I ricordi di Marella
di
apollin
genere
etero
Ricordi
“Quando pensi di perderlo di nuovo, il tuo decoro?”
Lei sospirò, lasciando che un velo di malizia
attraversasse il suo sorriso. “Non è così semplice,
lo sai.”
Lui: “Ti ricordi quando mi hai raccontato di esserti
fatta scopare nella sede del PD?”
Lei rise nervosamente, un suono spezzato tra
complicità e imbarazzo. “Non cominciare. Sai
benissimo che non era niente di serio.”
Lui: “Niente di serio, certo. Ma l’hai fatto. Devo
dirtelo: l’idea mi ha sempre divertito. C’è qualcosa
di incredibilmente eccitante nel pensarti lì, con lui,
proprio in quella stanza.”
Lei: “Ti eccita perché sei un porco, lo sappiamo.”
Fece una pausa, lo sguardo sfuggente ma la voce
carica di sicurezza. “Anche se, ora che ci penso,
non era granché.”
Lui sollevò un sopracciglio. “Davvero?”
1
Lei, con un tono volutamente malizioso: “Diciamo
che la sua performance è stata breve ma intensa.”
Lui: “Voglio un’altra confessione, prima di chiudere.
Quante volte ci hai pensato, dopo?”
Lei si prese un istante, inclinando leggermente il
capo. “Più di quante dovrei. E tu?”
Lui sorrise. “Spesso, immaginando però di essere
io dietro di te.”
Lei rise piano, lasciando che la tensione si
stemperasse. “Ti piacerebbe, eh?”
Lui: “Non ho fretta. Ma quando ti deciderai, sai
dove trovarmi e ricordati che, per certe cose, non
servono parole.”
Lei, con voce dolcemente provocatoria: “Tu fai solo
in modo di non perdere il vizio.”
Lui: “Non preoccuparti, non l’ho perso.”
Lei: “Vedremo, caro. Ora basta parlare, ho un altro
impegno. A presto.”
Lui: “A prestissimo.”
Marella chiuse la conversazione con il solito sorriso
enigmatico.
2
Era sposata, con figli ormai grandi e un marito che
le faceva da compagno più che da amante. Il loro
rapporto era scivolato in una routine pacifica ma
vuota, e quel vuoto si era trasformato in
un’opportunità: una seconda occasione per
riscoprire sé stessa. Non più solo madre o moglie,
ma finalmente donna – meglio ancora, femmina.
Aveva voglia di vivere. Una voglia che le bruciava
dentro, un fuoco mai spento, ma soffocato per
troppo tempo. Ogni sguardo trattenuto, ogni risata
che aveva imparato a reprimere, ogni desiderio
nascosto riaffiorava ora con una forza dirompente.
Non si sentiva in colpa – perché avrebbe dovuto?
Non era forse un diritto voler essere toccata,
desiderata?
Voleva essere vissuta, consumata.
Quella fame di recuperare il tempo perduto la
spingeva verso rischi che un tempo avrebbe
rifiutato. Storie fugaci, incontri clandestini,
confidenze sussurrate a uomini che la
desideravano senza riserve: tutto alimentava il suo
3
bisogno di sentirsi viva. Non cercava promesse, ma
l’intensità di un momento. Brividi, battiti accelerati,
quella sensazione elettrica che le correva lungo la
pelle ogni volta che qualcuno le faceva capire di
volerla davvero.
Sapeva cosa significava lasciarsi andare al piacere
senza rimorsi. La vita, per lei, era troppo breve per
negarsi ciò che il corpo chiedeva, senza vergogna.
Sal era un uomo di sessant’anni, separato da oltre
un decennio, che viveva in un appartamento
essenziale, un piccolo capolavoro di ordine. Non si
era mai risposato, non per disillusione ma per
preservare una conquista preziosa: la libertà. Un
bene a cui non avrebbe mai rinunciato, nemmeno
per la compagnia più piacevole.
Le sue relazioni riflettevano questa filosofia: non
cercava l’amore tradizionale, né legami gravati da
aspettative. Selettivo per natura, si circondava di
donne indipendenti, consapevoli, libere quanto lui.
4
Le apprezzava per la loro forza, il modo in cui
affrontavano il sesso con naturalezza e leggerezza,
senza chiedere salvezza o protezione.
Non era un seduttore, né collezionava conquiste.
Cercava autenticità. Le donne che sceglieva
dovevano sapere cosa volevano, pronte a dirlo
senza esitazione. Amava la spontaneità, a letto
come nella vita, preferendo l’intensità delle
connessioni sincere alla complessità dei giochi di
potere.
Lei lo aveva intrigato fin dal principio. La loro
complicità non era nata da promesse o
romanticismi, ma da un’intesa immediata.
Sapevano cosa aspettarsi l’uno dall’altra. Lui
adorava la sua sicurezza, mai ostentata, e il
desiderio che lei esprimeva senza colpa. In lei
vedeva un’alleata, un’amante capace di
comprendere e condividere la sua visione delle
cose.
5
Ogni telefonata con Marella era un gioco sottile,
fatto di provocazioni e allusioni. Lui amava il modo
in cui lei sapeva stuzzicarlo, senza mai prendersi
troppo sul serio. Tra loro non c’erano vincoli, solo
un desiderio reciproco che li spingeva l’uno verso
l’altra ogni volta che le loro voglie si allineavano.
Dopo aver chiuso il telefono, Sal si lasciò andare a
una riflessione quasi ad alta voce:
“Le piace raccontarmi le sue avventure. Lo sento
dal tono della sua voce, da quel sorriso che
immagino stampato sul suo volto mentre parla.
Forse è perché, raccontando a me, ammette
qualcosa anche a sé stessa. Sì, le piace farlo, e io
glielo lascio fare. Anzi, la incoraggio.”
Percepiva un potere speciale in tutto ciò: il potere
di farle aprire quella porta e rivelare ciò che con
altri sarebbe rimasto chiuso.
“Mi racconta le sue storie – non tutte, ma quelle
che sceglie – come se volesse regalarmi un pezzo
di sé che nessun altro può avere. Ogni parola, ogni
6
dettaglio è un quadro che prende forma nella mia
testa. È come se quei ricordi, quelle immagini, mi
appartenessero. Come se io fossi l’unico a capirle
per quello che sono.”
C’era qualcosa di intimo, quasi sacro, in quei
racconti. Una complicità che andava oltre il sesso,
avvolgendoli in una dimensione che altri non
avrebbero potuto comprendere.
“Non lo farebbe con chiunque, ne sono sicuro. Ci
vuole una chimica speciale per aprirsi così.”
Preso dal desiderio di continuare il loro gioco, Sal
prese di nuovo il telefono e le scrisse un
messaggio:
“Raccontami la tua ultima volta, l’ultimo tradimento.
Voglio sapere tutto: cosa hai provato, cosa hai
pensato. Raccontami tutto!”
Dopo qualche minuto arrivò la risposta:
“Sei proprio incorreggibile. Non mi tiro indietro, ma
7
certe cose vanno raccontate con calma. Aspetta
qualche giorno e forse avrai tutto quello che vuoi
sapere. Forse.”
Marella sorrise guardando il telefono. Sapeva di
averlo lasciato in attesa, e questo la eccitava quasi
quanto il pensiero di ciò che avrebbe raccontato.
Era il loro gioco, e lei sapeva condurlo con una
sicurezza che solo una donna consapevole del
proprio potere poteva avere.
Marella si alzò dal divano, dirigendosi verso lo
specchio della sua stanza. La luce morbida che
filtrava dalla finestra accarezzava la sua pelle,
ancora liscia e luminosa. Il nero del reggicalze che
aveva appena infilato esaltava le sue gambe,
mentre si chinava leggermente per indossare un
paio di décolleté nere con tacchi sottili. Ogni
dettaglio del suo abbigliamento era studiato per
esprimere potere e femminilità.
Si rialzò, sistemando la gonna che sfiorava appena
la metà delle cosce. La blusa leggera lasciava
8
intravedere il pizzo raffinato del reggiseno. Non
troppo, ma abbastanza. «Il giusto equilibrio»,
pensò, aggiustandosi il colletto e osservandosi con
attenzione. Sorrise. Sapeva che lui stava già
immaginandola, proprio come desiderava. L’attesa
era parte del gioco.
“Aspetta qualche giorno,” gli aveva scritto.
Non era solo una tattica; era un modo per
mantenere il controllo. Anche se, nel loro gioco, lei
si piegava alle richieste di Sal, sapeva sempre
come ribaltare la situazione con un gesto, una
parola, o un silenzio ben studiato.
Mentre si passava una mano tra i capelli, lisciandoli
con un gesto lento e distratto, si sentì pienamente
consapevole di sé donna e femmina. Lui avrebbe
avuto ciò che voleva, ma solo quando lei avesse
deciso.
“E quando succederà,” pensò con un sorriso
malizioso, “sarà perché lo voglio io.”
Con quella consapevolezza, afferrò la borsa e
diede un ultimo sguardo allo specchio. Poi uscì,
9
pronta a vivere la giornata, sapendo che, da
qualche parte, lui era in attesa, sulle spine.
Il messaggio di Marella arrivò nel pomeriggio di
qualche giorno dopo:
“Sal, sei a casa?”
La risposta fu quasi immediata.
“Sì, sono qui. Che succede?”
Dopo una breve pausa, un nuovo messaggio
comparve sullo schermo:
“Perfetto. Direi che è ora di iniziare quel racconto
che ti avevo promesso.”
Sal sentì il cuore accelerare. Aspettò, lasciando
che fosse lei a condurre.
“Ti avviso, però: questa volta è diverso,” scrisse
Marella. “In questa storia, sono io che ho avuto il
controllo. Lui era solo un oggetto nelle mie mani,
qualcuno che ho usato esattamente come volevo.
10
E sai una cosa? È stato… interessante.”
Le parole lo colpirono come una scarica elettrica.
Si sistemò meglio sulla poltrona, preparandosi a
leggere ogni dettaglio che lei avrebbe condiviso.
“Allora, ascolta,”
iniziò Marella.
“Qualche settimana fa, ho organizzato un piccolo
incontro tra colleghe a casa mia. Un’occasione per
discutere di lavoro, ma anche per spezzare la
routine con una serata diversa. Per l’occasione, ho
chiamato un servizio di catering, di quelli che si
occupano di tutto: cibo, bevande e persino il
personale.Mi hanno mandato un cameriere.”
Marella fece una pausa, lasciando che Sal
immaginasse la scena.
“…Un ragazzo bellissimo, sui trent’anni, forse
meno. Alto, con un fisico scolpito e occhi profondi.
Quel tipo di fascino che non passa inosservato.
11
Quando l’ho visto, non ho potuto fare a meno di
notarlo. E sai cosa? Anche lui aveva notato me.”
Sal si passò una mano tra i capelli, immaginando
ogni dettaglio di quella scena. Il suo interesse
cresceva ad ogni parola.
“Non so spiegartelo, ma c’era qualcosa nel modo in
cui mi guardava. Non era solo professionalità: era
qualcosa di più. Ogni suo sorriso, ogni movimento
sembrava carico di una tensione sottile, quasi
impercettibile per gli altri, ma chiara per me.
Durante tutta la serata, non ho fatto altro che
fantasticare su di lui.”
Marella continuò a descrivere la serata con una
calma apparente, ogni parola scelta con cura per
alimentare il desiderio di Sal, che ora leggeva con
un misto di eccitazione e anticipazione.
“Le mie colleghe se ne andarono una alla volta,
fino a lasciarmi sola con lui. Gli dissi che avevo
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bisogno di aiuto per sistemare le ultime cose. Non
c’era nulla di ambiguo nella mia voce, ma sapevo
che il mio sguardo diceva tutto il resto. Lui capì e
rimase.”
Sal sorrise, completamente rapito dal racconto. Le
immagini si formavano nitide nella sua mente.
Marella aveva un talento unico nel descrivere le
sue esperienze, mescolando provocazione e
grazia.
“Restai sola con lui,”
continuò Marella nel suo messaggio.
“La casa era insolitamente silenziosa dopo il brusio
della serata, ma dentro di me sapevo che il
momento migliore doveva ancora arrivare. Gli
chiesi di aiutarmi a riordinare la cucina, e lui
accettò senza esitazione, quel sorriso accennato
che non aveva mai abbandonato il suo volto.”
Sal leggeva con attenzione, immaginando ogni
dettaglio. Marella sapeva come dipingere un
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quadro vivace con le sue parole, e lui si sentiva
quasi trasportato lì, nella stanza con loro.
“Lo osservavo mentre si muoveva per la cucina,
raccogliendo i bicchieri e sistemando i piatti,”
scrisse Marella. “Ogni gesto sembrava carico di
una calma disarmante, ma c’era qualcosa di più
sotto la superficie. Ogni tanto mi lanciava uno
sguardo, fugace ma intenso, come a cercare un
cenno di approvazione. E io mi limitavo a sorridere,
lasciando che fosse lui a fare la prossima mossa.”
La tensione cresceva, come un filo teso pronto a
spezzarsi. Sal era ipnotizzato dalle immagini che
Marella evocava con le sue parole. Si rese conto
che il respiro gli si era fatto più lento e profondo,
come se stesse aspettando di leggere il passo
successivo di una scena che già immaginava.
“Alla fine, quando tutto fu in ordine, mi avvicinai a
lui e gli sussurrai all’orecchio:
“Sei stato impeccabile stasera. Ora lascia che ti
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ringrazi come si deve…il suo respiro cambiò per un
istante, un piccolo segnale che non mi sfuggì. Lui
annuì, senza dire una parola, e io presi il suo viso
tra le mani, lasciando che il momento prendesse
vita.”
Sal, leggendo il racconto di Marella, sentiva
crescere l’eccitazione.
“Non c’era fretta nei miei gesti”
continuò Marella.
“Volevo assaporare ogni secondo, lasciando che il
tempo si fermasse attorno a noi. Le mie mani
esplorarono il suo viso, le dita che tracciavano linee
invisibili sulle sue guance e lungo la mascella. Poi
lo baciai, lentamente, con una dolcezza che si
trasformò presto in qualcosa di più. Era come se
ogni parte di me volesse dirgli che, in quel
momento, non c’era niente di più importante.”
Sal chiuse gli occhi per un istante.
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“Le mie mani scesero lungo il suo petto, trovando il
bordo della camicia che cominciai a slacciare.
Lui rimase immobile, lasciandomi il controllo, e io
sentii una scarica di potere attraversarmi. Era lì,
completamente mio, e io intendevo godermi ogni
istante.”
Il racconto di Marella si faceva sempre più vivido,
un crescendo che sembrava culminare in un
momento di assoluta libertà.
“Quando gli tolsi la camicia,” scrisse Marella,
“mi fermai un momento ad osservare il suo corpo.
Non erano solo i suoi muscoli e il suo ventre
scolpito ad intrigarmi ma la vulnerabilità che
traspariva dal suo modo di lasciarsi fare. Era come
se, in quell’istante, il potere fosse interamente nelle
mie mani, e io lo trovavo incredibilmente eccitante.”
Sal sentì una scossa attraversargli la schiena.
Poteva immaginare il modo in cui Marella
descriveva ogni dettaglio con precisione.
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“Lo guidai verso il divano, senza mai staccare lo
sguardo dai suoi occhi. Gli chiesi di sedersi e,
quando lo fece, mi inginocchiai davanti a lui. C’era
qualcosa di profondamente intimo in quel gesto:
non si trattava di sottomissione, ma di una
dichiarazione di intenzioni. In quel momento, ero io
a decidere il ritmo, il tono, e lui lo capiva.”
“Le mie mani si mossero lente lungo le sue gambe,
esplorandole con delicatezza. Ogni tocco era una
promessa non detta, un preludio a ciò che sarebbe
successo. Sentivo la sua tensione crescere, e
questo mi eccitava. Avevo il controllo, e lo
esercitavo con la grazia di chi sa esattamente cosa
vuole.”
Marella lasciava che le parole si susseguissero con
un ritmo studiato.
“Guardandolo negli occhi comincia a slacciargli la
cinta, piano. Le mie dita sul suo ventre scivolavano
all’interno del pantalone sbottonando con
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delicatezza. Tirai giù la cerniera sentendo la stoffa
dei pantaloni tesa per la tensione della sua
erezione. Ero come una bimba golosa che scartava
piano la sua caramella. Tirai piano il bordo dei
boxer immagginando già il guizzo di quel cazzo
eccitato… e venne fuori con forza, bellissimo e
teso, pronto per essere gustato…”
Fece una pausa ancor più lunga sapendo che Sal
impazziva di desiderio.
“Mi chinai verso di lui, posando le labbra sulla
punta sentendo il fremito attraversargli il corpo.
Non c’era bisogno di parole: ogni gesto parlava per
noi, e in quel momento, tutto il resto del mondo
sembrava svanire.
Non c’è niente di più esaltante di quel senso di
potere che provi quando sai che un corpo così è lì,
davanti a te, completamente a tua disposizione. Il
suo cazzo pulsava per l’eccitazione sfiorato dalle
mie labbra. Allontanai il mio viso per un attimo per
contemplare l’oggetto del mio desiserio.
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Sapevo che ogni momento sarebbe stato mio,
esattamente come lo volevo.
Tirai verso di me il suo corpo. Il contatto fu
naturale, inevitabile. La mia bocca e le mie mani
diventarono gli strumenti con cui esplorarlo,
assaporarlo. Ogni gesto era un modo per
confermare che sì, quel corpo perfetto era lì per
me, e che io sapevo esattamente come farlo mio.
Sentivo la sua reazione, ogni respiro più profondo,
ogni movimento appena accennato, e tutto questo
mi dava una soddisfazione che non riesco
nemmeno a descrivere. Sentivo il suo sapore nella
mia bocca. Ho assaporato il suo sesso fino
all’ultime centimetro. L’ho afferrato tra le mani
schiaffeggiandomi il viso. Quel cazzo era mio e ne
stavo facendo l’uso che mi gradiva”.
Marella proseguì il suo racconto con la stessa
precisione che aveva catturato Sal fin dall’inizio.
“Quando finalmente mi alzai, lo osservai per un
istante, godendomi la vista del suo corpo sotto il
19
◦
mio sguardo. Poi gli ordinai di alzarsi e di
spogliarmi. Non era una richiesta: era un comando
e lui obbedì.”
Sal si passò una mano tra i capelli, completamente
rapito dalle parole di Marella.
“Quando finalmente fui completamente nuda
davanti a lui, mi voltai, lasciandogli ammirare ogni
dettaglio del mio corpo. Mi diressi verso il letto,
senza voltarmi, sapendo che lui mi seguiva con lo
sguardo. Mi adagiai lentamente, lasciando che il
tempo si dilatasse attorno a noi. Ogni movimento
era carico di intenzione, ogni gesto un invito
silenzioso.”
Marella sapeva giocare bene quel ruolo.
“Gli ho chiesto di scoparmi. E lui lo ha fatto.
L’ ho sentito dentro di me, le mani che mi
stringevano i seni. Mi ha scopato con forza mentre
io gemevo di piacere. Mi schiaffeggiava e mi
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scopava. E’ stato magnifico e mi ha fatto godere
come non mai. Ho sentito che stava per venire
anche lui e gli ho gridato di aspettare… Voglio che
mi vieni in bocca.
Feci appena in tempo ad inginocchiarm e con la
bocca spalancata mi inondò con il frutto del suo
piacere facendomi sentire regina e troia”.
“Quando tutto fu finito,” scrisse Marella, “rimasi
distesa per un momento, ascoltando il suono del
suo respiro accanto al mio. Non c’era bisogno di
parlare. Ciò che era appena successo parlava da
sé, e il silenzio che ci circondava era la conclusione
perfetta per quel momento.”
Marella si prese una pausa, lasciando che Sal
assorbisse le sue parole. Poi concluse:
“Non mi pento di nulla, Sal. Ogni momento di quella
notte è stato perfetto, e sapevo che raccontarlo a te
sarebbe stato come viverlo di nuovo. Grazie per
essere il mio confidente, il mio complice. Con te
posso essere me stessa, senza paura, senza filtri.”
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Sal rimase immobile, fissando lo schermo del
telefono. Ogni parola di Marella era stata come un
fulmine, illuminando angoli della sua mente che
raramente esplorava. Si passò una mano sul volto,
un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Marella, sei incredibile,” scrisse infine “Grazie per
aver condiviso tutto questo con me.”
“Quando pensi di perderlo di nuovo, il tuo decoro?”
Lei sospirò, lasciando che un velo di malizia
attraversasse il suo sorriso. “Non è così semplice,
lo sai.”
Lui: “Ti ricordi quando mi hai raccontato di esserti
fatta scopare nella sede del PD?”
Lei rise nervosamente, un suono spezzato tra
complicità e imbarazzo. “Non cominciare. Sai
benissimo che non era niente di serio.”
Lui: “Niente di serio, certo. Ma l’hai fatto. Devo
dirtelo: l’idea mi ha sempre divertito. C’è qualcosa
di incredibilmente eccitante nel pensarti lì, con lui,
proprio in quella stanza.”
Lei: “Ti eccita perché sei un porco, lo sappiamo.”
Fece una pausa, lo sguardo sfuggente ma la voce
carica di sicurezza. “Anche se, ora che ci penso,
non era granché.”
Lui sollevò un sopracciglio. “Davvero?”
1
Lei, con un tono volutamente malizioso: “Diciamo
che la sua performance è stata breve ma intensa.”
Lui: “Voglio un’altra confessione, prima di chiudere.
Quante volte ci hai pensato, dopo?”
Lei si prese un istante, inclinando leggermente il
capo. “Più di quante dovrei. E tu?”
Lui sorrise. “Spesso, immaginando però di essere
io dietro di te.”
Lei rise piano, lasciando che la tensione si
stemperasse. “Ti piacerebbe, eh?”
Lui: “Non ho fretta. Ma quando ti deciderai, sai
dove trovarmi e ricordati che, per certe cose, non
servono parole.”
Lei, con voce dolcemente provocatoria: “Tu fai solo
in modo di non perdere il vizio.”
Lui: “Non preoccuparti, non l’ho perso.”
Lei: “Vedremo, caro. Ora basta parlare, ho un altro
impegno. A presto.”
Lui: “A prestissimo.”
Marella chiuse la conversazione con il solito sorriso
enigmatico.
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Era sposata, con figli ormai grandi e un marito che
le faceva da compagno più che da amante. Il loro
rapporto era scivolato in una routine pacifica ma
vuota, e quel vuoto si era trasformato in
un’opportunità: una seconda occasione per
riscoprire sé stessa. Non più solo madre o moglie,
ma finalmente donna – meglio ancora, femmina.
Aveva voglia di vivere. Una voglia che le bruciava
dentro, un fuoco mai spento, ma soffocato per
troppo tempo. Ogni sguardo trattenuto, ogni risata
che aveva imparato a reprimere, ogni desiderio
nascosto riaffiorava ora con una forza dirompente.
Non si sentiva in colpa – perché avrebbe dovuto?
Non era forse un diritto voler essere toccata,
desiderata?
Voleva essere vissuta, consumata.
Quella fame di recuperare il tempo perduto la
spingeva verso rischi che un tempo avrebbe
rifiutato. Storie fugaci, incontri clandestini,
confidenze sussurrate a uomini che la
desideravano senza riserve: tutto alimentava il suo
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bisogno di sentirsi viva. Non cercava promesse, ma
l’intensità di un momento. Brividi, battiti accelerati,
quella sensazione elettrica che le correva lungo la
pelle ogni volta che qualcuno le faceva capire di
volerla davvero.
Sapeva cosa significava lasciarsi andare al piacere
senza rimorsi. La vita, per lei, era troppo breve per
negarsi ciò che il corpo chiedeva, senza vergogna.
Sal era un uomo di sessant’anni, separato da oltre
un decennio, che viveva in un appartamento
essenziale, un piccolo capolavoro di ordine. Non si
era mai risposato, non per disillusione ma per
preservare una conquista preziosa: la libertà. Un
bene a cui non avrebbe mai rinunciato, nemmeno
per la compagnia più piacevole.
Le sue relazioni riflettevano questa filosofia: non
cercava l’amore tradizionale, né legami gravati da
aspettative. Selettivo per natura, si circondava di
donne indipendenti, consapevoli, libere quanto lui.
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Le apprezzava per la loro forza, il modo in cui
affrontavano il sesso con naturalezza e leggerezza,
senza chiedere salvezza o protezione.
Non era un seduttore, né collezionava conquiste.
Cercava autenticità. Le donne che sceglieva
dovevano sapere cosa volevano, pronte a dirlo
senza esitazione. Amava la spontaneità, a letto
come nella vita, preferendo l’intensità delle
connessioni sincere alla complessità dei giochi di
potere.
Lei lo aveva intrigato fin dal principio. La loro
complicità non era nata da promesse o
romanticismi, ma da un’intesa immediata.
Sapevano cosa aspettarsi l’uno dall’altra. Lui
adorava la sua sicurezza, mai ostentata, e il
desiderio che lei esprimeva senza colpa. In lei
vedeva un’alleata, un’amante capace di
comprendere e condividere la sua visione delle
cose.
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Ogni telefonata con Marella era un gioco sottile,
fatto di provocazioni e allusioni. Lui amava il modo
in cui lei sapeva stuzzicarlo, senza mai prendersi
troppo sul serio. Tra loro non c’erano vincoli, solo
un desiderio reciproco che li spingeva l’uno verso
l’altra ogni volta che le loro voglie si allineavano.
Dopo aver chiuso il telefono, Sal si lasciò andare a
una riflessione quasi ad alta voce:
“Le piace raccontarmi le sue avventure. Lo sento
dal tono della sua voce, da quel sorriso che
immagino stampato sul suo volto mentre parla.
Forse è perché, raccontando a me, ammette
qualcosa anche a sé stessa. Sì, le piace farlo, e io
glielo lascio fare. Anzi, la incoraggio.”
Percepiva un potere speciale in tutto ciò: il potere
di farle aprire quella porta e rivelare ciò che con
altri sarebbe rimasto chiuso.
“Mi racconta le sue storie – non tutte, ma quelle
che sceglie – come se volesse regalarmi un pezzo
di sé che nessun altro può avere. Ogni parola, ogni
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dettaglio è un quadro che prende forma nella mia
testa. È come se quei ricordi, quelle immagini, mi
appartenessero. Come se io fossi l’unico a capirle
per quello che sono.”
C’era qualcosa di intimo, quasi sacro, in quei
racconti. Una complicità che andava oltre il sesso,
avvolgendoli in una dimensione che altri non
avrebbero potuto comprendere.
“Non lo farebbe con chiunque, ne sono sicuro. Ci
vuole una chimica speciale per aprirsi così.”
Preso dal desiderio di continuare il loro gioco, Sal
prese di nuovo il telefono e le scrisse un
messaggio:
“Raccontami la tua ultima volta, l’ultimo tradimento.
Voglio sapere tutto: cosa hai provato, cosa hai
pensato. Raccontami tutto!”
Dopo qualche minuto arrivò la risposta:
“Sei proprio incorreggibile. Non mi tiro indietro, ma
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certe cose vanno raccontate con calma. Aspetta
qualche giorno e forse avrai tutto quello che vuoi
sapere. Forse.”
Marella sorrise guardando il telefono. Sapeva di
averlo lasciato in attesa, e questo la eccitava quasi
quanto il pensiero di ciò che avrebbe raccontato.
Era il loro gioco, e lei sapeva condurlo con una
sicurezza che solo una donna consapevole del
proprio potere poteva avere.
Marella si alzò dal divano, dirigendosi verso lo
specchio della sua stanza. La luce morbida che
filtrava dalla finestra accarezzava la sua pelle,
ancora liscia e luminosa. Il nero del reggicalze che
aveva appena infilato esaltava le sue gambe,
mentre si chinava leggermente per indossare un
paio di décolleté nere con tacchi sottili. Ogni
dettaglio del suo abbigliamento era studiato per
esprimere potere e femminilità.
Si rialzò, sistemando la gonna che sfiorava appena
la metà delle cosce. La blusa leggera lasciava
8
intravedere il pizzo raffinato del reggiseno. Non
troppo, ma abbastanza. «Il giusto equilibrio»,
pensò, aggiustandosi il colletto e osservandosi con
attenzione. Sorrise. Sapeva che lui stava già
immaginandola, proprio come desiderava. L’attesa
era parte del gioco.
“Aspetta qualche giorno,” gli aveva scritto.
Non era solo una tattica; era un modo per
mantenere il controllo. Anche se, nel loro gioco, lei
si piegava alle richieste di Sal, sapeva sempre
come ribaltare la situazione con un gesto, una
parola, o un silenzio ben studiato.
Mentre si passava una mano tra i capelli, lisciandoli
con un gesto lento e distratto, si sentì pienamente
consapevole di sé donna e femmina. Lui avrebbe
avuto ciò che voleva, ma solo quando lei avesse
deciso.
“E quando succederà,” pensò con un sorriso
malizioso, “sarà perché lo voglio io.”
Con quella consapevolezza, afferrò la borsa e
diede un ultimo sguardo allo specchio. Poi uscì,
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pronta a vivere la giornata, sapendo che, da
qualche parte, lui era in attesa, sulle spine.
Il messaggio di Marella arrivò nel pomeriggio di
qualche giorno dopo:
“Sal, sei a casa?”
La risposta fu quasi immediata.
“Sì, sono qui. Che succede?”
Dopo una breve pausa, un nuovo messaggio
comparve sullo schermo:
“Perfetto. Direi che è ora di iniziare quel racconto
che ti avevo promesso.”
Sal sentì il cuore accelerare. Aspettò, lasciando
che fosse lei a condurre.
“Ti avviso, però: questa volta è diverso,” scrisse
Marella. “In questa storia, sono io che ho avuto il
controllo. Lui era solo un oggetto nelle mie mani,
qualcuno che ho usato esattamente come volevo.
10
E sai una cosa? È stato… interessante.”
Le parole lo colpirono come una scarica elettrica.
Si sistemò meglio sulla poltrona, preparandosi a
leggere ogni dettaglio che lei avrebbe condiviso.
“Allora, ascolta,”
iniziò Marella.
“Qualche settimana fa, ho organizzato un piccolo
incontro tra colleghe a casa mia. Un’occasione per
discutere di lavoro, ma anche per spezzare la
routine con una serata diversa. Per l’occasione, ho
chiamato un servizio di catering, di quelli che si
occupano di tutto: cibo, bevande e persino il
personale.Mi hanno mandato un cameriere.”
Marella fece una pausa, lasciando che Sal
immaginasse la scena.
“…Un ragazzo bellissimo, sui trent’anni, forse
meno. Alto, con un fisico scolpito e occhi profondi.
Quel tipo di fascino che non passa inosservato.
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Quando l’ho visto, non ho potuto fare a meno di
notarlo. E sai cosa? Anche lui aveva notato me.”
Sal si passò una mano tra i capelli, immaginando
ogni dettaglio di quella scena. Il suo interesse
cresceva ad ogni parola.
“Non so spiegartelo, ma c’era qualcosa nel modo in
cui mi guardava. Non era solo professionalità: era
qualcosa di più. Ogni suo sorriso, ogni movimento
sembrava carico di una tensione sottile, quasi
impercettibile per gli altri, ma chiara per me.
Durante tutta la serata, non ho fatto altro che
fantasticare su di lui.”
Marella continuò a descrivere la serata con una
calma apparente, ogni parola scelta con cura per
alimentare il desiderio di Sal, che ora leggeva con
un misto di eccitazione e anticipazione.
“Le mie colleghe se ne andarono una alla volta,
fino a lasciarmi sola con lui. Gli dissi che avevo
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bisogno di aiuto per sistemare le ultime cose. Non
c’era nulla di ambiguo nella mia voce, ma sapevo
che il mio sguardo diceva tutto il resto. Lui capì e
rimase.”
Sal sorrise, completamente rapito dal racconto. Le
immagini si formavano nitide nella sua mente.
Marella aveva un talento unico nel descrivere le
sue esperienze, mescolando provocazione e
grazia.
“Restai sola con lui,”
continuò Marella nel suo messaggio.
“La casa era insolitamente silenziosa dopo il brusio
della serata, ma dentro di me sapevo che il
momento migliore doveva ancora arrivare. Gli
chiesi di aiutarmi a riordinare la cucina, e lui
accettò senza esitazione, quel sorriso accennato
che non aveva mai abbandonato il suo volto.”
Sal leggeva con attenzione, immaginando ogni
dettaglio. Marella sapeva come dipingere un
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quadro vivace con le sue parole, e lui si sentiva
quasi trasportato lì, nella stanza con loro.
“Lo osservavo mentre si muoveva per la cucina,
raccogliendo i bicchieri e sistemando i piatti,”
scrisse Marella. “Ogni gesto sembrava carico di
una calma disarmante, ma c’era qualcosa di più
sotto la superficie. Ogni tanto mi lanciava uno
sguardo, fugace ma intenso, come a cercare un
cenno di approvazione. E io mi limitavo a sorridere,
lasciando che fosse lui a fare la prossima mossa.”
La tensione cresceva, come un filo teso pronto a
spezzarsi. Sal era ipnotizzato dalle immagini che
Marella evocava con le sue parole. Si rese conto
che il respiro gli si era fatto più lento e profondo,
come se stesse aspettando di leggere il passo
successivo di una scena che già immaginava.
“Alla fine, quando tutto fu in ordine, mi avvicinai a
lui e gli sussurrai all’orecchio:
“Sei stato impeccabile stasera. Ora lascia che ti
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ringrazi come si deve…il suo respiro cambiò per un
istante, un piccolo segnale che non mi sfuggì. Lui
annuì, senza dire una parola, e io presi il suo viso
tra le mani, lasciando che il momento prendesse
vita.”
Sal, leggendo il racconto di Marella, sentiva
crescere l’eccitazione.
“Non c’era fretta nei miei gesti”
continuò Marella.
“Volevo assaporare ogni secondo, lasciando che il
tempo si fermasse attorno a noi. Le mie mani
esplorarono il suo viso, le dita che tracciavano linee
invisibili sulle sue guance e lungo la mascella. Poi
lo baciai, lentamente, con una dolcezza che si
trasformò presto in qualcosa di più. Era come se
ogni parte di me volesse dirgli che, in quel
momento, non c’era niente di più importante.”
Sal chiuse gli occhi per un istante.
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“Le mie mani scesero lungo il suo petto, trovando il
bordo della camicia che cominciai a slacciare.
Lui rimase immobile, lasciandomi il controllo, e io
sentii una scarica di potere attraversarmi. Era lì,
completamente mio, e io intendevo godermi ogni
istante.”
Il racconto di Marella si faceva sempre più vivido,
un crescendo che sembrava culminare in un
momento di assoluta libertà.
“Quando gli tolsi la camicia,” scrisse Marella,
“mi fermai un momento ad osservare il suo corpo.
Non erano solo i suoi muscoli e il suo ventre
scolpito ad intrigarmi ma la vulnerabilità che
traspariva dal suo modo di lasciarsi fare. Era come
se, in quell’istante, il potere fosse interamente nelle
mie mani, e io lo trovavo incredibilmente eccitante.”
Sal sentì una scossa attraversargli la schiena.
Poteva immaginare il modo in cui Marella
descriveva ogni dettaglio con precisione.
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“Lo guidai verso il divano, senza mai staccare lo
sguardo dai suoi occhi. Gli chiesi di sedersi e,
quando lo fece, mi inginocchiai davanti a lui. C’era
qualcosa di profondamente intimo in quel gesto:
non si trattava di sottomissione, ma di una
dichiarazione di intenzioni. In quel momento, ero io
a decidere il ritmo, il tono, e lui lo capiva.”
“Le mie mani si mossero lente lungo le sue gambe,
esplorandole con delicatezza. Ogni tocco era una
promessa non detta, un preludio a ciò che sarebbe
successo. Sentivo la sua tensione crescere, e
questo mi eccitava. Avevo il controllo, e lo
esercitavo con la grazia di chi sa esattamente cosa
vuole.”
Marella lasciava che le parole si susseguissero con
un ritmo studiato.
“Guardandolo negli occhi comincia a slacciargli la
cinta, piano. Le mie dita sul suo ventre scivolavano
all’interno del pantalone sbottonando con
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delicatezza. Tirai giù la cerniera sentendo la stoffa
dei pantaloni tesa per la tensione della sua
erezione. Ero come una bimba golosa che scartava
piano la sua caramella. Tirai piano il bordo dei
boxer immagginando già il guizzo di quel cazzo
eccitato… e venne fuori con forza, bellissimo e
teso, pronto per essere gustato…”
Fece una pausa ancor più lunga sapendo che Sal
impazziva di desiderio.
“Mi chinai verso di lui, posando le labbra sulla
punta sentendo il fremito attraversargli il corpo.
Non c’era bisogno di parole: ogni gesto parlava per
noi, e in quel momento, tutto il resto del mondo
sembrava svanire.
Non c’è niente di più esaltante di quel senso di
potere che provi quando sai che un corpo così è lì,
davanti a te, completamente a tua disposizione. Il
suo cazzo pulsava per l’eccitazione sfiorato dalle
mie labbra. Allontanai il mio viso per un attimo per
contemplare l’oggetto del mio desiserio.
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Sapevo che ogni momento sarebbe stato mio,
esattamente come lo volevo.
Tirai verso di me il suo corpo. Il contatto fu
naturale, inevitabile. La mia bocca e le mie mani
diventarono gli strumenti con cui esplorarlo,
assaporarlo. Ogni gesto era un modo per
confermare che sì, quel corpo perfetto era lì per
me, e che io sapevo esattamente come farlo mio.
Sentivo la sua reazione, ogni respiro più profondo,
ogni movimento appena accennato, e tutto questo
mi dava una soddisfazione che non riesco
nemmeno a descrivere. Sentivo il suo sapore nella
mia bocca. Ho assaporato il suo sesso fino
all’ultime centimetro. L’ho afferrato tra le mani
schiaffeggiandomi il viso. Quel cazzo era mio e ne
stavo facendo l’uso che mi gradiva”.
Marella proseguì il suo racconto con la stessa
precisione che aveva catturato Sal fin dall’inizio.
“Quando finalmente mi alzai, lo osservai per un
istante, godendomi la vista del suo corpo sotto il
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◦
mio sguardo. Poi gli ordinai di alzarsi e di
spogliarmi. Non era una richiesta: era un comando
e lui obbedì.”
Sal si passò una mano tra i capelli, completamente
rapito dalle parole di Marella.
“Quando finalmente fui completamente nuda
davanti a lui, mi voltai, lasciandogli ammirare ogni
dettaglio del mio corpo. Mi diressi verso il letto,
senza voltarmi, sapendo che lui mi seguiva con lo
sguardo. Mi adagiai lentamente, lasciando che il
tempo si dilatasse attorno a noi. Ogni movimento
era carico di intenzione, ogni gesto un invito
silenzioso.”
Marella sapeva giocare bene quel ruolo.
“Gli ho chiesto di scoparmi. E lui lo ha fatto.
L’ ho sentito dentro di me, le mani che mi
stringevano i seni. Mi ha scopato con forza mentre
io gemevo di piacere. Mi schiaffeggiava e mi
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scopava. E’ stato magnifico e mi ha fatto godere
come non mai. Ho sentito che stava per venire
anche lui e gli ho gridato di aspettare… Voglio che
mi vieni in bocca.
Feci appena in tempo ad inginocchiarm e con la
bocca spalancata mi inondò con il frutto del suo
piacere facendomi sentire regina e troia”.
“Quando tutto fu finito,” scrisse Marella, “rimasi
distesa per un momento, ascoltando il suono del
suo respiro accanto al mio. Non c’era bisogno di
parlare. Ciò che era appena successo parlava da
sé, e il silenzio che ci circondava era la conclusione
perfetta per quel momento.”
Marella si prese una pausa, lasciando che Sal
assorbisse le sue parole. Poi concluse:
“Non mi pento di nulla, Sal. Ogni momento di quella
notte è stato perfetto, e sapevo che raccontarlo a te
sarebbe stato come viverlo di nuovo. Grazie per
essere il mio confidente, il mio complice. Con te
posso essere me stessa, senza paura, senza filtri.”
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Sal rimase immobile, fissando lo schermo del
telefono. Ogni parola di Marella era stata come un
fulmine, illuminando angoli della sua mente che
raramente esplorava. Si passò una mano sul volto,
un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Marella, sei incredibile,” scrisse infine “Grazie per
aver condiviso tutto questo con me.”
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