mio inguine spuntava la leggera peluria che in quell’anno mi era creciuta attorno alla patata. Pensai a mia madre che, all’inzio della stagione, non volle che mi rasassi l’inguine. Ero troppo piccola. Entrai in paranoia pensando che Richi si fosse schifato nel vedere quell’orrore. Quel pomeriggio non mi toccai. Il giorno dopo cambiai costume. Richi lo notò subito e me lo fece notare. Dissi che era vecchio da buttare. Lui mi chiese di non buttarlo, anzi di indossarlo ancora. Ero incerta se mi stava prendendo in giro. Glielo chiesi. Mi prese per mano e mi portò dietro la cabine. Mi disse che il costume vecchio gli piaceva, perché aveva potuto vedere la...peluria…, e che la trovava molto eccitante. Ero irrigidita da quella confessione. Per la prima volta mi carezzò i capelli, mi baciò sulle labbra. Feci come nelle prove con la mia amica. Prima tenni la lingua dentro, poi la spinsi verso di lui. Mentre lui faceva la stessa cosa. Il mio primo bacio. Poi il secondo con più lingua. Poi si appoggiò a me e lo sentii duro sulla mia pancia. Poi sentii una voce di ragazzina che diceva: se vuoi puoi toccarmela. Non credevo alle mie orecchie. Era la mia voce. Non se lo fece ripetere. La sua mano fu sul mio inguine. Me lo carezzò. Scostò il costume e trovò la peluria. Me la carezzava ma non osava andare oltre. Poggiai la mia mano sulla sua, la portai al centro e premetti forte. E lui premette forte sulla mia clitoride. Mi sentii venir meno e le ginocchia mi si piegarono un poco. Lui mi sostenne, mi rinfilò la lingua in bocca e sentii la pressione del cazzo sul mio ventre. Venne dentro il costume e naturalmente bagnò il mio. Subito dopo ci guardammo, notammo quelle evidenti macchie, e corremmo in mare per non farle vedere agli amici. Non vedevo l’ora di raccontarlo anche a Graziella l’esperta. Lei non ci aveva detto che se il ragazzo è eccitato si fa la pipi addosso.
scritto il
2024-10-13
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